fabriziog
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giovedì 24 settembre 2015
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bel film sulla roma pasoliniana
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Film bello quanto duro e spietato, “Non essere cattivo” del regista underground Claudio Calipari, cala la platea fra esseri “subumani” che sguazzano fra “non luoghi”, tra “non spazi” delle borgate romane pasoliniane degli anni ‘70, lungo un litorale laziale “sgarrupato”, sporco e desolato come quello decritto in Una vita violenta e Ragazzi di vita: al consumo e allo spaccio di cocaina, eroina e pasticche pare non esservi alcuna alternativa!
Cesare (interpretato da uno straordinario Luca Marinelli) incarna questa assenza di alternative, impersona una disperata autodistruzione fisica e morale senza appello; Vittorio (il bravissimo Alessandro Borghi) personifica, invece, la commovente ricerca di “altro”, che non sia deturpato dal tocco funereo di “quella” periferia.
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Film bello quanto duro e spietato, “Non essere cattivo” del regista underground Claudio Calipari, cala la platea fra esseri “subumani” che sguazzano fra “non luoghi”, tra “non spazi” delle borgate romane pasoliniane degli anni ‘70, lungo un litorale laziale “sgarrupato”, sporco e desolato come quello decritto in Una vita violenta e Ragazzi di vita: al consumo e allo spaccio di cocaina, eroina e pasticche pare non esservi alcuna alternativa!
Cesare (interpretato da uno straordinario Luca Marinelli) incarna questa assenza di alternative, impersona una disperata autodistruzione fisica e morale senza appello; Vittorio (il bravissimo Alessandro Borghi) personifica, invece, la commovente ricerca di “altro”, che non sia deturpato dal tocco funereo di “quella” periferia.
Ricco di simbolismo, “Non essere cattivo” usa la pialla e il cemento e i mattoni e la fatica fisica o e il cantiere per raffigurare plasticamente il tenace sforzo di Vittorio di voler cambiare, di voler costruire una nuova esistenza, lontana da crimini e “sballi” allucinatori.
Lo sprone per questo mutamento sono – come spesso accade – due donne (la popolare attrice Silvia D’Amico e Roberta Mattei), anche se solo una raggiungerà l’intento, perché l’altra è troppo “dentro il sistema” e troppo marcio il compagno.
La splendida fotografia (di Maurizio Calvesi) e le suggestive inquadrature si sforzano di attenuare la costante tensione che, inevitabilmente, lo spettatore proverà per tutta la durata della proiezione.
Fabrizio Giulimondi
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camarillo
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giovedì 24 settembre 2015
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pasolini era già morto
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Pasolini era già morto alla fine di Amore tossico, quando Michela muore tra le braccia di Cesare, ai piedi del monumento che ricorda la fine dello scrittore. Era morto quel popolo marginale e vitale, chiuso nel suo recinto "tossico", abbrutito e travolto dalla modernizzazione incompiuta. In Amore tossico i personaggi sono immobili, storditi in attesa della loro inevitabile fine; ragazzi che hanno smarrito la loro identità "popolare" senza essere riusciti ad acquisirne un'altra. Qui c'è un altro Cesare, e un'altra droga. In Non essere cattivo i personaggi si muovono frenetici alla ricerca di un'integrazione nella società: e questo percorso è amorale, "cattivo", perché amorale e "cattiva" è l'Italia di cui vogliono far parte.
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Pasolini era già morto alla fine di Amore tossico, quando Michela muore tra le braccia di Cesare, ai piedi del monumento che ricorda la fine dello scrittore. Era morto quel popolo marginale e vitale, chiuso nel suo recinto "tossico", abbrutito e travolto dalla modernizzazione incompiuta. In Amore tossico i personaggi sono immobili, storditi in attesa della loro inevitabile fine; ragazzi che hanno smarrito la loro identità "popolare" senza essere riusciti ad acquisirne un'altra. Qui c'è un altro Cesare, e un'altra droga. In Non essere cattivo i personaggi si muovono frenetici alla ricerca di un'integrazione nella società: e questo percorso è amorale, "cattivo", perché amorale e "cattiva" è l'Italia di cui vogliono far parte. La droga, conseguentemente, non è più il segno di una marginalità, ma una giustificazione ed un mezzo per avere denaro; il denaro, la giacca elegante che serve per entrare nei posti che contano.
