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            |  | domenica 25 marzo 2018 |  
            | sprecato   |  |  |  |  
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                        un film sprecato: buon soggetto, attori famosi, belle riprese ma....sceneggiatura imbarazzante, dialoghi talvolta assurdi o fuori luogo, regia adattata sullo stesso livello, Bale grande attore ma.....se al suo posto vi fosse stato un robot sarebbe stato lo stesso, espressione corrucciata ed immobile per tutto il film.
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            |  | domenica 25 marzo 2018 |  
            | hostiles |  |  |  |  
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                        mi è piaciuto molto, un western fatto e costruito molto bene che mette in gioco l'insulsa guerra con i nativi che amavano la nutura che non hanno mai cercato di deturpare e che era il loro dio. Grande la figura di falco giallo.
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            | eugenio | mercoledì 28 febbraio 2018 |  
            | in viaggio verso se stessi   |  |  |  |  
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                        Homo homini lupus diceva Hobbes. Ovvero il più debole soccombe naturalmente al più forte.E ancora: Nella sua essenza, l’anima americana è dura, solitaria, stoica e assassina. Finora non si è mai ammorbidita. Così parlava H.D. Lawrence e così è riportato all’inizio di Hostiles- Ostili, ultimo film di Scott Cooper.
 La prima scena ci mostra ex-abrupto un precetto di queste amare sentenze: lo sterminio barbaro di una famiglia, due figli e un uomo da parte di un gruppo di ladri di cavalli Comanche e il miracoloso salvataggio di una donna, Rosalie (Rosamund Pike) e del suo figlio appena nato, scampati all’uccisione.
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                        Homo homini lupus diceva Hobbes. Ovvero il più debole soccombe naturalmente al più forte.E ancora: Nella sua essenza, l’anima americana è dura, solitaria, stoica e assassina. Finora non si è mai ammorbidita. Così parlava H.D. Lawrence e così è riportato all’inizio di Hostiles- Ostili, ultimo film di Scott Cooper.
 La prima scena ci mostra ex-abrupto un precetto di queste amare sentenze: lo sterminio barbaro di una famiglia, due figli e un uomo da parte di un gruppo di ladri di cavalli Comanche e il miracoloso salvataggio di una donna, Rosalie (Rosamund Pike) e del suo figlio appena nato, scampati all’uccisione.
 Poi la scena cambia. Ci spostiamo nei tormenti mentali del capitano Joe Blocker (Christian Bale) che giunto alla soglia della pensione è incaricato, su ordine del presidente degli Stati Uniti -pena una condanna alla corte marziale- di condurre dal Nuovo Messico fino al Montana il capo Cheyenne Falco Giallo, in fin di vita per una malattia terminale. Una beffa proprio per un uomo che durante la guerra non ha esitato a massacrare, spinto dall’odio più profondo, decine di indiani, animato da propositi di vendetta, appagata solo quando il sangue di persone amate, fosse pagato con altro sangue, versato su desertici sentieri polverosi.
 Joe, accompagnato da un silenzioso drappello e da tre prigionieri indiani troverà nel suo cammino di redenzione la silenziosa Rosalie, ne condividerà il triste destino, quello di anima solitaria dagli occhi tristi, offuscata dall’aura gelida della morte in un territorio che non perdona e dove la guerra tra popoli si tramuta in una spirale d’odio senza fine, mossa solo dagli incubi della ragione.
 Incubi che generano mostri nel nome della nuova politica federale di umanità e riconciliazione coi popoli sterminati fino a poco prima.
 Il viaggio come strumento di conoscenza, l’occasione di rinascita, la scoperta dei limiti della propria consapevolezza, la dignità umana e il potere della pace. Ecco cosa succede in soldoni, in questo western cupo, dai dialoghi serrati come colpi di fucile.
 Un film che sa di già visto, di una storia trasposta in decine di pellicole. Il comportamento di Falco Giallo, al termine protettivo dei confronti del suo carnefice, i tumulti interiori del protagonista, le crisi di coscienza dell’amico commilitone, la lotta insensata nel segno di una violenza immotivata, spesso più da parte dei “bianchi” che degli “indiani” e le maschere di baldanza di soldati prepotenti e arroganti sono il contesto in cui si muovono Joe e la sua truppa sullo sfondo di un tramonto rosso-sangue. Che non nasconde fuochi in mezzo alle mese, notti in tenda, silenzio di volti rassegnati e tanto tanto conformismo, quello vacuo delle alte cariche militari unito ad un sentimento di falsa speranza.
 Una pecca non da poco? La sceneggiatura non sempre a supporto della riuscita fotografia e dell’ottimo montaggio.
 Ci consoliamo con due aggettivi che ben caratterizzano Hostiles: contemplativo e riflessivo. Una contemplazione, figlia di efferatezze senza fine, che si concentra sugli sguardi dei protagonisti (senza pietà all’inizio, poi via via più “morbidi” sino a un finale che capovolge ogni certezza), per mostrarli sotto la luce di un paesaggio naturale ben fotografato dal giapponese Masanobu Takayanagi.
 
