carloalberto
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domenica 14 febbraio 2021
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horror grottesco e visionario imperdibile
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E’ una favola grottesca e visionaria quella di Bruno Dumont che incuriosisce ed affascina senza mai tuttavia coinvolgere emotivamente nella storia lo spettatore che rimane a guardare divertito e meravigliato trovate esilaranti che si alternato a scene macabre con cadaveri sanguinolenti fatti a pezzi che sbucano da un pentolone. Ciò che colpisce è la straordinaria recitazione di Fabrice Luchini doppiato egregiamente da Marco Mete che aggiunge, rispetto all’originale, un sovrappiù di caricaturale facendone quasi un gagà napoletano dalla comicità irresistibile a prescindere da quello che dice. La contrapposizione tra la famiglia primordiale di selvaggi antropofagi e quella benestante di ricchi industriale è piuttosto evidente che voglia alludere alla sottile differenza che passa tra l’una e l’altra, considerato che, a ben guardare, la famiglia che dovrebbe rappresentare il salto evolutivo dell’umanità si fonda in realtà sullo stupro e l’incesto.
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E’ una favola grottesca e visionaria quella di Bruno Dumont che incuriosisce ed affascina senza mai tuttavia coinvolgere emotivamente nella storia lo spettatore che rimane a guardare divertito e meravigliato trovate esilaranti che si alternato a scene macabre con cadaveri sanguinolenti fatti a pezzi che sbucano da un pentolone. Ciò che colpisce è la straordinaria recitazione di Fabrice Luchini doppiato egregiamente da Marco Mete che aggiunge, rispetto all’originale, un sovrappiù di caricaturale facendone quasi un gagà napoletano dalla comicità irresistibile a prescindere da quello che dice. La contrapposizione tra la famiglia primordiale di selvaggi antropofagi e quella benestante di ricchi industriale è piuttosto evidente che voglia alludere alla sottile differenza che passa tra l’una e l’altra, considerato che, a ben guardare, la famiglia che dovrebbe rappresentare il salto evolutivo dell’umanità si fonda in realtà sullo stupro e l’incesto. Le differenze quindi sono del tutto formali ed alla depravazione dei costumi degli uni corrisponde la efferatezza animalesca degli altri, come a dire che la civilizzazione dell’uomo è solo una menzogna, un’apparenza dietro la quale si nasconde la belva sanguinaria di sempre. Recitazione di tutto il cast sopra le righe e gags surreali tra horror e commedia grottesca fino ad approdare nel finale al genere fantastico con i personaggi volanti fanno di questo film un unicum nel recente panorama cinematografico.
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riccardo tavani
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sabato 26 novembre 2016
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lotta di classe a morsi tra nobili e pescatori
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Non ci facciamo mai attenzione, perché il paesaggio in cui è ambientato un film ci appare come un che di oggettivo, di dato, come il mondo intorno a noi nella realtà. Spesso però il paesaggio cinematografico gioca un ruolo da protagonista, come fosse un vero attore. È il caso di Ma Loute. Il vero personaggio di questo film è una baia. Baia de La Slack, in un tratto di costa frastagliato, più a nord ancora della Normandia, a ridosso della Manica, che si chiama Côte d’Opale. È il limitare di terra e acqua, fango e sabbia, deformità umana e splendore naturale nel quale è nato Bruno Dumont, l’autore di questa pellicola che è stata a un passo dal vincere Cannes 2016.
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Non ci facciamo mai attenzione, perché il paesaggio in cui è ambientato un film ci appare come un che di oggettivo, di dato, come il mondo intorno a noi nella realtà. Spesso però il paesaggio cinematografico gioca un ruolo da protagonista, come fosse un vero attore. È il caso di Ma Loute. Il vero personaggio di questo film è una baia. Baia de La Slack, in un tratto di costa frastagliato, più a nord ancora della Normandia, a ridosso della Manica, che si chiama Côte d’Opale. È il limitare di terra e acqua, fango e sabbia, deformità umana e splendore naturale nel quale è nato Bruno Dumont, l’autore di questa pellicola che è stata a un passo dal vincere Cannes 2016. Una baia in cui si svolge una singolare – drammatica e grottesca insieme – lotta di classe “a morsi” tra pescatori e svalvolati nobili decadenti.
