cinemalove
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giovedì 5 novembre 2015
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psicologico
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Merita la palma del miglior horror annuale? Decisamente si. Stravolgente? non proprio. The Babadook è il nuovo che avanza e va dato atto a Kent di essere riuscito nell'intento di terrorizzare il pubblico mentalmente prima, successivamente anche sul piano visivo. Il vero motivo per cui l'intera pellicola regge bene sta nell'ottima interpretazione di Essie Davis, madre single alle prese con un figlio tutt'altro che docile (anche se dai fini giusti). Qui si accende il fattore ambiguità che finirà per accompagnare la storia alla sua conclusione, non scontata. Ne esce un film che non fa paura come direbbe l'uomo di strada, ma che innietta un sottile strato di agitazione e angoscia nello spettatore.
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Merita la palma del miglior horror annuale? Decisamente si. Stravolgente? non proprio. The Babadook è il nuovo che avanza e va dato atto a Kent di essere riuscito nell'intento di terrorizzare il pubblico mentalmente prima, successivamente anche sul piano visivo. Il vero motivo per cui l'intera pellicola regge bene sta nell'ottima interpretazione di Essie Davis, madre single alle prese con un figlio tutt'altro che docile (anche se dai fini giusti). Qui si accende il fattore ambiguità che finirà per accompagnare la storia alla sua conclusione, non scontata. Ne esce un film che non fa paura come direbbe l'uomo di strada, ma che innietta un sottile strato di agitazione e angoscia nello spettatore. Niente male
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lisbeth.s
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martedì 3 maggio 2016
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il vero mostro
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Attenzione: contiene spoiler.
Nel 2014, entra nelle sale cinematografiche il film di Jennifer Kent, intitolato Babadook. Il lungometraggio della regista australiana lascia basiti molti spettatori, ma non facciamoci trarre in inganno, perchè non si tratta del solito film horror privo di trama che vuole solo spaventarci nelle sale dei cinema. Babadook ha molto da dirci.
Amelia, giovane vedova, vive col figlioletto Samuel. Le paure, le sofferenze e le angosce la tengono ancorata al passato e le impediscono di condurre una vita serena. Ma quando Amelia trova nella propria casa un inquietante libro illustrato, intitolato Babadook, tutte le paure accantonate per anni dentro di sè si materializzano sotto forma di un'oscura figura con lunghi artigli, cappello a cilindro ed agghiacciante ghigno.
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Attenzione: contiene spoiler.
Nel 2014, entra nelle sale cinematografiche il film di Jennifer Kent, intitolato Babadook. Il lungometraggio della regista australiana lascia basiti molti spettatori, ma non facciamoci trarre in inganno, perchè non si tratta del solito film horror privo di trama che vuole solo spaventarci nelle sale dei cinema. Babadook ha molto da dirci.
Amelia, giovane vedova, vive col figlioletto Samuel. Le paure, le sofferenze e le angosce la tengono ancorata al passato e le impediscono di condurre una vita serena. Ma quando Amelia trova nella propria casa un inquietante libro illustrato, intitolato Babadook, tutte le paure accantonate per anni dentro di sè si materializzano sotto forma di un'oscura figura con lunghi artigli, cappello a cilindro ed agghiacciante ghigno. Più Amelia ignora la tenebrosa entità e più questa s'ingigantisce e si impadronisce di lei.
Il film gira intorno a due stati d'animo: la pazzia e l'amore. E la regista ce lo fa capire con le insistenti visioni della protagonista, accompagnate da suoni estremamente fastidiosi e con le ininterrotte ed asfissianti dimostrazioni d'affetto da parte del bambino, che alla fine del film si riveleranno essenziali per la sorte di entrambi.
Il racconto non si conclude con il classico "E vissero per sempre felici e contenti", poichè le paure di Amelia non vengono esorcizzate definitivamente, ma affrontate e tenute a bada giorno per giorno dalla protagonista stessa.
