felicity
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martedì 15 agosto 2023
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thriller politico
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Holy Spider è un thriller intelligente che usa il genere per parlare dell’oggi, raffinatissimo nel suo destrutturare le dinamiche tipiche dell’indagine per mettere in primo piano l’azione politica, ciò che avviene dopo che un killer è stato catturato.
In Holy Spider il terrore è latente in ogni inquadratura. Il terrore è essere una donna in Iran. Il terrore è l’idiosincrasia persiana, è una progenie che vuole mettersi sugli stessi palsi falsi dei genitori.
Ciò che più colpisce, attrae e spaventa di Holy Spider è il racconto di un male oscuro, scioccante, temibile, feroce e crudo che appare come tollerato agli occhi di un popolo in definitiva soggiogato da un credo ormai antico, discriminante e retrogrado, che se cancella quel male per scopi politici, lo rimpiazza subito dopo per scopi sociali, subendolo eternamente e privando di qualsiasi sicurezza le sue potenziali vittime.
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Holy Spider è un thriller intelligente che usa il genere per parlare dell’oggi, raffinatissimo nel suo destrutturare le dinamiche tipiche dell’indagine per mettere in primo piano l’azione politica, ciò che avviene dopo che un killer è stato catturato.
In Holy Spider il terrore è latente in ogni inquadratura. Il terrore è essere una donna in Iran. Il terrore è l’idiosincrasia persiana, è una progenie che vuole mettersi sugli stessi palsi falsi dei genitori.
Ciò che più colpisce, attrae e spaventa di Holy Spider è il racconto di un male oscuro, scioccante, temibile, feroce e crudo che appare come tollerato agli occhi di un popolo in definitiva soggiogato da un credo ormai antico, discriminante e retrogrado, che se cancella quel male per scopi politici, lo rimpiazza subito dopo per scopi sociali, subendolo eternamente e privando di qualsiasi sicurezza le sue potenziali vittime. Il male che Ali Abbasi filma agisce nell’ombra, mostrandone però i suoi frutti alla luce, è perciò inarrestabile e in continuo mutamento, così come testimoniano le parole del filmato amatoriale che chiude il film.
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goldy
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venerdì 17 febbraio 2023
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la forza dell''ignoranza
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Una storia capace di rappresemtare la realtà iraniana in tutta la sua devastante tragicità. Un uniformità e compattezza di fede islamica neanche lontanamente sfiorata da terapeutico dubbio sembra dominare tutta una città e probabilmente tutto il paese governato da una teocrazia umiliante. E' con questa certezza di essere nel giusto che un padre di famiglia si impegna a ripulire la città dalla presenza di prostitute. Il suo agire non scandalizza nessuno del suo quartiere e nemmeno la polizia che non si da granchè da fare per catturare il serial killer. In fondo anche loro non dissentono granchè dalla necessità di impedire omicidi, di donne per di più prostitute.
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Una storia capace di rappresemtare la realtà iraniana in tutta la sua devastante tragicità. Un uniformità e compattezza di fede islamica neanche lontanamente sfiorata da terapeutico dubbio sembra dominare tutta una città e probabilmente tutto il paese governato da una teocrazia umiliante. E' con questa certezza di essere nel giusto che un padre di famiglia si impegna a ripulire la città dalla presenza di prostitute. Il suo agire non scandalizza nessuno del suo quartiere e nemmeno la polizia che non si da granchè da fare per catturare il serial killer. In fondo anche loro non dissentono granchè dalla necessità di impedire omicidi, di donne per di più prostitute. Impossibile esimersi dal constatere quanto labile sia il confine tra male e bene e quanto malleabili siano le coscienze individuali a lasciarsi riempire in egual misura di pensieri i sublimi così come di brutalità intollerabili.
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fede17
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lunedì 20 febbraio 2023
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un cinema potente, indagatore ed emotivo
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La prima impressione - quella che poi andrà consolidandosi sino alla fine - è che siamo di fronte a un film efficacissimo e psicologicamente sfaccettato. Ali Abbasi non vuole demolire l'aspetto controverso e talvolta raggelante delle tradizioni religiose, cioè l'unico vero "holy spider" di questa vicenda raccapricciante (come ci vuole dire per esempio nella vista dall'alto della città santa di notte), ma preferisce giustamente un'altra via: avvicinarsi empaticamente senza alcun preconcetto (come farà la giornalista) alle vittime che popolano una città che durante la notte è tutt'altro che santa, quelle vittime che sono ravvisabili in primo luogo nelle donne e poi, come capiremo soltanto più avanti, anche nel colpevole, nell'inquietante assassino che vuole vestire i panni di un profeta ispirato da Allah per ripulire la città dalla corruzione morale, che non casualmente è identificata nel corpo femminile, un corpo sottomesso (nelle scene di sesso Abbasi tiene a mostrarci che è sempre al di sotto dell'uomo), sfruttato e brutalizzato da quelli stessi uomini che durante il giorno si comportano come cittadini devoti e gentili.
