robert eroica
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sabato 25 maggio 2019
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il traditore
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Tommaso Buscetta, mafioso al servizio del clan dei Bontade, arrestato e fuggito due volte in Sudamerica, miracolosamente scampato alla faida interna a Cosa Nostra portata avanti dai Corleonesi di Toto’ Riina, che gli ha fatto uccidere due dei suoi otto figli. Tommaso Buscetta che, al momento i iniziare a collaborare con lo Stato italiano, non si definisce mai un pentito e men che meno un traditore, perché “sono gli altri ad aver tradito gli ideali (sic) della vecchia mafia” come riferisce in un colloquio con Giovanni Falcone. Tommaso Buscetta, un criminale inafferrabile e proteiforme oppure un delinquente di piccolo taglio, un semplice soldato, ai piedi della piramide ? Marco Bellocchio per il suo “Il traditore”, unico film italiano in concorso a Cannes, sceglie di puntare sul dato di cronaca, sui procedimenti giudiziari, sulle dichiarazioni di Buscetta, su un sistema mafioso che pare crollare anche e soprattutto per la scelta di un solo individuo.
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Tommaso Buscetta, mafioso al servizio del clan dei Bontade, arrestato e fuggito due volte in Sudamerica, miracolosamente scampato alla faida interna a Cosa Nostra portata avanti dai Corleonesi di Toto’ Riina, che gli ha fatto uccidere due dei suoi otto figli. Tommaso Buscetta che, al momento i iniziare a collaborare con lo Stato italiano, non si definisce mai un pentito e men che meno un traditore, perché “sono gli altri ad aver tradito gli ideali (sic) della vecchia mafia” come riferisce in un colloquio con Giovanni Falcone. Tommaso Buscetta, un criminale inafferrabile e proteiforme oppure un delinquente di piccolo taglio, un semplice soldato, ai piedi della piramide ? Marco Bellocchio per il suo “Il traditore”, unico film italiano in concorso a Cannes, sceglie di puntare sul dato di cronaca, sui procedimenti giudiziari, sulle dichiarazioni di Buscetta, su un sistema mafioso che pare crollare anche e soprattutto per la scelta di un solo individuo. “Mi interessavano i sogni di Buscetta” dice Bellocchio, ma come spesso succede le sue interviste sono spesso un misto tra velleitarismo e conformismo e rivelano poco degli esiti del suo cinema. Per una volta invece Bellocchio non punta sul dormiveglia della ragione per far uscire i mostri, tiene a freno la componente onirica e punta sull’indignazione civile, sull’impegno etico dello storiografo. Ma non vince interamente la sfida. Paradossalmente più il suo film infarcisce di elementi, personaggi, verità, meno rivela, meno colpisce. E’ nel suo saper togliere, nei suoi buchi di sceneggiatura, nelle ellissi che Bellocchio dice di più e arriva spesso alla folgorazione (come dimostra lo straordinario “Buongiorno notte”, il film italiano decisivo e più importante degli ultimi venti anni). Qui è prigioniero e affascinato dal personaggio che racconta, e non basta un capovolgimento meccanico all’ultimo minuti per rovesciare questa impressione, non proprio innocua, di santificare Buscetta come un antieroe dell’altro ieri. Ci sono pezzi di cinema bellissimi ne “Il traditore”, come il maxi processo alla mafia, in cui emergono derive grottesche e sospensioni di senso, in cui i flash dei fotografi sembrano donare alla situazione una angolazione allucinatoria. O il filmato di repertorio che ci ricorda la forza e il dolore della moglie di Vito Schifani o l’epitaffio-profezia di Paolo Borsellino, davvero da brivido. Ma ci sono anche sequenze inguardabili come la strage di Capaci ripresa in soggettiva con gli occhi di un uomo della scorta, o quella debolissima dell’interrogatorio di Buscetta da parte dell’Avvocato Coppi, che difende la posizione del suo assistito eccellete, Giulio Andreotti. E un elogio davvero incondizionato ad un attore che si conferma ancora una volta stupefacente. Favino ? No, si tratta di Fabrizio Ferracane (il protagonista indimenticato di Anime nere di Francesco Munzi) nei panni del mefistofelico Pippo Calo’, ancora una volta in grado di recitare anche stando zitto, con gli occhi che saettano e un corpo che non riesce a frenare i cedimenti del rimorso e della rabbia.