Questo Cesare non è un tossico, anzi i tossici li aspetta per gonfiarli di botte. Il bisogno di droga procede parallelamente al bisogno di denaro e, nell'un caso come nell'altro, la dose che hai non basta mai: e questo è vero sia per Cesare che per Linda, e per i figli che verranno dopo di loro (a proposito: in questo senso la scena finale sul neonato mi pare tutt'altro che una nota di speranza). I personaggi di Amore tossico erano rallentati dalla loro droga, e uccisi dalla loro immobilità; questi invece si fanno per andare più veloci, di quella velocità insensata tipica dei criceti che girano dentro la ruota. Una corsa idiota che consente loro di afferare al volo gli spiccioli, obbligandoli però a perdere l'anima. Ma, in questo disastro, il film ha la forza di aprire squarci incredibili di pietà e di luce. La straordinaria capacità di Caligari è nel mostrare, senza patetismi, come anche vite così, quando riescono a rallentare, ritrovano il loro senso vero, nei rapporti con le persone, con il dolore, con la fantasia; e in quei momenti, ha ragione Capasso, il montaggio rallenta e i personaggi mostrano, sui loro volti, lo stupore dolente di chi intuisce che solo per poco si potrà giocare con la nipote, o accarezzare il volto della propria donna. Perché bisognerà ricominciare a correre: in cerca di denaro, in cerca di droga.
P.s. Perché oltre all'ennesima commedia di Brizzi, non riusciamo a vedere Anni rapaci, film che Caligari girò nel 2005?
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supersantos
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lunedì 13 novembre 2017
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dura è la vita
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Non credo proprio possa essere definito un film cult o il ritratto sincero della generazione anni novanta.
Certamente ci sono alcuni spunti interessanti ed alcuni momenti molto veri tipo le difficoltà lavorative e quelle di una integrazione civile difficile da attuarsi,ma in particolare modo il personaggio interpretato da Marinelli mi è sembrato "forzato".
Oggettivamente è troppo eccessivo e brutale ogni oltre comprensibile ragione e la rabbia di fondo che lo accompagna spesso non è giustificabile,almeno negli eventi narrati.
Anche le scene davanti al Bar,in alcuni casi sfiorano il ridicolo.
Molto più vicino alla realtà Vittorio,che lotta quotidianamente con la realtà circostante,che passo dopo passo fa dell'umiltà uno stile corretto di vita.
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Non credo proprio possa essere definito un film cult o il ritratto sincero della generazione anni novanta.
Certamente ci sono alcuni spunti interessanti ed alcuni momenti molto veri tipo le difficoltà lavorative e quelle di una integrazione civile difficile da attuarsi,ma in particolare modo il personaggio interpretato da Marinelli mi è sembrato "forzato".
Oggettivamente è troppo eccessivo e brutale ogni oltre comprensibile ragione e la rabbia di fondo che lo accompagna spesso non è giustificabile,almeno negli eventi narrati.
Anche le scene davanti al Bar,in alcuni casi sfiorano il ridicolo.
Molto più vicino alla realtà Vittorio,che lotta quotidianamente con la realtà circostante,che passo dopo passo fa dell'umiltà uno stile corretto di vita.
Proprio come è capitato a tanti di noi.
Il prodotto finale non è affatto malvagio sia chiaro,ma da qui a parlare di capolavoro ci passa molta,troppa acqua sotto i ponti.
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domenica 13 settembre 2015
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finalmente!
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Finalmente non si parla di attori in crisi d'identita' di giornalisti e architetti pieni di soldi che si sentono tanto infelici.....questa e' vita vera. Violento commovente e anche con momenti comici e paradossali,mai ricattatorio.Bravissimi i protagonisti e ottima scelta dei caratteristi tutti personaggi credibili.
