mtom83
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domenica 19 marzo 2017
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l'esperienza "aliena" dello spazio interiore
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Ho visto Arrival poche settimane dopo l'uscita nei cinema e non posso che lasciare una valutazione estremamente positiva dell'ultimo lavoro di Villeneuve: più che da un "ho visto" dovrei partire effettivamente - come in un contatto alieno - da un "ho avuto esperienza" perchè, come tenterò di spiegare, a mio giudizio la riuscita dell'opera sta nella capacità di intessere una fitta tela emotiva, fatta di immagini e racconto, che avvolgono per due ore lo spettatore senza mai, o quasi, perdere in forza emotiva.
Il plot di Arrival è in fondo di una semplicità disarmante: degli enormi gusci atterrano, apparentemente senza motivo, un bel giorno sul nostro pianeta e le diverse nazioni umane si interrogano su come stabilire un primo contatto con una civiltà aliena che si presume essere tecnologicamente avanzata e le cui intenzioni sono chiaramente oscure: negli USA per far ciò vengono reclutati una linguista, Louise Banks e un fisico (Renner) a cui spetterà l'onore, ma soprattuto l'onere, di imbastire una forma di comunicazione con i nuovi visitatori.
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Ho visto Arrival poche settimane dopo l'uscita nei cinema e non posso che lasciare una valutazione estremamente positiva dell'ultimo lavoro di Villeneuve: più che da un "ho visto" dovrei partire effettivamente - come in un contatto alieno - da un "ho avuto esperienza" perchè, come tenterò di spiegare, a mio giudizio la riuscita dell'opera sta nella capacità di intessere una fitta tela emotiva, fatta di immagini e racconto, che avvolgono per due ore lo spettatore senza mai, o quasi, perdere in forza emotiva.
Il plot di Arrival è in fondo di una semplicità disarmante: degli enormi gusci atterrano, apparentemente senza motivo, un bel giorno sul nostro pianeta e le diverse nazioni umane si interrogano su come stabilire un primo contatto con una civiltà aliena che si presume essere tecnologicamente avanzata e le cui intenzioni sono chiaramente oscure: negli USA per far ciò vengono reclutati una linguista, Louise Banks e un fisico (Renner) a cui spetterà l'onore, ma soprattuto l'onere, di imbastire una forma di comunicazione con i nuovi visitatori.
Se questa è la base da cui parte Villeneuve per il suo racconto, riprendendo un clichè quantomai usuale del cineme sci-fi, è la complessità che intorno a questo topos Villeneuve riesce a costruire che rende il film unico e speciale, arrichendolo tanto di elementi di iperrealismo - la scena del "primo contatto" è scandita passo per passo con una attenzione spasmodica per i dettagli e riesce del tutto a far vivere lo shock allo spettatore dell'incontro con una razza aliena- quanto di riflessioni articolate e mai (o quasi mai) scontate su ciò che è la comunicazione, la comprensione del diverso, la natura del linguaggio, il significato del tempo. Ancora una volta l'incontro con ciò che è "alieno" da sè e l'abissalità dello spazio è motivo e pretesto per l'incontro con se stessi e la natura umana, e sebbene anche questo sia sempre stato comune nel cinema di fantascienza fin da Odissea nello spazio e Solaris è il tocco di autorialità che Villeneuve dona al film che impreziosisce una trama, come già detto, tutto sommato semplice.
L'ipnotismo che mi aveva già potentemente colpito in un film come Enemy - con la speranza che prima o poi anche il pubblico italiano riesca a goderne - è qui interamente ripreso, l'atmosfera rarefatta, sospesa tra realtà e sogno, che accompagna e scandisce questa indagine verso l'ignoto - esterno o interno - è tutta intatta in un comparto visivo di primissimo livello, dove ogni inquadratura riesca a lasciare il segno, a volte toccando momenti che hanno particolarmente del poetico (una scena su tutte: la visualizzazione del rapporto genitore-neonato come metafora dell'apprendimento di un linguaggio alieno!), ma tuttavia mantenendo intatto il fascino, il mistero e la tensione propria di un film di fantascienza.