 Sospeso in un silenzio quasi poetico, interrotto dal buio di ombre nella notte, Hostiles è un tuffo nei territori di frontiera di fine ottocento, in cui sembra quasi di respirare l’aria brucente del deserto, avvertire il soffio caldo del libeccio e ridestarsi dopo un placido torpore, col cuore in tumulto per gli schiamazzi di un attacco indiano improvviso e letale.
 Ritratto dell’animo americano, solitario, stoico e assassino, il film di Cooper, malgrado qualche caduta di stile e una lieve parentesi retorica di Christian Bale che tolta la maschera dell’uomo pipistrello, si muove abbastanza a suo agio in quella di capitano, stringe un legame molto forte con i protagonisti femminili: dalla Rosamund Pike, vedova inconsolabile e assetata di vendetta alle native americane che accompagnano i nostri eroi verso un incerto futuro, idilliaco e chimerico, dove vivere anzi sopravvivere non significa necessariamente uccidere.
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            | ashtray_bliss | domenica 25 febbraio 2018 |  
            | viaggio verso la rinascita di una nazione.   |  |  |  |  
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	Scott Cooper torna a collaborare nuovamente con Christian Bale dopo il dramma cupo, rurale e violento di Out of the Furnace (2013) che metteva in evidenza i problemi e i contrasti della perifria americana emarginata, povera, burbera e violenta.
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	Scott Cooper torna a collaborare nuovamente con Christian Bale dopo il dramma cupo, rurale e violento di Out of the Furnace (2013) che metteva in evidenza i problemi e i contrasti della perifria americana emarginata, povera, burbera e violenta. Questa volta invece si guarda indietro verso il passato americano, e il racconto, di più ampio respiro e dal notevole peso storico e morale, volge le sue attenzioni alla antica rivalità, ostilità (come da titolo) e deriva violenta tra i popoli nativi e gli americani bianchi. Un esame di coscienza, in pratica, una riflessione accompagnata dall'autocritica sentita e necessaria, un imperativo morale obbligatorio specialmente nei tempi correnti (post Trump), instabili e insicuri, alimentati da un'ondata subdola e implosiva di bieca violenza, razzismo e incomprensione tra la popolazione e le sue comunità. Hostiles funge dunque da tentativo, indubbiamente riuscito anche se non esente da relativi difetti, di ristabilire l'equilibrio tra colpevoli e vittime, tra soldati senza scrupoli e selvaggi, tra assassini e uomini perbene di ambedue le parti. Un equilibrio che spesso nel corso della storia si è perduto, alternando continuamente i ruoli di vittima e carnefice con un bilancio pesante a sfavore dei nativi.
 Cooper affonda le mani nelle ferite del passato, nel tentativo di redimere ed espiare le colpe di una intera nazione che ha barbaramente represso e sterminato le popolazioni indigene; i nativi, i pellerossa come venivano chiamati in senso sprezzante. Attraverso un'epopea western rigorosa che guarda costantemente ai classici degli anni passati, favorendo e omaggiando il cinema di J. Ford, il regista affronta con saggezza il tema del confronto tra nativi e bianchi, dell'odio che genera una insensata spirale di violenza e incomprensione, della perdita, sofferenza e disperazione anche se la vera essenza e anima del film è quella che omaggia la grandezza dello spirito umano, universale e trascendentale, che riesce a riscoprire se stesso, superando le avversità e gettando le basi per una convivenza pacifica. Quello spirito umano che sapientemente sostituisce la divisione con l'unione, l'odio con l'accettazione e la reciproca comprensione, il nichilismo e la rassegnazione con la speranza verso il futuro.
 Supportato da una fotografia suggestiva ed esteticamente ammaliante emerge un'America paesaggisticamente splendida, ruvida e selvaggia al tempo stesso, che alterna il deserto assolato del New Mexico con le valli e i canyon, passando per le cupe terre boschive del Montana seguendo il percorso dei protagonisti.
 La storia infatti vuole che un capitano ormai prossimo alla pensione e provato dalle innumerevoli guerre contro i pellerossa, Joe Blocker, accompagni un ormai anziano e malato capo Cheyenne nsieme alla sua famiglia, indietro nelle loro terre natie nella Valle degli Orsi del Montana. Le ferite del passato riemergono subito per lo stoico capitano che inizialmente si rifiuta di scortare il "nemico" ma si piegherà davanti ad un ordine firmato dal presidente stesso. Questo pretesto, essenziale e scarno quanto basta per allinearsi alla tematica western, serve a raccontare un viaggio d'introspezione e redenzione che avvicinerà progressivamente i personaggi tra loro. Durante il cammino si aggiungerà al gruppo di soldati anche una giovane donna che ha visto la sua famiglia sterminata per mano di una banda di indiani Comanche. La sequenza in questione è quella d'apertura, che provoca un notevole impatto visivo ed emotivo nello spettatore che si predispone ad un western rozzo e violento. Tali aspettative saranno tuttavia disattese in quanto il racconto procede in maniera lineare, con pochi picchi d'azione o particolari colpi di scena, facendo emergere il carattere contemplativo e malinconico del film.