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emyliu`
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giovedì 17 settembre 2015
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opera ultima intensamente post-neorealista
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Tra i tanti Titoli appena usciti, scelgo di vedere "Non essere cattivo". Film postumo di Claudio Caligari, regista recentemente scomparso, prodotto da Valerio Mastandrea, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 72. Una scelta decisamente "giovane e vitale" la mia, rispetto ai Bellocchio e alle Meryl Streep occheggianti dalle locandine degli altri films in programmazione.
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Tra i tanti Titoli appena usciti, scelgo di vedere "Non essere cattivo". Film postumo di Claudio Caligari, regista recentemente scomparso, prodotto da Valerio Mastandrea, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 72. Una scelta decisamente "giovane e vitale" la mia, rispetto ai Bellocchio e alle Meryl Streep occheggianti dalle locandine degli altri films in programmazione. E tanto già mi basterebbe.Già dopo i primi fotogrammi del film percepisco che sarà un bel lavorone attoriale, tutto incentrato sulla recitazione stanislawskiana di talentuosi giovani attori. Primo tra tutti il bello e dannato Luca Marinelli (interprete di "La solitudine dei numeri primi" e del figlio suicida della Villoresi ne "La grande bellezza" di Sorrentino, tanto per intenderci).
E a fine proiezione le mie percezioni sono più che confermate, a tal punto da dirvi di andare a vederlo senza indugio alcuno, perchè ne vale la pena. Questa opera ultima di Caligari è una mirabile pellicola di ottima fattura, pervasa interamente dalla disperata voglia di riscattarsi dalla scelta/costretta autodistruttiva dello sballo. Seppur la trama abbia dei prevedibili deja-vu, tutto l'insieme rende la struttuta dell'opera solida e unica, dalle interpretazioni sempre ben calibrate dei bravissimi attori, senza mai ricadere nel macchiettismo nemmeno nelle esasperazioni in slang romanesco coattese di certi momenti, alla fulgida fotografia vintage post-neorealista. Il ruolo femminile della madre del protagonista, affidato ad Elisabetta De Vito, è una perla drammaturgica davvero notevole.
La rivelazione del film è l'attore coprotagonista Alessandro Borghi, fin'ora visto solo in piccoli ruoli, prevalentemente stuntman di serie e fiction, che come nel ruolo dell'amico fraterno di Cesare, si riscatta anche come attore con una perfetta interpretazione iper-definita, che piacerebbe di sicuro al Re per eccellenza degli attori forgiati dall,Actor's Studio, Robert De Niro. Parola di Emyliù.
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maumauroma
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mercoledì 23 settembre 2015
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potente e allucinato
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1995,In una Ostia invernale livida e sbiadita si consumano le esistenze disperate e sbandate di Cesare e Vittorio,amici per la pelle,che ad un lavoro onesto ma pesante di muratori,hanno preferito un guadagno piu' facile tra uso e spaccio di droga,furti,rapine, notti brave e allucinate. Vittorio,grazie anche all'aiuto della sua donna,trovera' un difficile percorso di " redenzione " attraverso il lavoro,mentre Cesare,con alle spalle una madre anziana e in balia degli usurai e una nipotina malata di aids, percorrera' fino in fondo il suo personale " calvario " fino all'estremo e inevitabile sacrificio.Magistrale interpretazione degli attori,regia aggressiva e tagliente,dialoghi da brivido.
