sergio dal maso
|
domenica 28 agosto 2016
|
il cinema italiano ha un nuovo fiore
|
|
|
|
“ … forse alla fine di questa triste storia, qualcuno troverà il coraggio per affrontare i sensi di colpa, e cancellarli da questo viaggio (…)
forse la vita non è stata tutta persa, forse qualcosa s'è salvato, forse era giusto così ….”
Sally - Vasco Rossi
Ci sono tanti tipi di fiori.
[+]
“ … forse alla fine di questa triste storia, qualcuno troverà il coraggio per affrontare i sensi di colpa, e cancellarli da questo viaggio (…)
forse la vita non è stata tutta persa, forse qualcosa s'è salvato, forse era giusto così ….”
Sally - Vasco Rossi
Ci sono tanti tipi di fiori. Fiori profumatissimi, dai colori ammalianti o dai petali delicati, con o senza spine. Ognuno ha un preciso significato, una simbologia antichissima che copre tutti i sentimenti umani. Ci sono i fiori da cerimonia, da esporre nei balconi o da regalare all’amata. E poi ci sono i fiori selvatici, quelli che crescono in ambienti ostili, nelle intercapedini dei marciapiedi o nelle crepe del cemento.
Daphne è un fiore selvatico. Ha diciassette anni, un’adolescenza sbandata e ribelle tra rapine di smartphone in metropolitana e alloggi di fortuna. La rabbia adolescenziale e il carattere schivo e freddo nascondono un grande bisogno di affetto e di tenerezza. Sentimenti non corrisposti dai genitori, una madre che l’ha abbandonata e un padre in crisi, da poco uscito dal carcere. Con una vita così vuota e precaria sentirsi perennemente in fuga diventa l’unica risposta possibile, ma prima o poi ci si ritrova in un vicolo cielo. L’inevitabile epilogo della sua corsa disperata dopo una rapina fallita è il carcere minorile.
In un ambiente come il riformatorio, con le privazioni e le rigide regole a cui i ragazzi devono sottostare, far crescere e sbocciare un fiore selvatico è impensabile. Ma Daphne troverà la forza di resistere, di riallacciare un rapporto di affetto con il padre e, soprattutto, di innamorarsi di Josciua, un ragazzo rinchiuso nella sezione maschile. Il sentimento tra i due ragazzi, ostacolato da sbarre e restrizioni, privato di ogni contatto fisico, matura piano piano, tra molti sguardi e pochissime parole, comunicando con bigliettini scambiati nei vassoi nella mensa, come una storia d’amore d’altri tempi. Sarà la loro salvezza, la speranza a cui aggrapparsi per credere in un riscatto, in un futuro altrimenti precluso e senza sbocchi.
Dopo il sorprendente Alì ha gli occhi azzurri Claudio Giovannesi conferma il suo notevole talento registico e una innata capacità di raccontare storie di adolescenti. Il suo cinema non è per niente retorico, tantomeno ideologico, non ha tesi da dimostrare né tentazioni sociologiche. Il giovane regista romano non giudica i “suoi” ragazzi, li osserva incessantemente, quello che gli interessa è la sfera emotiva. La macchina da presa a spalla pedina da vicino Daphne, spesso con primissimi piani, senza sosta, ma sempre con profondo rispetto, senza nessuna morbosità. Riesce a farci sentire il suo respiro, i battiti del cuore, l’emozione del progressivo innamoramento. Fiore emoziona con grande delicatezza e senza perdere mai il senso della misura. L’esordiente Daphne Scoccia, scoperta per caso dal regista mentre serviva ai tavoli di una trattoria, è veramente formidabile nel far trasparire dietro l’istinto ribelle e la dura scorza un grande bisogno di tenerezza e di umanità. Recita con una personalità e una presenza scenica impressionanti, in grado di esprimere con estrema naturalezza le emozioni tipiche dell’adolescenza come la rabbia, l’irrequietezza e l’orgoglio. Giovannesi e il suo staff hanno passato parecchi mesi con i ragazzi detenuti nel carcere minorile di Roma per capire le dinamiche e le relazioni che si creano durante la detenzione, soprattutto tra minori. Molte comparse del film sono state scelte proprio tra i ragazzi e le guardie carcerarie dell’Istituto Penale di Casal di Marmo. Anche Josciua, l’altro protagonista, pure lui bravissimo, a sedici anni ha subito una detenzione in carcere minorile. L’unico attore conosciuto al grande pubblico è Valerio Mastandrea, impeccabile nel trasmettere tutta la malinconia e il disagio di un padre sconfitto dalla vita ma ancora capace di affetto. Detto della bravura di Giovannesi, non si può non citare l’eccellente fotografia, dai colori freddi ma nitidi e intensi, di Daniele Ciprì.
