cigaro
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sabato 6 settembre 2014
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belluscone, una storia multipla.
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Che cos'è "Belluscone"? Belluscone è un insieme di racconti, in primis quello sul legame tra Berlusconi e la Trincaria, la Sicilia che tanto aveva già dato alla Democrazia Cristiana. Questo racconto si collega ovviamente alla mafia, e al suo collegamento con la cultura della musica neomelodica, musica nata dalla sottocultura sviluppatasi durante il ventennio berlusconiano, una sottocultura basata sulla leggerezza, su temi qualunquisti e soprattutto sull'omertà davanti ai problemi della vita, mafia in primis. E' il racconto di un manager di musica neomelodica, Ciccio Mira, una figura grigia, talmente grigia che per ogni fotogramma ove lui appare, insieme a tutto ciò che lo circonda, è rappresentato in bianco e nero.
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Che cos'è "Belluscone"? Belluscone è un insieme di racconti, in primis quello sul legame tra Berlusconi e la Trincaria, la Sicilia che tanto aveva già dato alla Democrazia Cristiana. Questo racconto si collega ovviamente alla mafia, e al suo collegamento con la cultura della musica neomelodica, musica nata dalla sottocultura sviluppatasi durante il ventennio berlusconiano, una sottocultura basata sulla leggerezza, su temi qualunquisti e soprattutto sull'omertà davanti ai problemi della vita, mafia in primis. E' il racconto di un manager di musica neomelodica, Ciccio Mira, una figura grigia, talmente grigia che per ogni fotogramma ove lui appare, insieme a tutto ciò che lo circonda, è rappresentato in bianco e nero. Ciccio Mira è il protagonista di questo documentario, colui che descriverà un po' coe funzionano le cose in questo quartiere di Palermo, colui che rappresenterà l'impotenza e la sottomissione quasi devota alla criminalità organizzata della popolazione locale. Infine, è la storia di lui, il regista Franco Maresco, genio incompreso di questo paese, che vedrà il suo sogno di un film su Berlusconi sgretolarsi, prima con inconvenienti vari tra cantanti neomelodici, poi con errori di registrazione di un'intervista a Marcello Dell'Utri (che peraltro stava confessando verità terrificanti sui segreti di Berlusconi) ed infine con l'arresto del suo protagonista, proprio quel Ciccio Mira che sembrava tanto tranquillo, tanto protetto dal suo giro di "amici", che nominerà più volte nel film (egli infatti non userà mai il termine "mafia"). Se, infatti, non avesse provato a recuperare i pezzi già registrati lo storico del cinema Tatti Sanguineti (che si improvviserà narratore della produzione del film, difatti le voci fuori scena saranno a turno quella di Maresco, negfli spezzoni originali del film, e Sanguineti nelle parti nuove), il film sarebbe per sempre finito nel dimenticatoio. Maresco, infatti, è sparito dalla circolazione.
Ciò che però rimane del suo lavoro dimostra tutta la passione ed il tempo, oltre al suo talento immenso, che aveva investito in questo progetto. Il film è un misto di elementi geniali, tra interviste, spezzoni di vita quotidiana e testimonianze dello staff, che si legano tra di loro alla perfezione, e raccontano al mondo non solo la triste attualità del fenomeno dell'omertà e della devozione alla mafia, anche dopo Falcone e Borsellino, ma anche l'amara fine di uno dei tanti registi che, contro tutto e tutti, aveva tentato di fare una rivoluzioni.
Ma sappiamo tutti che fine fanno in Italia le rivoluzioni, ahimè.
Vedere questo film serve da monito e da campanello d'allarme. Serve ad aprire gli occhi su due fenomeni, quelli enunciati prima. Non è troppo tardi per svegliarsi.
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xcacel
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giovedì 30 aprile 2015
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assurdamente vero
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"Belluscone" è un film totalmente fuori dagli schemi: dove si è mai visto un film di cui ci si interroga che fine abbia fatto il regista, che ha lasciato l'opera incompiuta? All'inizio lo spettatore è disorientato, confuso, poi, con il passare dei minuti, ci si lascia inevitabilmente affascinare dalla logica alternativa ma, nel suo assurdo, ineccepibile, dei protagonisti, tra i quali spicca Ciccio Mira, il manager dei neomelodici di brancaccio, un personaggio che più "mareschiano" di così non si può. Le espressioni facciali di Mira sono accentuate e spinte al limite dal contrasto del bianco e nero, le sue mezze frasi, i sottintesi, i tentennamenti, sono inverosimili, quasi comiche, paradossali, ma purtroppo non è finzione, è pura realtà.