Dal punto di vista tecnico, mi ha fatto molto riflettere una delle ultime scene in cui vediamo Amelia che scende in cantina per nutrire il "mostro". Nel momento in cui la protagonista ed il "mosto" si trovano faccia a faccia, cambia il tipo di inquadratura: siamo Noi spettatori a guardare la protagonista negli occhi ed è Amellia a guardare negli occhi Noi, come se Noi (il mondo esterno) fossimo quelli di cui avere paura. Ma questa è una mia interpretazione.
Concludo consigliandovi di guardare questo horror-psicologico apparentemente banale, ma molto significativo e fortemente introspettivo.
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gianleo67
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sabato 22 novembre 2014
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repulsioni polanskiane...per l'uomo nero
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Sei anni dopo la tragica morte del marito nell'incidente d'auto avuto quando la stava accompagnando in ospedale per il parto, Amelia vive da sola insieme al figlioletto, un bambino iperattivo e dalla fantasia molto vivace. Ossessionato dal 'Babadook', il minaccioso personaggio di un libro animato trovato per caso tra gli scaffali di casa, il bimbo trascina la madre, una donna fragile che soffre per la mancanza di un compagno, lungo la pericolosa china di una psicosi a due che la porta a credere della reale esistenza di una misteriosa entità che si aggira tra le mura domestiche.
Frutto di una sensibilità femminile per le storie di fantasmi e per una fragilità psicologia divisa tra l'istinto di maternità e i desideri del talamo, l'australiana Jennifer Kent scrive e dirige una insolita trasposizione del mito cinefilo dello 'Boogeyman', declinandolo secondo i canoni di un thriller psicologico che vira facilmente verso l'horror domestico e che, nonostante sembra rincorrere gli elementi più classici del cinema d'oltre-Pacifico, in realtà sceglie di seguire i percorsi alternativi di plausibili ossessioni post-partum a scoppio ritardato.
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Sei anni dopo la tragica morte del marito nell'incidente d'auto avuto quando la stava accompagnando in ospedale per il parto, Amelia vive da sola insieme al figlioletto, un bambino iperattivo e dalla fantasia molto vivace. Ossessionato dal 'Babadook', il minaccioso personaggio di un libro animato trovato per caso tra gli scaffali di casa, il bimbo trascina la madre, una donna fragile che soffre per la mancanza di un compagno, lungo la pericolosa china di una psicosi a due che la porta a credere della reale esistenza di una misteriosa entità che si aggira tra le mura domestiche.
Frutto di una sensibilità femminile per le storie di fantasmi e per una fragilità psicologia divisa tra l'istinto di maternità e i desideri del talamo, l'australiana Jennifer Kent scrive e dirige una insolita trasposizione del mito cinefilo dello 'Boogeyman', declinandolo secondo i canoni di un thriller psicologico che vira facilmente verso l'horror domestico e che, nonostante sembra rincorrere gli elementi più classici del cinema d'oltre-Pacifico, in realtà sceglie di seguire i percorsi alternativi di plausibili ossessioni post-partum a scoppio ritardato. Attenta a delineare tanto gli elementi credibili di una psicosi domestica dovuta alle esasperazioni di una giovane vedova con un figlio difficile quanto l'ambiguo immaginario di una dimensione favolistica dove si confondono realtà e immaginazione, pavor notturno e isterismo diurno, evocazione del maligno e lento scivolare verso l'insania mentis, la Kent conduce una materia narrativa apparentemente scontata verso le suggestioni subliminali di un retroterra cinefilo che sembra appartenere tanto al bagaglio dell'autrice (da 'I tre volti della paura' di Mario Bava con l'episodio de 'La goccia d'acqua' ai diversi frammenti dei capolavori fantastici di George Méliès) quanto a quelle del suo alter ego nel film (da antologia il sogno allucinatorio della giovane madre che cerca di tenersi sveglia guardando le grottesche rappresentazioni televisive sui rudimenti della settima arte). Si passa così dalla classica storia dell'Uomo Nero (rappresentato peraltro secondo un'iconografia fiabesca abbastanza logora) all'assedio domestico di un'ossessione labirintica che trasforma la casa della protagonista in una sorta di Overlook Hotel dove un Jack Torrance in baby doll cerca di far fuori un piccolo Danny dagli occhi spiritati e con il dono della luccicanza (un Noha Wieseman straordinariamente somigliante all'originale) passando attraverso l'incubo polanskiano di una repulsion sessuofobica dovuta al protrarsi di una lunga astinenza (tra i ninnoli della mamma,ad un certo punto, spunta pure un vibratore!). Tutto è bene quel che finisce bene, parrebbe di dire, vedendo il rassicurante finale dove l'addomesticamento delle più recondite e inconfessabili paure (pulsioni) finiscono per sostituire il più fedele amico dell'uomo, strangolato da mani amiche, con una creatura immaginaria e spaventevole ridotta ad una pietosa cattività e incatenata amorevolmente nella cantina di casa. Cuore di mamma!