Presentato con grande successo al Festival di Cannes, che l’ha omaggiato con dieci minuti di applausi dopo la proiezione, Fiore consacra la cifra registica di un giovane cineasta che farà sicuramente molta strada.
“La realtà è una grande risorsa di ispirazioni, non c’è bisogno di aggiungere altro. Quello che conta è lo sguardo sulla realtà” afferma Giovannesi. Il suo ha una raffinatezza e una delicatezza in grado di persuaderci che anche nel cemento può aprirsi una crepa, e sbocciare un fiore.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sergio dal maso »
[ - ] lascia un commento a sergio dal maso »
|
|
d'accordo? |
|
zarar
|
mercoledì 1 giugno 2016
|
amare per sopravvivere
|
|
|
|
Una ragazzina triste e ribelle, senza tetto né legge, rinchiusa in un carcere minorile per rapina. Un correzionale né buono né cattivo, ma come tutte le istituzioni di reclusione grigio, asfittico, percorso da tensioni latenti e pervasive pronte ad esplodere ad ogni momento. Dafne è chiusa a riccio e in lotta contro tutto e tutti, ma è anche disperatamente bisognosa di affetto. Nella bella interpretazione di Daphe Scoccia, attrice esordiente, la protagonista oscilla in modo commovente tra una aggressività che trasferisce all’esterno una lotta impotente contro fantasmi interiori di abbandono, disamore e assenza di prospettive, e momenti di disperazione totalmente inerme e indifesa, proprio i momenti in cui una sua timida, ostinata speranza viene ancora tradita, e ci aspetteremmo l’urlo e la rabbia.
[+]
Una ragazzina triste e ribelle, senza tetto né legge, rinchiusa in un carcere minorile per rapina. Un correzionale né buono né cattivo, ma come tutte le istituzioni di reclusione grigio, asfittico, percorso da tensioni latenti e pervasive pronte ad esplodere ad ogni momento. Dafne è chiusa a riccio e in lotta contro tutto e tutti, ma è anche disperatamente bisognosa di affetto. Nella bella interpretazione di Daphe Scoccia, attrice esordiente, la protagonista oscilla in modo commovente tra una aggressività che trasferisce all’esterno una lotta impotente contro fantasmi interiori di abbandono, disamore e assenza di prospettive, e momenti di disperazione totalmente inerme e indifesa, proprio i momenti in cui una sua timida, ostinata speranza viene ancora tradita, e ci aspetteremmo l’urlo e la rabbia. Dafne cerca amore nel padre, ex detenuto anche lui, ma lui si sottrae, come si sottrae alla possibilità di prenderla in custodia; non è un cattivo, ma è chiuso nella sua debolezza e nel suo egoismo, impegnato a rifarsi una vita con una nuova compagna. Su questo sfondo senza cielo, e nonostante tutto, sboccia il fiore improbabile di un amore tra Dafne e un ragazzo della contigua sezione maschile, Joshua. Anche se nutrito di pochissimo, sguardi, scambi di battute da una finestra sbarrata all’altra, bigliettini clandestini, anche se messo a rischio da uno scatto di gelosia resa più dolorosa dalla mancanza di comunicazione, quest’amore miracolosamente ricambiato è per Dafne una boccata d’aria fresca, finalmente un respiro vitale che dilata il suo orizzonte chiuso. Ci si aggrappa con tutte le sue forze, riesce persino a trovare in sé un po’ di tenerezza, a tornare a sognare sogni impossibili. Quando anche Joshua le viene sottratto, perché trasferito, Dafne non accetta quest’ennesimo colpo e scappa per raggiungerlo, costi quel che costi. Lui è in semilibertà, ma la segue. Il film chiude sui ragazzi insieme in fuga, incoscientemente felici, senza esplorare quel che sarà poi. Un buon colpo di regia, che lascia allo spettatore sperare o disperare, ma con la sensazione confortante che la forza dell’amore ha liberato Dafne, almeno per un breve momento. Il film ha una cifra non nuova e ben riconoscibile, tra la durezza del documentario in presa diretta, la denuncia sociale e le emozioni del melo, mutuato da altri prodotti del genere (Varda, Dardenne e altri), ma è condotto in maniera credibile e sfrutta al meglio – vale ripeterlo – le ottime doti della protagonista.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a zarar »
[ - ] lascia un commento a zarar »
|
|
d'accordo? |
|
robroma66
|
domenica 29 maggio 2016
|
"dal letame nascono i fior"
|
|
|
|
Daphne è una giovane sbandata che rapina cellulari e finisce nel carcere minorile.
