tavololaici
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giovedì 15 maggio 2014
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ecco chi avrebbe meritato l' oscar!
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Ancora un film struggente che si interroga sulla morte oncologica.
Ed è bene che cio' accada.
La trama è presto detta, ed è quella di un incontro , in un Belgio surreale e americanizzato,tra due anime che si scoprono nel mettere al mondo una bimba.
Tutta la gioia e tutto il dolore si confronteranno attorno,prima, e dopo questo evento.
Due attori magnifici dan corpo al racconto.
Anche le anime piu' fredde usciranno dalla proiezione inevitabilmente commosse.
Ho sentito in sala parte del pubblico applaudire.
E chi non si è unito all'applauso avrebbe voluto farlo.
Gianni Buganza -Padova
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habral
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giovedì 15 maggio 2014
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razionalità, libertà e globalizzazione
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Sabato sera siamo andati in allegra compagnia e del tutto ignari a vedere Alabama Monroe. Non ne sapevo niente, se non il sottotitolo (una storia d’amore) e la foto in locandina con una tizia in costume a stelle e striscie sdraiata sul cofano di un furgoncino rosso.
Per un bel pezzo ho pensato si trattasse di un film americano, di quelli extra Hollywood, con attori sconosciuti e budget ridotto. L’ambientazione induceva all’errore. Campagna, mucche, cavalli, locali fumosi e musica country americana, lei tatuata, lui capellone.
Poi ad un tratto compare una macchina clinica con scritte in tedesco o giù di lì – certo non in inglese. Strano, penso. Infine lei, la protagonista del film, in una scena – sempre in campagna – dice che lì in Belgio una certa cosa serve.
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Sabato sera siamo andati in allegra compagnia e del tutto ignari a vedere Alabama Monroe. Non ne sapevo niente, se non il sottotitolo (una storia d’amore) e la foto in locandina con una tizia in costume a stelle e striscie sdraiata sul cofano di un furgoncino rosso.
Per un bel pezzo ho pensato si trattasse di un film americano, di quelli extra Hollywood, con attori sconosciuti e budget ridotto. L’ambientazione induceva all’errore. Campagna, mucche, cavalli, locali fumosi e musica country americana, lei tatuata, lui capellone.
Poi ad un tratto compare una macchina clinica con scritte in tedesco o giù di lì – certo non in inglese. Strano, penso. Infine lei, la protagonista del film, in una scena – sempre in campagna – dice che lì in Belgio una certa cosa serve. Belgio? Non me ne capacito, ma, ovviamente, me ne faccio una ragione. E mi concentro sulla storia, assai dolorosa, per la verità. Infatti il film si snocciola lungo un percorso di dolore assoluto, fatto di un amore improvviso tra un suonatore di banjo, cantante di una formazione di musica folk americana, e una sfattona tatuatrice professionista. I due si innamorano perdutamente, si sposano, lui le dà una casa, la introduce nel complesso folk, la fa cantare, mettono al mondo una bella bimba, che però si ammala di leucemia e, dopo lunga e penosa malattia, muore. Al che la madre, la tatuatrice, impazzisce e si suicida. Nonostante le intenzioni però non muore, ma rimane in stato vegetativo. Al che il marito chiede che le venga praticata l’eutanaisa, cosa evidentemente in Belgio legale. Il film termina col complesso musicale di lui che canta davanti al letto su cui giace morta l’amata.
Data la trama non vi stupirete se sono uscito dal cinema vagamente alterato. Fare film sul dolore altrui è lecito, ma normalmente non mi vede in sala.
Ripensandoci il giorno successivo (Godard diceva – ho appena letto – che mentre la televisione cerca l’oblio il cinema crea ricordi), mi sono reso conto che il film, oltre ad essere ben recitato e ad avere una colonna sonora straordinaria, unisce una accurata descrizione psicologica dei due protagonisti ad un discorso estremamente ambizioso e incazzoso su Europa e Stati Uniti.
La vicenda dolorosa dei due, infatti, è vissuta col sottofondo delle dichiarazioni di quel genio di Bush figlio che in tv dichiara lo stop alla ricerca sulle staminali e provoca, come contrappasso, una vigorosa quanto stralunata difesa della laicità e dell’ateismo da parte dello sfortunato marito.
La cultura americana che ci rende tutti omogenei nel culto della loro musica, della loro arte (ultimamente), del loro cinema grazie a Dio non riesce ad attecchire (del tutto) quando si scende sul campo dei valori, tema sul quale le centinaia di anni passati da noi europei per “pulirci” da secoli di guerre religiose (o supposte tali) e da secoli di pregiudizi sociali fanno sì che in larga parte delle nostre società la razionalità – quando non l’ateismo – ancora si impone con forza. La battaglia, però, sembra dirci il film, non è finita e non bisogna abbassare la guardia. Ricerca scientifica e libertà personale anche estrema (eutanasia) sono battaglie delicate, ma rispetto alle quali vale la pena impegnarsi.