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lucascialo
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martedì 18 giugno 2019
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la vita di tommaso buscetta
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Quando un ottimo regista si trova a lavorare con ottimi interpreti, difficilmente il risultato finale è scadente e deludente. E questo film non sfugge a questa regola, sebbene non sempre scontata.
Pierfrancesco Favino si conferma ancora una volta un ottimo attore, superando però ogni precedente interpretazione. Si cala a dovere nel personaggio controverso di Tommaso Buscetta, con i suoi valori, la sua cadenza, rendendolo molto simile all'Escobar di Benicio Del Toro. Soprattutto alla fine, quando canta una canzone sentimentale brasiliana alla sua festa di compleanno.
A renderlo simile, oltre alla stazza, la carnagione scura e la barba folta, anche il suo essere tenero marito (la moglie è Maria Fernanda Candido) e padre da un lato, e spietato esecutore dall'altro.
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Quando un ottimo regista si trova a lavorare con ottimi interpreti, difficilmente il risultato finale è scadente e deludente. E questo film non sfugge a questa regola, sebbene non sempre scontata.
Pierfrancesco Favino si conferma ancora una volta un ottimo attore, superando però ogni precedente interpretazione. Si cala a dovere nel personaggio controverso di Tommaso Buscetta, con i suoi valori, la sua cadenza, rendendolo molto simile all'Escobar di Benicio Del Toro. Soprattutto alla fine, quando canta una canzone sentimentale brasiliana alla sua festa di compleanno.
A renderlo simile, oltre alla stazza, la carnagione scura e la barba folta, anche il suo essere tenero marito (la moglie è Maria Fernanda Candido) e padre da un lato, e spietato esecutore dall'altro. Già, esecutore materiale di tanti omicidi. Ma di Cosa Nostra, come ci tiene a sottolineare. La Mafia, a suo dire, è solo una invenzione giornalistica. Quella Cosa Nostra che però ha tradito i suoi ideali originari, pertanto, lui non si sente un traditore. O un pentito. Accezione che iniziava a farsi strada in quegli anni.
I veri traditori erano altri. Su tutti Pippo Calò (Fabrizio Ferracane), col quale ebbe un memorabile confronto nel maxi processo. Quando, convinto da Giovanni Falcone (Fausto Russo Alesi), decise di rivelare tutto. Ed è qui che scoprirà che i suoi figli sono stati uccisi proprio per volere del cassiere Calò.
Il film ricostruisce dunque la vita di Tommaso Buscetta, partendo proprio dalla festa che avrebbe dovuto unire corleonesi e palermitani. Ed invece, per volere del capo dei primi, Totò Riina (ottima la maschera seriosa di Nicola Calì), e di Calò appunto, si riscrisse la storia della Mafia a colpi di omicidi. Proprio mentre Don Masino era in Brasile.
Una festa che rievoca l'inizio indimenticabile de Il Padrino. Perchè è spesso in queste occasioni, tra un ballo, brindisi, fuochi d'artificio e convenevoli, che si ricamano le peggiori cospirazioni.
Oltre a lui, altro pentito è Totuccio Contorno, interpretato da Luigi Lo Cascio, indimenticabile Peppino Impastato. E' passato ottimamente dall'altra parte della trincea, facilitato da una sicilia che gli scorre nelle vene.
Marco Bellocchio, dopo una serie di film apprezzati, torna dunque a parlare d'Italia. Nel suo stile ineffabile. Senza romanzare il racconto ne caricaturare i personaggi. Che restano comunque fedeli agli originali.
Se la Mafia uccide solo d'estate, i suoi protagonisti hanno fatto calare un lungo inverno sul Paese. Spezzato dal pentititsmo e da magistrati coraggiosi.
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francesco2
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domenica 1 marzo 2020
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un uomo semplice
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Di fronte ad un avvocato Caino che ce la mette tutta per inchiodarlo. Buscetta si autodefinisce un uomo semplice- ben piu articolata la frase autentica.
