Senza Lasciare Traccia

   
   
   

Sulla libertà Valutazione 4 stelle su cinque

di cardclau


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domenica 11 novembre 2018

Il coraggioso film di Debra Granik, Senza Lasciare Traccia, mi ha fatto di primo acchito venire in mente quella strofa della canzone della prima guerra mondiale, Sui Monti Scarpazi, “… O mio sposo eri andato soldato per difendere l'imperator, ma la morte quassù hai trovato e mai più non potrai ritornar … “. Will (un equilibratissimo Ben Foster) è un veterano tornato da tali orrori della guerra, un povero che ha difeso la straricchezza dei pochi, che non vediamo ma che possiamo solo immaginare, da costringerlo ad una vita solo atta a sopravvivere a sé stesso. L’unico legame di Will, in una società, quella americana, in cui il controllo contro la temibile, perché pericolosa, diversità raggiunge dei livelli che hanno del persecutorio, è sua figlia Tom (una tenerissima Thomasin McKenzie), con la quale cerca di condividere il suo assoluto bisogno di star solo. Will ha sviluppato, apprese durante il servizio militare, delle notevoli abilità nelle tecniche di sopravvivenza che impiega per soddisfare il suo bisogno di solitudine. A tal fine cerca di vivere sul suolo pubblico, in un parco dello stato dell’Oregon, cosa non permessa dalla legge, in una confusione tra il termine “pubblico” e “privato”. Pubblico (dal dizionario Treccani): 1. Che riguarda la collettività, considerata nel suo complesso e in quanto fa parte di un ordine civile (cittadinanza o nazione); 2. Che è di tutti, che è comune a quanti fanno parte della collettività; 3. Che è accessibile a tutti, aperto a tutti, che tutti possono utilizzare, che non è di proprietà privata né riservato a persone o gruppi determinati … Ma qualcosa si inceppa nel processo, per cui Will e Tom vengono momentaneamente ingoiati, fanno cioè ritorno, nella civiltà. Soprattutto evidente è la tendenza della società a medicalizzare e a omologare tutti gli aspetti della vita, in questionari lunghissimi, di autocompiacimento, di vero/falso, per cercare di identificare le “mele marcie” ovviamente da rieducare. Will è una mela marcia non perché ha commesso qualcosa di illegale, di criminale, ma perché è un diverso. Però è un diverso innocuo, un grande nel suo genere, non ha sviluppato delle pericolose tendenze aggressive verso una società truffaldina e briccona, né le ha riversate sulla figlia, come chi umiliato nell’ambiente di lavoro torna a casa e picchia la moglie e i figli. È un padre sufficientemente buono. Come ogni relazione a due, malgrado la differenza della responsabilità, non basta che uno degli addendi sia sufficiente. Tom è una figlia splendida, che ama suo padre, e che nella compassione che prova verso di lui, giunge a fare il genitore del padre. Ma riesce alla fine a separarsi da lui. In modo adulto, non violento.

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