writer58
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domenica 18 giugno 2017
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che fatica!
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"Una vita" di Stéphane Brizé, quinto film del cineasta francese, è un'opera che mi ha insieme colpito e annoiato. Cerco di spiegare l'ossimoro a me stesso, prima ancora che ai lettori. La proposta dell'autore mi è parsa interessante e ben diretta: concordo con Maurizio D. quando scrive "Stephane Brizé ha fatto una scelta radicale , operare dei tagli profondi nella struttura narrativa e focalizzare la sua attenzione sul vissuto emotivo della protagonista. I gesti quotidiani, il succedersi delle stagioni, la lettura, la corrispondenza , le riviste di moda [...]". In effetti, l' '800 narrato dal regista non è coreografico, pomposo, centrato su grandi eventi (corti reali, battaglie, condottieri che hanno impresso una direzione al secolo), Nè è interessato alla ricostruzione folcloristica della vita del popolo, allo spreco di costumi o alla proposizione di immagini dark o "sociali" (come avviene spesso nella trasposizione filmica dei classici del tempo).
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"Una vita" di Stéphane Brizé, quinto film del cineasta francese, è un'opera che mi ha insieme colpito e annoiato. Cerco di spiegare l'ossimoro a me stesso, prima ancora che ai lettori. La proposta dell'autore mi è parsa interessante e ben diretta: concordo con Maurizio D. quando scrive "Stephane Brizé ha fatto una scelta radicale , operare dei tagli profondi nella struttura narrativa e focalizzare la sua attenzione sul vissuto emotivo della protagonista. I gesti quotidiani, il succedersi delle stagioni, la lettura, la corrispondenza , le riviste di moda [...]". In effetti, l' '800 narrato dal regista non è coreografico, pomposo, centrato su grandi eventi (corti reali, battaglie, condottieri che hanno impresso una direzione al secolo), Nè è interessato alla ricostruzione folcloristica della vita del popolo, allo spreco di costumi o alla proposizione di immagini dark o "sociali" (come avviene spesso nella trasposizione filmica dei classici del tempo).
E' un pezzo di secolo raccontato in modo "laterale", quasi reticente, attraverso lo sguardo della protagonista, Jeanne, figlia di una famiglia di nobiltà di campagna, i baroni Le Perthuis des Vauds, Un periodo storico che pare molto simile alla nostra contemporaneità, a eccezione della diffusione della tecnologia: la centralità del danaro e della posizione sociale, relazioni basate sull'interesse e non su sentimenti di affetto genuino, la condizione di sottomissione della donna, anche in contesti "evoluti", ne costituiscono i tratti essenziali.
La vita della protagonista si risolve in un insieme pressoché continuo di tradimenti e abbandoni. Lei vorrebbe una vita semplice: l'amore di un uomo, una famiglia, l'orto da coltivare, le proprietà paterne da gestire. Incontra un nobile decaduto che si rivela un adultero seriale e che continua a tradirla anche dopo essere stato perdonato per aver concepito un figlio con la domestica di casa. Il figlio andrà a vivere altrove e, crescendo, la tempesterà di richieste di denaro, fino a prosciugare il patrimonio famigliare.
La centratura sull'interiorità di Jeanne è una scelta stlistica che fa "filtrare" solo pochi scampoli di storia. Gli avvenimenti narrati (tratti dall'omonimo romanzo di Guy de Maupassant) spaziano dal 1819 al 1845, ma la "Storia" non si sente, si coglie solo la malinconia rassegnata di una donna che non comprende perché il suo universo, la sua vita intera debba essere sistematicamente fatta a pezzi da persone a lei vicine, persone che dovrebbero proteggerla, supportarla e amarla.
Anche le scelte fotografiche e scenografiche rendono il film intimistico e poco spettacolare. frequenti primi piani della protagonista, qualche esterno sulla campagna e sulle scoglieri bretoni, l'uso del formato 4:3 che tende a "stringere" l'immagine verso il centro dello schermo, tutti questi elementi fanno supporre che a Brisé interessasse narrare una vicenda di amore non ricambiato, una storia di fallimenti affettivi, una deriva esistenziale verso la solitutine e la perdita.
