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            | elpiezo | lunedì 2 aprile 2018 |  
            | brutale!!!!   |  |  |  |  
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                         Un capitano dell'esercito è costretto suo malgrado a scortare un anziano capo Cheyenne e la sua famiglia in una lontana riserva indiana. Un lungo viaggio attraverso isolate lande inospitali cariche di odio e disprezzo, un drappello di vittime e carnefici accomunati da una natura umana in perenne ricerca di un'improbabile redenzione. 
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            | carloalberto | venerdì 30 marzo 2018 |  
            | ennesimo western moraleggiante   |  |  |  |  
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                        Inizio molto promettente, fuori dagli schemi, con indiani veramente cattivi e selvaggi, come non se vedevano da prima di “Piccolo grande uomo”. La scena iniziale è potente e drammatica. Lo sviluppo è, però, deludente, il plot si svolge a puntate, come i telefilm, con vari episodi cuciti insieme da un percorso ideale che porterà il protagonista al ripensamento sulle atrocità commesse nella guerra contro i nativi americani e a versare lacrime di coccodrillo sul genocidio appena consumato dai colonizzatori. Con il ritorno al canone ormai classico dell’indiano buono e saggio, il sentimentalismo moraleggiante prende il sopravvento e spegne sul nascere qualsiasi spunto di approccio originale al genere.
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                        Inizio molto promettente, fuori dagli schemi, con indiani veramente cattivi e selvaggi, come non se vedevano da prima di “Piccolo grande uomo”. La scena iniziale è potente e drammatica. Lo sviluppo è, però, deludente, il plot si svolge a puntate, come i telefilm, con vari episodi cuciti insieme da un percorso ideale che porterà il protagonista al ripensamento sulle atrocità commesse nella guerra contro i nativi americani e a versare lacrime di coccodrillo sul genocidio appena consumato dai colonizzatori. Con il ritorno al canone ormai classico dell’indiano buono e saggio, il sentimentalismo moraleggiante prende il sopravvento e spegne sul nascere qualsiasi spunto di approccio originale al genere. La civiltà, si fa per dire, rappresentata da uno dei primi treni, porterà via il rimorso e segnerà l’inizio del riscatto nel segno dell’amore che su tutto trionfa. Doppiaggio frettoloso con traduzione a tratti imbarazzante, come  mettere in bocca a un criminale veterano di guerra il termine desueto “i belligeranti”. Buona la fotografia ed ottima la recitazione di Christian Bale e di Rosamund Pike, nonostante la sceneggiatura, che fa del primo un duro troppo piagnucoloso e della seconda una madre privata di tre figli che si consola in modo poco credibile assai velocemente. Ennesimo western moralista con autocritica più che tardiva e, come spesso accade, sdolcinata sullo sterminio dei nativi americani, cattivi o buoni che fossero.
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            | caroutorsei | venerdì 30 marzo 2018 |  
            | film commovente da vedere   |  |  |  |  
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                        Nel desolato panorama cinematografico, privo di idee, hostiles spiccca perché è un film molto ben fatto e recitato. Niente di nuovo sotto il sole, il quadro della guerra spietata, efferata, tra indiani e bianchi, in cui bene e male si mischiano , come il buono ed il cattivo. Film asciutto, in cui nessuna scena di crudeltà è enfatizzata, calcata più del dovuto, ma si mostra per quello che è: così stanno le cose.Alla fine un barlume di civiltà (a dispetto della sentenza amara di DH Lawrence sull'anima americana) sembra riconciliare l'umanità profonda del capitano ( a dispetto della crudeltà a cui è chiamato il suo compito)
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            |  | venerdì 30 marzo 2018 |  
            | criticare a tutti i costi |  |  |  |  
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                        Gentile Paolo Casella, mi permetta di criticarla:credo che a volte sia una ottima mossa affidarsi alle semplici sensazioni,
 trovare a tutti i costi il difetto , spesso , non rende merito a chi critica, a volte sarebbe opportuno fermarsi al semplice “mi è piaciuto o non mi è piaciuto”.
 Michele Villanova
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            | loland10 | martedì 27 marzo 2018 |  
            | capitano e falco   |  |  |  |  
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                        “Hostilies.Ostili” (Hosiles”, 2017) è il quarto lungometraggio del regista-sneggiatore-attore della Virginia Scott Cooper.“La morte arriva quando vuole”.
 In un’America (siamo nel 1892) da immaginario minimo e limitato, dove si vede qualche avamposto, ogni comando da eseguire con la bandiera a stelle e strisce che indica ogni strada da percorrere e il vuoto tra un assalto e una natura maestosa e meschina. Il sangue della vita degli eroi fasulli danno lacrime di fermezza e l’odore del pudore della morte saccheggiano ogni destino già  prima di partire.
