gianleo67
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giovedì 1 giugno 2017
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lost in space with...monster inside
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In risposta ad un messaggio radio proveniente da un misterioso mondo abitabile, la nave spaziale USCSS Covenant, gravemente danneggiata da una tempesta solare, decide di sbarcarvi, deviando dal suo percorso programmato verso un remoto pianeta da colonizzare. Il rigoglioso paradiso silvestre su cui atterrano però, nasconde l'oscuro segreto di una nave terrestre atterrata anni prima, di un ambiguo androide con manie di grandezza ed una letale creatura ibrida che vorrebbe sterminarli tutti. Finale movimentato. Ennessimo capitolo (sequel del prequel 'Prometheus') della saga inagurata con Alien (1979), Ridley Scott batte sul ferro ancora caldo del suo franchise personale come George Lucas con la esalogia di Star Wars, dimostrando che gli effetti collaterali della dorata senilità Hollywoodiana sono un graduale esaurimento della creatività ed uno spoporzionato incremento del budget a disposizione.
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In risposta ad un messaggio radio proveniente da un misterioso mondo abitabile, la nave spaziale USCSS Covenant, gravemente danneggiata da una tempesta solare, decide di sbarcarvi, deviando dal suo percorso programmato verso un remoto pianeta da colonizzare. Il rigoglioso paradiso silvestre su cui atterrano però, nasconde l'oscuro segreto di una nave terrestre atterrata anni prima, di un ambiguo androide con manie di grandezza ed una letale creatura ibrida che vorrebbe sterminarli tutti. Finale movimentato. Ennessimo capitolo (sequel del prequel 'Prometheus') della saga inagurata con Alien (1979), Ridley Scott batte sul ferro ancora caldo del suo franchise personale come George Lucas con la esalogia di Star Wars, dimostrando che gli effetti collaterali della dorata senilità Hollywoodiana sono un graduale esaurimento della creatività ed uno spoporzionato incremento del budget a disposizione. I risultati sono effettivamente modesti, tanto per lo sviluppo di uno script derivativo che mette assieme spunti autonomi (la solita esca radio per viaggiatori spaziali un po' creduloni e la singolar tenzone con la mitica bestia proteiforme) ed altri di risulta (colonizzatori ibernati risvegliati da guasti meccanici alla Passengers, androidi megalomani ed esistenzialisti alla Westworld), quanto per un immaginario fantascientifico che si riduce ad uno sterile sfoggio scenografico ed al solito schematismo di una telefonata 'trappola per topi' dove la tensione latita, l'azione drammatica la fa da padrona ed i vaneggiamenti neoromantici di un replicante che sbaglia le citazioni vorrebbero impreziosirne il sottotesto filosofico. Se l'ambientazione claustrofobica e le angosce escatologiche di una superiore intelligenza rettiliana erano gli elementi qualificanti del soggetto originale, qui si allarga il discorso ad una vicenda che incrocia cosmogonia e delirio di onnipotenza (Prometheus), articolando il racconto nei tre atti di una vicenda che nella prima parte introduce il solito cast ben assortito di yankee in trasferta spaziale (c'è pure la bellona alla consolle e il cowboy alla cloche!), la seconda evoca i lugubri scenari di un intento manipolatorio sul tema del doppio con farneticazioni sugli inganni e la fallacità del potere (un uomo di latta Wizard of Oz che cita Ozymandias e ci rimanda all'ecatombe di un ingannevole totem fluttuante alla Zardoz) e la terza ci riporta a bordo nave per una resa dei conti finale ad alto livello testosteronico e basso quoziente intellettivo. Insomma si finisce per disinnescare tutto il potenziale che almeno a livello dell'action drammatica aveva fatto il successo del soggetto originale (Lost in space with...monster inside) per un film che affastella troppi temi (origine e sopravvivenza del genere umano, caducità del potere, Nemesi del Prometeo cibernetico, rischi della manipolazione della natura), si appoggia schematicamente ai soliti stereotipi di una sospensione dell'incredulità che mette a dura prova la pazienza dello spettatore e caratterizza con risibile superficialità personaggi votati al suicidio prim'ancora che provveda il loro feroce predatore spaziale (la pilota della navetta che spara ai serbatoi di carburante, il capitano vicario che infila la testa nel baccellone gigante, i governati della nave spaziale massacrati mentre fornicano sotto la doccia); come pure l'androide sapientone che confonde i partecipanti del famoso consesso ginevrino sul romanzo gotico. Michael Fassbender in versione David di Donatello si sdoppia e giganteggia su di un cast imbelle dove si salva (in attesa del risveglio da un sonno artificiale molto agitato!) la brava e androgina Katherine Waterston. La facile impostura di un arto mozzato garantiscono un episodio finale prossimo venturo in cui si farà tutti insieme il tifo per l'inesorabile legge darwiniana della sopravvivenza del più adatto. Razzie Award tutta la vita!