Certo, anche in questo caso non mancano i riferimenti a film più recenti tanto nel riprendere la protagonista femminile (una strepitosa Amy Adams) di Gravity o il Contact di Jodie Foster, c'è lo spazio come luogo di ritorno "al futuro" personale di Interstellar, ma a fare la differenza rispetto a queste pur ottime pellicole è la forza della narrazione per immagini che dona al film, come detto all'inizio, la capacità di emozionare e coinvolgere veramente unica, tanto da divenire esperienza a sua volta per chi lo guarda.
Alla fine non interesserà sapere chi sono gli alieni e perchè sono venuti, ma rintracciare lo "spazio" delle persone che ruotano intorno a questa vicenda, capire a che punto sono del loro viaggio "spaziale" e, di converso, a che punto siamo del nostro, motivo per il quale ringrazieremo noi stessi i gusci per avere varcato la soglia del nostro schermo, grande o piccolo, ed averci aperto dei varchi nella nostra personale visione dello spazio e del tempo.
Infine, perdono tranquillamente a Villeneuve qualche parte meno convincente del film: un tocco di America nel descrivere il modo di rapportarsi agli alieni delle altre nazioni di rapportarsi agli alieni (con la speranza che se ciò davvero dovesse accadere il buon Donald T. non decida di bombardali per primo e magari si verifichi una risposta meno divisiva del genere umano, un altro aspetto che Arrival riesce bene a illustrare) oppure più abbozzate come un protagonista maschile che lascia troppo la sensazione di contorno rispetto al resto, o anche il fatto che sarà semplice individuare la "chiave" per risolvere il film.
Per concludere, ripetendomi: un film di cui consiglio la visione, non tanto - o non solo- per l'originalità della pellicola, quanto perchè Villeneuve è riuscito a fare un film che trasuda umano troppo umano, coinvolgendoci in ogni fotogramma in prima persona, pur lasciando intatto tutto il fascino dell'esperienza con gli alieni...e scusate se è poco.
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elguape
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martedì 11 luglio 2017
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il miglior film di fantascienza da anni
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Denis Villeneuve è uno dei registi più interessanti degli ultimi anni (Enemy, Prisoners, Sicario e presto Blade Runner 2049); con Arrival dimostra di avere una padronanza del mezzo cinematografico rara da trovare in questo periodo.
É esattamente questo il maggior pregio di Arrival: la coerenza. Il regista è costantemente in controllo degli avvenimenti e di ciò che vuole raccontare, non c'è bisogno di eccessivi "spiegoni" (v. monologo sull'amore in Interstellar) perchè ciò che ci serve è davanti ai nostri occhi, basta aprirli e usare il cervello. Detto questo è ovvio che si tratti di un film di fantascienza "atipico", molto ragionato e con poca azione (se cercate qualcosa alla Trasformers guardate altrove).
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Denis Villeneuve è uno dei registi più interessanti degli ultimi anni (Enemy, Prisoners, Sicario e presto Blade Runner 2049); con Arrival dimostra di avere una padronanza del mezzo cinematografico rara da trovare in questo periodo.
É esattamente questo il maggior pregio di Arrival: la coerenza. Il regista è costantemente in controllo degli avvenimenti e di ciò che vuole raccontare, non c'è bisogno di eccessivi "spiegoni" (v. monologo sull'amore in Interstellar) perchè ciò che ci serve è davanti ai nostri occhi, basta aprirli e usare il cervello. Detto questo è ovvio che si tratti di un film di fantascienza "atipico", molto ragionato e con poca azione (se cercate qualcosa alla Trasformers guardate altrove). É un'opera che parla della lingua, della comunicazione, della possibilità di comunicare tra noi in quanto specie, di unirci nei momenti del bisogno.
Il film in sè è tecnicamente perfetto: fotografia, attori (Amy Adams ancora una volta in un grande ruolo) colonna sonora... trovare un difetto è pressochè impossibile. Assolutamente un must per chi ama il cinema (non necessariamente di fantascienza)
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[+] la "coerenza"....
