Un'ora e mezza di sofferenza con un'unica soddisfazione, quando hanno cominciato a scorrere i titoli di coda: una liberazione.
Non riesco a capire come una serie infinita di "Ti ricordi?" possa appassionare. Un dialogo intimo tra vecchi amici, così intimo che ti esclude. Una discussione tra loro, che c'entriamo noi spettatori? Che ne sappiamo noi di tutti gli altri personaggi che hanno popolato la vita dei protagonisti? Perché dovremmo credere sulla parola a ciò che essi ci raccontano?
Un'occasione sprecata per raccontarci qualcosa, tutta concentrata sulle frustrazioni di cinque "giovani vecchi" qualsiasi, al punto da chiedersi perché sia stato ambientato su una terrazza dell'Avana quando avrebbe potuto essere ambientato in un qualsiasi teatro, senza nemmeno una scenografia, ma, soprattutto, in una qualsiasi città del mondo. In nessuna città del mondo, che io sappia, si vive completamente esenti da frustrazioni e disillusioni.
Questo film non è cubano, lo sappiamo: basta guardare la sua scheda e lo apprendiamo. Ma non è cubano in nessun senso, e quando vuole esserlo ci riesce solo in un modo sconcertantemente banale, con quei riferimenti sbrigativi e superficiali a "los dioses de la santeria". Non è cubano soprattutto nello spirito, nella sua dimensione individualista e chiusa a riccio sugli ombelichi dei protagonisti. Il cinema cubano è un'altra cosa. Nel cinema cubano la dimensione individuale è tralasciata – si badi: non dimenticata! – a favore di una dimensione collettiva, e l’individualità acquisisce un valore diverso. L’individuo esiste, eccome: si esprime e occupa il suo spazio, ma non è al centro, e ha valore nella realtà perché questa è la risultante dell'insieme di altri individui.
Questo film, invece, è europeo, perché lo stato d’animo individualistico sovrasta la sottotraccia collettiva, perché è fondato sulla auto indulgenza personale, un canone tipico del Cinema europeo e nordamericano. Ai cubani, in genere, questa cosa non piace. Non so se gli autori avessero in mente un determinato pubblico come destinatario del film, ma mi sentirei di escludere il pubblico cubano: questo film è destinato a noi.
Gli autori ci propongono questa "fotografia", un momento importante della vita dei cinque protagonisti, ma un fotogramma non è onesto se non ci lascia intuire il film da cui è tratto. Non c'entra l'ideologia, ma non riesco a non considerare sospetta questa "ansia" che vi ho colto, di stabilire riferimenti "confortevoli" che ci aiutino a confermare la convinzione che non valga la pena di approfondire quella storia così lontana e così diversa dalla nostra.
Senza volere essere "ideologico", a questo film manca un piccolo sforzo, quello di mettersi nei panni di un popolo che vive in una latitudine diversa dalla nostra, in tutti i sensi, e di comprenderne la storia. Il punto di osservazione prevalente, è "curiosamente" la Spagna, oppure quello dell'amico che ha perfettamente assimilato un certo modello ("se hai i soldi sei qualcuno").
Tutto ciò, senza voler entrare nel merito del "messaggio", nei contenuti dei dialoghi. Non ce l'ho con quella visione estremamente critica nei confronti del "regime", come la nostra "sensibilità" occidentale non perde occasione di definirlo. La stessa sensibilità che poi si sorprende perché "non c'è stata alcuna censura", come tutte le volte sento dire a proposito di molti film cubani, dimostrando una conoscenza di Cuba pari a zero. Ma se proprio devo fare invece una considerazione di carattere ideologico, è questa: mi chiedo perché mai, con tutti i film meravigliosi che Cuba sforna (e tutt'altro che adulatori!), arrivino nelle sale solo questi insopportabili e inutili mattoni.
Dimenticavo: sceneggiatura e regia mediocri, senza nessuna invenzione. Il doppiaggio pessimo uccide la recitazione di due pur splendidi attori come Jorge Perrugoria e Isabel Santos.
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jazcuba
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lunedì 3 novembre 2014
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retour ithaque
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Da cubana ho trovato questo film molto bello, per la prima volta un regista riesce a mettere sullo schermo la mia visione e quella dalla mia generazione. Mi sono rivista a me e i miei amici ogni volta che si torna all'isola. Ho amato il modo sottile che il regista ha fatto sentire il malessere di un popolo senza dovere per forza usare parole violente o immagini "folcloristiche".La scelta di un terrazzo come unico scenario è stata geniale, in modo di uscire di qualsiasi altra finestra comune, senza però lasciare entrare le infinite sfumature che si respira nell'isola.Confesso che il doppiaggio è pessimo. Suggerisco di essere visto in V.O. ha tutto un'altro sapore la voce dei protagonisti.L'aria fresca sul terrazzo di un palazzo della habana vieja, pieno di malinconia e tristezza, come lo è oggi Cuba.
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Da cubana ho trovato questo film molto bello, per la prima volta un regista riesce a mettere sullo schermo la mia visione e quella dalla mia generazione. Mi sono rivista a me e i miei amici ogni volta che si torna all'isola. Ho amato il modo sottile che il regista ha fatto sentire il malessere di un popolo senza dovere per forza usare parole violente o immagini "folcloristiche".La scelta di un terrazzo come unico scenario è stata geniale, in modo di uscire di qualsiasi altra finestra comune, senza però lasciare entrare le infinite sfumature che si respira nell'isola.Confesso che il doppiaggio è pessimo. Suggerisco di essere visto in V.O. ha tutto un'altro sapore la voce dei protagonisti.L'aria fresca sul terrazzo di un palazzo della habana vieja, pieno di malinconia e tristezza, come lo è oggi Cuba. Una visione diversa, delicata, intima. La mia lontana, Cuba.
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