pepito1948
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mercoledì 15 ottobre 2014
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l'uomo venuto dal freddo
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Una scuola slovena. Una classe liceale, briosa e ben assortita nella sua varietà tipologica. Un corpo insegnante unito sulla scelta di metodologie formative moderne e “democratiche”. Una professoressa che deve assentarsi temporaneamente per gravidanza, molto apprezzata dagli studenti per capacità di dialogo e contraddittorio. Fin qui tutto scorre in modo lineare. Ma c’è un nemico in agguato.
La tragica morte di una delle studentesse per motivi ignoti rompe l’equilibrio. Un nuovo insegnante di tedesco, chiamato a sostituire la collega incinta, si mostra portatore di una diversità che genera scompiglio, riluttanza, diffidenza: aspetto austero, metodo ispirato all’intransigenza, scarsa inclinazione alla facile negoziazione.
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Una scuola slovena. Una classe liceale, briosa e ben assortita nella sua varietà tipologica. Un corpo insegnante unito sulla scelta di metodologie formative moderne e “democratiche”. Una professoressa che deve assentarsi temporaneamente per gravidanza, molto apprezzata dagli studenti per capacità di dialogo e contraddittorio. Fin qui tutto scorre in modo lineare. Ma c’è un nemico in agguato.
La tragica morte di una delle studentesse per motivi ignoti rompe l’equilibrio. Un nuovo insegnante di tedesco, chiamato a sostituire la collega incinta, si mostra portatore di una diversità che genera scompiglio, riluttanza, diffidenza: aspetto austero, metodo ispirato all’intransigenza, scarsa inclinazione alla facile negoziazione. Il microcosmo classe, scosso da improvvisi ed inquietanti eventi, evidenzia le sue crepe ed i collanti si sciolgono, sicchè monta la ribellione; i ragazzi, non più così armoniosamente legati, mostrano i propri aspetti più ombrosi, le debolezze più profonde, la fragilità di una minuscola società che, come specchio della comunità di cui fa parte, esplode sotto la spinta di represse contraddizioni. Si cerca il capro espiatorio che giustifichi la rabbia, l’impotenza a capire, la frustrazione dell’imprevisto cambiamento: i coltelli vengono puntati su lui, sul diverso, sul nuovo che sa di vecchio, l’uomo che viene dal freddo, il nemico da abbattere. Il nazista dai modi ruvidi ed altezzosi. E così via crescendo. Ma l’alleanza contro qualcuno non basta a tenere uniti gi animi: i sottoinsiemi si sgretolano, i genitori litigano, gli insegnanti si sgranano, i leader della classe si azzuffano, gli studenti prendono posizioni sempre più differenziate. La ribellione diventa fine a se stessa e gli obiettivi sbiadiscono. La prova d’orchestra sbanda paurosamente, la bacchetta del direttore va a vuoto, amplificando le dissonanze. Nell’OK Corral finale resta il dubbio sull’esito della battaglia, perché questa ha rimesso in discussione tutti i valori in campo, senza un chiaro vincitore.
Tra i tanti film girati in “classe” nella storia del cinema, in genere orientati a seguire, secondo diverse angolazioni, le dinamiche di gruppo come fossero un test di psicologia sui rapporti di forza, questo del giovane sloveno Bicek si presenta come un’opera a tesi: nel piccolo mondo della scuola, oggi fortemente articolato socialmente, etnicamente, culturalmente come la società da cui proviene, tutto è tenuto insieme da un involucro posticcio di convenzioni, ipocrisie, falso spirito democratico e dialogante; basta un intervento esterno dotato di forza anticonformista per distruggere quell’impalcatura di consenso artificioso, con conseguente messa a nudo delle realtà umane più profonde e più vere e l’insorgere di spinte disgregatrici. I forti diventano deboli, i pacifici violenti, i coraggiosi vigliacchi e via dicendo. Il prof. Zupan, contrariamente a quanto sembra a primo acchitto, non è che un passivo deus ex machina, il cui anticonformismo, come un sasso gettato nel lago, mette in moto processi autodegenerativi che non risparmiano nessuno, né i ragazzi, né i docenti né i genitori. Ce n’è per tutti, e nessuno esce indenne da questa mutazione al ribasso. Come se ne esce? C’è sempre qualcuno che propone un nuovo compromesso che rimette in sintonia il gruppo, ricreando un nuovo involucro che reggerà fino a nuovi scossoni. La prima opera di Bicek, girata con telecamere mobili per dare più realismo alle fluttuazioni delle dinamiche in atto, è abile nello spiazzare le attese dello spettatore, togliendo certezze a ruoli che via via si sgretolano, e scoprendo la crescente vulnerabilità di un gruppo sociale -abituato ad arroccarsi nell’ipocrisia, nell’opportunismo, nel compromesso al ribasso- nell’ affrontare il diverso che irrompe bollandolo come nemico da abbattere per non soccombere davanti alla propria incapacità di tenuta identitaria. Un film che ha il pregio, tra gli altri, di lasciare una scia vischiosa di spunti di riflessione.