 La vera potenza della pellicola in questione, come spesso accade, si basa sulla forza e sul carisma degli attori di indubbio talento quali Christian Bale, Rosamund Rike, Wes Studi e Ben Foster. Bale ancora una volta riesce a portare sullo schermo un capitano Joe logorato dal peso dalla guerra e dalla violenza, dalla perdita e dal dolore che lo hanno trasformato in un uomo chiuso, silenzioso e solitario, stanco e rassegnato ma inaspettatamente ancora umano, empatico, fragile ed emotivo. Attraverso i suoi sguardi e i suoi lunghi silenzi, C. Bale riesce a trasmettere tutta la sofferenza muta e repressa del capitano Joe, confermandoci l'immensa bravura del'attore premio Oscar. La Pike dona spessore a una figura tragica, quasi uscita da una tragedia greca: quella di una donna devastata dal massacro della sua famiglia che tuttavia, mostrando una mirabile forza di volontà, si rifiuta di abbandonarsi al lutto e alla disperazione, cosi come si rifiuta di cedere al pregiudizio, o peggio al rancore e all'odio, nei confronti della famiglia indiana che viaggia con loro. Ricordandoci e riconfermandoci che il diverso non equivale sempre ad una minaccia. Lo straniero non è unicamente un selvaggio assassino.
 Molto convincenti anche l'interpretazione di Foster, qui rilegato ad un ruolo minore ma comunque incisivo, rappresentando i residui di un'America ormai lontana, superata, assettata di sangue e guerrafondaia. Altresì Wes Studi incarna anch'egli perfettamente l'archetipo del nativo ormai anziano e saggio, pronto a lasciarsi alle spalle i trascorsi violenti, conscio che solo l'unione potrà garantire la sopravvivenza e la pacifica convivenza. Insieme ad un mosaico di personaggi e personalità diverse il regista riesce dunque a ricreare uno spaccato di società tremendamente attuale nella sua allegorica trasposizione, trasformando il viaggio in un'opportunità per conoscersi, redimersi, perdonarsi e accettarsi.
 Supportato da atmosfere crepuscolari e nostalgiche che perfettamente si addicono al genere western, Cooper confeziona un prodotto veramente riuscito anche se non totalmente privo di toni didascalici e moralisti e altresì di alcuni passaggi narrativi pleonastici. Quello che realmente colpisce e resta impresso è il carattere antieroico del racconto, la consapevolezza degli errori commessi e sopratutto il desiderio di essere perdonati e di iniziare, insieme, una nuova pagina della Storia. Questo elemento assieme alle ottime performance del cast, alla fotografia mozzafiato di Takayanagi e alle musiche di Max Richter rendono un prodotto di buona fattura, un western dalle intenzioni d'oro.
 Il finale potrà, giustamente, stordire, deludere e confondere lo spettatore, ma bisogna ammettere che è perfettamente coerente col messaggio di fondo che la pellicola vuole trasmettere allo spettatore. Un messaggio di speranza in un futuro migliore e specialmente in una società, una Nazione, più matura, saggia e unita che non ha paura di affrontare i propri errori passati, assumendosi le proprie colpe, ma che resta comunque proiettata verso il futuro, con unici bagagli l'ottimismo e la speranza. La scena conclusiva del film è quindi perfettamente in sintonia con la visione e il messaggio di S. Cooper, il quale parte dalla frase iniziale di D.H. Lawrence, pessimistica e stoica, riuscendo, narrativamente, a sfatarla e smentirla. Voto 3,5/5.
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            | kimkiduk | domenica 29 ottobre 2017 |  
            | piaciuto   |  |  |  |  
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                        Western secondo me all'antica. C' è tutto in questo film: gli indiani buoni odiati dai bianchi ma con il loro orgoglio; gli indiani cattivi che scalpano anche i bambini; i bianchi cattivi quelli buoni e quelli che si redimono; l'onore, l'amore e la morte.Cooper ripercorre la strada del bianco che deve redimersi nella sua facciata di fronte allo sterminio dei pellerossa americani, i nativi.
 Storia certo fritta e rifritta ma non per questo non interessante.
 Certo vederlo a Roma in anteprima mi ha sicuramente condizionato. sapere di essere il primo a vederlo o quasi ed avendo visto prima la Pike sul red carpet, un pò altera il giudizio.
 Bale hanno detto quasi da Oscar e questo non lo credo, non è un film da ricordare nè interpretazioni memorabili.
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                        Western secondo me all'antica. C' è tutto in questo film: gli indiani buoni odiati dai bianchi ma con il loro orgoglio; gli indiani cattivi che scalpano anche i bambini; i bianchi cattivi quelli buoni e quelli che si redimono; l'onore, l'amore e la morte.Cooper ripercorre la strada del bianco che deve redimersi nella sua facciata di fronte allo sterminio dei pellerossa americani, i nativi.
 Storia certo fritta e rifritta ma non per questo non interessante.
 Certo vederlo a Roma in anteprima mi ha sicuramente condizionato. sapere di essere il primo a vederlo o quasi ed avendo visto prima la Pike sul red carpet, un pò altera il giudizio.
 Bale hanno detto quasi da Oscar e questo non lo credo, non è un film da ricordare nè interpretazioni memorabili.
 La storia si dipana classicamente senza grosse sorprese con un finale direi scontato e banale.
 Per chi ama il western vecchio stile --- quello direi di Ford (anche se lì i pellirossa sono sempre cattivi e basta) ma non certo quelli di Leone con i messicani e meno indiani, è da vedere.
 