Ci riesce piuttosto bene. E, in questo senso, il film è una proposta innovativa e interessante. Allo stesso tempo, però, la focalizzazione sull'interiorità della baronessa, comporta un rallentamento dei ritmi quasi estenuante e una difficoltà di fruizione che, complice anche una poltrona particolarmente scomoda, mi ha quasi indotto ad abbandonare la visione a metà spettacolo. Sono rimasto fino alla fine, ma con segni di nervosismo crescente. Eppure "Una vita" è un buon film, merita di essere visto. Magari in un ambiente fresco e seduti comodamente.... :-)
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maurizio d
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sabato 17 dicembre 2016
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come fare un bel film da un lungo romanzo
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Siamo ormai abituati agli adattamenti cinematografici dei classici dell'800.
Spesso risultano pedanti , inadeguati, prolissi, in breve " pallosi ".
Stephane Brizé ha fatto una scelta radicale , operare dei tagli profondi
nella struttura narrativa e focalizzare la sua attenzione sul vissuto emotivo
della protagonista. I gesti quotidiani, il succedersi delle stagioni, la lettura
la corrispondenza , le riviste di moda , le amicizie ,tutto diventa occasione per penetrare
nell'animo della protagonista , vivere in prima persona i suoi drammi le sue angoscie.
La fotografia eccezionale scandisce e sottolinea il succedersi delle stagioni
Una vicenda emotiva di trenta anni chiusa mirabilmente nello spazio temporale
di due ore.
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Siamo ormai abituati agli adattamenti cinematografici dei classici dell'800.
Spesso risultano pedanti , inadeguati, prolissi, in breve " pallosi ".
Stephane Brizé ha fatto una scelta radicale , operare dei tagli profondi
nella struttura narrativa e focalizzare la sua attenzione sul vissuto emotivo
della protagonista. I gesti quotidiani, il succedersi delle stagioni, la lettura
la corrispondenza , le riviste di moda , le amicizie ,tutto diventa occasione per penetrare
nell'animo della protagonista , vivere in prima persona i suoi drammi le sue angoscie.
La fotografia eccezionale scandisce e sottolinea il succedersi delle stagioni
Una vicenda emotiva di trenta anni chiusa mirabilmente nello spazio temporale
di due ore. I tagli operati dal regista hanno forse tolto qualche dettaglio narrativo ,
ma non ne hanno decurtato l'anima
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vanessa zarastro
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martedì 20 settembre 2016
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la donna nell’ottocento
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Un film intenso questo film tratto dal romanzo omonimo di Guy de Maupassant del 1883 presentato al festival di Venezia 2016.Un drammatico panorama della condizione femminile seguita per tutto l’arco di una vita.
Almeno quattro sono stati i tentativi di trarre un film dal racconto ma questo finalmente ci è riuscito. Jeanne (la bravissima Judith Chemia) è la figlia del barone Simone-Jacques Le Perthius de Vauds (Jean Pierre Daroussin) e di sua moglie Adelaide (la belga Yolande Moreau.) Siamo in una località chiamata Yport sul canale della Manica in Normandia, nella prima metà dell’Ottocento.
Il formato è quasi quadrato di 4:3 è immersiva e insiste sui primi piani; la protagonista è ripresa quasi sempre di profilo, la fissità della scena trasmesse la monotonia di una vita rassegnata, rinunciatari, la storia di una donna che non sa cosa sia la ribellione che accetta ciò che le viene proposto confondendo il volere degli altri con il proprio desiderio.
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Un film intenso questo film tratto dal romanzo omonimo di Guy de Maupassant del 1883 presentato al festival di Venezia 2016.Un drammatico panorama della condizione femminile seguita per tutto l’arco di una vita.
Almeno quattro sono stati i tentativi di trarre un film dal racconto ma questo finalmente ci è riuscito. Jeanne (la bravissima Judith Chemia) è la figlia del barone Simone-Jacques Le Perthius de Vauds (Jean Pierre Daroussin) e di sua moglie Adelaide (la belga Yolande Moreau.) Siamo in una località chiamata Yport sul canale della Manica in Normandia, nella prima metà dell’Ottocento.
Il formato è quasi quadrato di 4:3 è immersiva e insiste sui primi piani; la protagonista è ripresa quasi sempre di profilo, la fissità della scena trasmesse la monotonia di una vita rassegnata, rinunciatari, la storia di una donna che non sa cosa sia la ribellione che accetta ciò che le viene proposto confondendo il volere degli altri con il proprio desiderio. Sposerà Julien de Lamare visconte titolato ma senza soldi.
Molto bella è la scena della prima notte di matrimonio, della sua ritrosia che sembrerebbe fastidio per trovarsi sposata con un uomo senza averlo scelto, così come in fondo suggerivano i genitori. E invece poi cresce l’affetto e l’amore – anche per assenza di alternative a mio parere – come se fare la cosa giusta sia il proprio desiderio.