Lì si innamora di Josh, anche lui rapinatore. In carcere l'amore è vietato ma tra sguardi in lontananza, lettere recapitate di nascosto, brevi conversazioni attraverso le sbarre Josh diventerà il legame cui Daphne si aggrappa per sperare di sparigliare le carte del suo futuro già scritto.
Il film è molto bello ed è un affresco dolceamaro della gioventù marginale, sospinta nell'illegalità dalle proprie condizioni, irrequieta e dalla vitalità incomprimibile.
[+]
Daphne è una giovane sbandata che rapina cellulari e finisce nel carcere minorile.
Lì si innamora di Josh, anche lui rapinatore. In carcere l'amore è vietato ma tra sguardi in lontananza, lettere recapitate di nascosto, brevi conversazioni attraverso le sbarre Josh diventerà il legame cui Daphne si aggrappa per sperare di sparigliare le carte del suo futuro già scritto.
Il film è molto bello ed è un affresco dolceamaro della gioventù marginale, sospinta nell'illegalità dalle proprie condizioni, irrequieta e dalla vitalità incomprimibile. Ha un taglio realistico e quasi documentario ma ha anche certi toni sentimentali ancorché totalmente privi di retorica, à la Nouvelle Vague per intenderci.
E' un film denso di tensione ed emotivamente molto coinvolgente: impossibile non prendere a cuore le sorti di Daphne e augurarle miglior fortuna rispetto al sistema carcerario in cui è costretta e che non è solo privazione di libertà ma anche privazione d'amore e repressione (apparentemente) capricciosa e crudele. La fuga è l'unico sfogo possibile per lei, la canalizzazione quasi obbligata della sua voglia di vita e di libertà.
Straordinariamente intensa l'interpretazione della protagonista (Daphne Scoccia), esordiente che vi sorprenderà. Il fisico esile e lo sguardo intenso concorrono alla sua assoluta adeguatezza nel ruolo. In un'intervista la Scoccia racconta che faceva la cameriera in un'osteria dove una volta sono andati a mangiare Giovannesi (il regista) e altri della produzione. Dopo qualche giorno le hanno telefonato proponendole di fare un provino e l'hanno presa.
L'unico attore professionista e realmente noto è Valerio Mastandrea, nei panni del padre di Daphne: ex carcerato, dolente, affettivo e mite di indole ma debole rispetto alla vita e privo di quelle energie necessarie per disegnare un destino diverso per la figlia. Bravissimo anche lui (come sempre, peraltro).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a robroma66 »
[ - ] lascia un commento a robroma66 »
|
|
d'accordo? |
|
angelo umana
|
giovedì 15 settembre 2016
|
le attenzioni mancanti degli adulti
|
|
|
|
Piccoli Ken Loach crescono. Questa citazione viene da pensare con il film Fiore del giovane (del ’78) Claudio Giovannesi, ambientato nel disagio sociale, ragazzi che vivono di espedienti, che soggiornano spesso in riformatori o case di correzione. Lontani dalle sicurezze a cui tendiamo noi, cosiddetta gente “perbene”, con la nostra pensioncina o gli anni che ci mancano per raggiungerla, o con l’impiego retribuito le bollette le multe e i biglietti del treno regolarmente pagati. Ma non sembra una vera e propria prigione quella dove soggiornano e si conoscono Daphne e Josh, è un centro di rieducazione, in fondo un luogo protettivo visto che i ragazzi che vi soggiornano sarebbero orientati, fuori, a incorrere in reati vari.