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            | l''inquilinadelterzopiano | sabato 28 ottobre 2017 |  
            | la migliore apertura degli ultimi anni a romaff12   |  |  |  |  
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	Il patriottismo americano lascia il posto all'universalità del conflitto dell'uomo
	 
	Si è aperta giovedì scorso la dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma con Hostiles, il western drammatico di Scott Cooper con Christian Bale, Rosamunde Pike e Wes Studi.
                        [+]
                        
                     
                    
                         
	Il patriottismo americano lascia il posto all'universalità del conflitto dell'uomo
	 
	Si è aperta giovedì scorso la dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma con Hostiles, il western drammatico di Scott Cooper con Christian Bale, Rosamunde Pike e Wes Studi. 
	Siamo nel 1892 e un uomo sta tagliando della legna fuori della sua abitazione in campagna. All'interno una donna sta insegnando gli avverbi a due bambine. Poi arrivano gli indiani, vogliono rubare i cavalli e saccheggiare la casa. La sequenza iniziale scaraventa immediatamente lo spettatore in un clima minaccioso di violenza, sangue e terrore. Il prologo di Hostiles è cinema d'azione ma non solo, allo stesso tempo c'è il western (la minaccia dello straniero, l'ambientazione campestre) e il melodramma familiare (una famiglia distrutta). In pochi minuti e tanta tensione Scott Cooper getta le basi per una storia emozionante, trascinante, umana. 
	Dopo lo scoppio iniziale, il film presenta una situazione solo apparentemente meno violenta, stiamo entrando nell'ufficio dove un leggendario capitano dell'esercito (Christian Bale) verrà costretto ad accettare l'incarico di scortare un capo guerriero Cheyenne in punto di morte (Wes Studi) e la sua famiglia nella loro terra natìa. 
	Sono molti gli omaggi al grande padre del western americano (John Ford), specialmente al suo Sentieri selvaggi, rimandi non solo estetici come le famose inquadrature dall'interno verso l'esterno con i personaggi incorniciati (di fatto intrappolati) da porte e finestre. Soprattutto il personaggio di Christian Bale ricorda il John Wayne solo e disilluso, tanto eroe nel campo quanto sconfitto come essere umano. Il capitano interpretato da Bale però non è l'uomo duro senza lacrime di Ford, è anzi mostrato in tutta la sua fragilità ed emotività. Egli è un uomo traumatizzato che ha perso tanti affetti nel corso della sua vita, difatti entra subito in empatia con il personaggio interpretato da Rosamunde Pike, anch'ella scioccata dalla recente tragedia. 
	Il "mito della frontiera" assume dunque una nuova accezione. Il viaggio verso un'altra terra, tra scontri, imprevisti, lotta per la sopravvivenza, ora diventa il pretesto per narrare le paure, le fragilità e la disperazione ma anche la solidarietà e l'umanità che si acquisiscono con il dialogo e la conoscenza del "diverso". 
	Tratto dal manoscritto di Donald E. Stewart, Hostiles di Scott Cooper vuole essere un grido silenzioso, come le emozionanti scene in cui la sofferenza del capitano è espressa solamente tramite la musica coinvolgente di Max Richter, i ralenti e le immagini di uno straziato Christian Bale.[-] |  |  
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            | gaiart | venerdì 27 ottobre 2017 |  
            | ostile a chi?   |  |  |  |  
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                        HOSTILES di
 Scoot Cooper
 