Forse per tutti noi la terra nativa, anzi la nascita stessa è un limitare tra il mistero dell’esistenza e il contrasto tra la bellezza, il tragico, il comico, il grottesco, la bassezza, l’anelito al volo sopra ogni cosa. Un limitare che non separa però gli elementi ma – come in questo tratto di costa – lascia entrare gli elementi – terra, mare, fango, uomo, animale, sole, nubi, miseria, ricchezza – uno nell’altro. Un confine incerto e indecidibile, come quello che passa geneticamente dentro un androgino, un bisessuato, un’ermafrodita. Una frontiera di antagonismo, lotta naturale, sociale, culturale tra inconciliabili diversità.
Il film è ambientato nell’estate del 1910, ad appena qualche anno dal primo grande conflitto e massacro mondiale del 1915-18. Ma Loute, il nome del giovane pescatore e traghettatore, richiama per assonanza il francese ma lutte, ossia: “la mia lotta”. Sugli antagonisti, quelli della disprezzata famiglia nobiliare decadente Peteghem, lui gli sputa con astio e disprezzo dietro. Ogni personaggio entra nella cornice più grande del personaggio-paesaggio, attraverso una sua deformità fisica o fissazione mentale, o entrambe le cose insieme, come dentro un’orchestra dissonante che il direttore – il regista – non solo rinuncia a ricondurre a un’armonia generale ma lascia volentieri che a esprimersi sia proprio il cantar ringhiando d’ognuna delle sue antro-bestie, ilsopra le righe, il fuor d’opera d’ognuno dei suoi orchestrali, soprattutto le prime file.
Come Billie: che cambia abito, pettinatura, volto, movenze: è fille o garçon, ragazza o ragazza? Il rude ringhiante Ma Loute perché s’innamora a prima vista d’elle-il,lei-lui, perché non può più fare a meno dei suoi baci? La furia degli elementi, il vento della passione sembra travolgere, perdere i due giovani, però è quasi un riscatto per l’umanità-animalità strisciante, rotolante attorno a loro. Così soffia radente la brezza di mare sulle vaste spiagge della costa e i personaggi cominciano a elevarsi dalla loro melmosa meschinità, prendono letteralmente, improvvisamente il volo, come fossero davvero – per rifarsi al titolo di un grande caso letterario italiano – dei Porci con le ali.
La lutte des classes, lo scontro di classe, antropofago, cannibalesco, sessuale, non cessa ma quasi subisce un arresto, una tregua sulla striscia di sale e sabbia che l’amore ha tracciato su quella baia.
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domenico astuti
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martedì 11 ottobre 2016
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interessante ma niente di innovativo
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Un film che dichiara subito le sue intenzioni, che gira intorno senza andare a fondo dei personaggi e al contesto storico. Uno sguardo a un Cinema del passato, tra satira e componente fantastico/surreale ( la scena finale di tutti che inseguono sulla spiaggia il grasso poliziotto che vola è un incrocio tra il Cinema dadaista, il Clair degli Anni Trenta e il Bunuel successivo ). Ma il regista Dumont ( L’Età inquieta, Camille Claudel ) non è Wes Anderson e questo film non è un’operazione sul genere Grand Budapest Hotel. Il regista francese si dà alla commedia in costume, gioca con i toni surreali e, da’ molto spazio agli attori che devono divertirsi a interpretare dei personaggi oltre ogni realismo, ma non ha il coraggio di portare la storia oltre dei limiti convenzionali grotteschi, facendo un film in alcuni passaggi ripetitivo e a volte lento e lasciando per aria la contrapposizione tra classi sociali.
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Un film che dichiara subito le sue intenzioni, che gira intorno senza andare a fondo dei personaggi e al contesto storico. Uno sguardo a un Cinema del passato, tra satira e componente fantastico/surreale ( la scena finale di tutti che inseguono sulla spiaggia il grasso poliziotto che vola è un incrocio tra il Cinema dadaista, il Clair degli Anni Trenta e il Bunuel successivo ). Ma il regista Dumont ( L’Età inquieta, Camille Claudel ) non è Wes Anderson e questo film non è un’operazione sul genere Grand Budapest Hotel. Il regista francese si dà alla commedia in costume, gioca con i toni surreali e, da’ molto spazio agli attori che devono divertirsi a interpretare dei personaggi oltre ogni realismo, ma non ha il coraggio di portare la storia oltre dei limiti convenzionali grotteschi, facendo un film in alcuni passaggi ripetitivo e a volte lento e lasciando per aria la contrapposizione tra classi sociali. Insomma un film che non si decide a essere né un grande omaggio a un particolare Cinema del lontano passato né trova nuova linfa creativa, tantomeno per il tipo di personaggi e di situazioni rappresentate potrà dar vita a una ulteriore spinta ad un certo tipo di cinema. Comunque il regista Dumont riesce con leggerezza a fare una riflessione sull’arte del narrare. Racconta una apparente realtà usando quanto meno realismo si possa immaginare.