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flyanto
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lunedì 20 ottobre 2014
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quando una classe non è preparata ad affrontare la
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Film in cui si racconta di un professore che supplisce in una classe di un liceo un'insegnante allontanatasi per maternità e che subito si scontra con i propri indisciplinati ed immaturi allievi per i suoi metodi ritenuti da quest'ultimi troppo severi. Il conflitto tra le due parti si inasprisce sempre di più dopo il suicidio di una studentessa e della conseguente reazione dell'insegnate in classe. Egli viene infatti reputato dagli studenti come una persona fredda ed insensibile ed addirittura quasi la causa della morte stessa della giovane, non capendo affatto che quello che egli cerca invece di inculcare loro è soltanto un metodo per maturare e per elaborare il lutto ed il dolore stesso.
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Film in cui si racconta di un professore che supplisce in una classe di un liceo un'insegnante allontanatasi per maternità e che subito si scontra con i propri indisciplinati ed immaturi allievi per i suoi metodi ritenuti da quest'ultimi troppo severi. Il conflitto tra le due parti si inasprisce sempre di più dopo il suicidio di una studentessa e della conseguente reazione dell'insegnate in classe. Egli viene infatti reputato dagli studenti come una persona fredda ed insensibile ed addirittura quasi la causa della morte stessa della giovane, non capendo affatto che quello che egli cerca invece di inculcare loro è soltanto un metodo per maturare e per elaborare il lutto ed il dolore stesso. Dopo svariati episodi di forte insubordinazione da parte dei maleducati allievi a cui il professore risponde con un atteggiamento saggio adeguato, egli lascerà definitivamente l'incarico presso la classe non senza però aver trasmesso dentro ciascun studente una sorta di lezione di vita.
Questa pellicola, peraltro opera prima del 29enne Rok Bicek, senza alcun dubbio risulta uno dei migliori lavori nel panorama cinematografico degli ultimi tempi e molto giustamente gli è stato assegnato il primo premio nel corso della Settimana Internazionale della Critica durante l'ultimo Festival del Cinema di Venezia. Esso, prendendo peraltro spunto dai ricordi autobiografici del periodo scolastico del regista stesso, è girato in maniera lucida, essenziale e dove ogni personaggio viene perfettamente delineato ed inquadrato nel proprio modo di essere. Anche tra gli studenti stessi, Bicek riesce a distinguere l'uno dall' altro consegnando allo spettatore un ritratto distinto di ognuno di loro. La figura poi del professore è mirabile (come del resto lo è l'attore che lo interpreta) soprattutto per ciò che concerne la sua personalità di uomo severo ma giusto e per questo poco accettato da tutti, studenti e colleghi insieme. E proprio grazie a questa figura, ormai quasi rara nelle scuole di oggi, che il regista sloveno presenta le difficili e scomode tematiche dell'autorità, della disciplina severa, dei metodi educativi e di come affroal fine di formare una società di individui retti, preparati nonchè equilibrati, perchè in fondo a questo scopo dovrebbe servire più che altro l'insegnamento nelle scuole.
Un vero e piccolo gioiello di film.
