thomas
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giovedì 6 gennaio 2022
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il cinema!
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Se il Cinema è raccontare la vita in forma artistica attraverso la tecnica delle immagini in movimento, e se la vita è un susseguirsi di situazioni che è possibile raccontare al meglio proprio con la tecnica delle immagini in movimento, il Cinema diventa Vita ogni volta che produce un capolavoro come "Un eroe". Farhadi supera se stesso e dirige il suo miglior film di sempre innalzandosi al livello dei più grandi cineasti viventi perché riesce in sole due ore a rappresentare con una nitidezza stupefacente i confini tra verità e apparenza, egoismo e generosità, perdono e rancore implacabile, onestà e diffidenza, amore e disprezzo, il tutto filtrato attraverso gli occhi di un bambino balbuziente e di suo padre.
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Se il Cinema è raccontare la vita in forma artistica attraverso la tecnica delle immagini in movimento, e se la vita è un susseguirsi di situazioni che è possibile raccontare al meglio proprio con la tecnica delle immagini in movimento, il Cinema diventa Vita ogni volta che produce un capolavoro come "Un eroe". Farhadi supera se stesso e dirige il suo miglior film di sempre innalzandosi al livello dei più grandi cineasti viventi perché riesce in sole due ore a rappresentare con una nitidezza stupefacente i confini tra verità e apparenza, egoismo e generosità, perdono e rancore implacabile, onestà e diffidenza, amore e disprezzo, il tutto filtrato attraverso gli occhi di un bambino balbuziente e di suo padre. Un film dal valore universale che ci interroga sull'inafferrabilita' della realtà in tutti i casi in cui prevale la diffidenza, quel male oscuro della nostra società "evoluta" che ci spinge a interpretare spesso come atto di stupidità o peggio, frutto di tornaconto personale ciò che invece può semplicemente essere un puro atto di onestà. Ma Farhadi è magistrale nel dirci che dietro la diffidenza c'è il rancore personale, l'invidia, l'ostinata stupidità e così facendo il suo ragionamento prende forma precisa, come un edificio che si sostiene su pilastri e fondamenta solidi e, per questo, capaci di sostenere tutta la struttura. Nella figura del padre che rimane vittima del meccanismo stritolante innescato in primo luogo da diffidenza ed egoismo, e gira per gli uffici e tra le persone trepidante con il suo certificato d'onore tra le mani, accompagnato dal proprio figlio si ritrova efficacemente (come ha acutamente scritto qualcuno) l'odissea dell'attacchino e del figlio di "Ladri di biciclette"; lì i due erano alla ricerca del mezzo che avrebbe consentito alla famiglia di sostenersi economicamente, qui sono alla ricerca di un bene ancora più importante: la reputazione personale e, in definitiva, la propria dignità. Con una forza espressiva straordinaria la pellicola si dipana coinvolgendo un numero rilevante di personaggi, tutti definiti anche con poche battute: il tassista solidale, la ex moglie implacabile, il burocrate ottuso, il direttore del carcere furbo, la presidente dell'associazione umanitaria razionale, come nella vita vera una miriade di persone si incontrano quando sono aperte nei confronti degli altri e si scontrano quando non lo sono. "Un eroe" è ambientato in Iran ma potrebbe esserlo ovunque, perché, a prescindere dal contesto geografico, ci racconta inoltre dell'eroismo vero, quello delle persone perbene che sanno mettere l'affetto nei confronti dei figli (stupenda la scena della richiesta di cancellazione del video in cui era stato ripreso il figlio) e delle persone che amano (dolcissimo il rapporto con la fidanzata) sopra tutto e, con queste coordinate, affrontano la vita e le difficoltà dell'esistenza accettandone con fortezza i rovesci. La grandezza di questa pellicola, infine, è anche nel messaggio ultimo suggeritoci da Farhadi: si vince nella vita in un solo modo, quando si è a posto con la propria coscienza.
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(di anna rosa)
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(di antonio montefalcone)
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mauro.t
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sabato 22 gennaio 2022
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non è un paese per onesti
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Rahim è in carcere perché non è riuscito a far fronte a un debito. In giorno però la sua fidanzata trova casualmente una borsa smarrita con un malloppo che può saldare almeno in parte il creditore e far ritirare la denuncia. Tuttavia Rahim, all’ultimo, un po’ per caso, un po’ perché la cifra non copre completamente il debito, un po’ perché preso dagli scrupoli, decide di restituire i soldi e di cercare la persona che ha smarrito la borsa. La proprietaria piangente si palesa, e la restituzione avviene. Il direttore del carcere viene a conoscenza del bel gesto e dà inizio alla celebrazione dell’onesto carcerato che diventa famoso grazie a TV e giornali.