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stramonio70
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martedì 15 agosto 2017
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deludente "seguito" di prometheus
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Qualche anno fa Prometheus, pur con i suoi difetti e senza essere un capolavoro, aveva cercato di rinnovare la saga di Alien introducendo dei nuovi elementi narrativi. Ora se vi aspettate il seguito di quel film resterete ampiamente delusi. Alien Covenant sposta gli eventi di Prometheus avanti di diversi anni e riparte con una storia che ricalca passo passo la trama del primo Alien. I collegamenti con Prometheus si riducono pertanto al solo personaggio di Michael Fassbender, qui addirittura in un doppio ruolo messo solo per giustificare il telefonatissimo colpo di scena finale. Cast assolutamente anonimo e mediocre (tranne forse il gia citato Fassbender) e personaggi uno più stupido dell'altro.
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Qualche anno fa Prometheus, pur con i suoi difetti e senza essere un capolavoro, aveva cercato di rinnovare la saga di Alien introducendo dei nuovi elementi narrativi. Ora se vi aspettate il seguito di quel film resterete ampiamente delusi. Alien Covenant sposta gli eventi di Prometheus avanti di diversi anni e riparte con una storia che ricalca passo passo la trama del primo Alien. I collegamenti con Prometheus si riducono pertanto al solo personaggio di Michael Fassbender, qui addirittura in un doppio ruolo messo solo per giustificare il telefonatissimo colpo di scena finale. Cast assolutamente anonimo e mediocre (tranne forse il gia citato Fassbender) e personaggi uno più stupido dell'altro. Di questa pellicola si salva solo il comparto tecnico. Non do una stella di valutazione solo per il rispetto che ho per un grande regista come Ridley Scott!
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alberto
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lunedì 15 maggio 2017
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non mi ha deluso
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Un riuscito mix tra la saga originale avviata dallo stesso Ridley Scott nel 1979 e il prequel "Prometheus". Alcune critiche le posso capire, come alcune forzature nella sceneggiatura e la mancanza di originalità soprattutto in alcuni dialoghi un pò noiosetti, ma secondo me non sono tali da rendere il film brutto, dato che il fattore orrorifico è altissimo: la tensione c'è, i mostri sono numerosi e il sangue sgorga a palate. L'attesa era tanta e da appassionato della serie mi sono sentito appagato alla fine della visione che secondo molti è rischiosa.
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Un riuscito mix tra la saga originale avviata dallo stesso Ridley Scott nel 1979 e il prequel "Prometheus". Alcune critiche le posso capire, come alcune forzature nella sceneggiatura e la mancanza di originalità soprattutto in alcuni dialoghi un pò noiosetti, ma secondo me non sono tali da rendere il film brutto, dato che il fattore orrorifico è altissimo: la tensione c'è, i mostri sono numerosi e il sangue sgorga a palate. L'attesa era tanta e da appassionato della serie mi sono sentito appagato alla fine della visione che secondo molti è rischiosa. Scott ha praticamente realizzato quello che doveva essere il predecessore, che non mi ha proprio convinto e in molte parti mi ha annoiato, raccontando con la sceneggiatura di Logan e Harper le vicende dell'astronave colonizzatrice Covenant, con meta il pianeta abitabile Origae-6, ma il cui comandante decide a causa di un segnale radio di vagliare il pianeta da cui proviene, e per questo il resto dell'equipaggio pagherà le conseguenze. Infatti ci sono polveri che è meglio non inalare e in generale far entrare nel corpo, un popolo alieno decimato (gli "Ingegneri") e il sintetico David, unico superstite del Prometheus che sembra non avere buone intenzioni. Gli attori sono molto bravi, in particolare Michael Fassbender, nel doppio ruolo di David e dell'androide della Covenant, Walter, mostrandosi rigido e inquietante nel finale e lasciandosi anche andare a una citazione di "Terminator" ("Terminato"); poi c'é Katherine Waterston, la Porpentina di "Animali Fantastici"; Danny McBride, uno degli amici di "Facciamola Finita"; Demiàn Bichir, il messicano di "The Hateful Eight" e in un piccolo ruolo anche James Franco. Le musiche di Jed Kurzel incrementano la tensione e comprendono brani dell'Alien originale e di "Prometheus"; le scenografie di Chris Seagers sono davvero spettacolari, alcune sono a Sydney e gli effetti speciali di Dan Oliver sono efficaci e danno il massimo nella prima uccisione a opera delle creature: pallido e tremante all'inverosimile, la vittima ha un ospite nel suo corpo, che decide di perforare la schiena: una scena davvero terrificante, forse la migliore insieme alle sequenze finali col ritorno del vero xenomorfo, più inarrestabile che mai, e anche delle uova che appena schiuse è meglio non chiedersi cosa ne uscirà e non avvicinarsi. La pellicola infatti non la consiglio ai più deboli di stomaco: i popcorn vi potrebbero andare di traverso, dato che l'equipaggio sarà in parte decapitato, in parte mangiato, in parte perforato da quella piccola bocca interna che ha fatto urlare il povero pubblico di fine anni '70 che al cinema non aveva fino a quel momento mai visto un alieno del genere, di impatto sia nel design sia nelle sue potenzialità, che lo rendono forse il mostro cinematografico più pericoloso di sempre, grazie al sangue al posto dell'acido e l'incredibile velocità. Qualche scena poteva essere tagliata dalle due ore di durata, come quella del flauto, che rovina un pò il ritmo del film e non è utile ai fini della trama. Consigliato agli amanti del genere e della saga, che avranno un brivido quando comparirà il titolo che si compone piano piano. Ridley non mi ha deluso. Vediamo che combina con i prossimi capitoli, dato che ha già previsto per l'anno prossimo l'inizio delle riprese del sequel.