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no_data
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mercoledì 15 ottobre 2014
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class enemy e i ragazzi di oggi
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Considero questo film dal punto di vista registico, tecnico e attoriale veramente ben fatto, ma veniamo al punto forte di questo film che è la tematica che affronta.
La storia parla di una classe del 5 anno di superiori in Slovenia che, in seguito all’arrivo di un nuovo professore molto severo, viene a mancare una loro compagna di classe perché suicidatasi.
Il professore viene incolpato dai suoi allievi perché aveva messo sotto pressione la ragazza ed egli inizia ad avere un atteggiamento diverso rispetto agli altri colleghi, infatti parla poco dell’accaduto e il giorno dopo continua la lezione normalmente con la frase “La vita va avanti”.
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Considero questo film dal punto di vista registico, tecnico e attoriale veramente ben fatto, ma veniamo al punto forte di questo film che è la tematica che affronta.
La storia parla di una classe del 5 anno di superiori in Slovenia che, in seguito all’arrivo di un nuovo professore molto severo, viene a mancare una loro compagna di classe perché suicidatasi.
Il professore viene incolpato dai suoi allievi perché aveva messo sotto pressione la ragazza ed egli inizia ad avere un atteggiamento diverso rispetto agli altri colleghi, infatti parla poco dell’accaduto e il giorno dopo continua la lezione normalmente con la frase “La vita va avanti”. Inizia così una ribellione da parte degli studenti contro il proprio insegnante e contro il sistema scolastico secondo loro responsabili dell’accaduto.
In questo caso al regista importa relativamente del tema del suicidio ma lo utilizza per affrontare il problema dei ragazzi di oggi, troppo egoisti, senza senso di responsabilità e con genitori che molto spesso li difendono.
La severità del professore fa sì che i ragazzi riescano a crescere e a diventare persone adulte ma gli studenti ciò non lo capiscono e in risposta alla sua severità iniziano a ribellarsi, ma il loro ribellarsi è un ribellarsi a vuoto contro un sistema che secondo loro è sbagliato ma che in verità non lo è.
L’insegnante rappresentato nel film viene rappresenta il salvatore di un sistema che si stà sempre più piegando al volere degli studenti, come infatti dice la preside in una scena: “prima loro avevano paura di noi, ora noi dobbiamo avere paura di loro”.
Secondo la mia opinione nel film sono presenti troppi luoghi comuni che vanno dagli studenti ai professori. Il mi risulta troppo lontano dalla realtà in cui viviamo finendo così per non riuscire a comprendere appieno i personaggi. Niente da dire al personaggio del professor Zupan interpretato magistralmente da Igor Samobor e che risulta il personaggio più interessante del film.
la pellicola inoltre presenta problemi nel ritmo a volte troppo lento.Veramente ben curata la regia, il montaggio, fotografia e le musiche perfette per il film.
Frasi preferite:
- "Prima loro avevano paura di noi, ora noi dobbiamo avere paura di loro."
- "Voi sloveni quando non vi suicidate, vi uccidete fra di voi."
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angelo umana
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mercoledì 25 novembre 2015
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att.ne: contiene tutti gli spoiler possibili
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Il professore di tedesco Robert Zupan (l’ottimo e dallo sguardo intenso 58enne Igor Samobor) avvicenda la titolare della cattedra che va in maternità: questa è un’insegnante comprensiva e affettuosa coi suoi studenti, una bella classe ne dice, laddove Robert vede dei ragazzi vivaci disobbedienti e poco concentrati il cui merito effettivo nella materia dev’essere ridotto di almeno due voti. Il supplente ha il piglio più efficiente, mira molto al rendimento nella sua materia, parla in ottimo tedesco agli studenti e pretende che loro si esprimano nella stessa lingua oltreché rispettino rituali di comportamento perché, dice, solo poche cose servono veramente a vivere.