Non credo sia finta umilta. Piuttosto Buscetta, mai pentitosi, assume forse consapevolezza di essere uomo profondamente ignorante, probabilmente, che in piu ha condotto una vita dissoluta, fuori da vincoli etici e persino riguardanti la sua salute: In quel momento, con quelle parole, non vuole cambiare il mondo, non possiamo considerarlo l eroe-anti-eroe -pensiamo a Forrest Gump, meno che mai l anima pura Lazzaro felice. Non cerca altra giustizia che non sia quella personale, con ogni probabilita. Ma, in quel momento, confida persino lui di essere un ingranaggio positivo nel marciume della societa.
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Di fronte ad un avvocato Caino che ce la mette tutta per inchiodarlo. Buscetta si autodefinisce un uomo semplice- ben piu articolata la frase autentica.
Non credo sia finta umilta. Piuttosto Buscetta, mai pentitosi, assume forse consapevolezza di essere uomo profondamente ignorante, probabilmente, che in piu ha condotto una vita dissoluta, fuori da vincoli etici e persino riguardanti la sua salute: In quel momento, con quelle parole, non vuole cambiare il mondo, non possiamo considerarlo l eroe-anti-eroe -pensiamo a Forrest Gump, meno che mai l anima pura Lazzaro felice. Non cerca altra giustizia che non sia quella personale, con ogni probabilita. Ma, in quel momento, confida persino lui di essere un ingranaggio positivo nel marciume della societa.
Nel suo accusare Andreotti, il piu potente dei potenti italiani, un fuscello -al contempo Davide e Golia- sembra dire sono un mascalzone, un incompetente, ma posso servire persino io: Ottimo Bellocchio, l unico suo film ad avermi colpito per davvero a parte Buongiorno, notte
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efrem
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lunedì 2 marzo 2020
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il traditore
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Il Traditore di Marco Bellocchio è un film stupendo. Un Capolavoro di realismo, messo in scena con una tale delicatezza e accuratezza che è impossibile non lodare il film. Pierfrancesco Favino è perfetto, degno del miglior Brando. Una pellicola che racconta la storia di Tommaso Buscetta, ripercorrendo soprattutto il Maxi Processo e gli incontri fra Buscetta e Falcone. Veramente bellissimo nel raccontare la fine di “Cosa Nostra” (Mafia). Sublime.
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fabio 3121
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lunedì 4 gennaio 2021
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tutti i premi italiani meritati per "il traditore"
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Il film del regista Marco Bellocchio sulla vita di Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino) è decisamente un'ottima pellicola che ricostruisce i principali eventi dal 1980 al 2000. La bravura del regista nonchè coosceneggiatore è stata quella di dare una sequenza cronologica di date, luoghi e personaggi (con tanto di sovrascritte) tali da far seguire in modo semplice e con molto interesse l'intera complessa vicenda giudiziaria. L'utilizzo anche dei sottotitoli in italiano per buona parte dei dialoghi non stanca, anzi ascoltare gli attori recitare in siciliano, portoghese e inglese ha rappresentato un valore aggiunto al film attribuendogli grande originalità.
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Il film del regista Marco Bellocchio sulla vita di Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino) è decisamente un'ottima pellicola che ricostruisce i principali eventi dal 1980 al 2000. La bravura del regista nonchè coosceneggiatore è stata quella di dare una sequenza cronologica di date, luoghi e personaggi (con tanto di sovrascritte) tali da far seguire in modo semplice e con molto interesse l'intera complessa vicenda giudiziaria. L'utilizzo anche dei sottotitoli in italiano per buona parte dei dialoghi non stanca, anzi ascoltare gli attori recitare in siciliano, portoghese e inglese ha rappresentato un valore aggiunto al film attribuendogli grande originalità. La storia inizia in Sicilia con una festa dove si incontrano vari appartenenti a Cosa Nostra per poi spostarsi in Brasile a Rio de Janeiro (per questo Buscetta veniva chiamato "il boss dei 2 mondi"). Dopo il suo arresto e l'estradizione in Italia viene convinto dal giudice Falcone a collaborare anche se in tutte le occasioni affermerà di non essere un pentito. Lui non si considera "il traditore" perchè a tradire erano stati invece coloro che appartenevano alla organizzazione piramidale di Cosa Nostra per essere venuti meno ai valori morali con vendette trasversali. Molto spettacolare risulta il successivo maxiprocesso del 1986 nell'aula-bunker di Palermo con il confronto diretto con Pippo Calò (Fabrizio Ferracane) e con la testimonianza tutta in siciliano stretto di Salvatore Contorno (Luigi Lo Cascio). Dopo gli arresti e le tante condanne ai clan dei corleonesi, conseguenti alla sentenza del processo, i 2 collaboratori di giustizia (Masino e Totuccio) si rincotrerarnno negli Stati Uniti dove lo stato italiano garantirà alle loro famiglie la massima protezione; Buscetta vi resterà fino alla morte nel 2000. Eccellente l'interpretazione di Pierfrancesco Favino; bravissimi anche Fabrizio Ferracane e Luigi Lo Cascio. Belle sia la scenografia che le musiche del maestro Nicola Piovani. Tutti meritati i premi ottenuti in Italia dalla pellicola nelle varie categorie ai David di Donatello ed al Nastro d'argento. Un peccato che il film selezionato dall'Italia per correre agli Oscar come miglior film straniero non sia poi rientrato nelle nominations.