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Rahim è in carcere perché non è riuscito a far fronte a un debito. In giorno però la sua fidanzata trova casualmente una borsa smarrita con un malloppo che può saldare almeno in parte il creditore e far ritirare la denuncia. Tuttavia Rahim, all’ultimo, un po’ per caso, un po’ perché la cifra non copre completamente il debito, un po’ perché preso dagli scrupoli, decide di restituire i soldi e di cercare la persona che ha smarrito la borsa. La proprietaria piangente si palesa, e la restituzione avviene. Il direttore del carcere viene a conoscenza del bel gesto e dà inizio alla celebrazione dell’onesto carcerato che diventa famoso grazie a TV e giornali. Ma una piccola bugia detta a fin di bene da Rahim e una serie di circostanze sfortunate costituiranno l’inizio di un calvario. Le istituzioni come il carcere e l’associazione umanitaria che vi opera, prima cavalcano la fama dell’eroe attribuendosi meriti, poi, al sorgere dei primi dubbi, lo scaricano per difendere la propria reputazione. Rahim rimarrà sostanzialmente da solo, pur aiutato da singole persone di buon cuore, a cercare di recuperare la libertà e salvare il proprio onore, in un crescendo dove verità e giustizia non andranno d’accordo e diffidenza e rancore reggeranno le danze.
E’ la storia della lotta di un uomo in questa società paradossale pervasa dalle immagini, le quali, anziché mostrare la realtà, la rendono più opaca. E’ una società dove l’etica vera cede il passo alle virtù mediatiche, all’immagine presentata dai media e dai social media, e dove le istituzioni pensano principalmente a difendere loro stesse. Neppure gli altri detenuti saranno solidali con Rahim, perché il carcere si servirà del suo nobile gesto per vantare la propria opera di rieducazione e coprire i suicidi di altri carcerati. La sfortuna, la burocrazia, l’accanimento feroce del creditore con annessa figlia ancora più ostile, porteranno Rahim all’esasperazione, che gli si torcerà contro. Ma lui cercherà di rimanere moralmente integro e rifiuterà di dare in pasto al pubblico l’innocenza e il difetto del figlio balbuziente. Commovente questo bambino certo dell’integrità del padre, che ricorda il Bruno di “Ladri di biciclette”, film a cui forse Farhadi rende omaggio.
Fotografia essenziale, con omaggi al sito archeologico di Naqsh e Rostam e al lavoro di restauratore.
La storia è ambientata in Iran, ma tratta un tema universale: un uomo sostanzialmente onesto stritolato da un sistema ottuso.
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stefano capasso
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martedì 25 gennaio 2022
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l''amore come unica bussola per una vita etica
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Rahim ha due giorni permesso dal carcere dove sta scontando una pena per non aver pagato un creditore. La donna che ama ha trovato una borsa con delle monete d’ora e la tentazione di usarle per ripagare almeno parte del debito ed uscire di prigione è molto forte. Ma un sussulto di coscienza lo fa desistere dando il via ad una sequela di avvenimenti imprevedibili.
Asghar Farhadi gioca con lo spettatore così come la vita gioca con il protagonista del film, vittima di una serie di circostanze che prendono il sopravvento. Si tratta di un antieroe, un uomo del tutto normale che si trova a compiere delle scelte, non sempre etiche che finirà per pagare sulla sua pelle.
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Rahim ha due giorni permesso dal carcere dove sta scontando una pena per non aver pagato un creditore. La donna che ama ha trovato una borsa con delle monete d’ora e la tentazione di usarle per ripagare almeno parte del debito ed uscire di prigione è molto forte. Ma un sussulto di coscienza lo fa desistere dando il via ad una sequela di avvenimenti imprevedibili.
Asghar Farhadi gioca con lo spettatore così come la vita gioca con il protagonista del film, vittima di una serie di circostanze che prendono il sopravvento. Si tratta di un antieroe, un uomo del tutto normale che si trova a compiere delle scelte, non sempre etiche che finirà per pagare sulla sua pelle. I temi della verità, che sembra mai raggiungibile, della reputazione che non è sempre legata ai comportamenti etici o meno e il contributo dei social media che stravolgono le carte in tavolo creando e distruggendo verità in pochi attimi; il tutto sullo sfondo di un Iran schiacciato da conflitti sociali e morali. Se tutti sono coinvolti allo stesso modo nelle beghe della narrazione, l’unico a pagare veramente è come sempre, il più debole, ma è anche l’unico a compiere, nel finale, un’azione dove vince indiscutibilmente l’etica: non a casa è legata all’amore filiale. Come dire che è l’amore l’unica strada che può orientare il percorso ad ostacoli di un individuo. La perfetta sceneggiatura di Farhadi sviluppa una serie di bivi che portano all’attenzione altrettante tematiche: una complessità narrativa che è tutt’altro che fine a se stessa, ma necessaria a riprodurre quella complessità della vita dalla quale spesso è difficile districarsi. Farhadi pesca nel neorealismo di De Sica, nella suspance di Hitchcock per consolidare il suo consueto stile narrativo per un film di intrattenimento intelligente.
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