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                        “Hostilies.Ostili” (Hosiles”, 2017) è il quarto lungometraggio del regista-sneggiatore-attore della Virginia Scott Cooper.“La morte arriva quando vuole”.
 In un’America (siamo nel 1892) da immaginario minimo e limitato, dove si vede qualche avamposto, ogni comando da eseguire con la bandiera a stelle e strisce che indica ogni strada da percorrere e il vuoto tra un assalto e una natura maestosa e meschina. Il sangue della vita degli eroi fasulli danno lacrime di fermezza e l’odore del pudore della morte saccheggiano ogni destino già  prima di partire. Pass e leggi, severità e capitano in un putiferio di polveri abbassate, di luci ammutolite e di distese roboanti di corpi da seppellire.
 Incipit: inquadratura lontana, paesaggio povero, una casa di legno isolata, un nonno che sega un tronco, una madre e i figli, silenzio e pochi rumori di fondo, da dietro si odono il sentire di cavalli, bassa sulle zampe la ripresa, l’arrivo, tutto senza risparmio, ladri e furenti, fuoco e pallottole, la donna scappa con i figli, il nonno in difesa, morte atroce e spari su innocenti, la madre col pargolo in un bosco vicino, nascondimento, passi, silenzio e respiro trattenuto, arrivano le fiamme e tutto brucia mentre si allontanano i cavalli. Titolo.
 Film funereo, implosivo; quando la rivalità estrema, di sangue rivoltante diventa amalgama e antipatia, poi l'accoglienza intensa è col nemico personale come col coltello squarciante un corpo conosciuto, ti accorgi che una nazione, un paese, una città e un terreno futuro rigoglioso nasce o può nascere da trucidi avvenimenti e fa duelli ravvicinati senza ripari e schemi. L'ultimo appiglio è di togliersi ma qualcuno manifesta coraggio a vivere o morire per qualcosa forse per un nulla. La voce con la sua legge comanda in ogni caso e si deve rispondere sì: deve accompagnare il capo Cheyenne, Falco Giallo (Wes Studi) e la sua famiglia verso le loro terre native, dal New Mexico al Montana. Una lunga traversata dove si mescolano i diritti di tutti, tra assalti, assalitori, indiani, nativi, militari e bambini.
 Menzione di un terreno sconosciuto e del capitano che deve accettare una missione pericolosa. In un western poco incline al soporifero, in un dramma dove non c’è sconto per i bambini, in un’avventura sintetica e avara di spettacolo, “Hostiles” rimane un film avido e truce con linee di confine mai vicine e orizzonti imprecisi. La casa d’arrivo è una ‘terra desolata’ dove non esiste nessun presidente e legge: l’unica legge è il fuoco. “Toglietevi dalle palle”: ecco come si arriva ad una destinazione con protezione inutile e morte che tracima ogni poro di pelle. Senza sconti e con un treno in partenza. Un treno di fuoco e un treno di fumo che porta la speranza di una donna e di una bambina. Per Chicago in un emisfero di sogno represso.
 Western di ordini e comandi, rari colloqui di respiro e attese di un domani. “Crede nel Signore” chiede Rosalie al Capitano mentre legge le Sacre Scritture. E un Capitano che usa forza e spirito, sangue e commozione per raggiungere l’ordine preso.
 Christian Bale(Capitano Joseph J. Blocker) ha fatto molta strada, come attore, da quel 1987 ("Empire off the Sun" di Spielberg, appena tredicenne) e, sicuramente, continuerà a farla: una postura è un modo di recitare veramente attento e mai privo di rotondità affettive sopra le righe. Un capitano fermo, deciso, attento, fisso, lacrimato e riempitivo della scena, sia di fronte che di spalle o ancora meglio quando osserva, in silenzio, gli altri, gli amici, il corpo senza vita e un terreno privo con alcuni cumuli di eroi giornalieri seppelliti. È una donna (Rosalie) in carreggiata e presa in pattuglia che lascia il segno e decide il da farsi. Una madre (Rosamund Pike) priva di tutto, padre, marito e figli. Un grembo ancora pieno di sangue che vuole scavare con le proprie mani la sua tomba e quella del proprio piccolo ancora tra le sue braccia. Una casa bruciata e tutta annerita è stato il suo rifugio, il cielo stellato, adombrato è pieno d'acqua è stato il suo tetto per rutto il viaggio accanto ad un capitano che con gesti e massacri le ha ridato una speranza. L'ultima inquadratura, il suo rigirarsi, il prendere un viaggio, forse un treno che parte è un affetto verso persone sconosciute, da Butte in Montana: stranieri che si incontrano.