Siamo nell’estate del 1910, sulla costa francese del nord. In un luogo ancora sperduto e selvaggio. Qui vive la famiglia Brufort ( attori non professionisti e quasi muti ), marito, moglie e quattro figli, poverissimi raccoglitori di molluschi; lavorano tutti e il padre e il figlio più grande per arrotondare fanno attraversare i ricchi borghesi in un breve tratto della baia. Poco distanti, risiedono, per il periodo estivo, i componenti di una famiglia di ricchi borghesi del nord, i Van Peterhem, composti da marito ( Fabrice Luchini ), sua moglie ( Valeria Bruni Tedeschi ), le due figlie adolescenti; con loro ci sono anche una cugina/sorella ( Juliette Binoche ) con una figlia/figlio. In queste settimane estive nella zona ci sono alcune sparizioni di turisti e quindi girano, un po’ ovunque, il più che obeso ispettore Machin ( Didier Desprès ) e il suo assistente Malfoy che tentano senza apparente costrutto e senza particolari risultati, di scoprire chi fa sparire i turisti. Il film procede in maniera un po’ avvitata su se stessa, con alcune ellissi e con alcune lentezze nel descrivere la vita delle due famiglie e il modo di vivere di due mondi così lontani tra loro eppure così vicini oggettivamente, entrambi hanno dei segreti inconfessabili. Due mondi descritti in modo estremizzato, a dir poco stravagante, in cui si può volare, si muore e si resuscita, si conclude un’indagine con piena soddisfazione di tutti senza scoprire nulla. In cui i borghesi sono se non malformati almeno fuori dagli schemi di normalità e il cui modo di fare è sempre eccessivo e sopra le righe ( in modo teatrale ), la famiglia di pescatori vive a stretto contatto con la natura e mostra anche fisicamente cosa significa vivere nell’indigenza e nel totale abbandono morale ed esistenziale. Questa estate trascorre tra sospetti, strane ed equivoche rivelazioni e soprattutto con la storia d’amore tra il figlio del pescatore ( Brandon Lavieville ) e la figlia/figlio di Aude che però non può svilupparsi e non per i ceti sociali differenti.
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no_data elisabetta valento
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giovedì 15 settembre 2016
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c'è lotta e lotta
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All'inizio del XX secolo misteriose sparizioni di ignari turisti avvengono nelle spiagge di Calais e la polizia locale brancola e barcolla sulla sabbia nel tentativo di far luce sugli eventi. Miserimmi pescatori si confrontano con grotteschi aristocratici, i Van Peteghem, che il continuo scambio di sangue consanguineo ha reso quanto meno bizzarri e che, come da cliché, si fingono attratti dalla "liricità" del luogo e dei locali, mentre Ma Loute - figlio primogenito di una famiglia di raccoglitori di mitili, i Brufort, il cui capofamiglia è il mitico traghettatore Eterno che tante vite dai marosi salvò - e il ragazzo-ragazza dei Van Peteghem si innamorano. Un grande guignol non tanto macabro quanto piuttosto farsesco, sopra le righe, debordante, con attori che si divertono moltissimo, forse troppo, a interpretare caratteri grotteschi e deformati.
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All'inizio del XX secolo misteriose sparizioni di ignari turisti avvengono nelle spiagge di Calais e la polizia locale brancola e barcolla sulla sabbia nel tentativo di far luce sugli eventi. Miserimmi pescatori si confrontano con grotteschi aristocratici, i Van Peteghem, che il continuo scambio di sangue consanguineo ha reso quanto meno bizzarri e che, come da cliché, si fingono attratti dalla "liricità" del luogo e dei locali, mentre Ma Loute - figlio primogenito di una famiglia di raccoglitori di mitili, i Brufort, il cui capofamiglia è il mitico traghettatore Eterno che tante vite dai marosi salvò - e il ragazzo-ragazza dei Van Peteghem si innamorano. Un grande guignol non tanto macabro quanto piuttosto farsesco, sopra le righe, debordante, con attori che si divertono moltissimo, forse troppo, a interpretare caratteri grotteschi e deformati. Ci si diverte molto con il film di Dumont in cui il surreale, come sempre d'altronde, mostra squarci di verità nascoste, e ci si incanta con una fotografia meravigliosa che esalta una natura bellissima.