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maramaldo
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lunedì 3 agosto 2015
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pseudo-horror...
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da brivido...ma solo a pensarci su.Esemplare,tuttavia, per un'opera prima.Una scrittura ineccepibile e matura.Gli elementi di rito ci sono tutti:fruscii,sussurri,mormorii e gracchi; ombre, penombre e angoli oscuri; sconsigliabili visite allo scantinato;trambusti da sgombero in soffitta;ecc.ecc. Manca niente? Si,l'eccesso:lo splatter sanguinolento,il macabro raccapricciante.L'opera, infatti, si distingue (e sminuisce agli occhi degli intenditori)per un tocco misurato,delicato,elegante. Un tocco femminile.E già,horror fatto da una donna (ce ne sono altri?) E qui i primi dubbi.Ma quando il meno prevenuto degli spettatori ha certezza che non deve trattarsi di un vero scary movie? Presto detto:nella sequenza del patetico orgasmo solitario, "interruptus" dall'improvvisa (e improvvida)irruzione del figlioletto in preda a quella che sembra una paura notturna infantile.
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da brivido...ma solo a pensarci su.Esemplare,tuttavia, per un'opera prima.Una scrittura ineccepibile e matura.Gli elementi di rito ci sono tutti:fruscii,sussurri,mormorii e gracchi; ombre, penombre e angoli oscuri; sconsigliabili visite allo scantinato;trambusti da sgombero in soffitta;ecc.ecc. Manca niente? Si,l'eccesso:lo splatter sanguinolento,il macabro raccapricciante.L'opera, infatti, si distingue (e sminuisce agli occhi degli intenditori)per un tocco misurato,delicato,elegante. Un tocco femminile.E già,horror fatto da una donna (ce ne sono altri?) E qui i primi dubbi.Ma quando il meno prevenuto degli spettatori ha certezza che non deve trattarsi di un vero scary movie? Presto detto:nella sequenza del patetico orgasmo solitario, "interruptus" dall'improvvisa (e improvvida)irruzione del figlioletto in preda a quella che sembra una paura notturna infantile.Diciamolo pure: l'unico soprassalto genuino del film, la sola trovata "raggelante". Non solo.Penso pure che abbia condizionato l'attitudine del pubblico femminile verso la vicenda e i suoi protagonisti alienando per sempre ogni simpatia al molesto bimbetto.Bellino,per carità,con quegli occhioni umidi da cerbiatto ma quanto indisponente e stressante!
Eppure, è il piccolo Samuele che mette in moto il volano di tutta la storia. Per una qualche inspiegabile alchimia viscerale lui dà vita ed evidenza al mostro oscuro concepito dalla madre: un incubo derivante da un'ossessione penosa,da una dolorosa carenza affettiva, da una crudele lacerazione di quello stato di grazia che sono le prime stagioni di un amore.E così il racconto s'incammina, intercalando momenti che si vorrebbero di terrore,nella descrizione di una sindrome psicopatologica.In quegli insistiti primi piani del volto di Amelia si legge l'evolversi dei suoi stati mentali: stanchezza,sofferenza,sconforto,sgomento nello scorgere dentro di sè pulsioni distruttive.