 Musica rarefatta e mistica, poco incline alla sfaccettature dei luoghi, sembra partire ma poi si fa assente, ispira un pericolo in attesa e arriva quando (forse) non credi.  Gli indiani in assalto non certamente stanno a guardare. Il sonoro è in ritardo perché un film può essere anche senza morte quando pensi di averla di fronte.
 Ambientazione efficace; i cavalli che risalgono il bosco pieno di pioggia, quando penetrano le gole, quando rasentano l'orizzonte, quando accarezzano la natura nelle grandi vallate o vanno dentro alle acque di un fiume danno un segno di antico ma raccontano (anche) l'oggi con un respiro ansimante di scontro corpo a corpo.
 Regia  che ridisegna il gusto per un cinema classicheggiante.
 Voto: 7½ /10 (***½).
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            | ediesedgwick | martedì 27 marzo 2018 |  
            | decisamente no e poi no...   |  |  |  |  
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                        Più che "ostili" poteva chiamarsi tranquillamente "campeggio nella prateria". Chiamarlo western è veramente un pleonasmo bello e buono, è una parata del cliché tra le più didascaliche, antipatiche che abbia visto sul grande schermo da qualche anno. Un dramma ergononomico in apertura e dopo pochissimo si capisce nettamente che le mani di un regista di poco conto non si sanno adeguare a qualsiasi aspetto già sta cercando di investire al silenzio, all'ombra dei personaggi. Pian piano l'idea che il regista non cerchi altro che la più pallida idea di cosa fare di un soggetto sbeccato fin dal primo quarto d'ora, come irrorare a dovere quel briciolo di materiale, il che porta inevitabilmente a un risultato stantio quasi a prescindere.
                        [+]
                        
                     
                    
                        Più che "ostili" poteva chiamarsi tranquillamente "campeggio nella prateria". Chiamarlo western è veramente un pleonasmo bello e buono, è una parata del cliché tra le più didascaliche, antipatiche che abbia visto sul grande schermo da qualche anno. Un dramma ergononomico in apertura e dopo pochissimo si capisce nettamente che le mani di un regista di poco conto non si sanno adeguare a qualsiasi aspetto già sta cercando di investire al silenzio, all'ombra dei personaggi. Pian piano l'idea che il regista non cerchi altro che la più pallida idea di cosa fare di un soggetto sbeccato fin dal primo quarto d'ora, come irrorare a dovere quel briciolo di materiale, il che porta inevitabilmente a un risultato stantio quasi a prescindere. Difatti, Cooper non ha affatto preso in mano il girato, lo ha lasciato essiccare in un silenzio inconsistente da una premessa di viaggio come un'altra, lo sceneggiato e lo svolgimento, nondimeno l'atmosfera sono al limite dell'imbarazzo e dell'impostazione, senza carattere, né un dramma coi contorni western né un western vero dai contorni filologici, malauguratamente fuori dalla lettura dell'una quanto dell'altra opzione. Un film veramente forzatissimo, inetto, con nulla di particolare o "traslucido" che permetta di gli spiccare il volo in nessun senso, nessun accento 'del genere', neppure per una frazione secondo, alla lontana, in qualche modo: il ritratto dell'inutilità della sua contraffazione a detta di "western". Situazioni passe, noiosamente avvizzite su sé stesse. Abbiamo davanti rigorosamente per l'intera durata questo drappello che dovrebbe "avanzare di senso" di una profonda contraddizione etica, a stregua di cui invece il regista punta all'abbozzo da cartolina di cinema più che a una temperatura da manuale come vorrebbe istruire. Gestione fotografica di scarsissima entità, peraltro. In sostanza, due ore di cavallo a vuoto firmato da volti di richiamo, due ore di collage senza originalità di segmenti tutti trascurabili (altrimenti) in una qualunque pellicola simile o attinente che si rispetti già, e quando non è così diventa talmente prevedibile che a metà erotta dell'opera si può solo sperare che tutti i personaggi non filino secondo questa pochezza da alunnato di cinema, invece appunto, è esattamente, passo passo, movimento per movimento ogni istante ciò ci si aspetterebbe di vedere nella peggior rimasticazione di film. Estenuante, l'ispirazione è inesistente per non dire che è tutto in generale di bassissima lega. Si possono contare una decina di dissolvenze identiche sul bivacco di notte, tra l'altro per le parti in notturna l'illuminazione è sbagliata e la ricetta di azione è di una semplicità ridicola, scene poverissime a esser generosi. Poi ottanta volte i nostri eroi che cavalcano con dietro il sole al tramonto, sterili escursioni di fotografia ogni tre per due, slegate da qualsivoglia sorta di scopo, un ciondolio panoramico infinito, stomachevole, mille e una volta i prigionieri che si stringono o che si guardano ammutoliti e poi tanti, ma tanti primi piani della Pike, di Bale, di Q'orianka e Wes Studi, manco fossero talmente funzionali o interessanti da non poter fare a meno di continuare a profilare un'ambientazione a sguardo fisso sul cast, anche senza ricorrere a