Taxi Teheran

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Un film di Jafar Panahi. Con Jafar Panahi Titolo originale Taksojuht. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 82 min. - Iran 2015. - Cinema uscita giovedì 27 agosto 2015. MYMONETRO Taxi Teheran * * * 1/2 - valutazione media: 3,61 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   
zarar domenica 27 settembre 2015
lo sguardo di un regista clandestino Valutazione 3 stelle su cinque
67%
No
33%

E’ un film che ha tutti i caratteri di altre opere di Jafar Panahi: su di uno sfondo che si indovina drammatico, la vita (e il film stesso) scorre minimalista, gentile, divagante, casuale, un po’ folle, un po’comico persino, in un tempo dai ritmi lunghi anche dove c’è concitazione. Il fondo oscuro emerge a tratti , con lampi improvvisi, segnali di allarme che increspano la superficie: il regista sorpreso per strada da una voce che gli ricorda la voce di chi l’ha interrogato in carcere, lo sguardo smarrito dell’amico aggredito, il testamento dettato dalla voce strozzata di un ferito, l’interrogativo senza risposta della nipotina che non capisce perché ti chiedano di raccontare la realtà e nello stesso tempo ti impediscano di raccontare la realtà. [+]

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enrico danelli sabato 10 ottobre 2015
politica, non cinema. Valutazione 2 stelle su cinque
60%
No
40%

Va bene. Un bel reportage sulla situazione sociale dell'Iran, comunque sconosciuta ai più. Una grande prova di coraggio del regista che rischia di suo. Ma poi ? Se si deve valutare un articolo di giornale, un video su yuotube i suddetti ingredienti (coraggio e novità) bastano e avanzano per farne un lancio mondiale. Se si deve valutare un film non ci si può limitare a così poco. La trovata dello specchio segreto è piuttosto obsoleta e contrasta miseramente con le artificiali comparsate che via via si susseguono sul taxi: chiunque capisce che non c'è nulla di naturale e gli attori (cui va riconosciuto il coraggio di sfidare il regime insieme al regista) non sono proprio all'altezza della spontaneità che sarebbe loro richiesta. [+]

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miguel angel tarditti domenica 13 settembre 2015
el arte se filtra como el agua Valutazione 3 stelle su cinque
50%
No
50%

EL ARTE SE FILTRA COMO EL AGUA CUANDO LA SOCIEDAD ES MAS CARCEL QUE LA CARCEL “TAXI TEHERAN”, del Iraní Jafar Panahi. Jafar Panahi está condenado por la “justicia” de Irán a 20 años de prohibición de filmar. Tampoco puede escribir guiones ni conceder entrevistas pena de ser detenido por seis años. Esto no es ficción es realidad. Pero como sabemos por experiencia propia (léase Teatro Abierto en el periodo negro de la usurpación del poder militar), el arte tiene siempre un modo de manifestarse, como el agua que no puede ser fácilmente reprimida si pierde su cauce. Porque el Arte es bandera de libertad, y ésta se puede reprimir, suspender, cercenar, pero finalmente escapa, corre, dice, grita, subleva, riega, hace crecer. [+]

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taniamarina martedì 20 novembre 2018
tutto il mondo è paese Valutazione 4 stelle su cinque
0%
No
0%

Facce pulite come quelle di Jafar spuntano fuori soltanto in stati in cui pene capitali e guerre imperversano sui cittadini. Già solo la sua espressione potrebbe essere annoverata come una attendibile testimonainza di una rivoluzione cinematografica, proprio quella che avviene per mano sua a Teheran. Il gioco tra finzione realtà è affascinante, e forse la recitazione degli attori - che non dà affatto l'impressione di essere spontanea - è strategicamente voluta. Il cinema è finzione o la realtà si fa cinema? Un dubbio atavico che di tanto in tanto è bene ricordare, e succede in questa bella pellicola di rottura che un po' ricorda i fasti del neorealismo italiano. [+]

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filippo catani sabato 7 gennaio 2017
ribellarsi alla censura Valutazione 4 stelle su cinque
0%
No
100%

Il regista Panahi sfida il divieto del regime di non girare più film pena la detenzione salendo su un taxi e immortalando le storie dei passeggeri che salgono.
Ci vuole coraggio per sfidare qualsiasi tipo di regime; se poi lo si fa con il sorriso sulle labbra è ancora meglio. Ecco allora che Panahi armato di una piccola camera ci racconta attraverso le parole dei suoi passeggeri quello che è vivere in Iran e quello che si deve fare per attingere a libri e film proibiti. Il momento emblematico è ovviamente quando la giovanissima nipote del regista impegnata nella registrazione di un cortometraggio gli elenca quelli che sono i precetti per fare un film che sia accettabile. [+]