 Sarò stringata, cosa che non è questo prolisso film, una sorta di western contemporaneo.
 Ben 2:15 minuti per la precisione, che tentano, provocano e infine corrompono sia vescica che prostata.
 Hitchcock che era consapevole della tenuta massima dell'organo evacuativo, stoppava e faceva apparire il gigantesco e, nel suo caso non auspicato, "The end", quasi sempre entro 1:28 minuti.
 Geni si nasce. Non è questo il caso.
 
 Hostiles, è un film ostile, come dice bene il titolo, soprattutto allo spettatore che cade in una letargia dovuta a riprese lentissime, dialoghi banalotti e uno script che sembra reggere solo per il messaggio che vuole a tutti i costi lanciare.
                        [+]
 
                    
                        HOSTILES di
 Scoot Cooper
 
 Sarò stringata, cosa che non è questo prolisso film, una sorta di western contemporaneo.
 Ben 2:15 minuti per la precisione, che tentano, provocano e infine corrompono sia vescica che prostata.
 Hitchcock che era consapevole della tenuta massima dell'organo evacuativo, stoppava e faceva apparire il gigantesco e, nel suo caso non auspicato, "The end", quasi sempre entro 1:28 minuti.
 Geni si nasce. Non è questo il caso.
 
 Hostiles, è un film ostile, come dice bene il titolo, soprattutto allo spettatore che cade in una letargia dovuta a riprese lentissime, dialoghi banalotti e uno script che sembra reggere solo per il messaggio che vuole a tutti i costi lanciare.
 
 Veniamo alla trama. Il Capitano Blocker (Christian Bale) deve accompagnare un vecchio e malato capo Cheyenne (Wes Studi), in prigione da sette anni, a morire nelle sue terre natali. Li, come per miracolo, culture diverse si fondono e si vogliono bene, nonostante massacri e assassinii, incendi e sparatorie.
 Prolisso, asettico, freddo, con dialoghi di una banalità sconcertante, genere "desperate housewives", politicamente vetusti e social, della serie: "volemmose bene" e "vissero felici e contenti", questa la sostanza negativa del film.
 
 Anche i grandi attori, in una storia futile diventano macchiette, ed è questo il caso. Scene ridondanti, inutili come gli scambi di battute tra il soldato di colore ferito e il protagonista: "Hai fatto il tuo dovere e te ne sono grato", diventano quasi ironiche. Aiutoo, si salvi chi può.
 
 Nota positiva, è l'idea sotterranea del film, cioè mettere in nuce catapultandolo in un passato secolo, l'eterno odio, rancore condito con violenza inaudita che vive tra gli uomini e si protrae nei secoli. Soprattutto in un'America guerrafondaia da sempre, passata o presente che sia.
 Si, il merito di Scott Cooper è il traslare l'odierno nel passato, purtroppo sempre attuale, per estrapolarne una metafora di riflessione, seppur ancora amara: eterno razzismo, bramosia di possesso, proprietà privata e sangue. Non importa se tra guerre di religione, di colore di pelle, di denaro.
 
 Frase cult del film, quella che si legge nei titoli di D.H.Lawrence: "Nella sua essenza, l'anima americana è dura, solitaria, stoica e assassina. Finora non si è mai fusa". E aggiungeremmo, come il film che rimane ahimè una serie di bei quadretti, di scene, senza cornice né anima.
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                        [+] senza senso
                         (di pomata77)
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