erostrato
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lunedě 8 aprile 2019
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vecchie ferite che si possono rimarginare
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Non sappiamo nulla dei protagonisti di questo film. Da dove vengono, quali storie hanno vissuto, perché sono cosě soli, persi irrimediabilmente? L'opera č imperniata sulle parole non dette, sui particolari che sapientemente la regista ci mostra durante lo scorrere della vicenda, li semina e ci invita con delicatezza, nonostante l'ambientazione, a seguirne il tracciato in modo che sia lo stesso spettatore a coglierne le chiavi di lettura. Bravissimi i due protagonisti nella gestualitŕ, a trasmetterci con le loro espressioni ciň che nel profondo stanno provando. Due individui lontanissimi all'apparenza, ma estremamente vicini nel profondo, entrambi portatori di gravi ferite ancora visibilmente aperte, che potranno solo incancrenirsi, ma un percorso comune potrebbe miracolosamente guarire.
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Non sappiamo nulla dei protagonisti di questo film. Da dove vengono, quali storie hanno vissuto, perché sono cosě soli, persi irrimediabilmente? L'opera č imperniata sulle parole non dette, sui particolari che sapientemente la regista ci mostra durante lo scorrere della vicenda, li semina e ci invita con delicatezza, nonostante l'ambientazione, a seguirne il tracciato in modo che sia lo stesso spettatore a coglierne le chiavi di lettura. Bravissimi i due protagonisti nella gestualitŕ, a trasmetterci con le loro espressioni ciň che nel profondo stanno provando. Due individui lontanissimi all'apparenza, ma estremamente vicini nel profondo, entrambi portatori di gravi ferite ancora visibilmente aperte, che potranno solo incancrenirsi, ma un percorso comune potrebbe miracolosamente guarire. I frequenti sguardi sui lampadari spenti dei loro rispettivi appartamenti, che potrebbero immediatamente dare luce alle loro esistenze se solo premessero l'interruttore, sono la metafora che c'č sempre un punto d'incontro. Capolavoro
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carloalberto
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mercoledě 12 gennaio 2022
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il mondo visto come ai primordi
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Corpo e anima del 2017 di Ildikó Enyedi, una regista ungherese che non girava un film da vent’anni, è una commedia drammatica surreale ed iperrealista, amara ed ironica, su una storia d’amore anomala, spunto per una profonda riflessione sull’esistenza, ambientata nella periferia di una Budapest assente e per questo simile a quella di una qualsiasi altra città europea ed emblematica di tutte le periferie del mondo globalizzato. Il film si distingue per l’eleganza stilistica, la cura della fotografia, la suggestività delle immagini e per alcune sequenze di rara potenza evocativa che ricordano il cinema di Malick.
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Corpo e anima del 2017 di Ildikó Enyedi, una regista ungherese che non girava un film da vent’anni, è una commedia drammatica surreale ed iperrealista, amara ed ironica, su una storia d’amore anomala, spunto per una profonda riflessione sull’esistenza, ambientata nella periferia di una Budapest assente e per questo simile a quella di una qualsiasi altra città europea ed emblematica di tutte le periferie del mondo globalizzato. Il film si distingue per l’eleganza stilistica, la cura della fotografia, la suggestività delle immagini e per alcune sequenze di rara potenza evocativa che ricordano il cinema di Malick.
Il mondo è osservato-inquadrato da prospettive inusuali, visto attraverso gli occhi di una mucca, di un cervo, dei due protagonisti, interpretati da una coppia di formidabili attori, Alexandra Borbély e Géza Morcsányi, che, grazie alla loro diversità, sono gli unici in grado di sognarlo-viverlo così come è, nella sua verità occultata-dimenticata, non come appare nelle conformistiche-convenzionali visioni della nostra epoca, discendenti dirette di quella civiltà che ha scisso corpo ed anima, condannando per sempre l’uomo a sentirsi padrone e straniero nel proprio mondo. Uno sguardo condiviso che è divino ed animale al contempo, che confonde realtà e sogno e non distingue la materia dallo spirito e l’anima dal corpo e ci riporta ad una condizione ancestrale in cui l’uomo, immerso nella natura, si sentiva parte della stessa, animale tra gli animali, spirito tra spiriti.
La vita dei due protagonisti è divisa tra l’inferno diurno del quotidiano tran tran, rappresentato dal lavoro nel macello, sopportato con stoica rassegnazione dall’uno e vissuto con sofferente estraneità dall’altra, e la notturna evasione simbiotica in un onirico paesaggio incantato, dove, dismessa la propria deludente identità umana, sciamanicamente entrambi assumono la forma di animali dalla superba bellezza, pacifiche creature che vivono in armonia con la natura.
Contrasti cromatici veicolano icasticamente contenuti simbolici in antitesi, il rosso è associato alla cattività e alla morte, il bianco alla libertà e alla vita.
Il colore del sangue che inonda il pavimento del mattatoio, disturbante per la naturale quanto involontaria empatia per la bestia che suscita in chi preferisce ignorare il dolore inflitto ad esseri senzienti per puro capriccio e voluttà di gola, contrasta col candore della neve in cui affondano le zampe dei due animali, così come il rosso sgorgante dalle vene della ragazza col biancore della sua carnagione.