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cristian
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lunedì 15 maggio 2017
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da alien a prometheus e ritorno
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Alien: Covenant è un film ibrido, un ponte poco solido con cui Ridley Scott pare salutare definitivamente gli scenari elaborati in Prometheus per tornare, a piccoli e incerti passi, al passato, a quell’Alien che tanto ha influenzato e cambiato il genere sci-fi nel lontano 1979.
Anno 2104, l’astronave USCSS Covenant, con a bordo 2.000 coloni in sonno criogenico e migliaia di embrioni, è in viaggio verso il pianeta Origae-6 con lo scopo di colonizzarlo, dal momento che presenta caratteristiche simili alla Terra. Durante il viaggio però un’esplosione stellare colpisce in pieno l’astronave causando la morte di 47 coloni e costringendo l’androide Walter (Michael Fassbender) a risvegliare l’equipaggio.
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Alien: Covenant è un film ibrido, un ponte poco solido con cui Ridley Scott pare salutare definitivamente gli scenari elaborati in Prometheus per tornare, a piccoli e incerti passi, al passato, a quell’Alien che tanto ha influenzato e cambiato il genere sci-fi nel lontano 1979.
Anno 2104, l’astronave USCSS Covenant, con a bordo 2.000 coloni in sonno criogenico e migliaia di embrioni, è in viaggio verso il pianeta Origae-6 con lo scopo di colonizzarlo, dal momento che presenta caratteristiche simili alla Terra. Durante il viaggio però un’esplosione stellare colpisce in pieno l’astronave causando la morte di 47 coloni e costringendo l’androide Walter (Michael Fassbender) a risvegliare l’equipaggio. Improvvisamente viene intercettata una trasmissione radio proveniente da un pianeta non lontano dalla Covenant. Il primo ufficiale Chris Oram (Billy Crudup), contrariamente all’opinione del secondo ufficiale Daniels (Katherine Waterson), decide di raggiungere il pianeta alla ricerca dell’origine del segnale.
La pellicola si apre con una scena fortemente legata al precedente poco fortunato (molto apprezzato invece dal sottoscritto) capitolo della saga Prometheus, un monito per chi credeva che il cambiamento, o ritorno alle origini tanto voluto da una certa schiera di fan, sarebbe stato radicale fin da subito. Il cambio di rotta durante le due ore circa di durata dello spettacolo si avverte di certo ma è graduale, non traumatico e nemmeno deciso. Le condizioni di partenza dell’equipaggio della Covenant richiamano alla memoria il recentissimo Passengers a cui però, fortunatamente, non assomiglia per il resto. Seppure la scenografia segua perfettamente i canoni dei classici film di fantascienza, il film di Scott ha il merito di insinuare nel conosciuto un’impronta, seppur flebile ma percettibile, di originalità. A differenza del primo Alien (in parte, anche di Prometheus) che faceva degli spazi angusti e tetri un suo punto di forza, il nuovo capitolo della saga prequel si concentra, al contrario, su aree vastissime e sulla desolazione che affligge la natura del pianeta su cui atterrano i nostri protagonisti, a sottolineare che qualcosa di enormemente catastrofico e misterioso sia accaduto. Col passare dei minuti una certa curiosità cattura il pubblico che si sente così coinvolto nella spedizione di ricerca del luogo d’origine dell’ignoto segnale alieno, fino a quando avviene il metaforico passaggio ‘dal lato Prometheus’ a ‘quello Alien’ dell’opera. Scott ha il merito di riuscire a creare ancora una volta un nuovo e credibile escamotage per fare entrare in contatto le tremende e selvagge creature con l’equipaggio della Covenant. Il regista non rinuncia a toni fortemente splatter per esprimere tutta la naturale violenza del nuovo xenomorfo che, come già noto, utilizza un corpo vivente come involucro in cui crescere a velocità impressionante per poi venir fuori facendo esplodere letteralmente il torace dell’ospitante. Purtroppo, unico appiglio della trama rimane la curiosità che sorge dagli enigmi iniziali e che inesorabilmente crolla lasciando spazio al nulla. Lo xenomorfo entra in scena mostrandosi di continuo e a figura intera davanti alla cinepresa, rinuncia ad utilizzare quegli spazi angusti che costituivano nel primo Alien l’habitat a lui più congeniale per potersi muovere, strisciare, nascondere e colpire d’improvviso le sue vittime come uno spietato cacciatore. Il risultato è che non viene trasmessa nessuna sensazione di ansia e terrore nello spettatore. Proprio nel momento del cambio di marcia decisivo la macchina guidata da Scott non riesce a ingranare. La virata del regista è incerta, gli enigmi vengono risolti nei momenti in cui è tutto già pronosticabile e qualche colpo di scena riesce pure male perché ormai il distacco tra spettatore e protagonisti è avvenuto già da tempo. Il pubblico, quello un po’ più concentrato, sta spesso diversi passi avanti rispetto ai protagonisti facendo deteriorare gradualmente il coinvolgimento emotivo.
