emanuele 1968
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venerdì 22 marzo 2019
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toc toc - chi e ? - la malattia
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Visto ieri su rai movie.
Strepitoso, imperdibile, magnifico, penso che esprima al meglio ciò che succede in una famiglia quando venga colpita da malattia precoce e degenerativa.
Mia madre e morta nel 2016, sono stato al suo fianco per 8 anni, però ricordo bene, alcuni erano indifferenti alla situazione, sembravano ciechi, sordi, freddi, anestetizzati, io restavo impietrito, quante amarezze, e non sono cambiati.
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fedezena
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lunedì 10 luglio 2017
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un film da non dimenticare...
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Film ben fatto.
Lo guarderete con attenzione, è molto interessante.
Di solito non mi piaciono i film strappalacrime, ma questo film mi ha fatto pensare, a quanto spesso non diamo valore ai nostri cari e a chi ci stá intorno. Quello che mostrano in questo film puó accadere, ed è davvero terribile.
Quindi consiglio di vederlo, è uno di quei film che fa pensare alla propria vita.
Attenzione spoiler: a metá film scendono le lacrime.
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gufetta76
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domenica 12 marzo 2017
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film molto bello
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La malattia raccontata con delicatezza e poesia. Ti immedesimi nella protagonista perché la Moore è dannatamente brava. La regia è veloce chiara... La storia è talmente reale e verosimile che rende bene l'idea di cosa sia vivere con una malattia come l' Alzheimer. Consigliato veramente bello!
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g_andrini
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mercoledì 20 aprile 2016
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istruttivo
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E' un bel film, con attori in buona vena. La degenerazione cognitiva rappresentata è certamente negativa, ma è amplificata dalla reazione emotiva. Visione più che piacevole.
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luigi chierico
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mercoledì 2 marzo 2016
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ancora e sempre
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La bravissima Julianne Moore interpreta mirabilmente la parte di Alice tanto da meritare ancora un Oscar. Vedremo la sua bellezza fatta di un sottile fascino consumarsi nel tempo, prima ancora che sia giunta la vecchiaia a lasciarle le mani e il volto solcati dalle rughe,spenti gli occhi luminosi,la memoria persa ma non l’intelligenza e la forte volontà di vivere contro ogni avversità. L’impegno nel lavoro che l’ha resa famosa nel mondo e nel sociale,la cura affettuosa con la famiglia:il marito Jhon(Alec Baldwin),i figli Anna(Kate Bosworth),Lydia(l’ottima Kristen Stewart) e Tom(Hunter Parrish), la sostengono in ogni momento della parabola discendente che la vita le ha riservato,annebbiandole la vista e con essa i ricordi,persino le parole a lei tanto care dovranno essere cercate in un labirinto in cui la sua mente si è cacciata.
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La bravissima Julianne Moore interpreta mirabilmente la parte di Alice tanto da meritare ancora un Oscar. Vedremo la sua bellezza fatta di un sottile fascino consumarsi nel tempo, prima ancora che sia giunta la vecchiaia a lasciarle le mani e il volto solcati dalle rughe,spenti gli occhi luminosi,la memoria persa ma non l’intelligenza e la forte volontà di vivere contro ogni avversità. L’impegno nel lavoro che l’ha resa famosa nel mondo e nel sociale,la cura affettuosa con la famiglia:il marito Jhon(Alec Baldwin),i figli Anna(Kate Bosworth),Lydia(l’ottima Kristen Stewart) e Tom(Hunter Parrish), la sostengono in ogni momento della parabola discendente che la vita le ha riservato,annebbiandole la vista e con essa i ricordi,persino le parole a lei tanto care dovranno essere cercate in un labirinto in cui la sua mente si è cacciata. Tutto quello che ha fatto per una vita se ne sta andando. Ma lei continua a parlare ed a commuovere, passa da un discorrere veloce ad uno lento,quasi stentato. Noi la seguiamo e ci commuoviamo quando cede, quando si perde,noi vorremmo piangere al suo posto allorché una notte si dispera per aver smarrito il cellulare,non siamo superficiali con lei,comprendiamola,amiamola ed abbracciamola,lei ha perso l’unico contatto con la realtà non un una semplice scatola di sms e numeri telefonici. La figlia le chiede”Mamma sei malata?” Alice tace, non ha il coraggio di risponderle,ma lo sguardo ed il volto della divina Julianne non possono tacere. Che tristezza quando al bar, nei pressi dell’università dove ha insegnato e che ora non riconosce, le sentiamo dire stupita:“ma non ho finito, dobbiamo andar via?” e Jhon rispondere:“vuoi ancora restare qui?” alla dolce Alice,stanca,sciupata ma tenerissima.Talora un solo sguardo è sufficiente ad aprire tutto ciò che si ha in animo di dire mentre si tace. Non è la fine di Alice, ma quella che vediamo è Julianne,ed in essa riconosciamo tanti amici,amiche e parenti anziani.