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"Belluscone" è un film totalmente fuori dagli schemi: dove si è mai visto un film di cui ci si interroga che fine abbia fatto il regista, che ha lasciato l'opera incompiuta? All'inizio lo spettatore è disorientato, confuso, poi, con il passare dei minuti, ci si lascia inevitabilmente affascinare dalla logica alternativa ma, nel suo assurdo, ineccepibile, dei protagonisti, tra i quali spicca Ciccio Mira, il manager dei neomelodici di brancaccio, un personaggio che più "mareschiano" di così non si può. Le espressioni facciali di Mira sono accentuate e spinte al limite dal contrasto del bianco e nero, le sue mezze frasi, i sottintesi, i tentennamenti, sono inverosimili, quasi comiche, paradossali, ma purtroppo non è finzione, è pura realtà. Le interviste ai neomelodici sono meno efficaci, e la storia di Berlusconi alla fine entra nel film solo in brevi tratti (le note vicende di Dell'Utri e di Mangano). Proprio a Dell'Utri viene fatta la più improbabile delle interviste, con rivelazioni nascoste da un ancor più improbabile malfunzionamento del microfono.
Ma, "Belluscone" va molto al di lá dei resoconti della malavita in stile "Gomorra" e supera i limiti del reportage classico. In realtà quella di Berlusconi è solo una falsa pista, un pretesto, che il regista usa per arrivare ben oltre, istillando nello spettatore una sensazione molto più forte e profonda, e assolutamente surreale, che resta anche dopo la fine del film, per giorni.
La sensazione che questo mondo, questo universo, sia davvero dietro l'angolo, più vicino di come ce lo immaginavano, nelle parole e nei pensieri di gente comune, vicina in maniera sconcertante. Citando frankie hi.nrg "sono in mezzo a noi, in molti casi siamo noi...".
Riporto la conclusione di un articolo di Gery Palizzotto: "dove la lucidità si ferma, il senso del grottesco ci salva. Spesso ci vuole il delirio per aggrapparsi alla realtà".
La frase conclusiva del film è in tal senso illuminante. A titoli di coda finiti, Mira si rivolge al pubblico con l’aria finalmente contrita.
“Non fate entrare la mafia in casa vostra”.
Pausa.
“Perché non è più quella di una volta”.
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carloalberto
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sabato 23 ottobre 2021
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maresco aruspice ossessionato dalle sue visioni
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Parafrasando Shakespeare, si potrebbe dire che ci sono più cose nella storia della nostra repubblica, dal dopoguerra ad oggi, di quante ne possa immaginare lo storico più documentato o il cronista più appassionato. La realtà supera di gran lunga la fantasia e Maresco sembra avere un accesso privilegiato al sostrato tellurico, infernale ed indicibile che si nasconde sotto le apparenze della società civile.
Negli anni ’60 Petri e Rosi per denunciare, con il loro cinema verità, il sistema politico mafioso che governava, già a quel tempo, il Mezzogiorno d’Italia e realizzare A ciascuno il suo e Le mani sulla città fecero ricorso, rispettivamente, all’omonimo romanzo di Sciascia e ad un soggetto ispirato alla realtà scritto dallo stesso Rosi e da La Capria.
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Parafrasando Shakespeare, si potrebbe dire che ci sono più cose nella storia della nostra repubblica, dal dopoguerra ad oggi, di quante ne possa immaginare lo storico più documentato o il cronista più appassionato. La realtà supera di gran lunga la fantasia e Maresco sembra avere un accesso privilegiato al sostrato tellurico, infernale ed indicibile che si nasconde sotto le apparenze della società civile.
Negli anni ’60 Petri e Rosi per denunciare, con il loro cinema verità, il sistema politico mafioso che governava, già a quel tempo, il Mezzogiorno d’Italia e realizzare A ciascuno il suo e Le mani sulla città fecero ricorso, rispettivamente, all’omonimo romanzo di Sciascia e ad un soggetto ispirato alla realtà scritto dallo stesso Rosi e da La Capria.
Per fare cinema di impegno civile oggi non è più necessario creare un’opera che risulti verosimile, è sufficiente girare, cinepresa in spalla, per le strade di una qualsiasi città italiana, Palermo ad esempio, ed interrogare la gente comune su un tema che dovrebbe essere di pubblico interesse come quello della contiguità tra esponenti politici ed organizzazioni criminali. Il quadro che ne esce è sconfortante. Maresco lo sa e volendo indagare, a modo suo, con la lente deformante della satira grottesca, i rapporti mafia politica, che in Sicilia risalgono allo sbarco degli Americani del luglio del ’43, utilizza l’ambiente che ruota attorno alle feste di piazza dei neomelodici palermitani come cartina di tornasole.