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Il professore di tedesco Robert Zupan (l’ottimo e dallo sguardo intenso 58enne Igor Samobor) avvicenda la titolare della cattedra che va in maternità: questa è un’insegnante comprensiva e affettuosa coi suoi studenti, una bella classe ne dice, laddove Robert vede dei ragazzi vivaci disobbedienti e poco concentrati il cui merito effettivo nella materia dev’essere ridotto di almeno due voti. Il supplente ha il piglio più efficiente, mira molto al rendimento nella sua materia, parla in ottimo tedesco agli studenti e pretende che loro si esprimano nella stessa lingua oltreché rispettino rituali di comportamento perché, dice, solo poche cose servono veramente a vivere. Un’associazione di idee fa pensare al direttore-dittatore tedesco che prende il comando dei musicisti nel finale di Prova d’orchestra di Fellini, quasi che quella lingua suoni particolarmente adatta nel condurre persone (führen).
E’ rimarchevole che Rok Bicek, 30 anni, abbia saputo mettere in scena un film come Class Enemy, del 2013, suo primo lungometraggio, in modo sì emozionale ma calibrato e lineare, interpretando esattamente i punti di vista degli studenti, della scuola come istituzione, dei genitori e dei professori, punti di vista che chi vive la scuola può riscontrare giornalmente. Sua è anche la sceneggiatura che pronuncia parole così precise e afferenti agli adolescenti che crescono. C’è un suicidio nel film, di Sabina, una studentessa taciturna, sensibile pianista: pare che questa sia stata un’esperienza dal regista vissuta al liceo e che i suicidi in Slovenia siano numerosi. Gli sloveni, se non si ammazzano da soli si ammazzano l’un l’altro, dice un ragazzo asiatico nel film. C’è la faccia in bianco nella figura umana nera della locandina, parrebbe doversi riempire da parte dello spettatore con quella del “nemico” della classe, che nel prosieguo è difficile trovare, non tutto essendo bianco o nero. Quel suicidio e i metodi del professore scatenano invece un cortocircuito, un tutti contro tutti, palline impazzite, dapprima gli studenti e poi anche i loro genitori (non tutti) verso il professore: la ricerca e l’emarginazione del colpevole pare essere del resto la logica corrente nell’intera società. Nulla possono i sermoni della psicologa della scuola ai ragazzi, parole vuote e teoria verso chi, come uno di loro, ha appena perso la mamma e verso i compagni di classe di Sabina. In realtà il professore nuovo arrivato mette in luce i conflitti latenti e i punti di vista diversi dei ragazzi stessi, o la considerazione che egli acquista pian piano agli occhi di alcuni di loro.
Li vuole educare a diventare degli esseri umani, capaci di scegliere cosa fare della propria vita, anche crescere attraverso la tragedia della propria compagna, lei che una decisione l’ha presa, giusta o meno. Afferma che essere uno studente non è un diritto ma un grande privilegio (e torto non gli si può dare), che studiare non vuol dire sapere e che volere non significa potere. Una visione molto differente da quella di un suo collega d’istituto: coi ragazzi basta scherzarci un po’, gli dài i voti ed è fatta. Appare di frequente l’interesse di Zupan per la musica, ha ascoltato Sabina suonare e quel suono registrato si sente spesso nella scuola; in un’occasione egli cita Mozart, che a cinque anni aveva già deciso cosa avrebbe fatto nella vita. Il professore ha avvicinato la letteratura alle loro esperienze attuali (il modo più produttivo per apprezzarla) e mette in evidenza una frase su tutte di Thomas Mann: La morte di un uomo è meno affar suo che di chi gli sopravvive. Un’accorata lettera della migliore amica e compagna di classe di Sabina, letta ai compagni in tedesco, le rimprovera che ormai a lei non manca nessuno, di essersi salvata dal dover mai sentire la mancanza di qualcuno, di aver pensato solo a sé stessa mentre lei la penserà fino alla fine della sua vita.
Nel finale molto simbolico o di grande didattica la classe e Zupan stesso indosseranno una maschera con la faccia di Sabina, mentre il professore si commiata, annuncia loro che non parteciperà alla gita di fine anno e dà loro una specie di sveglia: non siete stati capaci di trovare una soluzione che accontentasse tutti, perché una soluzione non esiste (il giusto/sbagliato, bianco o nero). Sabina ha preso la sua decisione mentre metà di voi non sa prenderne alcuna (anche nelle cose più semplici). Come potreste capire cosa è veramente importante nella vita? Non saprete mai se avete preso la decisione giusta perché non vi siete fidati di voi stessi. Accusate il sistema, ma il sistema è freddo inesorabile matematico, solo chi è deciso a raggiungere la riva la raggiungerà. Vi auguro tutto il meglio per la vostra vita.