Tasto dolente della pellicola di Scott sono anche i personaggi, impalpabili non per mancanze recitative ma per lacune di scrittura e tempo dedicato. Ne escono dunque senza colpe soprattutto Katherine Waterson e Billy Crudup, personaggi la cui reale rilevanza nel film è ancora da capire. Spazio e recitazione sono invece apprezzabili nei personaggi di David e Walter interpretati da Michael Fassbender, credibilissimo sia nei panni del primo automa, David, che non nasconde sentimenti comparabili a quelli umani, sia in quelli di Walter, sintetico di nuova generazione progettato soltanto per obbedire, senza sentimenti e quindi inespressivo.
David in particolare è l’unico del cast ad avere una caratterizzazione ben definita. Intelligenza artificiale che ha dunque il suo “dio” creatore nell’uomo, David sviluppa a contatto con gli esseri umani modi di sentire affini che lo portano a diventare a sua volta un creatore, cogliendo in pieno la smania dell’uomo di voler superare certi confini invisibili che dovrebbero essere inviolabili. Il confine tra uomo e macchina si assottiglia: l’uomo sente sempre meno e diventa più cinico, la macchina sviluppa in sé qualcosa di umano che è quanto basta per sovrapporsi al primo quasi completamente.
Alien: Covenant rinnega in buona parte Prometheus, disintegrando letteralmente in un sol colpo, grazie a una trovata scenica, tutti gli affascinanti enigmi e questioni irrisolte che il primo capitolo della nuova saga prequel aveva messo sul piatto e cerca di tornare, non proprio in maniera convinta e decisiva, a percorrere strade già battute e più sicure. Il risultato è una pellicola priva di impatto emotivo (visivo, in parte) e di logica e intelligente costruzione. Alien: Covenant, soprattutto nei minuti finali, si rivela essere soltanto l’imbocco del viale che riporta al passato più lontano, a quell’Alien del ’79 troppo grande da avvicinare ma il cui universo di riferimento potrebbe essere utile, come una terapia, a far ridestare dal sonno i fan e soprattutto il caro Ridley.
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idolhorse
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martedì 16 maggio 2017
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il solito prequel completamente privo di senso.
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Fin dai primi cinque minuti si può già percepire che il film sarà una delusione; l'astronave Covenant è in missione verso il pianeta Origae 6 per portare a termine quella che dovrebbe essere la piu grande impresa di colonizzazione mai realizzata dall'essere umano, tuttavia improvvisamente senza che a quanto pare nessuno potesse prevenire la cosa un brillamento stellare provoca la morte del capitano e di svariati coloni. Sembra assurdo che nel lontano futuro con tutti i macchinari disponibili nessuno si potesse accorgere che un enorme ondata di neutrini si stesse per abbattere sull'astronave: a quanto pare è così. I membri dell'equipaggio ancora scossi, improvvisamente avvertono un segnale radio da un pianeta abitabile molto più vicino di Origae 6, pianeta che, misteriosamente, non era stato scoperto nella mappature dei sistemi stellari.
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Fin dai primi cinque minuti si può già percepire che il film sarà una delusione; l'astronave Covenant è in missione verso il pianeta Origae 6 per portare a termine quella che dovrebbe essere la piu grande impresa di colonizzazione mai realizzata dall'essere umano, tuttavia improvvisamente senza che a quanto pare nessuno potesse prevenire la cosa un brillamento stellare provoca la morte del capitano e di svariati coloni. Sembra assurdo che nel lontano futuro con tutti i macchinari disponibili nessuno si potesse accorgere che un enorme ondata di neutrini si stesse per abbattere sull'astronave: a quanto pare è così. I membri dell'equipaggio ancora scossi, improvvisamente avvertono un segnale radio da un pianeta abitabile molto più vicino di Origae 6, pianeta che, misteriosamente, non era stato scoperto nella mappature dei sistemi stellari.