(di franco1206)
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robertovalenzi
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giovedì 1 novembre 2018
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per chi soffre di insonnia
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Non sono riuscito ad arrivare al finale. L'espressione della faccia fissa a paura/stupore della Amy Adams è stucchevole. La bambina che appare ogni 5 minuti , con l' intento di fare di una vicenda planetaria una questione personale è veramente datata. L'ampio uso delle voci dei telegiornali fa pensare ad un espediente per non spendere soldi, occultando l' azione dietro a semplici annunci parlati. Il film ha il solo scopo di promuovere la "comprensione dei popoli" cosa molto gradita alle buoniste-pacifiste fai da te moderne, di cui il film è chiaramente mirato.... Pur non essendo amante dell' azione pura, sento un po la mancanza dei vecchi star trek dove si respirava un aria forse un pò artefatta ma dinamica.
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Non sono riuscito ad arrivare al finale. L'espressione della faccia fissa a paura/stupore della Amy Adams è stucchevole. La bambina che appare ogni 5 minuti , con l' intento di fare di una vicenda planetaria una questione personale è veramente datata. L'ampio uso delle voci dei telegiornali fa pensare ad un espediente per non spendere soldi, occultando l' azione dietro a semplici annunci parlati. Il film ha il solo scopo di promuovere la "comprensione dei popoli" cosa molto gradita alle buoniste-pacifiste fai da te moderne, di cui il film è chiaramente mirato.... Pur non essendo amante dell' azione pura, sento un po la mancanza dei vecchi star trek dove si respirava un aria forse un pò artefatta ma dinamica. Insomma una noia totale per un film che ottiene solo il risultato di aspettare con impazienza i titoli di coda.
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scarface9
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domenica 22 gennaio 2017
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fantascienza statica e noiosa
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Appassionato di film del genere, trovo sempre spunti interessanti e stimolanti in ogni film fantascientifico, perciò deludentemente devo ammettere che a malapena sono riuscito ad arrivare a fine film con entrambi gli occhi aperti, e, come me, anche chi mi era intorno. Il soggetto di partenza è assolutamente interessante ed anche la sua resa, dodici impressionati enormi gusci che sfiorano la terra, ed il suo iniziale svolgimento, ma poi prende sempre più piede la vicenda personale della dottoressa, un'ottima Amy Adams, d'altronde come può non esserla con quella espressività triste e depressa che la contraddistingue. Mi chiedo: lei ha l'"arma" per conoscere il futuro, ma già l'aveva e non lo sapeva o sono stati gli alieni a forniglierla? No perchè, se fosse la prima opzione, guarda caso chi ha questo potere è una docente universitaria esperta in lingue (toh! che combinazione).
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Appassionato di film del genere, trovo sempre spunti interessanti e stimolanti in ogni film fantascientifico, perciò deludentemente devo ammettere che a malapena sono riuscito ad arrivare a fine film con entrambi gli occhi aperti, e, come me, anche chi mi era intorno. Il soggetto di partenza è assolutamente interessante ed anche la sua resa, dodici impressionati enormi gusci che sfiorano la terra, ed il suo iniziale svolgimento, ma poi prende sempre più piede la vicenda personale della dottoressa, un'ottima Amy Adams, d'altronde come può non esserla con quella espressività triste e depressa che la contraddistingue. Mi chiedo: lei ha l'"arma" per conoscere il futuro, ma già l'aveva e non lo sapeva o sono stati gli alieni a forniglierla? No perchè, se fosse la prima opzione, guarda caso chi ha questo potere è una docente universitaria esperta in lingue (toh! che combinazione). L'iniziale intreccio geopolitico viene anch'esso messo da parte e risolto con una semplice telefonata intercontinentale. E' evidente il confronto ed il richiamo al nolaniano Interstellar, ma lì le vicende personali creavano molta più empatia perchè accompagnate da una struttura narrativa più complessa e coinvolgente. Inoltre, tutti i film di fantascienza sono accompagnati da un sonoro assente o continuo, atto a creare suspence, in questo caso lo è, ma non crea tensione perchè il film non ha ritmo, non ha colpi di scenza, perciò alla fine, seppur ottimo, risulta addirittura disturbante. Infine trovo imbarazzante scegliere come interprete del fisico il povero Renner; a parte la sua nota inespressività, chi di noi non s'immagina un fisico che ha studiato e studia tutta una vita piegato sui libri dalle fattezze muscolari e ficaccione del povero Jeremy?????