A fare del film un ottimo lavoro si aggiunge la musica ed alcune bellissime canzoni,un splendida fotografia,mai fine a se stessa ma a cornice dei sentimenti che travagliano la protagonista ed i suoi cari. Nella consapevolezza di non poter più ricordare prende continuamente appunti,sul suo computer si crea un file in cui la sua immagine sia in grado di dirle come suicidarsi.Una scena scioccante e dire che c’è gente che questi malati li deride. Come dimenticare cosa hanno dato in affetto, amore,scienza e nella società prima di essere solo corpi inermi incapaci di tornare indietro,là dove noi siamo ancora presenti? Ci risponde Alice:” Domani potrò dimenticare di essere stata qui, ma quel che importa è che oggi ci sono stata”.
Il film è ricco di bella musica,belle canzoni, tristissima quella che accompagna lei e noi alla fine”Vedo le parole e non riesco a raggiungerle” e così ”Imparo ad apprendere l’arte del perdere ogni giorno tutto quello che mi viene portato via, è atroce” e tornano alla mente avvolti dalla nebbia nel buio i momenti più importanti della vita. Sulla spiaggia Alice va via senza salutare. Lydia dice di aver visto in sogno da un aereo:” Anime salire,dalla terra,laggiù in basso.Anime di defunti,di persone morte per la fame,per la guerra,per epidemie.Salire fluttuando come paracadutisti al contrario.Con le mani sui fianchi, ruotavano e giravano. E le anime univano le mani, si agganciavano alle caviglie formando una trama,una grande rete di anime.” Andando via dicendo:“A presto rivederti Julianne”.
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rita branca
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martedì 26 gennaio 2016
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pugno di ferro con la sorte di rita branca
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Still Alice (2014), film di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, basato sull’opera prima omonima della neuroscienziata Liza Genova, con Julianne Moore, Kristen Stewart, Kate Bosworth, Alec Baldwin, Hunter Parrish, e altri
Grandissimo film e strepitosa interpretazione di Julianne Moore di una brillante cinquantenne, docente universitaria americana e autrice di numerosi manuali di linguistica, moglie e madre felice, che, un giorno, si accorge di avere vuoti di memoria linguistici improvvisi e inaspettati, per cui decide di sottoporsi a dei test clinici e neurologici che le rivelano una tragica verità: è affetta da una galoppante ed ereditaria forma di Alzheimer, per la quale, com’è noto, non esistono cure. Pur sconvolta, tiene inizialmente nascosta la scoperta alla famiglia, finché è costretta a rivelarla, per essere entrata nel panico, realizzando che dopo la consueta corsa per tenersi in forma, era arrivata in una piazza ben nota senza riconoscerla.
Il film analizza puntualmente il percorso ineluttabile, a binario unico, che il malato di Alzheimer deve affrontare dagli esordi del morbo alla fase finale e la tragedia che è costretto a vivere nella consapevolezza che, a fasi alterne, come in una stanza in cui viene tolta la corrente a intervalli discontinui, gli consente di osservarne la crudele evoluzione, il lento estraniamento da sé che nello stadio finale diventa totale.
Insieme al disperato tentativo della malata di rimanere ancora sé stessa, ancora la pregevole Alice di un tempo, che tenta di strappare al morbo lembi sempre più ridotti di memoria, con mille espedienti favoriti dalla tecnologia con cui ha dimestichezza, l’opera sottolinea anche lo sconvolgimento delle relazioni sociali che la malattia provoca, a partire dall’ambito familiare e lascia spazio a qualche colpo di scena, provocando intense emozioni e coinvolgendo totalmente lo spettatore che ne rimane profondamente turbato.
Da non perdere sia per l’attualità del tema trattato con sensibilità e competenza, che per le eccellenti prove di recitazione e la bella fotografia.
