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katamovies
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giovedì 10 ottobre 2013
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boh... mi sembra senza succo...
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Mi ha lasciato così, con la spiacevole sensazione di aver buttato via i soldi.. La storia la sapete non c'è bisogno che ve la dico io. La pecca più grande è la scarsa credibilità dei personaggi, e non per gli attori (bravi) ma per la sceneggiatura. Il più irritante: il bambino di 11 anni - io narrante - che dice frasi tipo: "è un circolo vizioso" o fa scenate poco plausibili per un ragazzino. L'effetto mi è parso finto, come se il regista avesse messo in bocca al personaggio bambino pensieri suoi di adulto. Poi, l'evoluzione dei due protagonisti è risolta frettolosamente: la moglie sta qualche giorno in camargue... et voilà! assapora l'autonomia, una nuova dimensione sessuale, torna e lascia il marito di cui solo dieci giorni prima era moglie innamoratissima, devota e gelosa.
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Mi ha lasciato così, con la spiacevole sensazione di aver buttato via i soldi.. La storia la sapete non c'è bisogno che ve la dico io. La pecca più grande è la scarsa credibilità dei personaggi, e non per gli attori (bravi) ma per la sceneggiatura. Il più irritante: il bambino di 11 anni - io narrante - che dice frasi tipo: "è un circolo vizioso" o fa scenate poco plausibili per un ragazzino. L'effetto mi è parso finto, come se il regista avesse messo in bocca al personaggio bambino pensieri suoi di adulto. Poi, l'evoluzione dei due protagonisti è risolta frettolosamente: la moglie sta qualche giorno in camargue... et voilà! assapora l'autonomia, una nuova dimensione sessuale, torna e lascia il marito di cui solo dieci giorni prima era moglie innamoratissima, devota e gelosa. Il personaggio di lui: la moglie lo lascia, lui soffre e..toh! il critico che lo avevo in precedenza stroncato lo promuove, e via a mangiare insieme in trattoria! Oltre che la vicenda personale, anche il mondo dell'arte romana degli anni sessanta e settanta non si può liquidare con questo pressapochismo, con cenni vaghi e inesatti alla body & performance art. Peccato, perché il soggetto poteva prestarsi ad uno sviluppo di grande spessore. Invece tutto mi sembra vagamente accennato, come a voler confezionare una storiella carina (il bambino più piccolo è chiaramente adorabile) e piatta, senza graffiare o andare troppo a fondo. Poi: Non è un brutto film, ma di questo cinema di mezzo mi sono stufata e non è valso il biglietto.
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flyanto
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mercoledì 9 ottobre 2013
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un'epoca vista con gli occhi di un bambino di undi
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Film in cui viene rappresentato, attraverso i ricordi e gli occhi del bambino più grande (lo stesso Lucchetti da piccolo), lo spaccato di una famiglia romana negli anni '70 composta da un padre con aspirazioni artistiche, una madre casalinga borghese ed i loro due bambini. Tra sentimenti di affetto sincero e continui litigi tra i due genitori, l'infanzia dei due bimbi trascorre più o meno serenamente rendendoli partecipi di esperienze del tutto nuove per loro. Vivendo sempre in un ambiente in bilico tra ideali borghesi ed aspirazioni artistiche e di ampia larghezza di vedute, essi saranno in grado anche di accettare alla fine l'inevitabile separazione dei propri genitori, realtà per quei tempi ancora molto insolita e dunque poco diffusa tra le coppie legate dal vincolo del matrimonio.