Jeanne non ne azzecca una, gli uomini della sua vita ad esclusione del fedele e giudizioso padre – sono un disastro e saranno la sua rovina.L’assenza di mordente nella vita di Julienne porta alla noia, alla malinconia. Solo il dolore riesce a spezzarla. Il marito la tradisce sembra con qualsiasi donna metta il piede nella residenza ai “Pioppi”: Rosalie la domestica e compagna di latte di Julienne avrà un figlio da lui e sarà allontanata dalla casa una volta che l’inganno diventa collettivo e questione di famiglia.Scopre, dopo la morte della madre trova il carteggio che conservava gelosamente. Scopre in tal modo che aveva avuto un amante con il quale era stata felice mentre il suo matrimonio era stato combinato. L’amica sposata Gilberte de Fourville vivace e allegra ospite nel castello, avrà una tresca con Julien che durerà anche dopo la partenza. Jeanne piange in silenzio e non ha il coraggio di parlare né con il marito né con l’amica, ma il parroco irresponsabile si farà carico di svelare la verità al marito dell’altra.Risultato una strage.
Il figlio Paul rivelerà subito di avere un carattere piuttosto difficile. Messo in collegio fa i capricci e cerca in tutti i modi di evitare la scuola. Solo il nonno è dotato di buon senso; da vecchio uomo illuminista sa che anche per gestire la terra si ha bisogno di studiare, di conoscere il latino e saper far di conto. Così quando avrà 20 anni, finita la scuola, lui scapperà con la sua ragazza a Londra dove avrà insuccessi finanziari uno dopo l’altro fino a prosciugare gli averi di famiglia.
Tornerà Rosalia – probabilmente per espiare la sua colpa - a prendersi cura di Julienne ormai sempre più sola e sempre più povera. Solo la nascita di una bimba, figlia di Paul, e la conseguente cura delle due donne, riuscirà a ridare vita e speranza. Ed è proprio il caso di esclamare: meno male che è femmina!
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flyanto
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martedì 6 giugno 2017
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un'eroina travolta da una marea di disgrazie
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Tratto dall'omonimo romanzo di Guy de Maupassant, "Una vita" racconta la storia della giovane Jeanne, nobile e ricca, ingenua e fiduciosa nella vita e negli esseri umani, la quale si innamora di Julien, un giovane rampollo di una famiglia nobile decaduta e pertanto senza più il patrimonio intero di famiglia. I due si sposano ma l'uomo si manifesta essere subito un libertino nato: infatti seduce e mette incinta la giovane cameriera e, nonostante il perdono da parte della moglie, egli continua a a tradirla con una sua cara amica. Da questo momento in poi per Jeanne inizia un'esistenza buia e costellata da disgrazie e da vari problemi concernenti anche proprio il figlio che, inetto e con scarsa volontà di lavorare, contribuirà a dilapidare il patrimonio di famiglia.
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Tratto dall'omonimo romanzo di Guy de Maupassant, "Una vita" racconta la storia della giovane Jeanne, nobile e ricca, ingenua e fiduciosa nella vita e negli esseri umani, la quale si innamora di Julien, un giovane rampollo di una famiglia nobile decaduta e pertanto senza più il patrimonio intero di famiglia. I due si sposano ma l'uomo si manifesta essere subito un libertino nato: infatti seduce e mette incinta la giovane cameriera e, nonostante il perdono da parte della moglie, egli continua a a tradirla con una sua cara amica. Da questo momento in poi per Jeanne inizia un'esistenza buia e costellata da disgrazie e da vari problemi concernenti anche proprio il figlio che, inetto e con scarsa volontà di lavorare, contribuirà a dilapidare il patrimonio di famiglia.
Film ovviamente in costume in quanto ambientato ai primi dell'800 e perfettamente diretto dal regista Stéphane Brizé, "Una Vita" presenta allo spettatore una storia che, sebbene scritta due secoli fa, risulta quanto mai attuale nel suo contesto: il crollo dell'innocenza e l'affrontare difficili e tristi problematiche (comuni a tutte le epoche) che oscurano e continuamente minano l'esistenza umana. Jeanne rappresenta l'eroina innocente e pura che suo malgrado viene coinvolta in una serie di "brutture" quotidiane di cui ella è completamente a digiuno e a cui, invece, si dovrà ben presto abituare. E Brizé riesce con tocco delicato a presentare la situazione ed il suo evolversi in negativo. Lo spettatore non può schierarsi che dalla parte della protagonista Jeanne, manipolata a dovere da personaggi più scaltri di lei e sopratutto molto egoisti (marito e figlio "in primis").