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luanaa
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venerdì 2 gennaio 2015
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nessuno è innocente
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Comincio col parlare delle riprese...semplicissime...mosse come ha detto qualcuno..ma che presentano a mio avviso una tecnica interessante ovvero quella di far sentire le voci prima dei personaggi come anche quella di mostrare un primo piano di un volto silente o parlante senza inquadrare subito la scena complessiva. Un pregio del film è quello della coralità: tanti personaggi e relative psicologie tutte molto ben delineate.La figura del professore rivela sicuramente dei lati impietosi: il premere eccessivamente su una ragazza estremamente fragile ma anche il trattamento che riserva al ragazzo(e ai suoi di lui genitori)tutto preso dai voti e dai compiti: sicuramente ingenuo viziato ed inconsapevole ma neanche meritevole di forte e sottile disprezzo.
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Comincio col parlare delle riprese...semplicissime...mosse come ha detto qualcuno..ma che presentano a mio avviso una tecnica interessante ovvero quella di far sentire le voci prima dei personaggi come anche quella di mostrare un primo piano di un volto silente o parlante senza inquadrare subito la scena complessiva. Un pregio del film è quello della coralità: tanti personaggi e relative psicologie tutte molto ben delineate.La figura del professore rivela sicuramente dei lati impietosi: il premere eccessivamente su una ragazza estremamente fragile ma anche il trattamento che riserva al ragazzo(e ai suoi di lui genitori)tutto preso dai voti e dai compiti: sicuramente ingenuo viziato ed inconsapevole ma neanche meritevole di forte e sottile disprezzo. Non vale in questo caso il motto di risvegliare le coscienze sopite (nell'attimo fuggente il docente dimostrava molta più vera umanita' nel tentare la stessa cosa).Ma forse questo film sloveno è più realista e aggiungo molto più pessimista come profondamente pessimista è il docente ( non è un caso che venga citato un autore estremamente tragico come Thomas Mann). Il film risulta in ogni caso complesso nella sua interpretazione..( ma forse il regista non aveva molto chiare le idee che voleva trasmettere) ma non in una trama prevedibile almeno ma non solo in quella parte che viene chiaramente espletata nel saggio dell'amica del cuore della ragazza suicida.Comunque coinvolgente con dei tratti emotivamente intensi; con bei passaggi e bei discorsi; una sceneggiatura interessante. A mio parere tutto risulta molto frettoloso ma cmq con notevoli sfumature. Quattro stelle perchè lo merita un film insolito...ben fatto... e sicuramente volenteroso. Luana.
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cinebura
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lunedì 17 novembre 2014
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la mentalità dei ragazzi d' oggi!
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Parto dicendo che questo film non si è aggiunto alla mia lista dei miglior capolavori. Ci sono delle accorgenze che avrebbero migliorato questa opera.
Penso che un film girato interamente dentro quattro mura (a perte il finale) sia un pò troppo monotono. Per esempio come scena di distacco dalla situazione cupa e ricca di tensione, si avrebbe potuto mettere una parte del funerale con una bella canzone di sfondo. Un altro fattore che danneggia lievemente questa pellicola è la ripresa. Vedendolo al cinema ho notato che la telecamera non era ferma ma si muoveva, traballava come se fosse tenuta in mano e non con appositi sostegni (questo può non essere vero, forse è solo un errore di visione).
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Parto dicendo che questo film non si è aggiunto alla mia lista dei miglior capolavori. Ci sono delle accorgenze che avrebbero migliorato questa opera.
Penso che un film girato interamente dentro quattro mura (a perte il finale) sia un pò troppo monotono. Per esempio come scena di distacco dalla situazione cupa e ricca di tensione, si avrebbe potuto mettere una parte del funerale con una bella canzone di sfondo. Un altro fattore che danneggia lievemente questa pellicola è la ripresa. Vedendolo al cinema ho notato che la telecamera non era ferma ma si muoveva, traballava come se fosse tenuta in mano e non con appositi sostegni (questo può non essere vero, forse è solo un errore di visione). Ora non so se questo effetto fosse voluto o meno però a parer mio rovina un pò l'intero film.
