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            |  | lunedì 8 aprile 2019 |  
            | commento a recensione di paola casella   |  |  |  |  
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                        L'unico mio dubbio all'interessante recensione di Paola Casella , che il regista abbia volutamente espresso questa ambiguità nel suo racconto . Entrambi i finali , sia quello immaginato da Paola che quello avvenuto sono possibili e accettabili , importante che nn sia stata la protagonista a scendere dal treno.
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            | elgatoloco | domenica 7 aprile 2019 |  
            | notevolissimo appello alla pace   |  |  |  |  
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                        "Hostiles"(Scott Cooper, 2017, propriamente da"Hostes", ossia schimittianamente"nemici", non , come vorrebbero altri"avversari"), opera che non si può definire "western"anche se l'ambiente è quello, perché manca tutta la retorica annessa e connessa(inutili combattimenti, epopea, saloon etc.; per la demistificazione aveva già genialmente provveduto Sergio Leone e, da parte"gringa""Soldier Blu"...), perché invece dominano i lunghi e grandi silenzi, le pause meditative nei grandi spazi, mostrati con tecnica fotografica ineccepibile e oltremodo significante, il contrasto psicologico tra il capitano dell'esercito USA(siamo ormai nel 1892, ossia dopo la guerra di secessione)e il capo Cheyenne Falco Giallo, gravemente ammalato, ma la dialettica psicologica scatta tutta nel rappresentante dell'imperialismo bianco , dapprima"eroico"ma più che altro scontroso personaggio quasi celiniano, razzista verso gli indios(o meglio "nativi")senza riserve, poi invece disposto al calumet della pace con il suddetto capo di un'etnia nativa, ma anche nella donna, bianca anch'essa, che ha avuto la famiglia massacrata, la casa distrutta etc.
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                        "Hostiles"(Scott Cooper, 2017, propriamente da"Hostes", ossia schimittianamente"nemici", non , come vorrebbero altri"avversari"), opera che non si può definire "western"anche se l'ambiente è quello, perché manca tutta la retorica annessa e connessa(inutili combattimenti, epopea, saloon etc.; per la demistificazione aveva già genialmente provveduto Sergio Leone e, da parte"gringa""Soldier Blu"...), perché invece dominano i lunghi e grandi silenzi, le pause meditative nei grandi spazi, mostrati con tecnica fotografica ineccepibile e oltremodo significante, il contrasto psicologico tra il capitano dell'esercito USA(siamo ormai nel 1892, ossia dopo la guerra di secessione)e il capo Cheyenne Falco Giallo, gravemente ammalato, ma la dialettica psicologica scatta tutta nel rappresentante dell'imperialismo bianco , dapprima"eroico"ma più che altro scontroso personaggio quasi celiniano, razzista verso gli indios(o meglio "nativi")senza riserve, poi invece disposto al calumet della pace con il suddetto capo di un'etnia nativa, ma anche nella donna, bianca anch'essa, che ha avuto la famiglia massacrata, la casa distrutta etc....Film oltremodo convincente, come oggi di meglio non si poteva fare(il finale evita la retorica forse per un pelo, ma riesce effettivamente ad evitarla...), drammatico, teso, che anche nelle scene più brutali(espressionisticamente necessarie, dovremmo dire)rimane decisamente al di qua di quel limite di violenza che diverrebbe sciocca esibizione. Christian Bale straordinario, idem Rosamunde Pike, bravissima anche  Wes Studi nella parte del capo cheyenne morente.   La violenza tra diverse etnie di nativi viene rappresentata anch'essa, nel film, ma appunto quale conseguenza di quell'aggressione imperialista bianca che creò la distruzione.  Come nella bellissima chanson di Bécaud"L'indien", "c'hanno rubato le terre, ma anche i nostri dèi"...       El  Gato
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            | nerowolfe | venerdì 5 aprile 2019 |  
            | attenzione!   |  |  |  |  
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                        Nella scheda è errato il personaggio di wess studi, che non è un bianco, ma capo falco giallo...
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            | fabio | giovedì 4 aprile 2019 |  
            | western malinconico e attuale   |  |  |  |  
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                         Chi si aspetta azione, sparatorie e corse a cavallo resterà deluso. Non è questo il film: poche le scene violente e mai gratuite ma "obbligate" dalle necessità del racconto. Spesso girate in campo lungo, testimoniano la volontà di non indulgere in scene cruente; oppure troviamo la scena dramatica con l'azione già conclusa.[+]
 
                    
                         Chi si aspetta azione, sparatorie e corse a cavallo resterà deluso. Non è questo il film: poche le scene violente e mai gratuite ma "obbligate" dalle necessità del racconto. Spesso girate in campo lungo, testimoniano la volontà di non indulgere in scene cruente; oppure troviamo la scena dramatica con l'azione già conclusa.In racconto assume toni malinconici e dolenti: il dolore per le atrocità a cui si si è dovuto assistere o prendere parte è qualcosa di inesprimibile. La follia è negli occhi di tutti.