un minimo sindacale di che in più, un espediente, non so. Un nulla puro e semplice; la trama non è una trama, è una locuzione di personaggi bell'e pronta, presa su da dovunque sia capitato, che appassisce dopo cinque minuti. Soffermarsi va bene, anzi, ma riconosco il limite, per esperienza, oltre cui un regista non sa dare niente di niente di niente di distinto, perché non ci sa fare e basta, fa solo che innervosire e non sa coinvolgere manco a pregare. Penosissimi i dialoghi, una banalità avvilente, insulsi tutti i baffuti comprimari dei quali il meno peggio è Cochrane. Un campeggio in divisa dell'unione alla volta dell'insufficienza di idee, anzi di film proprio. Ne ho sempre visti e apprezzati di film lenti come la melassa, ma mi infastidisce da morire quando si rivelano moraleggianti per mancanza di tutto quanto il resto, e questo è la pedanteria americana fatta film, fatta minutaggio. Christian Bale sprecatissimo, su per giù come in "Fuoco della Vendetta" dello stesso regista, ma qui in peggio, perché che fosse pure uno meno prestigioso, indipendentemente, senza rigoglio psicologico o filosofia di vita, un protagonista o una protagonista non reggono lo sconto disarmante di immagini di un non-western completamente in presa diretta, tentennante, cronico, che si volatilizza grazie alla pochezza incontrastabile della regia. Sconsigliatissimo. Supplicherete di scorgere un momento, un guizzo alla "Quel treno per Yuma" ma alla fine rimarrete a bocca asciutta da schifo.[-]
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            |  | lunedì 26 marzo 2018 |  
            | grande tensione emotiva   |  |  |  |  
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                        Hostiles... Un western duro e cruento il cui percorso narrativo conduce al perdono del peggior nemico.
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            | caroutorsei | lunedì 26 marzo 2018 |  
            | film tosto e asciutto   |  |  |  |  
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                        Un buon/ottimo film visto il desolato panorama cinematografico. Come nella recensione ufficiale vi sono alcuni cliché (Indiani buoni contri Bianchi cattivi, ma anche Indiani cattivi, e bianch buoni) Le categorie del buono e del cattivo saltano, ognuno farà la sua parte. Il sentimento di ostilità degli uni verso gli altri, il desiderio di vendetta, ma anche la compassione umana che trapela nel mezzo della carneficina generale, insensata, che caratterizza ogni guerra. 
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            | amarolucano | lunedì 26 marzo 2018 |  
            | un viaggio di redenzione e cambiamento   |  |  |  |  
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                        film intenso che va oltre i generi, di certo il centro della storia non sono i cowboy e gli indiani, ma il viaggio. Un viaggio lungo e insidioso, magnifico ma doloroso, che sarà di redenzione per alcuni e di profondi mutamenti interiori per altri. Una fotografia stupenda fa poi da cornice a un film che non sarà forse un capolavoro, ma che di certo riesce a segnarti dentro.
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            | deadman | lunedì 26 marzo 2018 |  
            | arridatece john wayne   |  |  |  |  
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                        ma veramente arridatece il vecchio john, quando gli indiani erano cattivi e i cow boy gli sparavano senza sensi di colpa, ora che il politically correct ha corrotto tutta hollywood ci tocca sorbirci questi pipponi indigesti in cui gli indiani sono cattivi ma poi diventano buoni e si alleano con i soldati che pure loro diventano buoni e quindi sparano contro gli indiani che si ostinano a essere cattivi e i bianchi che non hanno ancora capito come sono cambiate le cose, un film di una noia mortale inframezzato da sparatorie di cinque minuti e conseguenti sepolture fino all'happy end finale con la famigliola americana ricostituita, con piccolo pargolo pellerossa già integrato al seguito, pronta a difendersi ed eliminare i prossimi cattivoni di turno, god bless america, ma ci salvi 
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                        ma veramente arridatece il vecchio john, quando gli indiani erano cattivi e i cow boy gli sparavano senza sensi di colpa, ora che il politically correct ha corrotto tutta hollywood ci tocca sorbirci questi pipponi indigesti in cui gli indiani sono cattivi ma poi diventano buoni e si alleano con i soldati che pure loro diventano buoni e quindi sparano contro gli indiani che si ostinano a essere cattivi e i bianchi che non hanno ancora capito come sono cambiate le cose, un film di una noia mortale inframezzato da sparatorie di cinque minuti e conseguenti sepolture fino all'happy end finale con la famigliola americana ricostituita, con piccolo pargolo pellerossa già integrato al seguito, pronta a difendersi ed eliminare i prossimi cattivoni di turno, god bless america, ma ci salvi dagli americani
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