Una bella fotografia, una riproduzione precisa degli ambienti e dei costumi dell'epoca, nonchè l'ottima e, pertanto, convincente, recitazione degli attori che comunicano l'un con l'altro attraverso dei dialoghi finemente costruiti, rendono la pellicola un vero gioiello.
Va rimarcato che il film è in lingua originale e sottotitolato in italiano.
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fabiofeli
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mercoledì 14 giugno 2017
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"ti amerò per tutta la vita"
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Jeanne (Judith Chemla) è una giovane ed ingenua donna dell’ottocento che vive sulla costa normanna; fa parte di una famiglia nobile con terre e patrimonio, ma affronta volenterosa le difficoltà della coltivazione di un orto; assiste con pazienza la madre Adelaide (Yolanda Moreau) impegnata nel gioco del backgammon contro suo padre. Passa molto del suo tempo con Rosalie (Nina Meurisse), che è al suo servizio ma che considera una amica, quando arriva nella sua casa un giovane nobile decaduto, Julien (Swann Artaud), che immediatamente la attrae. Adelaide pensa che un matrimonio con Julien sia una buona scelta per Jeanne; lo crede anche Jeanne, ma non immagina che il suo destino è segnato.
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Jeanne (Judith Chemla) è una giovane ed ingenua donna dell’ottocento che vive sulla costa normanna; fa parte di una famiglia nobile con terre e patrimonio, ma affronta volenterosa le difficoltà della coltivazione di un orto; assiste con pazienza la madre Adelaide (Yolanda Moreau) impegnata nel gioco del backgammon contro suo padre. Passa molto del suo tempo con Rosalie (Nina Meurisse), che è al suo servizio ma che considera una amica, quando arriva nella sua casa un giovane nobile decaduto, Julien (Swann Artaud), che immediatamente la attrae. Adelaide pensa che un matrimonio con Julien sia una buona scelta per Jeanne; lo crede anche Jeanne, ma non immagina che il suo destino è segnato. Chiede a Julien: “ Mi ami?”; la risposta è: “Ti amerò per tutta la vita”. Questa dolente figura femminile, ingannata ma incapace di non credere all’amore di Julien, è sconvolta dalla rivelazione del suo tradimento con Rosalie; accetta i consigli di un prelato e della madre che cercano di soffocare lo scandalo. Scopre che anche sua madre ha avuto un passato sconvolgente e travagliato e quando si rende conto che un altro tradimento del marito rischia di distruggere la vita di una coppia di amici si ribella al suo rigido confessore che la accusa di vivere nella menzogna. Ma lei è solo reticente per evitare un male ancora maggiore; vive tra un passato che non esiste più ed un futuro di altri inganni perpetrati dal figlio Paul (Finnegan Oldfield), accettati solo per amore materno …
Il testo dal quale è tratto il film è il primo romanzo di Guy da Maupassant, un classico della letteratura francese. Nel secolo 19° accadono rivolgimenti storici importanti, ma l’attenzione dello scrittore è tutto rivolto a questa donna del quieto Nord della Francia. Il regista, Stéphane Brizé è reduce dalla buona prova de La legge del mercato, nel quale il protagonista impersonato da Vincent Lindon, sorvegliante in un supermercato deve scegliere tra il suo licenziamento e la denuncia di piccoli furti perpetrati da persone disperate, preso nella tenaglia correttezza-compromesso; Brizé usa primi piani ossessivi mescolando tempi e azioni, incertezze e scelte difficili e dolorose; indugia, forse un po’ troppo, su inserti naturalistici e paesaggistici – le scene sul mare sono filmate sulla solare Costa Azzurra invece che nei grigi del Canale della Manica - per raccontare lo stato d’animo della protagonista. Un pregio o una pecca? La fotografia è accurata ed il commento sonoro con musica da pianoforte segue la tradizione del cinema francese di qualità. Il film poggia soprattutto sulla recitazione puntuale di Judith Chemla, che descrive aspirazioni, desideri, illusioni e disillusioni di una donna nobile ottocentesca, che, ingabbiata tra menzogne e compromessi sempre più coinvolgenti, fatica a stabilire se il bilancio della sua vita è positivo o negativo. E ci si interroga se nel mondo industrializzato la condizione femminile è cambiata totalmente in modo radicale rispetto a quella della storia scritta più di 130 anni fa dal grande autore francese. Da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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