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mario nitti
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domenica 22 gennaio 2017
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lento, molto lento
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12 astronavi si posizionano, in modo apparentemente casuale, in varie parti del globo. Team di scienziati di ogni nazione cercano di stabilire un contatto e di rispondere ad una domanda fondamentale: “Perché sono qui?” Tra questi ci sono Louise, una linguista, e Ian, un fisico teorico: Louise è la vera protagonista che cerca di capire i misteri del linguaggio alieno perché, questa è la tesi centrale del racconto, capire una lingua è imparare a pensare con l’altro. Un film che rompe il legame fantascienza – azione, procede lento, molto lento, e all'affollarsi di eventi preferisce lunghe pause narrative per lasciar spazio ai sogni – pensieri della linguista che cerca di penetrare il mistero.
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12 astronavi si posizionano, in modo apparentemente casuale, in varie parti del globo. Team di scienziati di ogni nazione cercano di stabilire un contatto e di rispondere ad una domanda fondamentale: “Perché sono qui?” Tra questi ci sono Louise, una linguista, e Ian, un fisico teorico: Louise è la vera protagonista che cerca di capire i misteri del linguaggio alieno perché, questa è la tesi centrale del racconto, capire una lingua è imparare a pensare con l’altro. Un film che rompe il legame fantascienza – azione, procede lento, molto lento, e all'affollarsi di eventi preferisce lunghe pause narrative per lasciar spazio ai sogni – pensieri della linguista che cerca di penetrare il mistero. Piacerà a chi piacciono in film che rimandano a domande esistenziali e a chi ama i paradossi dei viaggi nel tempo. A me non è piaciuto: troppo lento, troppo dolente, troppi i punti interrogativi: se un film deve divertire gli si perdonano le debolezze nella logica, se vuole far pensare no.
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filippo catani
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lunedì 23 gennaio 2017
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inno al dialogo
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Un giorno improvvisamente dodici navicelle aliene arrivano sulla Terra e si piazzano in dodici diversi punti del globo. Le autorità mondiali in un primo momento decidono di cercare il dialogo e negli Usa il compito di cercare di parlare con gli alieni è affidato ad una brillante linguista e a un affermato scienziato.
Il film di Villeneuve è molto più di un semplice film di fantascienza. D'altra parte anche i suoi tre film precedenti travalicavano i confini di genere e si offrivano a numerosi spunti di riflessione e Arrival non fa certo eccezione. Niente invasioni o raggi laser ma piuttosto una invasione psicologica con l'arrivo in dodici punti e una fase di stallo che provoca inevitabilmente due reazioni diametralmente opposte.
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Un giorno improvvisamente dodici navicelle aliene arrivano sulla Terra e si piazzano in dodici diversi punti del globo. Le autorità mondiali in un primo momento decidono di cercare il dialogo e negli Usa il compito di cercare di parlare con gli alieni è affidato ad una brillante linguista e a un affermato scienziato.