Così decidono di mandare una parte dell'equipaggio per esplorare il nuovo pianeta. Da quando atterrano il film si perde in una serie di scene ed eventi completamente privi di senso logico, ad esempio; perché il personale atterra su un pianeta alieno senza nessuna tuta, nessuna maschera, non seguendo nessuna procedura di sicurezza come se stessero portando il cane a passeggio intorno al palazzo? Perché toccano cose aliene come se fossero bambini curiosi anziché ingegneri o militari o comunque personale altamente specializzato alla guida di una missione importantissima? Fatto sta che ovviamente incappano in un virus alieno che miete le prime vittime, tutto il resto dell' equipaggio, anziché coordinarsi e far fronte alla minaccia perde il controllo di tutto quanto e, in balia del panico più totale riescono anche a far esplodere il Lander con cui sono atterrati. Ottimo, bel lavoro.
Successivamente vengono salvati da un personaggio incappucciato dai modi decisamente ambigui e vengono condotti in un antica necropoli o città (Non ci è dato saperlo). Il film successivamente si dilunga in una serie di scene inutili volte a riempire il vuoto della sceneggiatura, l'uomo che li ha salvati si rivela essere David lo stesso Androide membro dell'equipaggio del Prometheus, il quale riesce, con un tranello degno di mio cugino di tre anni a porre fine all'esistenza del povero capitano Billy, dopo averlo trascinato in una grotta gli mostra le note uova dello xenomorfo dicendogli qualcosa del tipo "ehi Billy vai tranquillo guarda bene dentro quell' uovo che pulsa e si sta schiudendo, posso garantirti che non ti succedere nulla!" Indovinate come va a finire? I membri dell equipaggio rimanenti riescono a fuggire mentre David uccide il suo andrioide sosia buono Walter e finge di essere lui, nessuno vuole accertarsi che Walter sia Walter e che David sia effettivamente morto, come credevano fosse accaduto, in una serie di immagini sempre più scontate come era ovvio che fosse alla fine David dopo aver messo in criosonno gli ultimi due superstiti dell'equipaggio prende il controllo della nave inzeppandola di embrioni alieni. Film completamente scontato, personaggi inesistenti e privi di spessore che si muovono in maniera ridicola e senza senso, appena meglio di Prometheus, film decisamente sotto le aspettative.
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muttley72
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sabato 27 maggio 2017
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l'errore del buco (scomparso) sotto al mento
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Il film si colloca (cronologicamente) subito dopo "Prometues" e prima del primo "Alien" di sempre (quello del 1979) ...sempre che non ce ne ficchino un'altro (di film) in mezzo a questi due. Non voglio fare lo "spoiiler", ma basti dire che il "sintetico" di Prometeus (buono) si rivelarà essere l'artefice "cattivo" e creatore degli Alien (o meglio della versione classica di essI), avendo sviluppato una sorta di "senso critico" contro l'umanità.
Come film è decente e come dispositivi tecnologici offre alcune idee carine, tuttavia la trama è assai prevedibile e chi veda i film non si capacita di come quei fessi coloni spaziali non si accorgano di essere "fragati" in modo palese dal sintetico (che è un "pallonaro" .
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Il film si colloca (cronologicamente) subito dopo "Prometues" e prima del primo "Alien" di sempre (quello del 1979) ...sempre che non ce ne ficchino un'altro (di film) in mezzo a questi due. Non voglio fare lo "spoiiler", ma basti dire che il "sintetico" di Prometeus (buono) si rivelarà essere l'artefice "cattivo" e creatore degli Alien (o meglio della versione classica di essI), avendo sviluppato una sorta di "senso critico" contro l'umanità.
Come film è decente e come dispositivi tecnologici offre alcune idee carine, tuttavia la trama è assai prevedibile e chi veda i film non si capacita di come quei fessi coloni spaziali non si accorgano di essere "fragati" in modo palese dal sintetico (che è un "pallonaro" ...come si dice a Roma, dove l'avrebbero chiamaro "er bucia").
Inoltre vi è un grave errore nel film: il sintetico "cattivo", quando si finge quello buono e torna sull'astronave ala fine del film... non ha più il buco sotto il mento (fattogli dal chiodo che prima gli aveva piantato dentro la protagonista donna del film durante la lotta).