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1995,In una Ostia invernale livida e sbiadita si consumano le esistenze disperate e sbandate di Cesare e Vittorio,amici per la pelle,che ad un lavoro onesto ma pesante di muratori,hanno preferito un guadagno piu' facile tra uso e spaccio di droga,furti,rapine, notti brave e allucinate. Vittorio,grazie anche all'aiuto della sua donna,trovera' un difficile percorso di " redenzione " attraverso il lavoro,mentre Cesare,con alle spalle una madre anziana e in balia degli usurai e una nipotina malata di aids, percorrera' fino in fondo il suo personale " calvario " fino all'estremo e inevitabile sacrificio.Magistrale interpretazione degli attori,regia aggressiva e tagliente,dialoghi da brivido. Tutto perfetto allora? Nella sua (purtroppo) ultima opera,Caligari si pone al di sopra della morale,fotografa la realta' dei personaggi senza esprimere un preciso giudizio etico,resta pero' il fatto che gli unici elementi per cosi' dire "ortodossi " del film ( le forze dell'ordine che appaiono in poche scene o il negoziante rapinato da Cesare che prima consegna l'incasso e poi vigliaccamente gli spara a freddo alle spalle) vengono rappresentati in modo superficiale se non sgradevole e che il delicato confine tra il considerare giustamente i protagonisti come semplici delinquenti o pregiudicati,o farne degli eroi,anche se negativi,vittime della societa',resta sempre molto,forse troppo,sottile.
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santamarinella2
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domenica 4 ottobre 2015
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straordinario
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Ho visto ieri sera il film e sono rimasto entusiasta di come il regista abbia saputo fotografare nella maniera più realistica possibile la realtà.
Tra le tante ( quasi tutte ) sciocchezze prodotte dal cinema italiano è la dimostrazione che qualcuno sa fare un ottimo cinema ( sapeva fare purtroppo ) . Attori eccezionali, nessuno escluso. Merita la candidatura all'oscar senz'altro. Toccante, commovente coinvolgente ed ho trovato geniale il finale che ridà speranza e lascia intravedere una luce in fondo al tunnel.
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fabiofeli
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lunedì 5 ottobre 2015
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'a brutta!
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Non essere cattivi di Claudio Caligari. E' il 1995: due giovani, amici per la pelle, Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), vivono una realtà disperata alla periferia di Roma. Non lavorano e sono preda delle pericolose "Smart Drugs", le anfetamine di nuova formulazione, a dosaggio casuale con effetti allucicinogeni ed eccitanti; "chicche" che possono essere persino mortali se associate con alcool e cocaina. Si credono furbi perché non si bucano facendosi di eroina, ma forse sono già due morti che camminano. Tirano avanti tra spaccio delle pasticche residuate dal loro personale consumo e furti con la sgangherata banda del Brutto (Alessandro Bernardini), che frequenta il piccolo bar del posto.
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Non essere cattivi di Claudio Caligari. E' il 1995: due giovani, amici per la pelle, Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), vivono una realtà disperata alla periferia di Roma. Non lavorano e sono preda delle pericolose "Smart Drugs", le anfetamine di nuova formulazione, a dosaggio casuale con effetti allucicinogeni ed eccitanti; "chicche" che possono essere persino mortali se associate con alcool e cocaina. Si credono furbi perché non si bucano facendosi di eroina, ma forse sono già due morti che camminano. Tirano avanti tra spaccio delle pasticche residuate dal loro personale consumo e furti con la sgangherata banda del Brutto (Alessandro Bernardini), che