Il film di Villeneuve è molto più di un semplice film di fantascienza. D'altra parte anche i suoi tre film precedenti travalicavano i confini di genere e si offrivano a numerosi spunti di riflessione e Arrival non fa certo eccezione. Niente invasioni o raggi laser ma piuttosto una invasione psicologica con l'arrivo in dodici punti e una fase di stallo che provoca inevitabilmente due reazioni diametralmente opposte. Da una parte i militari con le dita già pronte sul grilletto per scatenare una guerra a base di bombe e carri armati e dall'altra parte chi vuole cercare il dialogo specialmente nel mondo scientifico. Il regista canadese non ha nemmeno bisogno di affidarsi troppo alle solite scene di isterismo di massa per fare comprendere l'incalzare della situazione anche perchè non è questo che interessa. Quello che preme di sottolineare è il messaggio che viene dalla forza del dialogo con ciò che è altro da noi cercando in questo di andare incontro ai notevoli sforzi che parlarsi implica. Oltre a questo troviamo poi una serie di riflessioni etico-filosofiche di non poco conto: conoscendo il futuro varrebbe comunque la pena amare una persona pur sapendo che le cose andranno male o addirittura tragicamente? Un tratto di vita passato insieme vale più delle sofferenze future? Ecco Arrival è tutto questo e nel suo genere è un film meraviglioso con una straordinaria Amy Adams intensa dall'inizio alla fine.
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gianleo67
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martedì 24 gennaio 2017
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l'ideografica saggezza...dei polipi!
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Chiamata, in qualità di brillante linguista, a decifrare l'oscuro linguaggio di una misteriosa specie aliena che posiziona 12 astronavi, quali altrettanti monoliti sospesi, sui diversi luoghi del globo terraqueo, la dottoressa Louise Banks dovrà trovare presto una forma di comunicazione che comprenda le intenzioni dei visitatori e scongiuri il pericolo di un imminente conflitto planetario. Il contatto e l'approccio sensoriale con le inquietanti creature però, si trasformano per lei in una sorta di esperienza cognitiva che stravolge i piani temporali e rovescia i rapporti causali, influenzando scelte che incideranno sulla sua storia personale e su quella dell'intero genere umano.
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Chiamata, in qualità di brillante linguista, a decifrare l'oscuro linguaggio di una misteriosa specie aliena che posiziona 12 astronavi, quali altrettanti monoliti sospesi, sui diversi luoghi del globo terraqueo, la dottoressa Louise Banks dovrà trovare presto una forma di comunicazione che comprenda le intenzioni dei visitatori e scongiuri il pericolo di un imminente conflitto planetario. Il contatto e l'approccio sensoriale con le inquietanti creature però, si trasformano per lei in una sorta di esperienza cognitiva che stravolge i piani temporali e rovescia i rapporti causali, influenzando scelte che incideranno sulla sua storia personale e su quella dell'intero genere umano.
Film dall'impianto concettuale affascinante e paradossale come quello del libro da cui è tratto, l'ultima fatica visionaria del canadese Villeneuve è un oggetto misterioso e irrisolto che cerca di contemperare le riflessioni non banali sul valore e l'unicità dell'esperienza umana con quella di un destino collettivo sempre in bilico tra l'autodistruzione e lo scarto evolutivo; proponendo come chiave di lettura (e di scrittura) il valore del linguaggio come necessario strumento di evoluzione culturale e morale, ma anche come universale e sublime forma di astrazione e rappresentazione del mondo. Se l'idea di base è quella di una circolarità dell'esperienza temporale come motivo di ulteriore consapevolezza e accettazione di un destino immutabile e già scritto (con tanto di elaborazione del lutto come sublimazione della propria finitezza), gli squarci onirici che intervallano un impianto sci-fi decisamente convenzionale sembrano inserti spuri all'interno di una matrice narrativa tutto sommato ordinaria, in cui sale di controllo, guerre mediatiche, schermi panoramici e tablet ultrasottili compendiano un'idea di arte che ci parla dalle sue fascinazioni e della incontrastata potenza del linguaggio cinematografico.