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Film in cui viene rappresentato, attraverso i ricordi e gli occhi del bambino più grande (lo stesso Lucchetti da piccolo), lo spaccato di una famiglia romana negli anni '70 composta da un padre con aspirazioni artistiche, una madre casalinga borghese ed i loro due bambini. Tra sentimenti di affetto sincero e continui litigi tra i due genitori, l'infanzia dei due bimbi trascorre più o meno serenamente rendendoli partecipi di esperienze del tutto nuove per loro. Vivendo sempre in un ambiente in bilico tra ideali borghesi ed aspirazioni artistiche e di ampia larghezza di vedute, essi saranno in grado anche di accettare alla fine l'inevitabile separazione dei propri genitori, realtà per quei tempi ancora molto insolita e dunque poco diffusa tra le coppie legate dal vincolo del matrimonio. Quest'ultima opera di Daniele Lucchetti un pò esile, forse, dal punto di vista della trama (del resto, sono un' insieme di ricordi autobiografici), riflette però perfettamente lo spirito, l'epoca e la società in generale egli anni '70 e forse proprio e solo questo è stato l'intento del regista. Pertanto, non solo vengono fedelmente riprodotti e guardati dallo spettatore, forse, con un pò di nostalgia, l' abbigliamento, l'arredamento e lo stile di vita di quel decennio, insomma tutto ciò che concerne l'esteriorità di quell'epoca, ma soprattutto la sua mentalità che esprime in maniera alquanto manifesta il continuo dissidio interno dei protagonisti di aderire ad uno stile di vita più libero e lontano dalle convenzioni sociali e quello, invece, più sicuro di seguire dei principi più tradizionali di origine borghese, ma senza dubbio di una meno ampia portata di vedute. Gli anni '70 così diventano i reali protagonisti del film: anni di grossi cambiamenti di legislazioni e conseguentemente di costume e di modi di essere da cui nessuno, come i protagonisti stessi descritti da Lucchetti, ne uscirà esente. Così, nessuno sarà più quello di prima e si dirigerà verso percorsi nuovi, non si sa se migliori o meno, ma sicuramente inevitabili. Da segnalare la bravura di tutti gli attori che interpretano i vari ruoli: Micaela Ramazzotti, già ampiamente ammirata in altre sue pellicole precedenti, nonchè pure molto bella, Kim Rossi Stuart, credibile nel suo ruolo di padre artista e seguace dell'arte, ed infine anche i due bambini interpreti, appunto, i figli della coppia, alquanto spontanei e veri da suscitare sia ammirazione che tenerezza.
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giorgio47
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martedì 8 ottobre 2013
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un film brutto che non rende nulla di quel periodo
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Non sono andato al cinema con l'intenzione di vedere un capolavoro ma nemmeno pensavo di uscire, oltre che deluso, irritato. Un film sciocco con personaggi al limite della parodia e che non rende assolutamente l'atmosfera di quegli anni anche se vuol essere l'ottica di un bambino. Una delusione!
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ralphscott
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lunedì 7 ottobre 2013
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storie di vita vissuta
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Si esce dalla sala coinvolti,lasciandosi alle spalle storie di gente vera,comune. Le vicende della coppia fanno presa perché riguardano ogni spettatore,perché l'amore é banale ed unico allo stesso tempo,tanto da appassionare inevitabilmente quando é ben rappresentato. Lo stile del regista,con primi piani a profusione,silenzi e sguardi che raccontano quanto i dialoghi,beneficia anche di facce da cinema. Citazione d'obbligo per il ragazzino che interpreta Dario,di una capacità recitativa straordinaria. Bella e molto delicatamente raccontata la storia di amore lesbo,dove l'attrice Martina Gedeck burrosa ed affascinante ricorda,nei tratti somatici,J.
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Si esce dalla sala coinvolti,lasciandosi alle spalle storie di gente vera,comune. Le vicende della coppia fanno presa perché riguardano ogni spettatore,perché l'amore é banale ed unico allo stesso tempo,tanto da appassionare inevitabilmente quando é ben rappresentato. Lo stile del regista,con primi piani a profusione,silenzi e sguardi che raccontano quanto i dialoghi,beneficia anche di facce da cinema. Citazione d'obbligo per il ragazzino che interpreta Dario,di una capacità recitativa straordinaria. Bella e molto delicatamente raccontata la storia di amore lesbo,dove l'attrice Martina Gedeck burrosa ed affascinante ricorda,nei tratti somatici,J.Moore. Insomma,come in altre occasioni,il viaggio indietro negli anni '70 riesce molto bene a Lucchetti,che sforna un altro film felicemente riuscito.