frequenta il piccolo bar del posto. Vittorio e' inutilmente corteggiato da Viviana (Silvia D'Amico) che va nello stesso bar per legarlo a lei in una vita di coppia. Cesare e' già nella tragedia: sua sorella e' morta di AIDS ed anche la figlia nata dalla sfortunata relazione ha lo stesso male. Cesare manifesta un rozzo istinto paterno con la piccola, che chiama Brutta, ed un sentimento di protezione verso la madre che non sopporterebbe di perdere anche la nipote dopo la figlia. Dopo una serata di sballo troppo potente dei due, Vittorio decide di cambiare vita: si allontana dall'amico, cerca un lavoro da manovale e si lega a Linda (Roberta Mattei) e al figlio di lei vicino alla maggiore età. Esce dal giro malavitoso, ma Cesare non accetta "il tradimento" e cerca di strappare l'amico a quella vita di lavoro umile. Entra anche lui di prepotenza nel cantiere e truffa il capomastro con una "sola". Ma ormai la divergenza tra le loro vita e' insanabile e a nulla serve che anche Cesare costruisca un rapporto di coppia con Viviana, la ex di Vittorio, occupando con lei una catapecchia abbandonata: la vicenda è agli sgoccioli e sta per precipitare in tragedia ... Caligari descrive con toni crudi, quasi irritanti all'inizio, un'epoca del recentissimo passato con un dialogo elementare, ma attento ed accurato nello studio dei caratteri e del gergo n voga. Disegna un affresco disperato con primi piani e sfondi dai colori smorti di due "vite violente", una riscattata ed un no. Una sorta di doppia possibile evoluzione di Accattone. Cesare, "predatore dell'attimo",apparentemente il più forte tra i due, e' destinato a soccombere;Vittorio, "costruttore di futuro", trema e vacilla, ma non cade. La borgata di Pasolini non è' più il Mandrione o il Pigneto con il suo baretto degli anni '60, ma l'Ostia (o Fiumicino) degli anni '90, carcerariamente periferica e generatrice di vite "coatte". Il legame con il grande Regista ed autore e' fecondo e non imitativo o rimasticato: prova ne è' la rivisitazione in chiave evolutiva della scena della lotta di Accattone con il fratello, descritta con immagini dure ma sublimate dalla stupenda aria classica della musica, e il violento scontro tra i due amici fraterni che si conclude con un abbraccio pacificatorio. Una bella auto citazione il piano sequenza iniziale, "anticata" con predominanza di colori caldi su uno sbiadito sfondo marino e, forse, una citazione del Fellini visionario nelle allucinazioni provocate dalla perfida "Smart drug". Recitazione eccellenti, pure se spesso obbligate ad essere sopra le righe come nei film di Scorsese. Il film rappresentera' l'Italia per il premio Oscar per i film stranieri, ma il premio sarebbe postumo, perché Caligari è morto di recente. Un film denso, sanguigno, da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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sara kavafis
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venerdì 16 ottobre 2015
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"un film dall'umanità spiazzante!!!"
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Ostia 1995. Vittorio (Alessandro Borghi) e Cesare (Luca Marinelli) sono due ragazzi poco più che ventenni legati da una profonda amicizia. Si conoscono da molti anni ed il loro rapporto di tipo fraterno è l’unica cosa che da un senso alle loro vite immerse nella povertà e nella disperazione di chi non vede una luce di un possibile cambiamento. Come diceva Woody Allen in Blue Jasmine ”c'è un limite ai traumi che una persona può sopportare prima di mettersi ad urlare in mezzo alla strada”. E i due “fratelli” gridano, soprattutto il più fragile dei due Cesare: gridano nelle loro notti di eccessi di alcool e droghe sintetiche. Per Cesare lo sballo è l’unico modo di sopportare una vita con alle spalle grossi traumi: la sorella morta di AIDS ha lasciato a lui e alla mamma ormai anziana, una bambina anche lei malata.