Che sia il sintetico cattivo si capisce solo alla fine, ma l'errore (sul suo viso) rimane,perchè col buco sotot il mento la protagonista se ne sarebbe accorta prima della "sostituzione di persona" (...visto che gli ricuce una ferita sul volto al sintetico). Chi ama "Alien" andrà comunque a vedere il film, ma esso, per esssre di R. Scott, doveva essere un pò meglio.
Tre stelle scarse
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andreagiostra
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martedì 6 giugno 2017
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alien o bounty?
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L’ennesimo episodio della saga “Alien”, si distingue per una imprevedibile incapacità di creare empatia con lo spettatore. Tutto questo è dovuto ad alcune incredibili lacune della produzione esecutiva (sceneggiature e regia):
Com’è che gli astronauti del Ridley Scott 2017 viaggiano in una nave spaziale come se fosse una delle Caravelle di Cristoforo Colombo? Non ci avevano insegnato che nello spazio la gravità non esiste? Solo i più recenti: “Gravity” (2013) di Alfonso Cuarón; “The Martian” (2015) di Ridley Scott; “Life” (2017) di Daniel Espinosa; e potremmo continuare…
Com’è che dentro la navicella spaziale i nostri eroi salutano la morte accidentale del loro capitano con un brindisi di vino e poi liberano il corpo nello spazio come se fosse l’oceano del Baunty: “Mutiny on the Bounty” (1935) di Frank Lloyd; “Mutiny on the Bounty” (1962) di Lewis Milestone; “The Bounty” (1984) di Roger Donaldson; e potremmo continuare…
Com’è che in pianeta sconosciuto della Galassia, trovato casualmente, i pionieri dello spazio di Scott, senza le dovute verifiche scientifiche, vanno a fare una perlustrazione che sembra una scampagnata senza indossare nessuna tuta spaziale e senza nessun sistema di respirazione artificiale?
È chiaro che si comprendono le esigenze della sceneggiatura.
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L’ennesimo episodio della saga “Alien”, si distingue per una imprevedibile incapacità di creare empatia con lo spettatore. Tutto questo è dovuto ad alcune incredibili lacune della produzione esecutiva (sceneggiature e regia):
Com’è che gli astronauti del Ridley Scott 2017 viaggiano in una nave spaziale come se fosse una delle Caravelle di Cristoforo Colombo? Non ci avevano insegnato che nello spazio la gravità non esiste? Solo i più recenti: “Gravity” (2013) di Alfonso Cuarón; “The Martian” (2015) di Ridley Scott; “Life” (2017) di Daniel Espinosa; e potremmo continuare…
Com’è che dentro la navicella spaziale i nostri eroi salutano la morte accidentale del loro capitano con un brindisi di vino e poi liberano il corpo nello spazio come se fosse l’oceano del Baunty: “Mutiny on the Bounty” (1935) di Frank Lloyd; “Mutiny on the Bounty” (1962) di Lewis Milestone; “The Bounty” (1984) di Roger Donaldson; e potremmo continuare…
Com’è che in pianeta sconosciuto della Galassia, trovato casualmente, i pionieri dello spazio di Scott, senza le dovute verifiche scientifiche, vanno a fare una perlustrazione che sembra una scampagnata senza indossare nessuna tuta spaziale e senza nessun sistema di respirazione artificiale?
È chiaro che si comprendono le esigenze della sceneggiatura. Rimane il fatto che per questi evidenti rilievi la finzione filmica è inverosimile, e quindi non credibile, e quindi non coinvolgente perché più che un vero film di fantascienza al passo con la scienza, sembra una cover in vinile cinese … quando i prodotti cinesi erano delle pessime copie di quelle statunitensi o occidentali.
Ma detto questo, l’Alien 2017 racconta il secondo episodio della trilogia iniziata con Prometheus (2012), sempre di Ridley Scott. Sono passati dieci anni dagli eventi di Prometheus e la missione di colonizzazione del pianeta Origae-6 è in piena attuazione. L’androide Walter (Michael Fassbender) dovrà garantire il raggiungimento della meta con un equipaggio umano in iper-sonno dentro botole galattiche superprotette ma al contempo claustrofobiche, il cui controllo di apertura è affidato al solo androide Walter. Ed è questo un altro degli errori grossolani della sceneggiatura; errore voluto perché ha una progettazione narrativa nella sceneggiatura dell’Alien scritta da Michael Green, Jack Paglen e John Logan.
Sono molto lontani i tempi … quasi quarant’anni fa … dell’“Alien” (1979) di Ridley Scott che ha lasciato un segno indelebile nella memoria degli appassionati del genere fantascientifico-thriller. Forse vale la pena guardare “Alien: Covenant” per comprendere cosa da allora è cambiato e come si è evoluta la saga di Scott. Tutto il resto del racconto “fanta-scientifico” e da vedere al cinema, ovvero, aspettare che lo si possa guardare attraverso canali alternativi per risparmiare il costo del biglietto.