[+]
Piccoli Ken Loach crescono. Questa citazione viene da pensare con il film Fiore del giovane (del ’78) Claudio Giovannesi, ambientato nel disagio sociale, ragazzi che vivono di espedienti, che soggiornano spesso in riformatori o case di correzione. Lontani dalle sicurezze a cui tendiamo noi, cosiddetta gente “perbene”, con la nostra pensioncina o gli anni che ci mancano per raggiungerla, o con l’impiego retribuito le bollette le multe e i biglietti del treno regolarmente pagati. Ma non sembra una vera e propria prigione quella dove soggiornano e si conoscono Daphne e Josh, è un centro di rieducazione, in fondo un luogo protettivo visto che i ragazzi che vi soggiornano sarebbero orientati, fuori, a incorrere in reati vari. Il mondo esterno è presentato come un luogo punitivo, ha le sue regole (vedi le esperienze esterne delle due donne di La pazza gioia, la cui panchina dove han dormito ricorda molto quella dove dorme più volte Daphne), e viene voglia di pensare che “dentro” con altri ragazzi stiano bene, siano protetti, storie da condividere, vicendevolmentesi alleggeriscono la galera (lo dice Josh a Daphne). E’ scarna ma bella la festa di capodanno nel centro dove si trova Daphne e dove attraverso le grate delle stanze o “celle” ha conosciuto Josh. Un capodanno così molti ragazzi fuori se lo sognano, nel “mondo libero” ci sono spesso solitudini o feste non abbastanza degustate e apprezzate.
Uno dei reati – oltre a non pagare mai il biglietto del treno – è quello che si vede all’inizio: Daphne e un’altra ragazza derubano per strada altre giovani del loro cellulare, che consegnano poi a un ricettatore in cambio di qualche decina di euro. Soldi che servono loro per sopravvivere, fare la spesa … qualcosa di non riprovevole, quasi giustificato (altra associazione di idee: il ladro adolescente del bellissimo film L’enfant d’en haut del 2012, titolato Sister in Italia, visione consigliata).
Si potrebbe trattare di bisogno d’amore…, e così è infatti: Daphne ha un papà con dei problemi a sua volta, convive con una nuova compagna (la Laura Vasiliu di 4 mesi 3 settimane e 2 giorni) ed ha un figlio più piccolo con lei, difficile riprendere Daphne a casa, è l’amore che manca per lei, del papà o di chiunque altro. Pure se questo papà è il nostro bravissimo Valerio Mastandrea, spesso in ruoli che parlano di disagio sociale ma talmente versatile da non incasellarsi in figure stereotipate (vedansi Perfetti sconosciuti, ed anche lì la sua età lo inquadra come padre di un’adolescente).
Protagonista del film è innegabilmente Daphne (l’interessante Daphne Scoccia): la camera la insegue incessante a ogni passo, sembra piantata sul suo viso fattosi duro, con rari sorrisi, si direbbe delusa dai grandi su cui non può contare. Fuggono insieme alla fine Daphne e Josh, pare vogliano farsi una vita e un amore a proprio modo e anche l’ennesimo biglietto di treno non pagato pare un piccolissimo peccato, molto veniale, scusabile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a angelo umana »
[ - ] lascia un commento a angelo umana »
|
|
d'accordo? |
|
jacopo mancini
|
lunedì 30 maggio 2016
|
un giovane amore dietro le sbarre
|
|
|
|
“Fiore” è il nuovo film di Claudio Giovannesi, molto applaudito alla Quinzaine des realisateurs a Cannes 2016.
“Fiore” racconta la storia d’amore di Daphne e Josh, due ragazzi detenuti in un carcere minorile, dove i maschi stanno separati dalle femmine. Quello che nasce tra i due è un rapporto di sguardi, piccoli incontri fugaci, lettere scambiate di nascosto.