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gabriele marolda
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lunedì 7 ottobre 2013
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saffo in famiglia
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Guido è un pittore-scultore che aderisce alla moda dell'arte concettuale e d’avanguardia in voga negli anni '70, più per sperimentare un modo apparentemente facile per avere successo che per intima convinzione.
Serena è la moglie giovane e bella, tenuta lontana dal mondo lavorativo del suo uomo. Presto scopre il vero motivo della sua esclusione: l’attrazione fisica, non solo artistica, di Guido per le sue modelle.
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Guido è un pittore-scultore che aderisce alla moda dell'arte concettuale e d’avanguardia in voga negli anni '70, più per sperimentare un modo apparentemente facile per avere successo che per intima convinzione.
Serena è la moglie giovane e bella, tenuta lontana dal mondo lavorativo del suo uomo. Presto scopre il vero motivo della sua esclusione: l’attrazione fisica, non solo artistica, di Guido per le sue modelle. Insoddisfatta del proprio ruolo subalterno inizia finalmente un proprio percorso culturale avvicinandosi alle idee del femminismo e trovando nell’amicizia per una donna, alla quale confida la propria inquietudine, ristoro ai propri struggimenti.
Presto e inconsapevolmente l’amicizia si trasforma in un delicato ma irrefrenabile trasporto amoroso svelatosi in un breve periodo di vacanza in Francia, proposto dall’amica, insieme ai due figlioletti.
L’autore si immedesima nel maggiore dei due ragazzini, all’epoca dei fatti narrati aveva solo nove anni, e descrive con profonda partecipazione psicologica la strana vita condotta in quegli anni dalla sua famiglia.
L'amore omosessuale ha ispirato non pochi registi sin dai primi anni del cinema, con limitazioni negli anni di regimi prettamente maschilisti. In quest'ultimo lavoro di Luchetti la vicenda esposta con coinvolgente forza narrativa non è il pretesto per costruirvi attorno una storia pruriginosa, al contrario, è una parentesi qualificante della vita di una giovane donna che trova in un'imprevedibile esperienza saffica la chiave dell'appropriazione della propria individualità e la forza di sottrarsi ad uno stato di totale sottomissione.
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pepito1948
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lunedì 7 ottobre 2013
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assenza e felicità
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“Chi è?” domanda lei al marito separato guardando la sua ultima opera, una gigantesca donna di creta sdraiata nel laboratorio; “La tua assenza” è la risposta. E’ la chiave di volta che troveranno Guido –fascinoso performer convertitosi con apparente convinzione alla nuova arte concettuale- e Serena -moglie borghese, restia alle trasformazioni culturali in atto- per rendere possibile la prosecuzione di un rapporto in via di sfaldamento, impervio, conflittuale, torrentizio ai limiti dell’ insostenibilità: ma felice. Intimamente felice al di fuori degli stridori delle mediazioni quotidiane, cioè istintivamente produttivo di amore, sesso, attrazione panica, ma impossibile da vivere secondo uno schema convenzionale come una ordinaria convivenza con figli, con ruoli prefissati anche se influenzati dalle nuove tendenze figlie del ’68 e sperimentate nel corso degli anni ’70, in cui la storia è ambientata.