Tra tutti i protagonisti, che nel film interpretano sé stessi, spicca un personaggio fantastico dalla irresistibile, involontaria vis comica, alla Frassica, l’impresario dei cantanti, che sembra riemergere dal Cinico TV degli anni’90 ed è forse per questo che le sue inquadrature sono tutte in bianco e nero.
Maresco non realizza un docufilm bensì un collage, un Blob fantasmagorico, sarcastico, esilarante, un contenitore suggestivo di immagini di repertorio, di edizioni di telegiornali locali, di programmi TV di piccole emittenti e di reti nazionali, di interviste da lui stesso fatte per il film a Dell’Utri e a Gaspare Mutolo.
Nel finale l’amara riflessione di Tatti Sanguineti, mentre lascia Palermo per ritornare a Milano, sulla cupa solitudine di Maresco, ormai ossessionato dagli oscuri presagi da lui stesso tratti, come un moderno aruspice che abbia scrutato le viscere dell’immaginario collettivo, sul destino del popolo italiano, che ignaro, vive felice e spensierato, in un eterno, immemore presente, senza coscienza della propria storia, nemmeno di quella più recente.
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onufrio
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venerdì 23 gennaio 2015
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benvenuti a brancaccio
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Maresco, stavolta senza il socio Ciprì, confeziona un nuovo documentario che tende al Grottesco, intervistando le persone di Brancaccio e dintorni sulla questione Berlusconi, uomo politico visto come un "Dio" in questo storico quartiere palermitano. Il tutto è raccontato con ironia, un ironia a volte amara a simbolizzare e sottolineare l'ambiente in cui Maresco ha deciso di realizzare quest'opera, con l'aiuto dello storico e critico del cinema Sanguinetti, il documentario racconta anche le vicende di questi personaggi "vip" della zona.
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alexander 1986
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domenica 25 gennaio 2015
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i miserabili di palermo
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Come 'Lost in La Mancha' di Terry Gilliam (2002, documentario su un fallito progetto basato sul 'Don Chisciotte'), 'Belluscone' è la storia di un film mai nato. Il palermitano Franco Maresco, già fra i registi più controversi degli anni '90, avrebbe voluto realizzare quel documentario grande e esauriente su Berlusconi e il berlusconismo che non c'è, in fin dei conti, mai stato: un racconto in grado di illustrare non tanto il personaggio-Berlusconi quanto l'humus sociale e culturale che ne ha permesso l'ascesa. Qualcosa però va storto e il regista abbandona tutto rendendosi irreperibile. L'amico e collega Tatti Sanguineti decide però di raccogliere il materiale girato e di scoprire le ragioni di quella decisione così drastica.
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Come 'Lost in La Mancha' di Terry Gilliam (2002, documentario su un fallito progetto basato sul 'Don Chisciotte'), 'Belluscone' è la storia di un film mai nato. Il palermitano Franco Maresco, già fra i registi più controversi degli anni '90, avrebbe voluto realizzare quel documentario grande e esauriente su Berlusconi e il berlusconismo che non c'è, in fin dei conti, mai stato: un racconto in grado di illustrare non tanto il personaggio-Berlusconi quanto l'humus sociale e culturale che ne ha permesso l'ascesa. Qualcosa però va storto e il regista abbandona tutto rendendosi irreperibile. L'amico e collega Tatti Sanguineti decide però di raccogliere il materiale girato e di scoprire le ragioni di quella decisione così drastica. Ne viene fuori un reportage quasi antropologico sulla sicilianità popolare, dalle tinte fosche e capace di conseguire gli obiettivi di Maresco più di quanto sarebbe stato possibile mediante il film pianificato in origine.
Che dire di questo Belluscone? Sotto certi aspetti è semplicemente geniale. Geniale è il modo in cui Maresco riesce a scivolare dalla fiction alla realtà, lasciando lo spettatore sempre nel dubbio su come debba valutare - se con divertimento o preoccupazione - la carrellata di scene e personaggi assurdi e grotteschi messigli di fronte. Evidenti sono poi le citazioni ironiche e coltissime dal cinema d'essai d'altri tempi, la gioia dei cinefili. Quanto ai contenuti però, il giudizio non può che essere diametralmente opposto.
L'intento di Belluscone è chiarissimo: mettere lo spettatore (che si suppone rientrante nel target del pubblico 'alto') di fronte allo spettacolo dell'imbecillità di una grossa fetta della popolazione palermitana. Quella che nello specifico confluisce nel bacino elettorale di Berlusconi. Impariamo così a conoscere una realtà manicomiale, se già non la conosciamo. Naturalmente non dobbiamo equivocare il messaggio del film: il quadro descritto non vuole riferirsi alla sola realtà siciliana né si vuol lasciare intendere un'equivalenza tra 'berlusconismo' e 'sottosviluppo mentale'. Si sente tuttavia la mancanza di un passaggio successivo. Di qualcosa cioè che impedisca a Belluscone di ridursi a poco più di un divertimento macabro in stile-Blob. O forse non manca proprio nulla, in realtà: la tesi del regista potrebbe proprio essere la rinuncia a ogni tentativo di spiegare alcunché. La realtà sociale italiana è questa. Punto. Possiamo solo scegliere se riderne o piangerne. E questo è un effetto del berlusconismo.