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alex2044
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mercoledì 14 settembre 2016
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l'importante è esagerare
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In questo film tutto è esagerato . La storia prima di tutto , dove i personaggi sono quasi sempre detestabili e quando non lo sono perlomeno grotteschi e ridicoli fino allo sfinimento . Le due famiglie , una sottoproletaria , è talmente disperata da dedicarsi , per soddisfare la propria antropofagia , ad omicidi seriali , l'altra alto borghese decadente ed anche incestuosa perchè la ricchezza non deve disperdersi fra estranei , con un di più di malizia da parte del regista Bruno Dumont che da buon francese gli appioppa anche un cognome belga (Van Petegen) per ribadire che i suoi conponenti sono , umanamente , ,proprio il peggio del peggio .
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In questo film tutto è esagerato . La storia prima di tutto , dove i personaggi sono quasi sempre detestabili e quando non lo sono perlomeno grotteschi e ridicoli fino allo sfinimento . Le due famiglie , una sottoproletaria , è talmente disperata da dedicarsi , per soddisfare la propria antropofagia , ad omicidi seriali , l'altra alto borghese decadente ed anche incestuosa perchè la ricchezza non deve disperdersi fra estranei , con un di più di malizia da parte del regista Bruno Dumont che da buon francese gli appioppa anche un cognome belga (Van Petegen) per ribadire che i suoi conponenti sono , umanamente , ,proprio il peggio del peggio . Gli attori pricipali , Fabrice Luchini , Valeria Bruni Tedeschi e Juliette Binoche , tutti bravissimi , sono la parte migliore del film , con la loro recitazione con toni ed atteggiamenti sempre eccessivi di cui sembrano essere assolutamente convinti e divertiti .Lo stesso vale per gli attori di contorno tutti bravi e credibili anche quando fanno cose incredibili come volare , simil pallone o ascendere in cielo simil miracolo .
Il film è girato molto bene e molto luminoso, la Normandia è splendente con le sue spiagge infinite ed alcune scene , in particolare quella finale ispirata da Fellini , veramente ammalianti .
Insomma il regista voleva far qualcosa di diverso ed anche disturbante per lo spettatore e c'ha provato . Il risultato è discreto seppur non lineare ma la noia è assente perchè le sorprese sono sempre dietro l'angolo . Forse l'idea poteva essere sviluppata meglio . Però , quando qualcuno rischia , è sempre da apprezzare e se , forse , il risultato non è memorabile è senz'altro interessante e curioso . ,
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varanasibaby
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lunedì 12 settembre 2016
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addirittura irritante
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Da almeno 5 anni non mi capitava di uscire dalla sala cinematografica prima della fine del film.
Con questo Ma Loute è successo.
Dopo due ore di nonsense totale, di noia, di recitazione continuamente esagerata da risultare irritante, non ce l' ho fatta più e sono fuggita.
Nonostante il trailer promettesse perlomeno momenti di comicità, non sono arrivati nemmeno quelli.
Da salvare la fotografia e i costumi, ma tutto il resto è noia.
No non ho detto gioia.
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rubilai
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sabato 10 settembre 2016
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caricature, colori e fantasia
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Un balsamo per occhi e per l'umore, a patto però che non abbiate un approccio cervellotico con il cinema. Se vi piacciono i film di Anderson e Kusturica questo vi piacerà di senza dubbio.
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itimoro
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martedì 30 agosto 2016
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il commissario volante e altre storie...
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Genere: Demenziale.
I sottoproletari pescatori-traghettatori Brufort ammazzano turisti per colazione e cena e il regista ce li mostra lordi di sangue, impegnati a pescare frattaglie umane crude in una mastella, o intenti a spezzare arti con un coltello da macellaio.
I villeggianti-industriali Van Peteghen sono un'accolita di idioti, macchiettisticamente rappresentati dall'ottimo cast, che si trascinano tare fisiche e mentali (e morali) dai frequenti incesti consumati per non disperdere i capitali industriali di famiglia.