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alex
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sabato 26 agosto 2023
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bellocchio ti sei superato
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Commento: il traditore
"Il traditore" un film diretto dal grande regista Marco Bellocchio, che espone, senza filtri e censure, la vita afflitta e continuamente tormentata del coscienzioso Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), vissuta nel dolore più totale, tra tradimenti di coloro che venivano considerati "amici" e continui lutti in famiglia. Il film va a rappresentare la Palermo mafiosa anni 80/90 divisa in due fazioni: i palermitani contro i corleonesi, in cui il regista ci dimostra per filo e per segno il comportamento sadico e perfido dei malavitosi mafiosi, che hanno un solo obbiettivo: il potere e il denaro.
Nella pellicola sono presenti tra i più importanti esponenti della mafia palermitana, tra cui: Totó Riina, il responsabile dell'attentato a Falcone del "92, Salvatore Contorno che fu il secondo pentito nella storia della mafia italiana, interpretato con maestria da Luigi lo Cascio e infine Pippo Calò, l'uomo che più di tutti fu d'intralcio nella vita di Buscetta.
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Commento: il traditore
"Il traditore" un film diretto dal grande regista Marco Bellocchio, che espone, senza filtri e censure, la vita afflitta e continuamente tormentata del coscienzioso Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), vissuta nel dolore più totale, tra tradimenti di coloro che venivano considerati "amici" e continui lutti in famiglia. Il film va a rappresentare la Palermo mafiosa anni 80/90 divisa in due fazioni: i palermitani contro i corleonesi, in cui il regista ci dimostra per filo e per segno il comportamento sadico e perfido dei malavitosi mafiosi, che hanno un solo obbiettivo: il potere e il denaro.
Nella pellicola sono presenti tra i più importanti esponenti della mafia palermitana, tra cui: Totó Riina, il responsabile dell'attentato a Falcone del "92, Salvatore Contorno che fu il secondo pentito nella storia della mafia italiana, interpretato con maestria da Luigi lo Cascio e infine Pippo Calò, l'uomo che più di tutti fu d'intralcio nella vita di Buscetta. Analizzando invece l'aspetto tecnico del film, la regia è brillante, facendo trasparire al massimo la spossatezza di Buscetta, scappando giorno per giorno dalla malavita palermitana, andando dall'Italia al Brasile per poi rifugiarsi a Miami, nel quale si godrà gli ultimi anni di vita.
La fotografia è intinta nel rosso pure dei morti palermitani , con le inquadrature che variano da intensi sguardi di Favino ad altre di estrema malvagità. Lo spettatore durante il film è avvolto da un coltre di angoscia e ira, alleviato però da un amore che non si infrange, tra Buscetta e sua moglie, che anche nei momenti più critici, rimangono insieme. L'umanità di Buscetta traspare molto nel film, percorrendo un vero e proprio percorso mentale, trasformandosi da mafioso a paladino di giustizia, aiutando nell' istituzione per il così detto "Maxi processo", in cui riuscì ad incarcerare più di 300 mafiosi, di cui il traditore brutale Pippo Calò.
Un film che ti porta ad assaporare con tanta amarezza la criminalità mafiosa, e soprattutto il cambiamento umano che ebbe Buscetta nel corso della sua vita, un cambiamento che rivoluzionò in positivo la vita palermitana, che fino a quel momento era sotto dominio mafioso.