Il film si regge soprattutto sulle spalle della protagonista principale, l’attrice Daphne Scoccia. La sua è un’interpretazione credibile e notevole.
La prestazione del giovane attore Josciua Algeri è più ordinaria, ma comunque discreta.
[+]
“Fiore” è il nuovo film di Claudio Giovannesi, molto applaudito alla Quinzaine des realisateurs a Cannes 2016.
“Fiore” racconta la storia d’amore di Daphne e Josh, due ragazzi detenuti in un carcere minorile, dove i maschi stanno separati dalle femmine. Quello che nasce tra i due è un rapporto di sguardi, piccoli incontri fugaci, lettere scambiate di nascosto.
Il film si regge soprattutto sulle spalle della protagonista principale, l’attrice Daphne Scoccia. La sua è un’interpretazione credibile e notevole.
La prestazione del giovane attore Josciua Algeri è più ordinaria, ma comunque discreta.
Inoltre c’è da notare l’interessante presenza di Valerio Mastandrea nel ruolo del padre di Daphne.
Bisogna fare i complimenti a Giovannesi per la voglia e il coraggio di affrontare un tema inusuale e delicato, di parlare di giovani, di raccontare una realtà nascosta eppure ben presente nel nostro mondo.
Sceneggiatura e regia però non riescono a stimolare in modo abbastanza forte l’espressività dei protagonisti, a far crescere e sviluppare i loro personaggi. Si cerca di scavare in profondità senza però trovare spessore, appesantendo la narrazione. E si percepisce un po’ di difficoltà a far scorrere il racconto. L’uso di lunghe riprese e piani sequenza da parte del regista non convince del tutto: è uno stile che si “sente” troppo, più fine a se stesso che funzionale alla storia.
Naturalmente non biasimo le persone che stanno cercando di promuovere questo film, con recensioni e passaparola, perché è comunque giusto sostenere l’opera di un giovane autore, lo sforzo di una piccola produzione italiana.
Credo che dietro a “Fiore” ci siano forze e talenti di cui tenere conto e su cui puntare per il futuro del cinema italiano e internazionale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a jacopo mancini »
[ - ] lascia un commento a jacopo mancini »
|
|
d'accordo? |
|
pintaz
|
venerdì 3 giugno 2016
|
l'amore guarisce o illude
|
|
|
|
Finita nel carcere minorile per rapina, Daphne, si innamora di Josh, rinchiuso nel blocco maschile poichè giovane rapinatore. La parte più bella e sincera del film è lo spazio dedicato all'amore vietato all'interno del penitenziario; la relazione dei protagonisti vive la logica conseguenza dei loro sguardi da una cella all’altra, bigliettini clandestini lasciati all'interno del carrello delle vivande e dai brevi colloqui, mentre tutti dormono, con la testa quasi oltre le sbarre per poter dimostrare la vicinanza e la passione che sta crescendo. In questo frangente ho potuto cogliere l'approccio all'amore come poteva essere un quarto di secolo fa quando le coppie si vedevano appena, si sussurravano ancora meno e, con pudore, si concedevano solo una volta riconosciuta la giusta metà.
[+]
Finita nel carcere minorile per rapina, Daphne, si innamora di Josh, rinchiuso nel blocco maschile poichè giovane rapinatore. La parte più bella e sincera del film è lo spazio dedicato all'amore vietato all'interno del penitenziario; la relazione dei protagonisti vive la logica conseguenza dei loro sguardi da una cella all’altra, bigliettini clandestini lasciati all'interno del carrello delle vivande e dai brevi colloqui, mentre tutti dormono, con la testa quasi oltre le sbarre per poter dimostrare la vicinanza e la passione che sta crescendo. In questo frangente ho potuto cogliere l'approccio all'amore come poteva essere un quarto di secolo fa quando le coppie si vedevano appena, si sussurravano ancora meno e, con pudore, si concedevano solo una volta riconosciuta la giusta metà. Bella la scena in cui Daphne decide, solo con il pensiero, di essere la donna di Josh e decide di comunicarglielo affacciandosi dalla solita finestrina facendosi vedere con il seno scoperto: una innocenza unica e significativa. Fiore non è altro che il desiderio d'amore di una adolescente e della forza che trova nel manifestare la propria dolcezza contro un destino apparso, fin da subito, tristemente segnato. Bravissimi entrambi gli attori così come Valerio Mastrandrea padre assente ma voglioso, anche se impossibilitato, a dimostrare, anche solo con una carezza, il sentimento alla figlia. Di contro la sensazione, mentre passano i titoli di coda, di aver già visto la pellicola in altri film con un finale che lascia la sensazione di non aver goduto fino in fondo il messaggio del regista restando in sospeso per mancanza dell'ultimo battito di ali.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pintaz »
[ - ] lascia un commento a pintaz »
|
|
d'accordo? |
|
fabiofeli
|
venerdì 3 giugno 2016
|
che fretta c'era, maledetta primavera?