Però questo film rappresenta una grande lezione di vita, nel senso che interpreta molto bene la mentalità dei ragazzi d'oggi. Sono convinto che questo film possa insegnare tanto ma si poteva fare di meglio. Aspettatevi di vedere un film pesante ma significativo!
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emanuela
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venerdì 2 dicembre 2016
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chi è class enemy?
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Un film che potremmo scambiare con superficialità per una sorta de L’attimo fuggente all’inverso ma c’è molto di più. Forse è il modo di raccontare che lo rende unico, i giochi di luce e di colore, le scene nude e crude come fosse un docufilm; magari è la durezza della realtà ad essere più forte della dolcezza del romanzo, più diretta e senza fronzoli ci parla, senza morale né consigli per l’uso, di grandi temi quali la vita e la morte, la perdita e l’assenza, il principio di azione e reazione nei rapporti umani, le paure e le necessità del singolo, le dinamiche del gruppo, l’importanza delle guide nella crescita, il peso dell’inganno dell’apparenza di cui il tema letto in classe è una specie di manifesto.
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Un film che potremmo scambiare con superficialità per una sorta de L’attimo fuggente all’inverso ma c’è molto di più. Forse è il modo di raccontare che lo rende unico, i giochi di luce e di colore, le scene nude e crude come fosse un docufilm; magari è la durezza della realtà ad essere più forte della dolcezza del romanzo, più diretta e senza fronzoli ci parla, senza morale né consigli per l’uso, di grandi temi quali la vita e la morte, la perdita e l’assenza, il principio di azione e reazione nei rapporti umani, le paure e le necessità del singolo, le dinamiche del gruppo, l’importanza delle guide nella crescita, il peso dell’inganno dell’apparenza di cui il tema letto in classe è una specie di manifesto. Uno spaccato di umanità così ampio e profondo che non riesco a trovare il nemico della classe, non dico di classe perché sarebbe limitante, implicitamente orientato verso il conflitto sociale, o meglio generazionale; inizio e fine del film suggeriscono qualcuno, ma forse le ultime immagini vogliono dirci che non c’è un nemico ma qualcosa di ineluttabile, intrinseco alla vita, come la scia d’acqua che la nave si lascia dietro.
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zarar
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lunedì 27 ottobre 2014
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un esordio interessante
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Diciamo la verità, chi ha mai sentito parlare di un cinema sloveno? Di tanto più gradevole è la sorpresa di quest’opera prima di Bicek, veramente promettente e purtroppo – pare – relegata in Italia in un circuito molto ristretto. Film da vedere, nonostante alcune riserve. Una classe in preda allo shock per il suicidio di una compagna, ambiguamente mescolato con l’odio per un supplente di tedesco rigidissimo piombato come un alieno in una scuola protettiva e permissiva, sceglie questo professore come capro espiatorio: è lui, espressione di un non meglio identificato ‘sistema’ ostile, il ‘nazista’ che ha spinto la ragazza al gesto estremo con la sua severità, mostrandosi poi freddo ed indifferente di fronte al fatto e al dolore dei compagni.