Alla mentalità corrente, che riduce gli animali a mere utilità, quasi fossero cose da produrre e consumare, nella società di morte ed oppressione costruita dall’uomo contemporaneo, ossessionato dal dominio e dallo sfruttamento della terra e dei viventi tutti, compresi i suoi simili, si contrappone la visione animista di Enyedi che tenta di comunicarci quello stupore rispettoso e quella stessa incantata meraviglia primordiale provata nella notte dei tempi al primo apparire dell’animale, venerato come spirito divino e così raffigurato nei cavalli e nei bisonti della grotta Chauvet, che ispirò Cave of Forgotten Dreams di Herzog.
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francesca
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domenica 7 gennaio 2018
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alla riscoperta delle fiamme gemelle
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Un film delizioso che ha vinto l’Orso d’Oro di Berlino nel 2017. Una storia d’amore che va in controtendenza rispetto alle “mode” moderne. Due persone estremamente timide e con problematiche relazionali. Lei bloccata e freddissima negli scambi comunicativi con le persone, incapace di mostrare il proprio Io e che non conosce il senso del tatto. Lui con un braccio paralizzato e poco interessato ad approcciare velocemente l’universo femminile.
Due persone sconosciuto che per uno strano caso del destino, si ritrovano a riscoprirsi fiamme gemelle. Corpo, con tutte le sue problematiche, nella vita reale e Anima, con i suoi desideri, bisogni e amore, nel sogno.
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Un film delizioso che ha vinto l’Orso d’Oro di Berlino nel 2017. Una storia d’amore che va in controtendenza rispetto alle “mode” moderne. Due persone estremamente timide e con problematiche relazionali. Lei bloccata e freddissima negli scambi comunicativi con le persone, incapace di mostrare il proprio Io e che non conosce il senso del tatto. Lui con un braccio paralizzato e poco interessato ad approcciare velocemente l’universo femminile.
Due persone sconosciuto che per uno strano caso del destino, si ritrovano a riscoprirsi fiamme gemelle. Corpo, con tutte le sue problematiche, nella vita reale e Anima, con i suoi desideri, bisogni e amore, nel sogno. Sogno che fa riscoprire il bisogno, l’esigenza intima di ognuno di noi e che guida poi il percorso del corpo il giorno dopo, non senza difficoltà.
Un film delicato, che mostra gelosia, attenzione, seduzione, crescita sessuale, ossessione, ma in modo appena accennato, fuori dalle urla e dall’aggressività che si richiede oggi all’uomo. Una piacevole analisi della miseria dell’Uomo fatto di Anima, ma bloccato dal Corpo, che quando ritrova l’unione ritrova la Pace e la Serenità dell’Esistenza.
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freerider
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domenica 7 gennaio 2018
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disfunzionalitŕ relazionali
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Qualche punto di domanda si fa strada a partire da metà film e può rimanere nell'aria al termine della visione, ma la partenza è efficace e la buona impressione iniziale permane per tutta la sessione introduttiva e fino a che le singolarità dei personaggi restano inscritte nel raggio di una disfunzionalità relazionale fisiologica. Interessante in questa fase il realismo descrittivo dell'ambiente di lavoro (un macello bovino, scelta non facile) e dei rapporti interpersonali tra dipendenti, tematica invero ricorrente nel cinema proveniente dall'Est Europa, mentre uno stile asciutto e scarno (che non si nega però qualche laconica ironia alla Kaurismaki) lega perfettamente il tutto a un certo apprezzabile cinismo di fondo.
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Qualche punto di domanda si fa strada a partire da metà film e può rimanere nell'aria al termine della visione, ma la partenza è efficace e la buona impressione iniziale permane per tutta la sessione introduttiva e fino a che le singolarità dei personaggi restano inscritte nel raggio di una disfunzionalità relazionale fisiologica. Interessante in questa fase il realismo descrittivo dell'ambiente di lavoro (un macello bovino, scelta non facile) e dei rapporti interpersonali tra dipendenti, tematica invero ricorrente nel cinema proveniente dall'Est Europa, mentre uno stile asciutto e scarno (che non si nega però qualche laconica ironia alla Kaurismaki) lega perfettamente il tutto a un certo apprezzabile cinismo di fondo. Dove sorgono i primi dubbi è con l'avvicinamento dei due protagonisti, due persone diverse per età e storia personale che scoprono di avere qualcosa in comune che potrebbe legarli (legame funzionale ma per la verità abbastanza debole). Si sarebbe potuto declinare in molti modi tutto il ventaglio di difficoltà, opportunità, attrazione e respingimento che due individui sperimentano nel tentativo di relazionarsi, e solitamente più è temperato e sfumato il modo di rappresentarle maggiore è la sensazione di verosimiglianza e realismo che si possono percepire. In realtà il film sceglie, soprattutto nella protagonista femminile, un soggetto che se dapprima sembra soltanto estremamente rigido e introverso poi si rivela problematico e irrisolto (strano, a questo proposito, che viva completamente sola) e se questa estremizzazione da un lato può favorire l'inserimento di situazioni stralunate o drastiche dall'altro lato rischia di tramutare una storia d'amore astratta e faticosa in una vicenda di guarigione da patologia comportamentale. Lo stesso finale, a cui non si rinuncia per vedere come va a finire, abbina a breve distanza uno snodo narrativo drammatico ad uno "taumaturgico" - seppur tratteggiato senza alcuna ombra di trasporto - che nel suo essere meccanicamente salvifico o quantomento sbloccante ha qualcosa di involontariamente buffo.
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