 Ovviamente non esiste divisione netta tra buoni e cattivi: nessuno può giudicare le colpe altrui ma questo non significa assoluzione ma solo un confronto muto tra futuri "americani" sulle loro vite travolte dal corso della storia.
 L'unico respiro in questa cappa opprimente è dato dal paesaggio naturale, sconfinato e selvaggio: la frontiera smitizzata, un luogo dove muoiono i protagonisti dell'epoca della "conquista" e nasce una nazione.
 Il genere western, dato sempre per morto, dimostra ancora una volta il proprio fascino e la capacità di raccontare il passato ma anche di riflettere sul presente: i temi dell'immigrazione e del confronto tra civiltà diverse, la paura della sopraffazione ma anche l'istinto di predominio, si rincorrono per tutte le due ore della pellicola rendendola attuale.
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            | carlo | martedì 2 aprile 2019 |  
            | trasformazione e perdono |  |  |  |  
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                        Probabilmente hai ragione nel sottolineare che storicamente l'evoluzione dei personaggi è poco probabile, ma se vedi il film non come una cronaca fedele della fine ottocento ma come un racconto morale di trasformazione e perdono, innanzi tutto di se stessi, allora cogli il senso del film, che utilizza l'ambientazione e gli stilemi western per parlare d'altro, e in modo preciso e misurato. Vorrei poi lodare la prova eccellente della Pike, capace di esprimere il dolore e lo smarrimento come poche...
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            | marcy | martedì 26 febbraio 2019 |  
            | un disastro!   |  |  |  |  
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                        Non posso contare quanti film ho visto nella vita...una cosa è certa, questo è uno dei più inutili e noiosi mai visti!Una pellicola banale, scontata, retorica e infinitamente inconsistente.
 Parte "quasi" decentemente per poi accompagnarci in un calvario.
 
 Orribile... sconsigliatissimo.
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            | felicity | mercoledì 28 novembre 2018 |  
            | western moderno e riflessivo   |  |  |  |  
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                        Un western moderno e riflessivo che vive sulla doppia dimensione dell’azione e della parola.Un film dal passo quieto e misurato, incendiato da conflitti improvvisi, potenziato nei panorami di grandezza classica e dilatato nella profondità dei dialoghi.
 Un western crepuscolare dall’animo progressista che di fatto contestualizza il problema razziale dell’America dei giorni nostri.
 Da vedere per la performance di Christian Bale.
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            | gianleo67 | domenica 14 ottobre 2018 |  
            | america...est omnis divisa in partes tres   |  |  |  |  
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                        Ormai prossimo alla fine della sua ventennale carriera militare nelle ultime guerre indiane, il Capitano Joseph Blocker viene costretto da un ordine presidenziale a scortare un vecchio e malato capo Cheyenne e la sua famiglia negli aviti territori di una lontana valle natia. Combattuto tra l'odio viscerale per il suo acerrimo nemico e gli inderogabili doveri della sua etica di soldato, dovrà condividerene valori ed esperienza per sperare di sopravvivere alle mortali insidie che gli si parano davanti. Alla fine del cammino sarà un uomo diverso.Dall'epica militarista di una fondazione basata sulla giustificazione del genocidio al revisionismo della new Hollywood degli anni '70, dal cinema crepuscolare e disilluso degli anni '80 fino al mistica un po' furbetta deli anni '90, l'epopea cinematografica del mito della frontiera si esaurisce nel post western politicamente corretto del nuovo millennio, dove si parte con il livore viscerale verso un nemico con cui si condividono le atrocità della pugna e si procede inopinatamente verso lo spartiacque etico che finisce per accomunare sotto la stessa etichetta solo chi ha saputo riconoscere lealtà e onore nell'uomo sanguinario che gli sta di fronte.