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Ostia 1995. Vittorio (Alessandro Borghi) e Cesare (Luca Marinelli) sono due ragazzi poco più che ventenni legati da una profonda amicizia. Si conoscono da molti anni ed il loro rapporto di tipo fraterno è l’unica cosa che da un senso alle loro vite immerse nella povertà e nella disperazione di chi non vede una luce di un possibile cambiamento. Come diceva Woody Allen in Blue Jasmine ”c'è un limite ai traumi che una persona può sopportare prima di mettersi ad urlare in mezzo alla strada”. E i due “fratelli” gridano, soprattutto il più fragile dei due Cesare: gridano nelle loro notti di eccessi di alcool e droghe sintetiche. Per Cesare lo sballo è l’unico modo di sopportare una vita con alle spalle grossi traumi: la sorella morta di AIDS ha lasciato a lui e alla mamma ormai anziana, una bambina anche lei malata. I soldi servono a Cesare soprattutto per le cure a cui deve sottoporsi la piccola e quindi senza farsi troppe domande si mette a spacciare cocaina insieme a Vittorio ”. Ma Vittorio dopo un incontro casuale con una ragazza madre di cui s’ innamora , trova in questo rapporto la forza di dire di “NO” a questa vita al limite e comincia a lavorare in un cantiere. Vittorio cerca di trascinare anche lo sballato Cesare nella “ retta via” e se in un primo momento Luca Marinelli sembra “ disintossicarsi” dalla sua vita piena di eccessi ci sarà un avvenimento che riporterà Cesare in un punto di non ritorno. Non esiste in questa disperazione il privilegio di poter scegliere tra giusto o sbagliato, bene o male. Caligari non porta lo spettatore a giudicare il protagonista Cesare . L’intento del regista non è condannare Cesare per lo spaccio di coca ; non mette lo spettatore contro questo ragazzaccio a cui “ non si può che voler bene”. Bensì fotografa la vita drammatica, piena di sofferenza e di estrema povertà dei ragazzi della periferia di Ostia portando lo spettatore a riflettere se è possibile in queste condizioni “NON ESSERE CATTIVO”. Caligari ci racconta storie di borgata, di droga, di vite alla deriva. Certo la trama non sarà una novità. La novità, la forza del film è altro: la pellicola trasuda di una umanità imbarazzante. La sceneggiatura è scarna come cruda e aspra è la realtà nella quale vivono i due protagonisti. Ma al posto delle mancate parole della sceneggiatura troviamo numerose parole negli occhi dei personaggi. Il regista scava con numerosi primi piani dentro i due protagonisti trascinandoci nelle loro emozioni. Caligari ci porta dentro il grande mondo dei sentimenti umani, le loro grandi contraddizioni e le mille sfaccettature della natura umana. A volte malvagia ma a volte capace di un amore così grande come quello che unisce i due “fratelli”. A volte capace nonostante tutto di grandi atti di forza, di reagire e di riscattarsi nonostante tutto e tutti , a volte ahimè più fragile e succube di quella forza di gravità che ti travolge verso il punto di non ritorno. Alessandro Borghi e Luca Marinelli sono eccezionali! Viene alla mente Bèla Balàzs che paragonava il volto umano ad un paesaggio affermando che “il primo piano può racchiudere un mondo intero o anche di più”. Infatti i primi piani sui quali si sofferma il regista rendono l’anima umana dei personaggi visibile a noi spettatori. Ci dimentichiamo di essere al cinema! Questo film è emozione, anima!Forse proprio quella del regista Caligari che ci ha lasciati.....
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alessio montini
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giovedì 29 ottobre 2015
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non essere il cattivo
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100 minuti: Un numero perfettamente tondo per testimoniare che non servono le produzioni di Hollywood per salvarci dai cinepanettoni.
Claudio Cagliari ci lascia con questo regalo, amaro e intenso quanto reale. Ci lascia con stile, il suo stile.
"Non essere Cattivo" è un film senza grandi pretese, dalla trama forse semplice, ma potente e strutturata con profonda intelligenza, portata avanti da una regia limpida e - soprattuto - da due Interpreti formidabili.
Non voglio dire altro, sono fedele a Chi diceva che le parole sono insufficienti per descrivere l'Arte.
Ma sono uscito poco fa dalla sala e a caldo e sono soddisfatto (Forse qualcosa nel finale.
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100 minuti: Un numero perfettamente tondo per testimoniare che non servono le produzioni di Hollywood per salvarci dai cinepanettoni.
Claudio Cagliari ci lascia con questo regalo, amaro e intenso quanto reale. Ci lascia con stile, il suo stile.
"Non essere Cattivo" è un film senza grandi pretese, dalla trama forse semplice, ma potente e strutturata con profonda intelligenza, portata avanti da una regia limpida e - soprattuto - da due Interpreti formidabili.
Non voglio dire altro, sono fedele a Chi diceva che le parole sono insufficienti per descrivere l'Arte.
Ma sono uscito poco fa dalla sala e a caldo e sono soddisfatto (Forse qualcosa nel finale...).
Il crimine romano (e non solo) non è fomento, caro Sollima; è Tragedia.
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