Favino, grazie alla sua interpretazione, riesce a far immedesimare lo spettatore a pieno nel film, rappresentando con una grande veridicità Buscetta, sia nei modi che nell'aspetto. Dopodiché a rendere il tutto più magico, la pellicola è involta nella soave colonna sonora " Es la historia de un amur" che fa da sottofondo al lugubre mondo mafioso, smorzandolo però con la sua incantevole melodia, rendendo il film una vera e propria opera artistica.
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carloalberto
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venerdì 24 maggio 2019
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didattico e retorico
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L’atmosfera cupa delle prime sequenze, girate in una villa antica e decadente, in cui si svolge la scena della temporanea pax mafiosa tra personaggi immersi nell’ombra, affacciata su un mare scuro ed ostile in una notte buia illuminata soltanto dalle fiaccole, simbolo di luce catacombale, e dai fuochi pirotecnici della festa religiosa, mentre si inneggia a Santa Rosalia, comunica icasticamente con immediatezza il senso di oppressione e la pesantezza della vita claustrofobica dei mafiosi, rappresentati metaforicamente come topi, come animali sotterranei e parassiti della vita urbana, che fuggono dinanzi alla giustizia, costretti alla clandestinità o nel caso di Buscetta, all’esilio, sebbene dorato, del Brasile.
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L’atmosfera cupa delle prime sequenze, girate in una villa antica e decadente, in cui si svolge la scena della temporanea pax mafiosa tra personaggi immersi nell’ombra, affacciata su un mare scuro ed ostile in una notte buia illuminata soltanto dalle fiaccole, simbolo di luce catacombale, e dai fuochi pirotecnici della festa religiosa, mentre si inneggia a Santa Rosalia, comunica icasticamente con immediatezza il senso di oppressione e la pesantezza della vita claustrofobica dei mafiosi, rappresentati metaforicamente come topi, come animali sotterranei e parassiti della vita urbana, che fuggono dinanzi alla giustizia, costretti alla clandestinità o nel caso di Buscetta, all’esilio, sebbene dorato, del Brasile. Le scene degli assassinii per il predominio nella commissione al vertice di cosa nostra, nella lotta tra la vecchia e la nuova mafia dei corleonesi, quella che sarà stragista ed ambiguamente compromessa con gli apparati deviati dello Stato, che si susseguono in modo incalzante, rievocando le cronache del tempo, ricordano lo stesso ritmo narrativo degli omicidi tra fazioni rivali, nello scontro tra la vecchia e la nuova camorra organizzata, del Camorrista di Tornatore. Ottima l’interpretazione di Favino, Lo Cascio e Ferracane, rispettivamente Buscetta, Contorno e Calò, anche se con risultati diversi. Si preferisce rappresentare l’uomo Buscetta nella sua forza vitale e animalesca mentre consuma rapporti sessuali con la moglie o con una prostituta nel carcere dell'Ucciardone, piuttosto che approfondire il personaggio dal punto di vista psicologico nelle sue relazioni familiari, eppure ebbe otto figli, o nel rapporto con Falcone, che è, invece, appena abbozzato e si riduce allo scambio di qualche battuta e all’offerta di un pacchetto di sigarette del giudice al pentito. Nonostante la rassomiglianza impressionante tra Favino e Buscetta, il personaggio non comunica niente di essenziale, nulla di più rispetto a quello che si può leggere in un articolo di giornale, resta appiattito e conforme alla copia dell’originale che le cronache ci hanno consegnato, mentre Lo Cascio, cui è riservato un ruolo minore, riesce a trasmettere qualcosa di profondo dell’animo del personaggio che interpreta, la pervicacia e la violenza attraverso lo sguardo, l’orgoglio della propria sicilianità con l’utilizzo sfrontato davanti alla corte, che lo sta interrogando come pentito, di un dialetto stretto ed incomprensibile, così come Ferracane rende efficacemente la mellifluità del criminale di alto livello che è stato a contatto con i colletti bianchi ed ha imparato il politichese. Se non fosse per qualche visione onirica, Andreotti che esce in mutande dall’atelier del sarto, o l’apparizione dei fantasmi dei figli evocati dai sensi di colpa, il film sarebbe cronaca pura. Bellocchio voleva forse rifare il Joe Valachi - I segreti di Cosa Nostra diTerence Young, ma, con tutto il rispetto, Favino non è paragonabile a Charles Bronson, e non si comprende, alla fine, se sia a causa dei limiti attoriali del protagonista, forse troppo buono per impersonare un boss di cosa nostra, o di una sceneggiatura cronachistica, prigioniera dei dialoghi stereotipati, ripresi dai giornali o dai libri scritti sull’argomento, che il film, più utile strumento didattico che opera d’arte, idoneo ad una proiezione nelle scuole per fornire i primi rudimenti sul fenomeno mafioso, rimane in superficie, sulla superficie di quel mare nero ed ostile, rappresentazione di una società civile che lambisce minacciosa la malavita nascondendo nelle sue profondità il malaffare.