|
|
|
|
Daphne (Daphne Scoccia), è ancora adolescente, un frutto acerbo, che vive con una amica nella periferia romana. La carta da 50 euro che a loro serve per mangiare – comperano soprattutto biscotti e patatine chips – se la procurano rapinando all’uscita delle stazioni delle metropolitane smartphone, rivendendoli a un ricettatore. E’ fatale che prima o poi venga arrestata e richiusa in un riformatorio. Nel carcere minorile le regole sono ferree: rigida separazione tra i sessi. Ragazzi e ragazze si incontrano solo alla messa domenicale o in occasioni particolari, come le tristi feste di capodanno: gli abiti “sciantosi” delle ragazze, che abbozzano una sfilata, sono cuciti nella sartoria del carcere e i fuochi fanno appena capolino al disopra dell’alto muro di cinta.
[+]
Daphne (Daphne Scoccia), è ancora adolescente, un frutto acerbo, che vive con una amica nella periferia romana. La carta da 50 euro che a loro serve per mangiare – comperano soprattutto biscotti e patatine chips – se la procurano rapinando all’uscita delle stazioni delle metropolitane smartphone, rivendendoli a un ricettatore. E’ fatale che prima o poi venga arrestata e richiusa in un riformatorio. Nel carcere minorile le regole sono ferree: rigida separazione tra i sessi. Ragazzi e ragazze si incontrano solo alla messa domenicale o in occasioni particolari, come le tristi feste di capodanno: gli abiti “sciantosi” delle ragazze, che abbozzano una sfilata, sono cuciti nella sartoria del carcere e i fuochi fanno appena capolino al disopra dell’alto muro di cinta. In questa deprivazione di affetto e calore umano Daphne sogna sulla sua guancia la carezza di Ascanio (Valerio Mastandrea), il padre già condannato a sette anni , che ancora sconta il domicilio coatto e cerca di ricostruire una famiglia con Stefania (Laura Vasiliu), una donna rumena con un figlio di 10 anni. Le visite di Ascanio sono rare; il padre non può prenderla con sé, accorciando la pena di Daphne, perché non è in grado di mantenerla. La ragazza si aggrappa a un filo di vita intrecciando una relazione platonica con Josh (Josciua Algeri), un ragazzo detenuto per rapina. Come due fiori selvatici i ragazzi si scrutano; appena un bacio tra le sbarre, duramente represso, e qualche bigliettino clandestino, punito altrettanto duramente, tradiscono il loro desiderio d’amore, che diventa reale e concreto solo nei sogni di Daphne. Poi Josh viene trasferito di carcere …
Giovannesi ha il merito di aver scoperto il grande talento di Daphne Scoccia, capace di esprimere con un sorriso triste o uno sguardo fugace di traverso la gelosia per il legame ormai profondo tra il padre e Stefania, tradito da una carezza della donna sul braccio dell’uomo. Il sonoro in presa diretta è carente, ma il dialogo è elementare e quasi assente: parlano a lungo i primissimi piani degli attori, tutti bravi e ben diretti. Mastandrea è un valore aggiunto. La fotografia di Daniele Ciprì è pulita, senza sbavature o ridondanze. Questa storia di marginali ha un bel leit-motiv, poco più di un dolente accordo di chitarra, firmato da Giovannesi stesso, come già in Alì ha gli occhi azzurri. Il film è stato lungamente applaudito alla Quinzaine di Cannes e lo meritava: da vedere.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fabiofeli »
[ - ] lascia un commento a fabiofeli »
|
|
d'accordo? |
|
maurizio meres
|
sabato 4 giugno 2016
|
un bel fiore
|
|
|
|
Il bravissimo Giovannesi racconta ancora una volta una storia di chi rimane ai margini della vita sociale,lei sensibile e buona,ma ribelle,nata in un ambiente di assoluta ignoranza dove la famiglia sempre assente,senza un punto di riferimento a cui aggrapparsi,amicizie spesso ambigue una vita appena all'inizio ma già sfortunata è compromessa.