Ma Babadook è anche un'opera femminista? La vicenda si svolge in Australia dove da sempre la donna è vista forte, coraggiosa, indipendente.Non dimentichiamo la poliandria di cent'anni fa e "L'eunuco femmina" di un'ancor combattiva Germaine Greer.Un femminismo nudo e crudo che può gridare:"Love is all we need" e ad un tempo considerare il maschio,ancorchè vivo e pimpante,poco più di un ectoplasma.Illuminante l'episodio dell'ultimo incontro di Amelia col defunto marito. Questi le chiede di portar "giù" il bambino.E così decreta la sua fine come "ossessione".Amelia lo cancella:taglio netto della sua faccia. A lui, ormai "terra sotto terra" dedica quei bei lombrichi trovati in giardino e glieli presenta come offerta votiva in una ciotola prontamente risucchiata dal buio di un qualche nulla.Sulla nevrosi ha così la meglio l'istinto materno. Dicesi istinto e non amore materno che pur presente in tracce è qualcosa che può essere soffocato da tanti fattori nevrotizzanti.Non si nega che il fanciullino se la vede brutta e non per causa dello scarabocchio orripilante.E c'è chi ha sperato fino all'ultimo che al marmocchio capitasse qualcosa.
Barbadook termina da manuale.Mamma e piccolo in panni ravviati, in giardino, si tengono per mano sereni.Sennonchè qualcosa nelle loro facce...Samuelino, poi, accentua il pallore cinerino. Presagio di un sequel? Niente paura.Ci son voluti anni per l'opera prima. Per l'opera seconda ci sarà tempo per dimenticare l'abominevole pupazzo.
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midnight
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giovedì 16 febbraio 2017
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questo si che fa paura!
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Babadook è un horror davvero ben riuscito sotto tutti i punti di vista; l'incipit non è originalissimo ma viene affrontato in modo diverso dal solito sostenuto poi dall'ottima prova dei due protagonisti, davvero bravissimi e convincenti (cosa non da poco soprattutto per un bambino di 7 anni!).
Anche il lato visivo è davvero molto bello e curato nei dettagli: tutto è basato su una fotografia quasi minimalista caratterizzata da colori spenti, praticamente in bianco e nero, a rappresentare la totale mancanza di calore nella vita dei due malcapitati.
Bellissima poi la figura di Babadook che appare sempre come fosse un disegno (sull'orlo del "vedo non vedo") riuscitissimo grazie anche ad un ottimo apparato audio (suoni e rumorini sinistri) studiato anch'esso nei dettagli e davvero davvero inquietante! wow!
Quasi superfluo dire che la tensione abbraccia totalmente la pellicola, non solo in prensenza del mostro, tenendoci incollati allo schermo terrorizzati (stavolta letteralmente) dall'inizio alla fine! (finalmente!!)
E sottolineiamolo ciò avviene senza il "supporto" di classici clichè del genere quali salti sulla sedia, facce allungate random, suoni assordanti e simili.
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Babadook è un horror davvero ben riuscito sotto tutti i punti di vista; l'incipit non è originalissimo ma viene affrontato in modo diverso dal solito sostenuto poi dall'ottima prova dei due protagonisti, davvero bravissimi e convincenti (cosa non da poco soprattutto per un bambino di 7 anni!).
Anche il lato visivo è davvero molto bello e curato nei dettagli: tutto è basato su una fotografia quasi minimalista caratterizzata da colori spenti, praticamente in bianco e nero, a rappresentare la totale mancanza di calore nella vita dei due malcapitati.