I due poliziotti sono frutto di una felice invenzione e di qualche citazione (Stanlio e Ollio, Nero Wolfe).
Il tutto messo insieme all'inizio destabilizza e diverte: si vorrebbe a vedere come va a finire, cosa succede.
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Genere: Demenziale.
I sottoproletari pescatori-traghettatori Brufort ammazzano turisti per colazione e cena e il regista ce li mostra lordi di sangue, impegnati a pescare frattaglie umane crude in una mastella, o intenti a spezzare arti con un coltello da macellaio.
I villeggianti-industriali Van Peteghen sono un'accolita di idioti, macchiettisticamente rappresentati dall'ottimo cast, che si trascinano tare fisiche e mentali (e morali) dai frequenti incesti consumati per non disperdere i capitali industriali di famiglia.
I due poliziotti sono frutto di una felice invenzione e di qualche citazione (Stanlio e Ollio, Nero Wolfe).
Il tutto messo insieme all'inizio destabilizza e diverte: si vorrebbe a vedere come va a finire, cosa succede...ma tutto viene coperto dal divertimento fine a se stesso, dalla ripetitività di un nonsense rimescolato e riproposto in continuità, fino a diventare stucchevole. Eccessivi i prolungati primi piani sulle mimiche facciali e sulle performance vocali dei Van Peteghen. Eccessive e ripetitive le presenze e le inquadrature sul commissario e sul suo assistente, che alla fine stufano.
Se ne accorge forse anche il Dumont che nel gran finale, non sapendo più come chiudere in qualche modo la storia, tira fuori un paio di episodi di levitazione (sarebbero tre, ma uno è brevissimo), e anche forse una citazione felliniana nei rincorrenti il commissario volante. Forse per stupire i borghesi seduti al cinema. E ci riesce. Ma il senso di tutto ciò? Discorso sociale? Confronto tra le classi? Ammesso che davvero il tema sia presente, è talmente sommerso dall'eccessività degli eventi e delle immagini da restarne schiacciato.
Unica nota razionale e, forse, il trait d'union di tutto il film, l'impossibile storia d'amore tra il giovane, bellissimo, efebo Van Peteghen ed il rude giovane bruto Ma Loute Brufort. (Ma poi cosa vuol dire Loute? Larousse non lo sa e nemmeno Ghiotti)
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vanessa zarastro
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martedì 30 agosto 2016
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magritte e la lotta di classe
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Ma Loutte è un film corale e grottesco ambientato nel 1910 in Francia, sulla Cote d’Opale del Pas de Calais, nella Baia de la Slack.
La recitazione degli attori – una cast d’eccezione – è volutamente caricaturale, sopra le righe. La nobile e ricca famiglia Van Peteghem di Tourcoing – una delle agglomerazioni urbane di Lille - si “incontra” con la famiglia Brefòrt ,“indigena” e proletaria, di raccoglitori di cozze, traghettatori della baia e mangiatori di esseri umani (cannibali) che vive nel rione San Michel. Ma Loute, il loro riservato figlio più grande, di poche parole, ha il volto intenso di Brandon Lavieville.
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Ma Loutte è un film corale e grottesco ambientato nel 1910 in Francia, sulla Cote d’Opale del Pas de Calais, nella Baia de la Slack.
La recitazione degli attori – una cast d’eccezione – è volutamente caricaturale, sopra le righe. La nobile e ricca famiglia Van Peteghem di Tourcoing – una delle agglomerazioni urbane di Lille - si “incontra” con la famiglia Brefòrt ,“indigena” e proletaria, di raccoglitori di cozze, traghettatori della baia e mangiatori di esseri umani (cannibali) che vive nel rione San Michel. Ma Loute, il loro riservato figlio più grande, di poche parole, ha il volto intenso di Brandon Lavieville. Per contro, la famiglia Van Peteghem, va lì ogni anno a passare le vacanze in una villa in stile egiziano situata in alto con vista mozzafiato della baia con le falesie, del Parc des Huitre e dell’oceano tutto. È costituita dallo snob André (Fabrice Luchini), da sua moglie apparentemente svampita (Valeria Bruni Tedeschi), dell’eccentrica sorella (Juliette Binoche), da uno strano cugino/cognato e della nipote Billie, ragazzo-ragazza, figlio-figlia (Ralph).