Il riformatorio diventa un luogo di assoluta negatività per chi potrebbe è voler recuperare una partenza di vita sbagliata,la segregazione per persone giovani non riesce nel l'intento di un recupero,non si può far affidamento, e qui il regista disegna un quadro perfetto,su quelle persone istituzionali che dovrebbero aiutare attraverso un percorso formativo per il reinserimento alla sociale.
[+]
Il bravissimo Giovannesi racconta ancora una volta una storia di chi rimane ai margini della vita sociale,lei sensibile e buona,ma ribelle,nata in un ambiente di assoluta ignoranza dove la famiglia sempre assente,senza un punto di riferimento a cui aggrapparsi,amicizie spesso ambigue una vita appena all'inizio ma già sfortunata è compromessa.
Il riformatorio diventa un luogo di assoluta negatività per chi potrebbe è voler recuperare una partenza di vita sbagliata,la segregazione per persone giovani non riesce nel l'intento di un recupero,non si può far affidamento, e qui il regista disegna un quadro perfetto,su quelle persone istituzionali che dovrebbero aiutare attraverso un percorso formativo per il reinserimento alla sociale.
Ma da tutto questo nasce un amore tra lei e un ragazzo anche lui nel riformatorio,un sentimento vero,spontaneo,tra due persone che vogliono vivere,e forse cambiare.
Un quadro famigliare rovinoso,la madre assente inutile,il padre affettuoso,compressivo,anche lui con una vita problematica,ma incapace di capire e porre fine e dare una svolta positiva al suo modo di vivere.
Il padre magistralmente interpretato da Mastrandrea riesce ad esprimersi così come vuole il regista,debole e con poco carattere.
Tutti gli altri attori sono presi dalla quotidianità della vita,tranne un paio di eccezioni,scelta giusta in quanto la tematica del film non ammette falsità,ma spontaneità.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maurizio meres »
[ - ] lascia un commento a maurizio meres »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
giovedì 9 giugno 2016
|
due giovani ed il loro amore impossibile
|
|
|
|
Come in "Alì ha gli occhi azzurri" dove trattata la condizione degli immigrati in Italia, così ora in "Fiore" Claudio Giovannesi torna a parlare e rappresentare un'altra categoria di "emarginati" : quella precisamente di due giovani detenuti in un carcere minorile. I due protagonisti, che nel film si chiamano con lo stesso nome degli attori esordienti che li impersonano, Daphne e Josh, sono due ragazzi ancora per poco minorenni i quali devono scontare una pena di un certo periodo in un carcere minorile. Daphne, con una famiglia sbandata e pressoché inesistente è stata incriminata per numerosi furti in strada con aggressione ai danni di altri ragazzi come lei, Josh, non si sa bene esattamente cosa abbia commesso, in ogni caso anch'egli è stato rinchiuso per qualche crimine nello stesso carcere.