Dalle Suggestioni mainstream di una guerra dei mondi dove la risoluzione dei conflitti passa da una prova di forza e dall'uso inevitabile della violenza agli echi filosofeggianti del cinema di Terrence Malick, l'approccio terrestre allo shock culturale di una civiltà extraterrestre si risolve nel solito baraccone di militari cerebrolesi e guerrafondai (vogliono solo sapere da dove vengono, chi sono e cosa vogliono) ed un paio di giovanotti di bella presenza in qualità di specialisti tecnici che non brillano certo per esperienza e capacità di mediazione. Un po'pochino per le ambizioni di un regista che ha sempre cercato nell'ambiguita del comportamento e nei tentennamenti dell'etica una chiave di volta per comprendere le contraddizioni della natura umana. Più legato agli effetti scenografici dell'immaginario Weird di uno scontro di civiltà belligeranti che all'inner space di una una dimensione interiore e mistica dell'alterita' (Le Torri d'Osservazione - J.G.Ballard : con i suoi echi surrealisti di monoliti sospesi come la cattiva coscienza collettiva di una umanità divisa in centri di potere e in cerca di legittimazione, pronti a dissolversi nel nulla non appena ne si comprenda il significato), i visitatori di Villeneuve sono eptapodi che hanno sviluppato un linguaggio semasiografico sputando inchiostro (ma guarda un po'!) e sentenze in una soluzione colloidale, pronti a ritirare gli ambasciatori al primo motivo di dissidio ma anche ad insegnarci i misteri del tempo appena si concede loro il minimo accenno di credito e la fiducia in un mondo di pace e armonia tra i polipi, pardon tra i popoli. Tutto era già scritto e tutto torna in un eterno ritorno che annulla la transeunta finitezza dell'esperienza ontologica e ricuce in un inestricabile loop temporale gli eterni cicli di vita e di conoscenza (palindromo è il nome della figlia e bustrofedica sembrerebbe la composizione dei circolari ideogrammi alieni), come nel più ingarbugliato racconto di Borges (Enemy - 2013) o nella più sfrenata anarchia narrativa di Heinlein (Predestination - 2014): basta solo saperlo prima...di aver pagato il prezzo del biglietto. La rossa Adams e' la linguista-semiologa-viaggiatrice del tempo che ripercorre idealmente le tappe di una gnoseologia sci-fi già attraversate dalla fulva astrofisica Castain di Interstellar; un cocentrato di fascino e sensualità sospeso in una dimensione di conoscenza che ci insegna, quale interposta persona, gli universali (cosmici?) valori della pace e dell'amore.
Ieri ho incontrato la mia formica
Mi ha detto che sono pazza...
Ma io sono stata, io sono stata, io sono stata dove tu mai...
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bda66
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martedì 24 gennaio 2017
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12 gusci e altrettanti interrogativi
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Più o meno ai giorni nsotri, ci si sveglia un mattino con 12 astronavi aliene parcheggiate in giardino a caso sull'orbe terracqueo. Ciò pone molti quesiti: avranno sbagliato strada? Dovranno fare carburante? Se si, quale? Vorranno forse distruggere ogni forma di vita sul pianeta? Come comunicare con loro è affare non di secondaria importanza. Non semplice, visto che all'apparenzia siamo di fronte a dei polipi eptapodali che emettono suoni sinistramente simili ai tripodi della guerra dei mondi.
La protagonista, una linguista affermata, accompagnata da un fisico teorico, un colonnello e parecchi altri ancora ha il compito di entrare in contatto con questi esseri.
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Più o meno ai giorni nsotri, ci si sveglia un mattino con 12 astronavi aliene parcheggiate in giardino a caso sull'orbe terracqueo. Ciò pone molti quesiti: avranno sbagliato strada? Dovranno fare carburante? Se si, quale? Vorranno forse distruggere ogni forma di vita sul pianeta? Come comunicare con loro è affare non di secondaria importanza. Non semplice, visto che all'apparenzia siamo di fronte a dei polipi eptapodali che emettono suoni sinistramente simili ai tripodi della guerra dei mondi.