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veritasxxx
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giovedì 18 settembre 2014
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ancora lui...basta!!!
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Purtroppo l'Italia è questa, è inutile che ci giriamo intorno. E non c'è bisogno di arrivare agli eccessi dell'ignoranza tanto imbarazzante al punto di diventare comica dei personaggi intervistati da Marco Maresco. È facile fare gli intellettuali di sinistra quando si è circondati dal deserto, quando dei poveretti come Ciccio Mira fanno dodici figli e accettano i mestieri più tristi e umilianti per tirare avanti la famiglia, mentre i pochi fortunati che hanno avuto accesso ai libri e che potrebbero cambiare qualcosa nel paese decidono di non riprodursi perchè devono concentrarsi sul loro Master in strategie comunicative. Gli analfabeti e i diseredati del quartiere Brancaccio di Palermo giustamente hanno votato e continuano a sostenere Forza Italia, perchè quantomeno si proponeva come valido rimpiazzo della caritatevole Democrazia Cristiana dopo il vuoto di potere nella trattativa stato-mafia creato dalla crisi della prima repubblica successiva agli scandali di mani pulite.
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Purtroppo l'Italia è questa, è inutile che ci giriamo intorno. E non c'è bisogno di arrivare agli eccessi dell'ignoranza tanto imbarazzante al punto di diventare comica dei personaggi intervistati da Marco Maresco. È facile fare gli intellettuali di sinistra quando si è circondati dal deserto, quando dei poveretti come Ciccio Mira fanno dodici figli e accettano i mestieri più tristi e umilianti per tirare avanti la famiglia, mentre i pochi fortunati che hanno avuto accesso ai libri e che potrebbero cambiare qualcosa nel paese decidono di non riprodursi perchè devono concentrarsi sul loro Master in strategie comunicative. Gli analfabeti e i diseredati del quartiere Brancaccio di Palermo giustamente hanno votato e continuano a sostenere Forza Italia, perchè quantomeno si proponeva come valido rimpiazzo della caritatevole Democrazia Cristiana dopo il vuoto di potere nella trattativa stato-mafia creato dalla crisi della prima repubblica successiva agli scandali di mani pulite.
La storia presenta i retroscena dell'ascesa del Berlusconi imprenditore finanziata dai boss mafiosi e la sua corsa al potere fino alla ventennale presidenza del consiglio e il dominio assoluto delle sorti italiane. L'autore di cinico tv presenta, forse un po' in ritardo (è facile girare un film sui potenti quando sono usciti di scena, ma probabilmente prima non glielo avrebbero mai permesso) un documentario che, prendendo come spunto i legami tra i cantanti neomelodici e certe cosche mafiose, ci delizia con una serie di pseudointerviste i cui protagonisti sono ovviamente tutti collusi ma parlano esattamente come ci si aspetta in certi ambienti, negando l'evidenza dei fatti con fiera convinzione.
Il film regge il peso dell'argomento cupo e non proprio originale grazie alla narrazione di Tatti Sanguineti che, come Virgilio nella discesa agli inferi, ci conduce nelle varie fasi della preparazione del film proponendosi come storico e antropologo del cinema che tenta di recuperare dalle macerie il lungometraggio incompiuto di un latitante Maresco. Memorabili le interviste a Dell'Utri e a vari personaggi che circondano le feste di paese o certa produzione musicale folkloristica del sud d'Italia. Piangere o ridere? Condannare o compatire? Questo è il dilemma.
E come biasimare un rispettabile musicista che non ha le caratteristiche fisiche e vocali per sfondare ad Amici o X-Factor e che decide di fare una canzone su Berlusconi per acquistare un po' di popolarità, o una ragazzina di un quartiere degradato di Palermo che ha come mito un cantante supertatuato con evidenti problemi di gestione della lingua italiana?
Io non ci riesco onestamente, e non vedo la soluzione ne' riesco a dire o fare niente di valido a riguardo, a parte mantenere un disperato (e omertoso) silenzio. Quello nel quale ha deciso di chiudersi il bravo Maresco, che con la tristezza, la miseria e la solitudine deve avere dimestichezza, visto quanto è bravo a rappresentarla sul video.
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[+] da siciliano
(di ienaplissken)
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