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“Chi è?” domanda lei al marito separato guardando la sua ultima opera, una gigantesca donna di creta sdraiata nel laboratorio; “La tua assenza” è la risposta. E’ la chiave di volta che troveranno Guido –fascinoso performer convertitosi con apparente convinzione alla nuova arte concettuale- e Serena -moglie borghese, restia alle trasformazioni culturali in atto- per rendere possibile la prosecuzione di un rapporto in via di sfaldamento, impervio, conflittuale, torrentizio ai limiti dell’ insostenibilità: ma felice. Intimamente felice al di fuori degli stridori delle mediazioni quotidiane, cioè istintivamente produttivo di amore, sesso, attrazione panica, ma impossibile da vivere secondo uno schema convenzionale come una ordinaria convivenza con figli, con ruoli prefissati anche se influenzati dalle nuove tendenze figlie del ’68 e sperimentate nel corso degli anni ’70, in cui la storia è ambientata. L’assenza –da tutte le convenzioni come la obbligatoria frequentazione di tutti i giorni ma anche dalle mode, dai miti e dagli slogan inneggianti alla riconquistata libertà di trasgredire partoriti dalla rivoluzione giovanile- è la formula (o il compromesso) che, sbarazzatasi di una convivenza divenuta ossessiva e lesiva dell’identità di entrambi, i due adotteranno per il futuro, improntando il rapporto alla saltuarietà d’incontri, all’accettazione delle molteplici esperienze dell’altro, ad una maturazione separata, come due linee spesso tangenti ma non coincidenti. E’ il figlio maggiore che, dopo tanti anni e come voce fuori campo, ne narra e testimonia l’e(in?)voluzione, sottolineando con il senno dell’adulto la perdita di un bene sacrificato alla conquista dell’assenza: la felicità appunto.
Luchetti inserisce la vicenda tumultuosa della coppia nell’anno del trionfo del referendum sul divorzio, visto come la vittoria della Resistenza contro la barbarie dell’Ancient Regime (il riferimento al manifesto dei fratelli Cervi); cioè in un momento foriero di inquietudine in cui l’onda espansiva dei fermenti sessantottini tende a scontrarsi con le prime disillusioni di una risacca culturale (che poi diventerà riflusso) e prelude all’avvio della degenerazione dello scontro armato. Inquietudine mista ad incertezza che si riscontra nei due giovani, l’uno proteso verso le idee, i principi e gli orientamenti artistici della rivoluzione, l’altra scettica verso prassi evolutive come il libero amore e le performance nudiste professate dal marito, rivelando posizioni tutt’altro che granitiche; saranno proprio le contraddizioni esplose nella coppia in questo clima a dare impulso a processi di trasformazione opposti (il distacco da mode o da impulsi acritici da una parte, il lasciarsi trascinare in esperienze relazionali trasgressive dall’altra) che porteranno alla scelta (per intima convinzione? per necessità? per viltà? per opportunità?) di un rapporto in cui l’assenza si depriva della felicità, come un LP che si rivela all'ascolto con l’antifruscio ma perde l’anima.
Il film, che parte in sordina come se il regista volesse aspettare per imporre il suo imprinting personale e rimandare il pathos di una storia in crescendo, è cucita su misura sui due attori protagonisti, che ci hanno abituato a ruoli contrassegnati da fragilità, difficoltà di vivere, ansia di sottofondo. Bravo Rossi Stuart, nel mostrare i suoi slanci e debolezze nell’intrico culturale in movimento di quegli anni (interessante è la figura del suo grillo parlante, un critico d’arte tutt’altro che fine intellettuale e con intonazioni popolareggianti). Bravissima Michaela Ramazzotti, la cui bellezza angolosa, sensualità penetrante e capacità interpretativa non cessano di stupire e ne fanno degna erede, anche per mancanza di concorrenti, della grande Monica Vitti. Molto ben centrate le figure sempre stimolanti e mai banali dei due figli, coprotagonisti fin dall’inizio dell’azione e della dinamica familiare.
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lo stopper
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lunedì 7 ottobre 2013
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amori complicati
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Meta’ anni Settanta. Lui e’ un artista-scultore talentuoso, presuntuoso e squattrinato, che non disdegna contatti ravvicinati con le sue modelle preferite. Lei e’ la moglie gelosa, borghese, culturalmente meno aperta, che vorrebbe seguire il marito nel suo processo creativo, ma che si ritrova quasi sempre fuori tempo e fuori luogo. Hanno due figli maschi, e il piu’ grande, Dario, alle soglie dell’adolescenza, e’ la voce narrante del film.