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[+] cronache da non ignorare...
(di giannaccio)
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(di gbavila)
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felicity
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mercoledì 16 ottobre 2019
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uno dei film più importanti degli ultimi anni
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Bellocchio realizza un importante film sull’identità, quella che Don Masino falsifica più volte confidando nella validità del solo nome. Identità intesa come ruolo e come etichetta: Buscetta, che poi diviene Don Masino, o il boss dei due mondi, diventa la mafia stessa quando vincolato a essa, poi il traditore e un bersaglio quando, vincolato alla giustizia, diviene nemico della stessa.
E non si dica che Il Traditore si presenti come un’apologia della figura di Buscetta: nessuno sconto sul fardello delle sue azioni, sulle incongruenze delle sue decisioni, sull’ambiguità della sua storia e delle sue risposte, e nessuno sconto sull’ingenuità con cui più volte scorta la giustificazione della “vera mafia”, quella di una volta, quella migliore, seppur ugualmente criminale.
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Bellocchio realizza un importante film sull’identità, quella che Don Masino falsifica più volte confidando nella validità del solo nome. Identità intesa come ruolo e come etichetta: Buscetta, che poi diviene Don Masino, o il boss dei due mondi, diventa la mafia stessa quando vincolato a essa, poi il traditore e un bersaglio quando, vincolato alla giustizia, diviene nemico della stessa.
E non si dica che Il Traditore si presenti come un’apologia della figura di Buscetta: nessuno sconto sul fardello delle sue azioni, sulle incongruenze delle sue decisioni, sull’ambiguità della sua storia e delle sue risposte, e nessuno sconto sull’ingenuità con cui più volte scorta la giustificazione della “vera mafia”, quella di una volta, quella migliore, seppur ugualmente criminale.
Il traditore si espande e poi si restringe improvvisamente nel ritmo, si dilata nel momento della prima magnifica macro-sequenza del maxi-processo dove Favino nei panni del protagonista, Luigi Lo Cascio in quelli di Totuccio Contorno e Fabrizio Ferracane in quelli di Pippo Calò si esibiscono in una performance attoriale tra le più alte del nostro cinema recente; un’aula di tribunale che diventa palcoscenico teatrale, dove accade di tutto e dove si mette in scena il confronto feroce tra Stato e mafia, con lo Stato incarnato dal giudice del Nord incapace di tenere sotto controllo la situazione, spaesato, e persino intimorito dal vigore della protesta mafiosa.
Grazie alla perfetta gestione del ritmo, a sequenze di grande impatto visivo (l’attentato a Falcone) ed emotivo (il tesissimo processo in tribunale), e alla vitalità del suo regista, a Il Traditore spetta sicuramente un posto di rilievo nel panorama cinematografico italiano degli ultimi dieci anni.
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alesimoni
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venerdì 18 ottobre 2019
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favino = de niro
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Grandioso.Il Maestro Bellocchio ha fatto centro con il suo film forse meno "bellocchiano", che non rinuncia alla classica dimensione onirica del suo cinema ma che racconta i fatti calandoli nelle vicende realmente accadute. Favino superlativo, non è un'eresia paragonarlo ai grandissimi del cinema crime americano. La sequenza inziale è già bellissima con una fotografia notevole ed uno uso delle didascalie che ricorda il Divo sorrentiano che qui apparità in mutande. Quella degli elicotteri, degna dei migliori film di azione tipo "Sicario" è clamorosamente e felicemente un inedito nel bagaglio del cineasta piacentino, ed è realizzata con grande maestria.