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                        Ormai prossimo alla fine della sua ventennale carriera militare nelle ultime guerre indiane, il Capitano Joseph Blocker viene costretto da un ordine presidenziale a scortare un vecchio e malato capo Cheyenne e la sua famiglia negli aviti territori di una lontana valle natia. Combattuto tra l'odio viscerale per il suo acerrimo nemico e gli inderogabili doveri della sua etica di soldato, dovrà condividerene valori ed esperienza per sperare di sopravvivere alle mortali insidie che gli si parano davanti. Alla fine del cammino sarà un uomo diverso.Dall'epica militarista di una fondazione basata sulla giustificazione del genocidio al revisionismo della new Hollywood degli anni '70, dal cinema crepuscolare e disilluso degli anni '80 fino al mistica un po' furbetta deli anni '90, l'epopea cinematografica del mito della frontiera si esaurisce nel post western politicamente corretto del nuovo millennio, dove si parte con il livore viscerale verso un nemico con cui si condividono le atrocità della pugna e si procede inopinatamente verso lo spartiacque etico che finisce per accomunare sotto la stessa etichetta solo chi ha saputo riconoscere lealtà e onore nell'uomo sanguinario che gli sta di fronte. Nato dalla materia grezza di una sceneggiatura che una vedova inconsolabile ha ricevuto in eredità dal defunto marito e trasformata in prodotto finito da un autore avvezzo al melodramma violento della periferia industriale a stelle e strisce, questo on the road carovaniere sulle piste di una nazione che continua a ritagliare confini senpre più ristretti alle riserve assegnate ai suoi ex abitanti, parte col piede (di guerra) giusto di una sacrosanta rappresaglia indigena verso l'invasore yankee, prosegue verso le apparenti contraddizioni di una cortesia diplomatica che segna il tempo di una sconfitta definitiva (quella degli indiani, ma anche quella dei poveri cristi con la divisa blu lasciati a marcire sul campo) e si risolve nelle edulcorazioni drammaturgiche di una riconciliazione morale che fa a pugni con la realtà storica e con la stessa logica di una colonizzazione epocale su scala continentale. Lontani mille miglia dal fangoso pantano della disillusione e di un mito dell'Ovest fatto di dolore, morte e distruzione del capolavoro di Tommy Lee Jones (The Homesman), gli sconfinati orizzonti splendidamente fotografati di questo western (neo)classico di campi lunghi e tramonti rosseggianti (girato durante la stagione dei monsoni), avvolgono il cuore tenero di un melodramma strappalacrime in cui il sussiego molesto dell'accompagnamento musicale sottolinea gli improbabili twist caratteriali dei personaggi principali, il fascino eugenetico dei nativi sotto scorta e la supposta ferocia dei cattivi di turno che in nulla differiscono dalle loro controparti eroiche, siano essi soldati sanguinari, indiani ostili o coloni dal grilletto facile. Più nel difetto di una narrazione che vuole attribuire arbitrarie patenti di legittimità all'operato degli eroi e di indegnità ai loro occasionali avversari, che nella banalità di una storia che va semplicemente da A a B con molti cliché nel mezzo, sta la nota stonata di questa epica di una frontiera in dissoluzione (siamo alle soglie del 20° secolo) che lascia dietro di sé le numerose sepolture delle sue ultime vittime e ci accompagna verso un futuro di speranza, amore e progresso lungo i binari senza errori di una moderna e scintillante strada ferrata.
 
 Il paese era molto giovane,
 i soldati a cavallo erano la sua difesa.
 Il verde brillante della prateria
 dimostrava in maniera lampante l'esistenza di Dio,
 del Dio che progetta la frontiera e costruisce la ferrovia
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            | conteverde | sabato 14 luglio 2018 |  
            | aspetto ancora il western stile anni 50!!!   |  |  |  |  
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                        bellissimi paesaggi ... per il resto..deluso dal doppiaggio..per forza ero abituato ad Emilio Cigoli &C..discrete divise dei " lunghi coltelli ..vengono citati diversi fortini .ma non ne compare nessuno nel film..io parlo dei classici con palizzate  e torrette a me tanto care..racconto eccessivamente lento..  ma io continuo a paragonarlo a " the searchers.."..bello il finale commovente la sepultura del vecchio capo Cheyenne..e drammatica la scena della sparatorio con i 4 Yankees crudeli e boriosi oltre ogni limite..Attendo ancora un film  anni 50  con fortino-cavalleria-indiani  beninteso  solo " sioux & cheyennes"..naturalmente a colori in cinescope.
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                        bellissimi paesaggi ... per il resto..deluso dal doppiaggio..per forza ero abituato ad Emilio Cigoli &C..discrete divise dei " lunghi coltelli ..vengono citati diversi fortini .ma non ne compare nessuno nel film..io parlo dei classici con palizzate  e torrette a me tanto care..racconto eccessivamente lento..  ma io continuo a paragonarlo a " the searchers.."..bello il finale commovente la sepultura del vecchio capo Cheyenne..e drammatica la scena della sparatorio con i 4 Yankees crudeli e boriosi oltre ogni limite..Attendo ancora un film  anni 50  con fortino-cavalleria-indiani  beninteso  solo " sioux & cheyennes"..naturalmente a colori in cinescope. gigavision ....chiedo troppo ?
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            | emanuele1968 | sabato 28 aprile 2018 |  
            | bello   |  |  |  |  
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                        Belli i paesaggi, costumi, penso che nella storia ci sia qualcosa di originale, pero improbabile, nel viaggio troppi deceduti, un film che deve piacere, preferisco il Western tradizionale.
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