Bellissima poi la figura di Babadook che appare sempre come fosse un disegno (sull'orlo del "vedo non vedo") riuscitissimo grazie anche ad un ottimo apparato audio (suoni e rumorini sinistri) studiato anch'esso nei dettagli e davvero davvero inquietante! wow!
Quasi superfluo dire che la tensione abbraccia totalmente la pellicola, non solo in prensenza del mostro, tenendoci incollati allo schermo terrorizzati (stavolta letteralmente) dall'inizio alla fine! (finalmente!!)
E sottolineiamolo ciò avviene senza il "supporto" di classici clichè del genere quali salti sulla sedia, facce allungate random, suoni assordanti e simili. Mica roba da poco eh!
Sempre parlando di paura, il film sceglie di ruotare attorno all'esaurimento nervoso della madre, visibile sin dall'inizio, che cresce di minuto in minuto portando con se una tensione tale che si taglia a fette.
Unito a ciò c'è la figura di Babadook che diventa praticamente un terzo personaggio a tutti gli effetti aiutando il film a non cadere nel banale o nel noioso riuscendo a dar vita ad un'ambiguità tra realtà e pazzia davvero niente male!
Riuscito e realistico anche il difficile rapporto tra i due protagonisti che si aggrappano alla figura Babadook per tentare di superare il loro insuperabile lutto.
Bello poi il modo in cui la giovane regista riesce ad affrontare il difficile tema dell'elaborazione del lutto e della pazzia che piano piano divora ogni angolo della casa e della mente. Brava!
Un film che spaventa, coinvolge e regala finalmente (in questo genere in declino) 2 ore di cinema con la C maiuscola.
Insomma: andate a vederlo, subitoooo!!!
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martagiannelli93
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domenica 19 luglio 2015
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mostro dell'anima personificato in mostro d'armadio
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Un mostro dell'anima personificato, un dolore gigantesco come quello della depressione e della psicosi. Una madre vedova che combatte la battaglia più grande insieme ad un figlio il quale personaggio è specificato nei più invisibili dettagli.
La conquista della donna da parte della malattia che la distrugge, inghiottendola, risparmia per fortuna al regista l'utilizzo dei soliti cliché da film horror già triti e ritriti; che in Babadook hanno più il sapore di buie sfumature di una personalità femminile fin troppo evidente.
Attuale, angosciante, un frullato di ansia ben riuscito. Chi ha uno sguardo più discretamente penetrante vede nel meraviglioso finale una guarigione che va al di là della dimenticanza, bensì è la guarigione di una donna che addomestica e si prende cura della parte più fragile della sua anima, facendosi quasi vincere, ogni volta che se ne avvicina.
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Un mostro dell'anima personificato, un dolore gigantesco come quello della depressione e della psicosi. Una madre vedova che combatte la battaglia più grande insieme ad un figlio il quale personaggio è specificato nei più invisibili dettagli.
La conquista della donna da parte della malattia che la distrugge, inghiottendola, risparmia per fortuna al regista l'utilizzo dei soliti cliché da film horror già triti e ritriti; che in Babadook hanno più il sapore di buie sfumature di una personalità femminile fin troppo evidente.
Attuale, angosciante, un frullato di ansia ben riuscito. Chi ha uno sguardo più discretamente penetrante vede nel meraviglioso finale una guarigione che va al di là della dimenticanza, bensì è la guarigione di una donna che addomestica e si prende cura della parte più fragile della sua anima, facendosi quasi vincere, ogni volta che se ne avvicina. Perché Babadook è più di un film horror, è una trama districata tra i rami secchi di una piccola famiglia nella sua angosciante quotidianità.
consigliato per chi vuole guardare gli aspetti psicologici della vita in maniera originale; sconsigliato per chi ha voglia del solito splatter pieno di suspance.
Ottime musiche, ottima fotografia, ottimi attori.