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La prima impressione - quella che poi andrà consolidandosi sino alla fine - è che siamo di fronte a un film efficacissimo e psicologicamente sfaccettato. Ali Abbasi non vuole demolire l'aspetto controverso e talvolta raggelante delle tradizioni religiose, cioè l'unico vero "holy spider" di questa vicenda raccapricciante (come ci vuole dire per esempio nella vista dall'alto della città santa di notte), ma preferisce giustamente un'altra via: avvicinarsi empaticamente senza alcun preconcetto (come farà la giornalista) alle vittime che popolano una città che durante la notte è tutt'altro che santa, quelle vittime che sono ravvisabili in primo luogo nelle donne e poi, come capiremo soltanto più avanti, anche nel colpevole, nell'inquietante assassino che vuole vestire i panni di un profeta ispirato da Allah per ripulire la città dalla corruzione morale, che non casualmente è identificata nel corpo femminile, un corpo sottomesso (nelle scene di sesso Abbasi tiene a mostrarci che è sempre al di sotto dell'uomo), sfruttato e brutalizzato da quelli stessi uomini che durante il giorno si comportano come cittadini devoti e gentili. Lo scenario mostrato da Abbasi non è però monocromatico, anzi, è molto più complesso di quanto pensiamo, perché se è vero che molti fedeli si sentono rappresentati dal killer delle donne, ci sono altri che invece lo considerano un assassino folle e meritevole di condanna. Quella che secondo la tradizione è una città santa, è invece un contesto urbano estremamente frammentato e caotico sotto tutti i punti di vista: religioso, politico, sociale. La città, in tutta la sua apparente santità, è come un ragno pericolosissimo che, nel momento stesso in cui intrappola le proprie vittime e si nutre di esse (ovvero i cittadini silenziosi, obbedienti, sottomessi, incapaci di giudizio critico e spirito di ricerca), finisce per rimanere intrappolata nella sua stessa tela, strangolata dal nodo che è stato lavorato durante i secoli dalle sue stesse mani: il nodo tenacissimo che vede indissolubilmente uniti le tradizioni religiose, il sistema politico e le relazioni sociali. Abbasi ci mostra lo stato attuale di questa fittissima tela: inestricabilmente frammentata e disomogenea. Lo sguardo del regista è giustamente al di là di ogni posizione religiosa: il suo è lo sguardo della coraggiosa e instancabile giornalista, perché vuole invitarci non soltanto a non dimenticare il ruolo determinante di questi anonimi "eroi", ma anche a sviluppare un senso della contemporaneità (e dunque della storia) basato sul sano giudizio critico, e uno spirito di ricerca e comprensione della realtà che sappia coniugare l'osservazione razionale e l'avvicinamento empatico. L'eccezionale Zar Amir Ebrahimi riesce a comunicarci tutto ciò, riesce a mostrarci una donna capace di indagare una complessa e talvolta infernale realtà avvalendosi sia della lente della giornalista che dello sguardo emotivo di un essere umano.
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figliounico
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mercoledì 5 giugno 2024
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cinema denuncia
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Film denuncia in forma di thriller, forse perché la cautela non è mai troppa, anche per chi vive all’estero, girato in Giordania, l’Iran non lo avrebbe permesso, da un regista emigrato in Danimarca da giovane e mai più ritornato al suo Paese e se ne intuiscono le ragioni. Film connotato da un crudo realismo, ma senza mai scadere nello splatter, che in Occidente invece affligge il genere dalla sua nascita, che offre uno spaccato della società iraniana come era all’inizio del ventunesimo secolo, epoca alla quale risalgono le imprese del serial killer che mieteva vittime tra le prostitute di Mashhad con l’approvazione morale del popolino o almeno dei più fanatici e non è dato sapere se anche con la tolleranza inoperosa delle locali forze di polizia.
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