Euphoria

   
   
   

Dolente e viscerale dramma al femminile. Valutazione 4 stelle su cinque

di Ashtray_Bliss


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martedì 17 luglio 2018

Euphoria è un prodotto che entra in netto contrasto col suo titolo, dal momento che è quasi impossibile scorgere qualsivoglia elemento direttamente legato alla condizione di euforia, concetto indissolubilmente legato alla sensazione di felicità, contentezza, vivacità e allegria. In egual modo risulta un prodotto che non potrà facilmente essere ignorato o dimenticato in quanto, eccezionalmente realistico e tagliente, osa sollevare in modo sempre garbato e delicato lo spinoso argomento dell'eutanasia volontaria; e nello specifico del suicidio assistito. 
La regista svedese Langseth in collaborazione con due delle migliori attrici europee, Alicia Vikander (qui in veste anche di produttrice) ed Eva Green, riesce a costruire in modo verosimile, asciutto e schietto un intenso dramma familiare al centro del quale c'è l'incomunicabilità e l'estraneità che si è instaurata tra due sorelle, Ines ed Emilie, ma che al contempo riesce a portare i riflettori sulla tematica e sopratutto sulla scelta, spesso incompresa e schernita, del fine vita. Componendo una delicata e realistica, per quanto dolente, opera drammatica che pone riflessioni attuali e importanti che ci riguardano e che ci circondano, attraverso la storia di due sorelle che si ricongiungono dopo molto tempo di lontananza. Il loro rapporto incrinato proverà ad aggiustarlo per prima Emilie (Eva Green) invitando Ines (Vikander) a partecipare ad un viaggio insieme a lei attraverso l'Europa con una meta segreta che non è intenta a rivelare prima di giungere a destinazione. La rivelazione, sconvolgente e inaspettata, che scuoterà Ines sarà constatare che la struttura raggiunta, una lussuosa villa immersa nel verde tra le foreste, altro non è che un luogo per quelle persone che hanno deciso di porre fine alla propria vita. Un luogo dove morire in pace, serenamente, e altrettanto serenamente trascorrere gli ultimi giorni. Solo che la scelta di Emilie, quella di optare per la "dolce morte" anzichè soccombere lentamente alla sofferenza e al dolore, emotivo e fisico, causato da una malattia incurabile e terminale, verrà accolta dall'opposizione e dal disprezzo di Ines. Così, il già evidente contrasto tra sorelle nonchè il loro carattere e temperamento diametralmente opposto, non provocheranno altro che nuove incomprensioni, riportando in superficie vecchie ferite del passato mai emarginate, evocando ricordi colmi di dolore e sofferenza, specialmente per Emilie, e rivelando i reali motivi che hanno spinto le due donne a distanziarsi e separarsi l'una dall'altra nel corso degli anni. Nei pochi giorni a loro disposizione tuttavia, proveranno a porre fine ai conflitti, superare le barriere che le hanno tenute distanti e lontane, perdonarsi e riappacificarsi benchè il percorso non sia facile quanto vorrebbero e mentre sono circondate da un'aurea silenziosamente serena ma in realtà pessimistica creata da un eterogeneo ventaglio di persone in procinto di morire. 
Focalizzandosi sul personaggio dell'apparentemente forte ed esuberante Ines, e raccontando la storia dal suo punto di vista, la regista svedese riesce a creare un'opera sensibile ed delicata ma densa di argomenti attuali, importanti e impegnativi sollevando questioni esistenziali e toccando terreni del dramma famigliare senza mai appesantire oltremodo il prodotto e senza deragliare nel melodrammatico ricattatorio.
La Langseth riesce a fotografare perfettamente la distanza, le divergenze e il distacco emotivo tra Ines e Emilie
, che colmeranno progressivamente e faticosamente, e altresì la loro prospettiva diversa sulle tematiche portanti della pellicola: dall'approccio alla vita, all'assumersi le proprie responsabilità nei confronti di famigliari malati fino all'accettare e comprendere la scelta dell'eutanasia come ultima cura e soluzione per le sofferenze date dalla malattia (e i disagi che essa comporta).
