Tornare a vincere

   
   
   

Ben affleck in un melò solitario

di Fabio Ferzetti L'Espresso

Certi personaggi sono tappe obbligate per una star. L' uomo-che-aveva-tutto ma è sprofondato nell' alcolismo (o in una qualsiasi altra dipendenza) è una di queste figure archetipiche e ambivalenti, con i piedi saldamente piantati nel cliché e la testa sempre in cerca di nuovi orizzonti. La sfida ideale per un attore, soprattutto se la sua vita personale offre punti di contatto con il personaggio. In questo senso il Jack di "The Way Back", solido melodramma sportivo ora su varie piattaforme (Chili, Rakuten, TIMvision, molte altre), era il veicolo perfetto per Ben Affleck, che come vuole l' odierno show business ultimamente non ha nascosto i suoi problemi di alcol, separazione e depressione. Purché lo si guardi senza alzare il sopracciglio, perché il bello di Hollywood sta proprio nella sua capacità di reinventare gli schemi iniettandovi quel tanto di novità, se non di verità, che rinnova il genere. Cucito addosso al corpo appesantito e all' occhio appannato del protagonista, ex-star del basket che ora vive aggrappato a bottiglie e lattine, "Tornare a vincere" ("The Way Back") dona allo schema caduta-redenzione-ricaduta-catarsi una serie di atout interessanti. La prima è l' accuratezza del casting, fino all' ultimo comprimario, uno di quei misteri che rende il cinema Usa insuperabile. La seconda è la sobrietà del tono: azione e adrenalina sono riservate alle scene di gioco (l' ex-sportivo risale la china diventando il coach della squadra di basket del suo ex-college, il che significa anche fare un po' da padre ai suoi giocatori); per il resto la regia punta sull' implosione più che sulle scene madri. La terza, forse la più importante, è una trovata di sceneggiatura, da non rivelare, che evoca alla lontana un capolavoro interpretato guardacaso da Casey Affleck, fratello di Ben, cioè "Manchester by the Sea". Dietro il dolore di quel gigante caduto, insomma, c' è più di quanto sembri. Un altro film avrebbe scavato in quel dolore, ne avrebbe esplorato le cause, che sono anche cause sociali, avrebbe messo il protagonista e la sua storia in relazione col mondo. "Tornare a vincere" sceglie la strada opposta, che è quella del mélo: ognuno è solo con la sua croce. Nessuno può salvare nessuno, se non se stesso. Ma è proprio in questa solitudine assoluta e fatale che Ben Affleck, attore e personaggio, vince la sua partita.
Da L'Espresso, 3 maggio 2020


di Fabio Ferzetti, 3 maggio 2020

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