[+]
Come in "Alì ha gli occhi azzurri" dove trattata la condizione degli immigrati in Italia, così ora in "Fiore" Claudio Giovannesi torna a parlare e rappresentare un'altra categoria di "emarginati" : quella precisamente di due giovani detenuti in un carcere minorile. I due protagonisti, che nel film si chiamano con lo stesso nome degli attori esordienti che li impersonano, Daphne e Josh, sono due ragazzi ancora per poco minorenni i quali devono scontare una pena di un certo periodo in un carcere minorile. Daphne, con una famiglia sbandata e pressoché inesistente è stata incriminata per numerosi furti in strada con aggressione ai danni di altri ragazzi come lei, Josh, non si sa bene esattamente cosa abbia commesso, in ogni caso anch'egli è stato rinchiuso per qualche crimine nello stesso carcere. Conosciutisi quasi per caso, tra i due nasce subito una simpatia che piano piano, nel corso delle giornate, si trasforma in un sentimento reciproco più profondo. Per la ragazza, ribelle, senza punti fermi familiari, sensibile e con tanto bisogno di affetto si prospetta immediatamente la possibilità di un futuro più roseo insieme al suddetto ragazzo che nel frattempo, in quanto maggiorenne, viene trasferito in un altro carcere con la possibilità di uscire svariate ore della giornata svolgendo un 'attività lavorativa. Ma purtroppo ad essi è riservato un altro triste destino....
Un'opera molto poetica ma, nello stesso tempo, anche assai cruda in quanto la situazione e la storia in sè che Giavannesi racconta viene rappresentata nel suo più realistico aspetto. Per i due giovani che non sanno gestire le proprie emozioni e che provengono da ambienti dove probabilmente la mancanza di punti fermi genitoriali li ha fatti crescere come degli sbandati, è parecchio difficile e lungo il recupero e, in ogni caso, al momento, a loro negato in quanto troppo prematuro. Delicata, sensibile e, appunto, realistica la pellicola procede nel corso di tutto il suo svolgimento consegnando allo spettatore un'opera poetica, ma scevra di falsi buonismi ed irreali speranze, che lo inducono anche a riflettere su situazioni difficili da affrontare e superare. I due giovani protagonisti, ripeto, esordienti nel mondo del cinema, si dimostrano perfettamente all'altezza dei loro particolari e difficili ruoli, contribuendo notevolmente alla riuscita del film che si avvale anche della presenza di Valerio Mastrandrea nella parte del padre di Daphne, anch'egli sbandato e con un lungo e faticoso percorso di recupero personale.
Decisamente consigliabile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
diabolik0
|
venerdì 31 marzo 2017
|
duro
|
|
|
|
Decisamente coriaceo questo film,anche se realistico e ben interpretato.Il carcere è un'esperienza dura e ogni tanto uno sguardo su quel mondo è utile.Francamente pensare che la riabilitazione possa passare attraverso quelle mura, sembra improbabile ,è più facile che invece incarognisca ulteriormente.Per parlare di detenzione "evoluta" dovremmo spostarci nei penitenziari dei paesi scandinavi, che sembrano alberghi a cinque stelle.Il tasso di criminalità è bassissimo a riprova del fatto che non è con il giustizialismo feroce e l' espiazione dura che si arginano i fenomeni delinquenziali.Qualcuno importante ha detto che la civiltà di un popolo la si misura,valutando le condizioni strutturali e organizzative delle sue prigioni.
[+]
Decisamente coriaceo questo film,anche se realistico e ben interpretato.Il carcere è un'esperienza dura e ogni tanto uno sguardo su quel mondo è utile.Francamente pensare che la riabilitazione possa passare attraverso quelle mura, sembra improbabile ,è più facile che invece incarognisca ulteriormente.Per parlare di detenzione "evoluta" dovremmo spostarci nei penitenziari dei paesi scandinavi, che sembrano alberghi a cinque stelle.Il tasso di criminalità è bassissimo a riprova del fatto che non è con il giustizialismo feroce e l' espiazione dura che si arginano i fenomeni delinquenziali.Qualcuno importante ha detto che la civiltà di un popolo la si misura,valutando le condizioni strutturali e organizzative delle sue prigioni.Non si fraintenda il punto,aspirare a una galera "umana"non equivale a "perdonare" i colpevoli di reato, ma solo consentirgli di poter scegliere un percorso di recupero,che sia alternativo alla scelta estrema di tornare a delinquere.Brava la protagonista femminile e bravo Mastrandrea che con questo film ha vinto un premio.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a diabolik0 »
[ - ] lascia un commento a diabolik0 »
|
|
d'accordo? |
|
|