ANDREA GIOSTRA
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[+] gravità e... l'armata brancaleone
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markwillis
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venerdì 12 maggio 2017
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il creatore gelosone
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I prequel della saga di Alien, oltre a indagare sulle origini dell’uomo, nascono da una semplice riflessione: tutti hanno la facoltà di creare? A chi è concesso? Chi dispone del controllo una volta innescato il processo? Tali domande tormentano fortemente sia umani che macchine, ovvero la Dr.ssa Shaw, protagonista di Prometheus, incapace di concepire dentro di se la vita e David, un sintetico screditato dall’uomo e schiavo in quanto macchina che, tentando disperatamente di finalizzare la sua frustrante esistenza crea a sua volta qualcosa che possa ribaltarne irreversibilmente la gerarchia al cospetto del genere umano.
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I prequel della saga di Alien, oltre a indagare sulle origini dell’uomo, nascono da una semplice riflessione: tutti hanno la facoltà di creare? A chi è concesso? Chi dispone del controllo una volta innescato il processo? Tali domande tormentano fortemente sia umani che macchine, ovvero la Dr.ssa Shaw, protagonista di Prometheus, incapace di concepire dentro di se la vita e David, un sintetico screditato dall’uomo e schiavo in quanto macchina che, tentando disperatamente di finalizzare la sua frustrante esistenza crea a sua volta qualcosa che possa ribaltarne irreversibilmente la gerarchia al cospetto del genere umano. Il presupposto dal quale Covenant plasma la genesi di un ritrovato e inedito “ingegnere” e dove, più che in qualsiasi antefatto, tenta di fornire quegli indizi sufficienti per risalire al codice di partenza, attraverso una sobria e adeguata citazione di concetti che da “Frankenstein” a “Blade Runner” fino al più recente “Splice”, stabiliscono l’ossatura portante per il duplice riflesso in scena del creatore stesso, nel primo servile alla ricetta dell’uomo, nel secondo, artefice a sua stessa immagine e somiglianza, schivo a qualsiasi mediazione dei concorrenti in campo. Visivamente Covenant si presenta affascinante, sia per lo sviluppo drammaturgico che scenotecnico. Alquanto funzionali le progressive animazioni degli xenomorfi. Fassbender, nel doppio ruolo di David e Walter, costituisce il perno attorno al quale la scacchiera si dissolve, quasi come un invito a sfidare l’ennesimo e ignaro giocatore in trappola. Dal resto del cast, come da controcampo, emerge una dolcissima e determinata Katherin Waterson, aperta a qualsiasi variabile in gioco. La sceneggiatura in alcuni punti presenta dei piccolissimi nei, forse causati dal taglio in post di alcune scene, per questo senza riuscire a giustificare determinati raccordi, tipo l’avvicendarsi temporale di un primo alieno e improvvisamente il successivo, comparso sull’astronave madre, non si sa da dove. A parte questi piccoli difetti e la prevedibilità dei soliti passaggi hitchcockiani sotto la doccia, Covenant, nella sua connotazione stilistica, riesce a convincere, superando qualitativamente il suo stesso prequel e aggiungendo un nuovo tassello ad una saga dall’epilogo sempre aperto, frutto di continue ed inesplorate interazioni tra uomini, macchine e Dei, dove i giocatori in affitto sul campo, divorano i loro avversari duplicandone i ruoli. Si riparte da una singola entità, un “ingegnere” che ridisegni i margini dell’arena sanguinaria. L’essenza di Dio, vittima e carnefice.
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markwillis
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venerdì 12 maggio 2017
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il creatore gelosone
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I prequel della saga di Alien, oltre a indagare sulle origini dell’uomo, nascono da una semplice riflessione: tutti hanno la facoltà di creare? A chi è concesso? Chi dispone del controllo una volta innescato il processo? Tali domande tormentano fortemente sia umani che macchine, ovvero la Dr.ssa Shaw, protagonista di Prometheus, incapace di concepire dentro di se la vita e David, un sintetico screditato dall’uomo e schiavo in quanto macchina che, tentando disperatamente di finalizzare la sua frustrante esistenza crea a sua volta qualcosa che possa ribaltarne irreversibilmente la gerarchia al cospetto del genere umano.