Durante questo percorso narrativo, assistiamo ad una maturazione e presa di coscienza progressiva di Ines la quale si dimostra dapprima riluttante ma successivamente più comprensiva nei confronti della sorella e di tutte le persone che incontra, determinate a porre fine serenamente alla loro vita, disposta a mettere in dubbio le sue ferree convinzioni sulla vita ma anche le proprie scelte e decisioni, compresa quella più egoistica, di lasciarsi alle spalle una famiglia spezzata e in difficoltà. Tuttavia le scelte di Ines, il suo passato e il suo vissuto entrano in netto contrasto con la sofferenza fisica ed emotiva di Emilie, col suo senso di abbandono, rancore e ferite mai rimarginate; peraltro sentimenti pienamente comprensibili e condivisibili. Ciò nonostante questo arduo percorso che intraprendono insieme si rivelerà liberatorio per entrambe mettendo a nudo paure, sensi di colpa, incomprensioni che le hanno tenute lontane per molti anni e che ora, sotto pressanti circostanze e col tempo che scorre alla rovescia devono superare e rimediare. 
Appoggiato da un cast eccelso e rigorosamente all female, Euphoria consiste in un potente e dolente dramma che affronta delicate tematiche tra cui la scelta di morire dignitosamente affrontando una malattia terminale e sopratutto le spinose questioni famigliari che come spesso avviene ci allontanano creando barriere e incomprensioni che durano a lungo e si rivelano ardue da abbattere e superare. La Langseth crea un lungometraggio d'impatto, onesto, concreto, essenziale ma viscerale che risvegia emozioni coinvolgendo lo spettatore per tutta la sua durata. Avvolto da un'atmosfera eterea e idilliaca che ispira serenità e pace interiore Euphoria si spoglia di pregiudizi e tabù che persistono invadenti nella nostra mentalità e affronta senza edulcorare alcuna situazione l'argomento del suicidio assistito riportando i riflettori su quella scelta, sofferta e difficile ma contemporaneamente coraggiosa, di autodeterminazione che si estende sino alla fine. Quell'atto di ribellione e libertà che si manifesta nel scegliere coscientemente come andarsene quando tutte le altre opzioni si sono esaurite. 
Meravigliose, intense, emozionanti e vibranti le due indiscusse protagoniste, Green e Vikander; due attrici di indiscusso talento a servizio di un film dalla pura essenza nordica. Molto buona la caratterizzazione delle donne, in cui appare una fragile, sofferente, isolata ed emarginata Green a confronto di un'esuberante, egocentrica, cinica e apparentemente indifferente Vikander. Due caratteri opposti, ribelli, in apparenza insondabili sui quali veglia silenziosamente una Charlotte Rampling sempre piena di grazia, nei panni di coordinatrice e volontaria a tempo pieno che si occupa personalmente degli ospiti, facendone da guida personale durante il loro breve soggiorno e preparandoli all'atto finale. Un film, il prodotto in questione, che probabilmente viene secondo soltanto ai predecessori Million Dollar Baby e, restando in ambito europeo, Mar Adentro per potenza narrativa e coinvolgimento emotivo ma che grazie a questa prospettiva diversa, completamente al femminile, riscrive il doppio calvario dato dalla malattia e dalla solitudine di chi si allontana e di chi resta solo e isolato ma anche dell'impatto che ha sulla forte e talvolta fragile psicologia femminile tale condizione.
C'è chi si immerge nel dolore e nella solitudine e chi invece anestetizza momentaneamente le emozioni e i sentimenti chiudendosi dentro al proprio involucro prottetivo in attesa di uscire e far parte di quel processo chiamato vita, colmo di gioie e dolori assieme. In questo senso Euphoria riesce perfettamente nelle intenzioni di decifrare e tradurre cinematograficamente le reazioni, verosimili e comprensibili, di entrambe le protagoniste catturando lo spettatore e immergendolo in questo viaggio inedito e liberatorio sulla reciproca comprensione, pacificazione e libertà di scelta anche in punto di morte: Film importante e riflessivo. 4/5.

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