Il burrascoso, ma appassionato, rapporto di coppia subira’ un cambiamento decisivo quando Serena decidera’ di staccarsi, almeno temporaneamente, da Guido, e su invito della gallerista Helke, decide di andare in vacanza, con i due figli, in Francia, in una sorta di comune femminista.
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Meta’ anni Settanta. Lui e’ un artista-scultore talentuoso, presuntuoso e squattrinato, che non disdegna contatti ravvicinati con le sue modelle preferite. Lei e’ la moglie gelosa, borghese, culturalmente meno aperta, che vorrebbe seguire il marito nel suo processo creativo, ma che si ritrova quasi sempre fuori tempo e fuori luogo. Hanno due figli maschi, e il piu’ grande, Dario, alle soglie dell’adolescenza, e’ la voce narrante del film.
Il burrascoso, ma appassionato, rapporto di coppia subira’ un cambiamento decisivo quando Serena decidera’ di staccarsi, almeno temporaneamente, da Guido, e su invito della gallerista Helke, decide di andare in vacanza, con i due figli, in Francia, in una sorta di comune femminista. Il rapporto fra le due donne si trasformera’ in qualcosa di piu’ profondo.
“Anni felici” e’ un film che racconta soprattutto sentimenti. Il contesto socio-culturale dei tumultuosi anni Settanta e’ sullo sfondo e soltanto a tratti entra nella storia, che rimane quasi sempre molto intima. Il film acquista spessore e consapevolezza con il passare dei minuti, fino a sfiorare i toni del dramma nella seconda parte, grazie, in particolare, ad un apprezzabile flashback narrativo che dona nuovo fascino e importanza al personaggio del figlio piu’ grande.
Il film di Luchetti non e’ un capolavoro, ma e’ un lavoro curato e soprattutto interpretato da due attori straordinari, che riuscirebbero ad attirare l’attenzione anche inseriti in un contesto insignificante (ma non e’ questo il caso). Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti regalano momenti di intensa emozione, trasmettendo tutta la gamma degli stati d’animo con un solo sguardo o un minuscolo movimento del corpo. La loro intesa professionale trova cosi’ positiva conferma dopo la precedente esperienza in “Questione di cuore” , grande film del 2009 firmato da Francesca Archibugi.
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francesto70
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domenica 6 ottobre 2013
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noia mortale
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un film molto noioso, la storia non emoziona mai e sinceramente non è interessante.
La ramazzotti poco credibile, Kim rossi bravo ma il suo personaggio è piatto.
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no_data
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domenica 6 ottobre 2013
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ma perche' una commedia?
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Una famiglia che si sfascia con una moglie che si scopre lesbica, vissuta nei pesanti anni '70, perche' dovrebbe essere il soggetto di una commedia? Proprio non si capisce.
Un volemose bbene a tutti i costi che pregiudica un film fin dalle fondamenta.
Il film magari e' piacevole e si vede volentieri, ma quando si esce uno strano senso di superficialita' pressata nella mente non ci abbandona, di conti che non tornano, di ambienti e situazioni poco verosimili, di mentalita' degli anni 2000 ambientate in un'epoca molto diversa, che non appartengono a quella visione del mondo.
Trippa e frutti di mare, in un unico piatto.
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alberto bognanni
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sabato 5 ottobre 2013
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anni felici. film felicissimo
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Davvero una bella storia. Pennellata con i caldi colori di una pellicola ormai in via d'estinzione. La semplicità della trama fa da contraltare alla complessità dei sentimenti che ne fanno parte. Non è mai stato facile descrivere le difficoltà dell'amarsi senza farsi del male e senza poter mai rinunciare alla propria libertà. Questo film ci è riuscito! Attori eccellenti. Regia delicata e al servizio della storia. Un film divertente, malinconico, commovente, ma mai retorico.Una bellissima sorpresa e per quanto mi riguarda il più bel film di Luchetti.
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