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fabio57
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sabato 23 gennaio 2016
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doloroso
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L'alzhaimer è purtroppo la malattia del nuovo millennio,la vita media si è allungata e questo è il dazio che spesso si paga.Per chi come me ha vissuto il dramma da molto vicino,mia madre se n'è andata così, è particolarmente doloroso vedere film che raccontano questa malattia e allora perché farlo? Per trovare risposte,per capire,non è masochismo ma legittimo desiderio di darsi delle ragioni.Il film è ovviamente molto straziante, la Moore è brava.Pupi Avati, con una sconfinata giovinezza aveva fatto un'operazione analoga,il paragone è improponibile,qui si spinge il pedale su una proposizione del dramma in chiave medico-scientifica,con toni forti ma contenuti,Bentivoglio era più autentico,più tragico.
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L'alzhaimer è purtroppo la malattia del nuovo millennio,la vita media si è allungata e questo è il dazio che spesso si paga.Per chi come me ha vissuto il dramma da molto vicino,mia madre se n'è andata così, è particolarmente doloroso vedere film che raccontano questa malattia e allora perché farlo? Per trovare risposte,per capire,non è masochismo ma legittimo desiderio di darsi delle ragioni.Il film è ovviamente molto straziante, la Moore è brava.Pupi Avati, con una sconfinata giovinezza aveva fatto un'operazione analoga,il paragone è improponibile,qui si spinge il pedale su una proposizione del dramma in chiave medico-scientifica,con toni forti ma contenuti,Bentivoglio era più autentico,più tragico.Da vedere
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critichetti
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martedì 12 gennaio 2016
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tanto di cappello!
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Una strepitosa Moore ci delizia con una prova recitativa perfetta per qualcosa che (ammettiamolo) ci spaventa.Immaginate di dover prendere coscienza che a poco a poco vi spegnerete fino ad essere incapaci di ricordare il vostro stesso nome.Il ritmo narrativo rende ancora meglio questa sensazione di angoscia come finora pochissimi film erano riusciti a fare.La regia non è stellare,ma per un film come questo era quello che serviva.Anche se lasciatemi fare una critica:perchè Kristen Stewart?Davvero,il suo ruolo all'interno della storia potrebbe essere molto più importante,ma lei,essendo incapace di recitare (e ironia della sorte interpreta un'aspirante attrice)riesce a renderlo piattissimo,di modo che ogni cosa che fa risulta scontata.
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Una strepitosa Moore ci delizia con una prova recitativa perfetta per qualcosa che (ammettiamolo) ci spaventa.Immaginate di dover prendere coscienza che a poco a poco vi spegnerete fino ad essere incapaci di ricordare il vostro stesso nome.Il ritmo narrativo rende ancora meglio questa sensazione di angoscia come finora pochissimi film erano riusciti a fare.La regia non è stellare,ma per un film come questo era quello che serviva.Anche se lasciatemi fare una critica:perchè Kristen Stewart?Davvero,il suo ruolo all'interno della storia potrebbe essere molto più importante,ma lei,essendo incapace di recitare (e ironia della sorte interpreta un'aspirante attrice)riesce a renderlo piattissimo,di modo che ogni cosa che fa risulta scontata.E dato che tutti gli altri attori sono veramente bravi questa sua incapacità in un ruolo che ripeto sarebbe stato veramente importante ai fini della storia si nota ancora di più.Questo,è vero,è l'unico neo e ammetto che ci sarei passato sopra se il personaggio della Stewart non meriterebbe importanza.Ma dato che una qualsiasi attrice capace (non so...Emma Watson?Carey Mulligan?l'elenco potrebbe dilungarsi parecchio)lo avrebbe reso un personaggio non dico unico,ma almeno parecchio interessante,devo a malincuore parlarne e abbassare di una stella la valutazione,altrimenti sarebbe stata sicuramente di 5 stelle
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giulia93
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sabato 14 novembre 2015
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ti coinvolge e non ti fa staccare un secondo
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film veramente svolto bene, utile a chiunque per capire anche il rpogredire di questa malattia...
veramente sceneggiato anche bene, non patetico o solo strappalacrime come altri film che però non trasmettono veramente tutti i significati che dovrebbero passare..
complimenti davvero
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sergio dal maso
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sabato 26 settembre 2015
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quando tutto sembra perduto
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“ … tu che adesso scendi non guardarmi, ti dico, questo è un sentiero per ‘comici spaventati guerrieri’ e io non voglio nè vincere nè perdere, solo che tu mi ricordi (…)”
"Vengo con te," disse Lucia. Comici Spaventati Guerrieri (S.