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Diciamo la verità, chi ha mai sentito parlare di un cinema sloveno? Di tanto più gradevole è la sorpresa di quest’opera prima di Bicek, veramente promettente e purtroppo – pare – relegata in Italia in un circuito molto ristretto. Film da vedere, nonostante alcune riserve. Una classe in preda allo shock per il suicidio di una compagna, ambiguamente mescolato con l’odio per un supplente di tedesco rigidissimo piombato come un alieno in una scuola protettiva e permissiva, sceglie questo professore come capro espiatorio: è lui, espressione di un non meglio identificato ‘sistema’ ostile, il ‘nazista’ che ha spinto la ragazza al gesto estremo con la sua severità, mostrandosi poi freddo ed indifferente di fronte al fatto e al dolore dei compagni. Ribellione degli studenti, imperturbabilità fino alla provocazione del professore. Si instaura tra i ragazzi, gli insegnanti (pochi ma verissimi tipi), la supersuperflua psicologa, la perfetta preside “diplomazia e normalità ad ogni costo”, i genitori-specchio dei rispettivi figli, una serie di dinamiche perverse, destinate a entrare in una spirale apparentemente senza uscita. Il tutto nell’ambiente arioso e piacevole, ma non per questo meno claustrofobico, della scuola (non c’è praticamente un esterno e la macchina da presa è prevalentemente concentrata sul gruppo chiuso degli studenti ribelli e del loro glaciale antagonista). Il ‘sistema’ - attraverso una serie di duri scontri che fanno emergere i conflitti profondi sotto l’apparente solidarietà tra studenti, tentativi di ricucitura, errori e incomprensioni - alla fine riassorbe in qualche modo questa tempesta emotiva. C’ è la speranza che quello che è successo diventi, nonostante tutto, un momento di riflessione e di crescita per i giovani protagonisti. Su di loro si rovescia la predica finale di congedo del class enemy, che individua nella razionalità, autonomia di pensiero e capacità (e diritto) di scelta, anche estrema, il contrassegno della maturità che lui ha cercato inflessibilmente di trasmettere loro anche e soprattutto in questa circostanza. Giusta e attuale la tematica; intrigante l’eco - in questo groviglio di conflitti - del più largo groviglio di conflitti fuori delle porte di quella scuola; convincenti la gran parte degli attori, professionisti e non; macchina da presa maneggiata con destrezza ed efficacia, oscillante tra un incalzante ‘inseguire’ i personaggi trascinati dalle loro passioni e un ‘inchiodarli ’ sullo schermo a esprimere le loro certezze, o mancanza totale di certezze. Non poco per un film sicuramente realizzato con pochi mezzi. Il personaggio assolutamente meno riuscito mi è parso proprio il nemico di/della classe. Mettiamo pure che tutti i caratteri siano stati tipizzati ed enfatizzati al massimo per mantenere alta la tensione in questo film chiaramente a tesi, mettiamo pure la valenza simbolica, ma il professor Zupan, presunto personaggio con una sua umanità, per quanto controllato sino allo spasimo, di fatto appare un pezzo di legno inespressivo ed emotivamente sordo-cieco, sembra calato da un’altra Galassia (o trasposto di peso da un film di Dreyer) ed è, con tutta la buona volontà, veramente improbabile.
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resca26
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lunedì 20 ottobre 2014
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qualcosa non torna
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Caro Bicek, in 112 minuti di pellicola sei convinto di aver fatto risaltare tutto il necessario ? perchè se il tuo intento fosse stato quello di far emergere, in un labile conflitto di 'classe', la disperata condizone umana dinnanzi ad un evento devastante come il suicidio, allora ho le mie perplessità. E questo tentativo di illustrare il coacervo di emozioni e idee dei ragazzi del liceo sloveno non è affatto facile proprio perchè si tratta di giovani. Non è così facile recitare dinnanzi alla morte, specie per chi non l'ha vista ancora coi propri occhi. La semplicità del film è a tratti eccessiva, connaturata da una lentezza che fa andare a rilento non solo i movimenti ma gli stessi animi interiori dei protagonisti che sembrano colpiti a mala pena dagli eventi negativi che si susseguono attorno a loro.
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Caro Bicek, in 112 minuti di pellicola sei convinto di aver fatto risaltare tutto il necessario ? perchè se il tuo intento fosse stato quello di far emergere, in un labile conflitto di 'classe', la disperata condizone umana dinnanzi ad un evento devastante come il suicidio, allora ho le mie perplessità. E questo tentativo di illustrare il coacervo di emozioni e idee dei ragazzi del liceo sloveno non è affatto facile proprio perchè si tratta di giovani. Non è così facile recitare dinnanzi alla morte, specie per chi non l'ha vista ancora coi propri occhi. La semplicità del film è a tratti eccessiva, connaturata da una lentezza che fa andare a rilento non solo i movimenti ma gli stessi animi interiori dei protagonisti che sembrano colpiti a mala pena dagli eventi negativi che si susseguono attorno a loro. Il palcoscenico del film sembra spento e gli attori rimpicciolirsi dinnanzi ad un induscutibilmente monumentale Igor Somobor nelle vesti dell'insegnante duro e allo stesso tempo vittima di ciò che accade. La chiusura del film lascia la bocca aperta, in un silenzio scandito dalle onde del mare e da un flash back incentrato sulla ragazza scomparsa, l'ultima spinta di Bicek per un film significativo ma che poteva dare di più.
