Una serie di polarità sotto la regia di David Leitch: Ordine vs Caos. Centripeto vs Centrifugo. Corsa vs Fuga. E, soprattutto, Dentro contro Fuori. Disponibile su CHILI. GUARDA SUBITO IL FILM »
di Luigi Coluccio
Qual era l’architrave tirato su dal clan Tokugawa che gli permise di dominare incontrastato il Giappone durante il periodo Edo? I daimyo ad anni alterni si recavano in soggiorno nella capitale, il potere feudale era stato centralizzato tramite la burocrazia e ogni clan occupava un posto prestabilito nella gerarchia dello shogunato – tutti elementi di un sistema complesso il cui unico fine era l’esercizio del potere da parte degli eredi di Tokugawa Ieyasu, vincitore della battaglia di Sekigahara e unificatore del Giappone sotto un unico clan, il suo. E l’articolazione di questa autorità erano le strade. Perché lo spazio, o meglio, la riduzione dello spazio a territorio, cartografia, schema, è il modo in cui si impone il controllo.
Così il Gokaido, il sistema delle Cinque Strade, correva avanti e indietro da Edo (l’odierna Tokyo) verso Kyoto e le altre parti dell’isola, costeggiando il mare e inoltrandosi in montagna, puntellato di stazioni di posta, con alberi piantati ai lati e il terreno pavimentato in molti punti. Ce lo mostrano Le Cinquantatré stazioni del T?kaid?, il ciclo di xilografie di Hiroshige, e oggigiorno le vedute dallo spazio della Taiheiy? Belt, la megalopoli che si estende sulla costa est del Giappone i cui circa 75 milioni di persone sono collegate principalmente dalla Tokaido Shinkansen, la linea di treni ad alta velocità che prende il nome dalla più importante delle Cinque Strade del periodo Edo.
Ordine vs Caos. Centripeto vs Centrifugo. Corsa vs Fuga. E, soprattutto, Dentro contro Fuori. È questa serie di polarità che lancia Bullet Train - ora disponibile in streaming su CHILI - , che alimenta il motore immobile del treno superveloce e degli scontri tra i personaggi dell’ultimo film di David Leitch con, tra i tanti protagonisti, Brad Pitt. Ci sono sette assassini sullo shinkansen in partenza da Tokyo in direzione Kyoto: Ladybug (Brad Pitt), ossessionato dalla sfortuna che sembra perseguitarlo; Lemon (Brian Tyree Henry) e Tangerine (Aaron Taylor-Johnson), coppia di fratelli – apparenti – gemelli; Yiuchi Kimura (Andrew Koji), costretto a salire sul treno da un misterioso individuo che minaccia il figlio degente in ospedale; Wolf (Bad Bunny), in cerca di vendetta per la morte della moglie; Hornet (Zazie Beetz), specializzata in avvelenamenti; e Prince (Joey King), una ragazzina che sembra manipolare tutto e tutti.
Attorno a loro, fermi o in movimento, in attesa sulla banchina o seduti in una delle carrozze, stanno gli altri – il padre senza nome di Yiuchi (Hiroyuki Sanada), Maria il contatto di Ladybug (Sandra Bullock), la Morte Bianca (Michael Shannon), a capo del più grande gruppo criminale del paese, e suo figlio ed erede (Logan Lerman). Sono tutti vittime e carnefici di un grande piano di cui nessuno davvero conosce il significato e la direzione, nemmeno l’apparente villain finale.
Il frullatore impazzito di Bullet Train, fatto di lunghissimi dialoghi tennistici tra i vari personaggi e accelerazioni violente, incastonati nella forma iper-stilizzata che Leitch controlla in modo preciso, si avvia, si ferma e riparte alimentato da questa frizione incessante tra la volontà di controllo e quella di autodeterminazione.