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sbergo
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giovedì 23 luglio 2015
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un viaggio lungo gli ostacoli della psiche
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Babadook riesce fin dall'inizio ad avvolgere lo spettatore, che si ritrova catapultato all'interno di un'accesa battaglia tra una madre e il suo incoscio; esasperata, quest'ultima, non riesce più a gestire la sua vita e comprendere la differenza tra il mondo reale e quello interiore. Jennifer kent é riuscita a creare un horror psicologico totalmente diverso dai soliti schemi, che non spaventa con i soliti effetti speciali, ma nella sua semplicità, andando a proporre un qualcosa di terribilmente vero.
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ele cpt
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giovedì 23 luglio 2015
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un horror a tinte grigie e rosa
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Aldilà delle categorie dei generi Babadook e' un ottimo film. Ridurre un prodotto ben fatto a un genere, in questo caso horror, sarebbe davvero superficiale. Forma e sostanza nella pellicola vanno a pai passo e le atmosfere cupe che a tratti ricordano l'espressionismo tedesco non sono altro che i moti d'animo di questa donna desolata. I due protagonisti, reggono magistralmente più di novanta minuti di film, affrontano l'uomo nero del lutto e del senso di colpa, quest ultimo sentimento provato da un bambino di sei anni, le cui reazioni sono verosimilmente estreme. Il disagio e la creazione di un mondo interiore fatto di mostri si accompagnano alla difficoltà reale e concreta della madre di tirare avanti tra un lavoro deprimente e una sorella egoista, fin quando anche la protagonista viene travolta dall'irrazionale, mister babadook, un vortice di inquietudine a tratti catatonica a tratti aggressiva compulsiva.
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Aldilà delle categorie dei generi Babadook e' un ottimo film. Ridurre un prodotto ben fatto a un genere, in questo caso horror, sarebbe davvero superficiale. Forma e sostanza nella pellicola vanno a pai passo e le atmosfere cupe che a tratti ricordano l'espressionismo tedesco non sono altro che i moti d'animo di questa donna desolata. I due protagonisti, reggono magistralmente più di novanta minuti di film, affrontano l'uomo nero del lutto e del senso di colpa, quest ultimo sentimento provato da un bambino di sei anni, le cui reazioni sono verosimilmente estreme. Il disagio e la creazione di un mondo interiore fatto di mostri si accompagnano alla difficoltà reale e concreta della madre di tirare avanti tra un lavoro deprimente e una sorella egoista, fin quando anche la protagonista viene travolta dall'irrazionale, mister babadook, un vortice di inquietudine a tratti catatonica a tratti aggressiva compulsiva. Il finale per ovvie ragioni ha tradito le aspettative degli amanti del genere, a mio parere è l'ennesima dimostrazione della regista che non è solo un horror estivo ma un film conciliante, una volta entrato mister babadook non va più via, ma come con i lutti con le malattie ci si può convivere con la consapevolezza che esistono ma non devono sopraffarci.
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ralphscott
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domenica 26 luglio 2015
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in equilibrio tra horror e thriller dell'anima
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Con la premessa doverosa che far paura é un mestiere difficile,soprattutto quando si cerca di limitare i déjà vu,non ci si può astenere da lodare Babadook. Dentro c'é tanto di già visto,inevitabilmente,anche solo pensando al capolavoro assoluto "L'esorcista" e a "Poltergeist",recentemente rifatto in maniera scolastica. La bravissima Essie Davis ci rimanda dritti dritti a Mia Farrow e alla Deneuve. Detto ciò,sicuramente da elogiare sono le immagini:intense,nitide,efficaci. La qualità della fotografia consente di apprezzare le sfumature del grigio,tono dominante della pellicola. Menzione speciale per il sonoro:colpisce la cura maniacale dei suoni,anche i più fievoli,che accompagnano le scene di tensione.