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I prequel della saga di Alien, oltre a indagare sulle origini dell’uomo, nascono da una semplice riflessione: tutti hanno la facoltà di creare? A chi è concesso? Chi dispone del controllo una volta innescato il processo? Tali domande tormentano fortemente sia umani che macchine, ovvero la Dr.ssa Shaw, protagonista di Prometheus, incapace di concepire dentro di se la vita e David, un sintetico screditato dall’uomo e schiavo in quanto macchina che, tentando disperatamente di finalizzare la sua frustrante esistenza crea a sua volta qualcosa che possa ribaltarne irreversibilmente la gerarchia al cospetto del genere umano. Il presupposto dal quale Covenant plasma la genesi di un ritrovato e inedito “ingegnere” e dove, più che in qualsiasi antefatto, tenta di fornire quegli indizi sufficienti per risalire al codice di partenza, attraverso una sobria e adeguata citazione di concetti che da “Frankenstein” a “Blade Runner” fino al più recente “Splice”, stabiliscono l’ossatura portante per il duplice riflesso in scena del creatore stesso, nel primo servile alla ricetta dell’uomo, nel secondo, artefice a sua stessa immagine e somiglianza, schivo a qualsiasi mediazione dei concorrenti in campo. Visivamente Covenant si presenta affascinante, sia per lo sviluppo drammaturgico che scenotecnico. Alquanto funzionali le progressive animazioni degli xenomorfi. Fassbender, nel doppio ruolo di David e Walter, costituisce il perno attorno al quale la scacchiera si dissolve, quasi come un invito a sfidare l’ennesimo e ignaro giocatore in trappola. Dal resto del cast, come da controcampo, emerge una dolcissima e determinata Katherin Waterson, aperta a qualsiasi variabile in gioco. La sceneggiatura in alcuni punti presenta dei piccolissimi nei, forse causati dal taglio in post di alcune scene, per questo senza riuscire a giustificare determinati raccordi, tipo l’avvicendarsi temporale di un primo alieno e improvvisamente il successivo, comparso sull’astronave madre, non si sa da dove. A parte questi piccoli difetti e la prevedibilità dei soliti passaggi hitchcockiani sotto la doccia, Covenant, nella sua connotazione stilistica, riesce a convincere, superando qualitativamente il suo stesso prequel e aggiungendo un nuovo tassello ad una saga dall’epilogo sempre aperto, frutto di continue ed inesplorate interazioni tra uomini, macchine e Dei, dove i giocatori in affitto sul campo, divorano i loro avversari duplicandone i ruoli. Si riparte da una singola entità, un “ingegnere” che ridisegni i margini dell’arena sanguinaria. L’essenza di Dio, vittima e carnefice.
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martedì 16 maggio 2017
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tanto fumo e poco arrosto
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Continuo a ritenere Ridley Scott uno dei cineasti piu visionari degli ultimi 30 anni e se è pur vero che a lui dobbiamo capolavori assoluti come il primo Alien, Blade Runner e i Duellanti, è altresì vero che il vecchio Ridley, pur mostrando sempre quella genialità nel ricostruire mondi virtuali e capacità nel disegnarci il futuro in maniera credibile, non imbrocca un film decente da il Gladiatore. The Covenant purtroppo e nonostante il battage pubbliciatario assordante, non fa eccezione. Alien era un film dell'orrore, Prometheus si perdeva nell'esistenzialismo, the covenant non è nell'uno nell'altro, fallisce nell'approfondire l'eterno dilemma umano del "chi siamo e da dove veniamo", rispolvera il rapporto potenzialmente conflittuale e mortale tra uomo e replicante di Blade Runner e dilungandosi in tale ricerca amletica perde di vista l'alieno, il terribile xenomorfo che viene relegato ad attore non protagonista del film.
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Continuo a ritenere Ridley Scott uno dei cineasti piu visionari degli ultimi 30 anni e se è pur vero che a lui dobbiamo capolavori assoluti come il primo Alien, Blade Runner e i Duellanti, è altresì vero che il vecchio Ridley, pur mostrando sempre quella genialità nel ricostruire mondi virtuali e capacità nel disegnarci il futuro in maniera credibile, non imbrocca un film decente da il Gladiatore. The Covenant purtroppo e nonostante il battage pubbliciatario assordante, non fa eccezione. Alien era un film dell'orrore, Prometheus si perdeva nell'esistenzialismo, the covenant non è nell'uno nell'altro, fallisce nell'approfondire l'eterno dilemma umano del "chi siamo e da dove veniamo", rispolvera il rapporto potenzialmente conflittuale e mortale tra uomo e replicante di Blade Runner e dilungandosi in tale ricerca amletica perde di vista l'alieno, il terribile xenomorfo che viene relegato ad attore non protagonista del film. Al cinema c'ero andato sperando di rivivere quella paura claustrofobica del primo episodio, non è successo.
Se a questo aggiungiamo che non c'è la Ripley del 79, ne il Decker ne Rutger Hauer di Blade Runner ma una serie di personaggi scialbi e piatti e piuttosto rincoglionti, cosa resta? Di sicuro le maestose immagini e l'eccezionale capacità di Ridley di muovere la macchina da presa, l'incredibile capacità di rendere reali mondi e tecnologie virtuali. Però forse è un po poco.
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