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nikipi domenica 30 agosto 2015
un taxi che si chiama coraggio Valutazione 4 stelle su cinque
33%
No
67%

Antefatto: J.Panahi, il regista iraniano che la Sharia ha condannato a venti anni (venti!) di inattività se non vuole andare in prigione, ha trovato l’escamotage di interpretare il ruolo di un autista di taxi, adibito a set cinematografico, e di filmare col cellulare i vari tipi umani che imbarca. Il racconto dei racconti è accompagnato dal sorriso mite e l’imponente testa crinuta di J.P. e coadiuvato dalla sua disponibilità ad accogliere e ascoltare i “passeggeri”. Sfilano così, tra gli altri, un borseggiatore inflessibile giustizialista, una maestra coraggiosamente pedagogica, due anziane donne che credono nella magia dei numeri, un affaccendato distributore porta-a-porta di film proibiti dalla legge islamica, e una petulante "nipotina" del regista (che si inserisce a pieno titolo nella serie dei bravissimi bambini che recitano nei film iraniani) la quale, nell’implacabile volontà di girare un film per la scuola, sembra - per la determinazione e il rigore etico che la anima - raccogliere l’insegnamento del celebre “zio”. [+]

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m.barenghi mercoledì 2 settembre 2015
come definirlo??? Valutazione 2 stelle su cinque
40%
No
60%

Non è un film, piuttosto un documentario. Anzi, uno pseudo-documentario, perchè i personaggi pur traendo spunto dalla realtà sono attori, non persone. Una denuncia accorata e dolorosa della censura talora grottesca sul cinema e sull'espressione del pensiero in genere nell'Iran contemporaneo degli ayatollah. Poveretti!!! Ne nasce un'opera integralmente metalinguistica, lentissima, che si svolge in tempo reale, come vuole ovviamente la percorrenza in taxi -peraltro mal guidato dallo stesso regista- per le strade di una brutta Teheran. I movimenti di macchina si limitano agli spostamenti manuali delle telecamerine presenti nel taxi, o alle soggettive manuali della foto-cinecamera della nipote, peraltro petulante e sostanzialmente antipatica. [+]

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catcarlo mercoledì 9 settembre 2015
taxi teheran Valutazione 4 stelle su cinque
25%
No
75%

Continuando la battaglia per dimostrare che non basta una sentenza per fermare la sua voglia e il suo bisogno di creare con la macchina da presa – attività che gli è stata vietata per vent’anni – Panahi va oltre il cinema da camera dei suoi ultimi lavori e alza la sfida scendendo in strada nei panni di un tassista che affronta il convulso traffico di Teheran (di preferenza su arterie di grande scorrimento o in quartieri residenziali) intrecciando storie di varia umanità: ne esce un ritratto della società iraniana che va oltre le difficoltà realizzative consentendo allo spettatore di entrare in contatto con un mondo conosciuto poco e per sentito dire. [+]

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riccardo tavani venerdì 25 novembre 2016
il cinema come pelle dell'umanità sotto la dittatu Valutazione 4 stelle su cinque
0%
No
100%

Jafar Panahi è stato condannato dai tribunali iraniani a 20 di proibizione a girare film, scrivere copioni e rilasciare interviste, pena la detenzione a 6 anni di prigione. Panahi nelle galere del suo paese già c’è stato e in esse ha subito anche botte e maltrattamenti vari. Nonostante questo continua a fare film, trovando sempre il modo di aggirare la censura e il fiato degli agenti che lo marcano strettamente. Anzi, aggirare la censura, la repressione, le minacce è ormai diventato la cifra del suo stile di vita e d’arte. Lo dimostra con questo Taxi Teheran, meritatissimo Orso D’Oro al Festival di Berlino 2014, mettendoci non solo la firma come regista ma anche la faccia come attore. [+]

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fabiofeli martedì 8 settembre 2015
fare cinema e indossare una cravatta non è reato Valutazione 4 stelle su cinque
25%
No
75%

Nonostante il divieto di girare film, Jafar Panahi manda alla Berlinale Taxi Teheran e vince meritatamente l'orso d'argento. Si arricchisce la collana delle opere del regista iraniano: arrivate in Italia: "il palloncino bianco", "Il cerchio", "Lo specchio", "Oro rosso" e "offside"; storie delicate i primi due, cupi il terzo e il quarto, apparentemente frivolo il quinto, con una ragazza che ama il calcio e non può vedere la partita allo stadio - fatidico spareggio dell'Iran contro l'Irlanda per accedere alla fase finale del campionato del mondo del 2002- perché non è accompagnata da un congiunto di sesso maschile. Le vicende processuali persecutorie vietano a Panahi di filmare. Ma nella epoca attuale ormai si fanno film con tanti strumenti e li si può scaricare in una semplice chiavetta. [+]

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