La protagonista, una linguista affermata, accompagnata da un fisico teorico, un colonnello e parecchi altri ancora ha il compito di entrare in contatto con questi esseri. Dopo un primo improbabile tentativo di comunicazione orale, si passa alla componente grafica. Il passo non è semplice. Se razze diverse del medesimo pianeta hanno sviluppato metodi assai diversi di scrittura, immaginate cosa possa accadere altrove. Nonostante ciò, con non pochi sforzi, si riesce a stabilire un contatto. Ma gli equivoci, sempre possibili in questi casi, conducono quasi alle estreme conseguenze, se non fosse che la nostra eroina matura una nuova consapevolezza e una dote insperata. Ma il dono ricevuto potrebbe rivelarsi alla lunga un fardello assai greve da sopportare.
Film complesso e ardito allo stesso tempo. Non arriva immediato e richiede uno sforzo di comprensione che lo rende meno digeribile delle attese.
Graditi i sottotitoli dall'eptapodese.
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albydrummer
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domenica 29 gennaio 2017
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dodici monoliti...
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Che cosa vogliono queste dodici navi spaziali??..
Pace oppure Guerra?
Il film va seguito passo per passo,con i suoi flashback,è un giro virtuoso della moderna fantascienza,che cinfa capire in un futuro,nuovo,il contatto del linguaggio,capire in un futuro lontano nuovi ospaiti sulla terra. Mentre i terrestri si preparonomad una guerra contro di loro,la Cina è la prima a combatterli,invece la dottoressa Louise Banks (Amy Adams) cerca di evitare in un dialogo cupo,sofferto,lento con dei misteriosi due alieni,che loro simpaticamente chiamano Tom e Jerry. Con l' aiuto del fisico Ian Donnely (Jeremy Renner) riusciranno a scoprire cosa vogliono questi strani extraterrestri.
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Che cosa vogliono queste dodici navi spaziali??..
Pace oppure Guerra?
Il film va seguito passo per passo,con i suoi flashback,è un giro virtuoso della moderna fantascienza,che cinfa capire in un futuro,nuovo,il contatto del linguaggio,capire in un futuro lontano nuovi ospaiti sulla terra. Mentre i terrestri si preparonomad una guerra contro di loro,la Cina è la prima a combatterli,invece la dottoressa Louise Banks (Amy Adams) cerca di evitare in un dialogo cupo,sofferto,lento con dei misteriosi due alieni,che loro simpaticamente chiamano Tom e Jerry. Con l' aiuto del fisico Ian Donnely (Jeremy Renner) riusciranno a scoprire cosa vogliono questi strani extraterrestri. Un film diverso dal solito film di fantascienza pochi effettinspecilai,invece mette in evidenza un tema affascinate quello dell amicizia,,della vita che loro vorrebbero in un futuro vivere sulla terra,far parte del pianeta,e questo dialogo che riesca a salvare la terra dagli attacchi prima dimtuttomda quello cinese..e con ciò con la metafora della morte e della nascita della fiflia della protagonista,si evisenzia,il punto eesatto delfilm ,il concetto della vita ,gia visto diversamente dal fim The life of tree di Malik. qui abbiamo il linguaggio,gli stani messaggi degli alieni,dei vari segni cercando di capire a piùà presto cio che hanno intenzione. w qui dobbiamo un pò capire anche,che c è qualcosa di Kubrick,l astronave come Un Monolito che sta li fermo,dove rappresenta tutta la forza degli extraterresrti,dove la dottoresa si trova in passaggio tra i deu mondi,all interno dell astronave... La terra è salva!!!
Missione Compiuta!!
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marcoorlando
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giovedì 9 febbraio 2017
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un altro aspetto della sci-fi
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Finalmente torna al cinema un film mainstream di fantascienza che esce dagli archetipi, ormai divenuti stereotipi, di genere.
Il soggetto di Arrival, infatti, è una "normale" invasione aliena, lo sviluppo della storia, però, porta la pellicola su territori diversi dalla banale contrapposizione uomo vs. alieno. Un film che parla di linguaggio, di percezione del mondo, di sentimenti e scelte di vita.
La sceneggiatura è ottima e bilanciata, unita a una regia meravigliosa (soprattutto nella prima parte), che coinvolge in tutto lo spettatore, facendogli vivere le stesse emozioni dei personaggi.
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