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Grandioso.Il Maestro Bellocchio ha fatto centro con il suo film forse meno "bellocchiano", che non rinuncia alla classica dimensione onirica del suo cinema ma che racconta i fatti calandoli nelle vicende realmente accadute. Favino superlativo, non è un'eresia paragonarlo ai grandissimi del cinema crime americano. La sequenza inziale è già bellissima con una fotografia notevole ed uno uso delle didascalie che ricorda il Divo sorrentiano che qui apparità in mutande. Quella degli elicotteri, degna dei migliori film di azione tipo "Sicario" è clamorosamente e felicemente un inedito nel bagaglio del cineasta piacentino, ed è realizzata con grande maestria. Le sequenze oniriche , invece un suo must, sono potentissime e mi rimaranno a lungo impresse in mente, perché creano un grande disagio, soprattutto quella del funerale. Favino regge quasi tutto il film sulle sue spalle rappresentando un uomo che non è certamente un santo, ma che dopo una vita spericolata decide di provare a redimersi e sente su di sé il peso di una colpa schiacciante e un senso continuo di essere in pericolo. Parla 4/5 lingue diverse accompagnandole anche con espressioni del viso diverse riempiendo lo schermo con rara intensità e portando lo spettatore a vivere il suo stato d'animo, senza bisogno di parlare. Il film è lunghissimo per il tema che tratta, ma non stanca mai. Gran bel finale, come ci aveva abituati in "Buongiorno,notte". Molto bravo anche Fabrizio "Anime Nere" Ferracane. E' un film dal respiro talmente internazionale che deve rappresentarci ai prossimi Oscar, è chiaro.
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gbavila
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lunedì 7 ottobre 2019
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finalmete un nome per l'innominato
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A un ccerto punto una frase mi accende una luce smagliante: "la mafia non esiste". E' l'Innominato dei Promesi sposi, Buscetta è l'Innominato e Falcone è Federico Borromeo. Buscetta alla fine dice "mi ha dato l mano!". Si può non credere nella divina provvienza ma in questo caso si fa fatica a non vederla nel grande Falcone che sa guardare negli occhi lo strumento della redenzione che gli sta davanti. Marco Bellocchio ci fa rivedere il capolavoro di Manzoni quasi nella contestualizzazione di quegli avvenimenti di cui tutti abbiamo memoria per i racconti dei tg, dei giornali, delle scneggiate in quella famosa aula del processo. Quella segmentazione diluita nel tempo e con i tanti accenti spesso oscuri (per chi ci stava dietro) ora diventa un romanzo perfetto come quello che ci ha tanto affascinato nella vicenda manzoniana, finalmente i segmenti si collegano e la nostra riflesione lavora sui personaggi togliendoli dalle loro luci apparenti per metterli nei loro posti giusti, fino all'ultimo che non parla mai: forse potrebbe ssere la Monaca di Monza, la sventurata.
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A un ccerto punto una frase mi accende una luce smagliante: "la mafia non esiste". E' l'Innominato dei Promesi sposi, Buscetta è l'Innominato e Falcone è Federico Borromeo. Buscetta alla fine dice "mi ha dato l mano!". Si può non credere nella divina provvienza ma in questo caso si fa fatica a non vederla nel grande Falcone che sa guardare negli occhi lo strumento della redenzione che gli sta davanti. Marco Bellocchio ci fa rivedere il capolavoro di Manzoni quasi nella contestualizzazione di quegli avvenimenti di cui tutti abbiamo memoria per i racconti dei tg, dei giornali, delle scneggiate in quella famosa aula del processo. Quella segmentazione diluita nel tempo e con i tanti accenti spesso oscuri (per chi ci stava dietro) ora diventa un romanzo perfetto come quello che ci ha tanto affascinato nella vicenda manzoniana, finalmente i segmenti si collegano e la nostra riflesione lavora sui personaggi togliendoli dalle loro luci apparenti per metterli nei loro posti giusti, fino all'ultimo che non parla mai: forse potrebbe ssere la Monaca di Monza, la sventurata.
Giuliano Bavila
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