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veritasxxx
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lunedì 20 ottobre 2014
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buona la prima...quasi
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A Rok Bicek, esordiente regista sloveno, riesce perfettamente l'inganno: con questo titolo tutto mi sarei aspettato tranne un film sulle profonde convinzioni dell'adolescenza, i metodi di insegnamento nelle scuole superiori e il rapporto tra studenti ed istituzioni scolastiche. Ero pronto per affrontare un oscuro viaggio in qualche bassifondo dell'est europeo tra lotte di classe e tragiche conseguenze delle nuove geografie politiche, e invece sono dovuto tornare ai traumatici tempi del liceo, con folle schiamazzanti di adolescenti brufolosi convinti di essere il centro del mondo e di poter imporre il loro punto di vista ad insegnanti a loro poco simpatici, ricattando la preside che non vuole rogne con i genitori degli studenti e il provveditorato, e utilizzando ogni mezzo in loro possesso e ogni scusa banale per non fare il loro dovere.
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A Rok Bicek, esordiente regista sloveno, riesce perfettamente l'inganno: con questo titolo tutto mi sarei aspettato tranne un film sulle profonde convinzioni dell'adolescenza, i metodi di insegnamento nelle scuole superiori e il rapporto tra studenti ed istituzioni scolastiche. Ero pronto per affrontare un oscuro viaggio in qualche bassifondo dell'est europeo tra lotte di classe e tragiche conseguenze delle nuove geografie politiche, e invece sono dovuto tornare ai traumatici tempi del liceo, con folle schiamazzanti di adolescenti brufolosi convinti di essere il centro del mondo e di poter imporre il loro punto di vista ad insegnanti a loro poco simpatici, ricattando la preside che non vuole rogne con i genitori degli studenti e il provveditorato, e utilizzando ogni mezzo in loro possesso e ogni scusa banale per non fare il loro dovere.
Una ragazza si toglie la vita e Bicek sceglie appositamente di non mostrarci il perchè e il percome dell'atto, perchè il tema del film sono le conseguenze del suo suicidio. I suoi compagni di classe, da buoni investigatori in erba si affrettano ad addossare la colpa a qualcuno, in fondo lei era una di loro anche se praticamente ignorata dai più. E quale migliore vittima del nuovo professore di tedesco, dai modi vagamente aristocratici e gelido come un ghiacciolo conservato in una cella frigorifera in Antartide, con cui la giovane vittima si era confrontata verbalmente poco prima di commettere l'insano gesto?
Una scelta ambiziosa e potenzialmente molto interessante quella di fornire un quadro dello stato dell'educazione superiore ai tempi d'oggi. Come giustamente afferma il professore accusato, "non è più la scuola dell'obbligo, e le regole vanno rispettate". Ci sarà un motivo per cui si studiano certi argomenti invece di altri, o del perché ci si alza dala sedia per salutare l'entrata in classe dell'insegnante. C'è un motivo anche per cui alla morte di una persona vicina non bisogna rimanere paralizzati dalla sofferenza ma continuare quello che si stava facendo perché la vita continua, anche se a un sedicienne può sembrare un sintomo di scarsa sensibilità. La lotta di classe quindi c'è, ma è quella un po stantia e poco interessante dei giovani rampolli viziati e le loro smanie di ribellione con il sistema e in questo il film purtroppo non convince, pur mantenendo una buona tensione fino alla fine.
Basteranno solo vent'anni in più e tanti calci in faccia presi e gli studentelli capiranno quanto la scuola sia importante e faccia, nei limiti del possibile, del suo meglio per fornire a tutti, indistintamente, gli strumenti per poter scegliere la loro strada nella vita.
"Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità" (Friedrich Nietzsche)
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