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“ … tu che adesso scendi non guardarmi, ti dico, questo è un sentiero per ‘comici spaventati guerrieri’ e io non voglio nè vincere nè perdere, solo che tu mi ricordi (…)”
"Vengo con te," disse Lucia. Comici Spaventati Guerrieri (S. Benni)
Cosa saremmo senza i nostri ricordi? Privati delle capacità cognitive, della memoria del nostro passato, della lucidità nel ricordare gli affetti e le emozioni della nostra vita, siamo ancora noi stessi?
Sono domande spiazzanti che inevita-bilmente disorientano, difficili da affrontare. Crudeli come il morbo di Alzheimer, una malattia degenerativa che annienta le attività celebrali affievolendo giorno dopo giorno i ricordi e le capacità mnemoniche. Una patologia spietata, senza cure, che colpisce l’identità e la mente lasciando invece immune il corpo. Tra l’altro difficile da diagnosticare perché nello stadio iniziale ha dei sintomi comuni all’affaticamento e allo stress della normale vita quotidiana. E’ per questo che Alice Howland, brillante linguista di successo, docente alla Columbia University di New York, non dà molta importanza all’amnesia di alcune parole nel corso di una conferenza, o al senso di smarrimento nel parco in cui fa jogging da sempre. Il successivo responso medico sarà implacabile: Alice è affetta da una rara forma di Alzheimer precoce. La vita della protagonista e la serenità dell’affiatata e amata famiglia ne vengono sconvolte.
I registi Westmoreland e Glatzer scelgono però di lasciare sullo sfondo il dramma dei figli e del marito. Still Aliceè girato praticamente in soggettiva, al centro della storia c’è solo Alice, il suo coraggio e le sue fragilità, l’intima umanità con cui affronta la terribile evoluzione della malattia. Tutto è ricondotto al punto di vista della protagonista, spesso gli altri personaggi sono addirittura esclusi dal campo visivo, su alcuni dialoghi non c’è controcampo lasciando la camera fissa su Alice. Gli intensi primi piani del suo viso, le riprese sfocate, i campi lunghi sui particolari, il montaggio con frequenti salti temporali, ci permettono di “sentire” il dolore e l’intima tragedia che Alice Howland si trova ad affrontare.
Ma se si crea fin da subito una forte empatia con lo spettatore, che quasi accompagna da vicino Alice nella sua decadenza psichica, gran parte del merito è senza dubbio dell’immensa bravura di Julianne Moore.
La grande umanità con cui vive il calvario della malattia, l’evoluzione dello sguardo sempre più spento, il lento ma inesorabile decadimento della sua espressività dimostrano capacità attoriali straordinarie. Basti pensare alla scena in cui una Alice oramai “assente” guarda il video che aveva registrato all’inizio della malattia: sembrano due persone diverse che si guardano ma non si riconoscono, niente è più efficace per far comprendere la ferocia e la disumanità del morbo di Alzheimer.
Eppure Still Alice riesce a mantenersi equilibrato e sincero, commovente senza scadere mai nel melodramma e nel ricatto emotivo. La scelta di non mostrare il decorso finale della malattia, per esempio, dimostra intelligenza e grande sensibilità da parte dei registi. Va detto che per Richard Glatzer non era un film come un altro, lo ha fortemente voluto pur essendo malato nella fase terminale di SLA (sclerosi laterale amiotrofica), altra malattia tremenda, per ironia della sorte quasi opposta all’Alzheimer visto che devasta il corpo lasciando lucida la mente.
Il regista americano si è spento il 10 marzo 2015, tre settimane dopo il trionfo di Julianne Moore agli Oscar. Oltre alla splendida interpretazione dell’attrice protagonista occorre sottolineare anche quella di Kristen Steward, la figlia minore, inizialmente ribelle e conflittuale, che resterà con la madre per assisterla nella fase finale della malattia.
Tornando alla domanda iniziale - se senza ricordi siamo ancora noi stessi - la risposta più bella l’ha data Lisa Genova, autrice del romanzo Perdersi a cui è ispirato il film: “l’essenza e il valore di una persona non sono basate sull’intel-letto, sul linguaggio o sulla memoria … quando tutto è perduto l’amore è ancora lì, e tiene insieme la realtà, non solo le persone”.
E’ proprio in quell’ultima toccante parola pronunciata nella struggente scena finale, nell’ultimo sussulto di due occhi ormai inespressivi che Alice riassume e restituisce un senso alla sua vita, trovando un motivo per continuare a vivere. Nel nome dell’amore, dato e ricevuto, Alice c’è ancora. Still Alice.
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