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Con la premessa doverosa che far paura é un mestiere difficile,soprattutto quando si cerca di limitare i déjà vu,non ci si può astenere da lodare Babadook. Dentro c'é tanto di già visto,inevitabilmente,anche solo pensando al capolavoro assoluto "L'esorcista" e a "Poltergeist",recentemente rifatto in maniera scolastica. La bravissima Essie Davis ci rimanda dritti dritti a Mia Farrow e alla Deneuve. Detto ciò,sicuramente da elogiare sono le immagini:intense,nitide,efficaci. La qualità della fotografia consente di apprezzare le sfumature del grigio,tono dominante della pellicola. Menzione speciale per il sonoro:colpisce la cura maniacale dei suoni,anche i più fievoli,che accompagnano le scene di tensione. L'attenzione dello spettatore scivola gradualmente dal promettente Noah Wiseman - da paura il suo testone ed i suoi denti distanziati - alla madre,mina vagante in preda a timori ancestrali prima,alla pura follia poi. Mi é piaciuta molto la rappresentazione dell'uomo nero:impressionante quando si appicica al soffitto e quando,nel roboante finale,devasta la stanza della povera Amelia. Peculiarità e limite stesso del film é stare a cavallo tra psicologico e horror,con consapevolezza e,forse,indecisione.
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kondor17
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venerdì 7 agosto 2015
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interessante opera prima
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Samuel è un bambino disturbato e scomodo, tanto per la madre che per gli amici. I suoi continui incubi notturni aventi per oggetto l'uomo nero lo terrorizzano al punto di passare notti intere nello scantinato, l'officina del padre deceduto il giorno della sua nascita, per costruire armi tanto improvvisate quando pericolose (balestre con le freccette dei darts, catapulte con palle da baseball) che poi nasconde nella cartella e che saranno la causa della sua espulsione dalla scuola. Discriminato e incompreso, Samuel si rinchiude in se stesso e gli incubi aumentano diventando reali, sottoforma di rumori e crepitii elettrici prima, visioni e oggetti poi. È così che la madre single, impiegata in un ospizio, comincia a perdere colpi, sia al lavoro che a casa, dandosi per malata per accudire il figlio.
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Samuel è un bambino disturbato e scomodo, tanto per la madre che per gli amici. I suoi continui incubi notturni aventi per oggetto l'uomo nero lo terrorizzano al punto di passare notti intere nello scantinato, l'officina del padre deceduto il giorno della sua nascita, per costruire armi tanto improvvisate quando pericolose (balestre con le freccette dei darts, catapulte con palle da baseball) che poi nasconde nella cartella e che saranno la causa della sua espulsione dalla scuola. Discriminato e incompreso, Samuel si rinchiude in se stesso e gli incubi aumentano diventando reali, sottoforma di rumori e crepitii elettrici prima, visioni e oggetti poi. È così che la madre single, impiegata in un ospizio, comincia a perdere colpi, sia al lavoro che a casa, dandosi per malata per accudire il figlio. Dopo la scoperta di un lugubre libro che rappresenta un burtoniano uomo nero e che terrorizza entrambi, babadook comincia a insinuarsi nei meandri della mente e a manifestarsi a volte come un affabile e dolce marito defunto, altro come macchia nera dalle molteplici forme. La sua presenza diventa incessante, inevitabile, non solo immaginaria. Il libro non può essere distrutto né bruciato, il demone che è in esso lo ricrea, lo ripresenta, inesorabilmente, ineluttabilmente. Pian piano si insinua negli ambienti, nelle persone, in ogni angolo buio, che diventa palcoscenico di oscuri presagi.
Babadook è un horror insolito. Narra la storia di un incubo che diviene ossessione prima, possessione poi. A differenza infatti di Nightmare o Carrie, Babadook ha molteplici aspetti e modi di presentarsi e non è un sogno e tantomeno voluto. È il materializzarsi di una paura oppimente. Ottima prova prima di una regista indipendente, con attori sconosciuti. Credo, tra l'altro, che sia il primo horror o presunto tale diretto da una donna.
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