Tra Ma Loute e Billie nasce un sentimento intenso che, data la differenza abissale dei due mondi costituisce una sorta di Capuleti e Montecchi, che però avrà un epilogo diverso in quanto Ma Loute non comprenderà le ambiguità sessuali di Billie.
La situazione protocapitalista agli albori del XX secolo e la lampante differenza di classe annunciano il successivo scontro di classe che connoterà buona parte del “secolo breve”.
Molti sono i riferimenti linguistici del regista Bruno Domont: quello a Magritte è palese nel tipo di luce e nell’uomo con bombetta vestito di nero che, nel finale, vola nei cieli plumbei. Stanlio e Olio sono citati esplicitamente dall’accoppiata del pingue commissario di polizia e del suo segaligno assistente, che indagano sulle numerose misteriosi sparizioni. Anche un suo certo legame con il cinema tragico-grottesco franco-belga, come ad esempio con Olias Barco di Kill me please del 2010.
Il regista Dumont, già vincitore di premi a Cannes (L’Umanità del 1999, Flandres del 2006 e Hadewijch del 2009) in questo film si cimenta con un genere nuovo esprimendosi da un lato con un linguaggio surrealista, dall’altro non tradisce il suo piacere realista nell’impatto visivo di alcune scene.
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antonio bianchi
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lunedì 29 agosto 2016
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il vuoto
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Sono uscito dal cinema disgustato,
per il tempo perso,
per la mancata occasione di condividere con mio figlio un'esperienza di partecipazione a una storia, che in questo caso gli avevo preannunciato allegra.
In qualche recensione, letta a posteriori, ho letto della ricostruzione dell'autore rispetto allo stupore per il movimento, quello dell'inizio del cinema.
Ma non siamo in quel periodo, le persone al cinema non vanno per stupirsi di "cose in movimento" e vedere persone grasse che cadono e rotolano, la deformità di un corpo e la sua andatura incerta, non riesce proprio a farmi ridere, neppure quando avevo cinque anni.
Il disgusto è ancora maggiore per l'ostentata proposizione del corpo umano macellato.
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Sono uscito dal cinema disgustato,
per il tempo perso,
per la mancata occasione di condividere con mio figlio un'esperienza di partecipazione a una storia, che in questo caso gli avevo preannunciato allegra.
In qualche recensione, letta a posteriori, ho letto della ricostruzione dell'autore rispetto allo stupore per il movimento, quello dell'inizio del cinema.
Ma non siamo in quel periodo, le persone al cinema non vanno per stupirsi di "cose in movimento" e vedere persone grasse che cadono e rotolano, la deformità di un corpo e la sua andatura incerta, non riesce proprio a farmi ridere, neppure quando avevo cinque anni.
Il disgusto è ancora maggiore per l'ostentata proposizione del corpo umano macellato.
Le mossette, le esagerazioni ripetute, i caratteri dei personaggi talmente sopra le righe da uscire dallo schermo, portano il livello di fastidio nella visione di questo film al parossismo.
E il film dura due ore.
Perchè non sono uscito prima?
Cerco sempre di rispettare il lavoro degli altri, di vedere se c'è un passaggio che dà una prospettiva. Di vedere l'insieme. E qui poi c'erano tre attori che apprezzo molto, Fabrice Luchini in particolare. Non so perchè abbiano voluto partecipare a questo film. Può darsi abbiano visto nella sceneggiatura qualcosa che io non ho colto. O forse anche a loro è semplicemente capitato di inciampare in un film brutto.
Certo, anche vedere un film pessimo con il proprio figlio, o con un amico, è un'occasione di dialogo, di confronto, qui in negativo. Ma che cagata pazzesca abbiamo visto, eh! Ma dalla sala avrei decisamente preferito uscire dopo essere stato immerso in una storia.
Qui il vuoto.
I paesaggi, la fotografia in sè, se non dicono una storia, non mi toccano.
Non conosco gli altri lavori di Dumont e non credo andrò a recuperarli.
Mentre può darsi che, più avanti, riveda questo film, per vedere se c'è un'altra prospettiva, se ho mancato di sintonizzarmi col registro grottesco dell'autore.
Più probabile è che non riesca proprio a sintonizzarmi col registro grottesco di questo autore. Un mio limite.
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