Letto così il film, melodrammatico agli estremi, merita il biglietto.
www.wripainter.wordpress.com
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writer58
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mercoledì 14 maggio 2014
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hurt
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"I hurt myself today
To see if I still feel
I focus on the pain
The only thing that's real"
Johnny Cash
Ci troviamo in Belgio, nella campagna fiamminga, a cavallo del cambio di millennio. Lui- Didier- è un gigante pieno di vitalità ed energia che suona il banjo insieme a un gruppo di amici, ama l'America ("un posto per sognatori") e ne propone i ritmi "bluegrass". E' tenero e iracondo, vive in una roulotte e appartiene a quella cultura alternativa che ha popolato l'Occidente negli anni '60 e '70. Lei- Elise- è una giovane donna che iscrive sul suo corpo i nomi dei suoi amori e le immagini salienti della propria esistenza. E' una persona appassionata, curiosa, piena di vita. I tatuaggi sono la sua memoria e il suo lavoro.
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"I hurt myself today
To see if I still feel
I focus on the pain
The only thing that's real"
Johnny Cash
Ci troviamo in Belgio, nella campagna fiamminga, a cavallo del cambio di millennio. Lui- Didier- è un gigante pieno di vitalità ed energia che suona il banjo insieme a un gruppo di amici, ama l'America ("un posto per sognatori") e ne propone i ritmi "bluegrass". E' tenero e iracondo, vive in una roulotte e appartiene a quella cultura alternativa che ha popolato l'Occidente negli anni '60 e '70. Lei- Elise- è una giovane donna che iscrive sul suo corpo i nomi dei suoi amori e le immagini salienti della propria esistenza. E' una persona appassionata, curiosa, piena di vita. I tatuaggi sono la sua memoria e il suo lavoro. Si conoscono e si amano con la stessa naturalezza di un ruscello che sgorga da una sorgente. Cantano e suonano insieme in locali fumosi, ripercorrono le storie del country autentico, quello che racconta vicende di povera gente,che narra speranze, sogni, ostacoli, desideri e miserie. Lei rimane incinta, lui abbatte a colpi di mazza un muro per ricavare una casa abitabile per la figlia che verrà.
L'irruzione del dolore e della malattia cambia in modo radicale questa condizione. Come succede spesso nella vita reale, i drammi e le perdite isteriliscono i rapporti, chiudono i protagonisti dentro solitudini non comunicanti, svuotano anche relazioni ancora vitali basate su un affetto autentico. Didier beve, impreca contro Dio e i potenti della terra,non si da' pace; Elise avverte una spirale mortifera insinuarsi progressivamente dentro di lei. Come la felicità, anche la sofferenza non conosce mediazioni, compromessi, colpisce i protagonisti come uno schiaffo sul volto.
E anche la musica diventa, nel momento della tragedia, uno strumento che da' voce al lutto collettivo, accompagna i personaggi nel terreno impervio della perdita e dello smarrimento. Gli attori (Betens e Heldenbergh,ma anche Cattrysse nel ruolo della figlia Maybelle) sono straordinari, interpretano i loro ruoli con grande naturalezza ed efficacia, quasi respirassero invece di recitare. La sceneggiatura procede per flashback vorticosi che scompongono la linearità del racconto senza comprometterne il respiro fluido.
"Alabama Monroe" è un film che lascia qualcosa agli spettatori: intensità, emozioni non artefatte, commozione, rammarico. La colonna sonora sembra accompagnare i protagonisti nel percorso dalla gioia alla caduta e carica di una forte emotività tutta la narrazione.
"Alabama Monroe", un film magnifico.
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[+] film magnifico ma fino alla parte finale
(di francesca50)
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flyanto
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mercoledì 14 maggio 2014
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una travolgente storia d'amore destinata ad una fi
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Film che racconta la storia d'amore tra una tatuatrice ed un musicista di benjo e l'evoluzione che questa storia ha dopo varie vicissitudini quali la nascita della loro bambina e la malattia che la colpisce conducendola ad una morte prematura.
Questa pellicola, altamente drammatica per la materia e le situazioni presentate, viene dal regista fiammingo Felix Van Groeningen ben rappresentata in quanto in maniera lineare, lucida, obiettiva e senza eccessivi ed inutili sentimentalismi egli ha saputo gestire una storia di coppia che avrebbe potuto invece sfociare nella banalità più assoluta. Dall'inizio dell'unione della coppia, e cioè dall'incontro tra i due protagonisti, la cinepresa li segue passo dopo passo nella crescita dei loro sentimenti assoluti e totalizzanti e delle loro responsabilità, lungo la lotta comune ed ancora unanime per la mancata guarigione della figlia e della conseguente sua morte, sino all'inesorabile e rapida fine del proprio amore o, più giustamente, rapporto a causa della diversità delle proprie reazioni a tutti gli accadimenti.
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Film che racconta la storia d'amore tra una tatuatrice ed un musicista di benjo e l'evoluzione che questa storia ha dopo varie vicissitudini quali la nascita della loro bambina e la malattia che la colpisce conducendola ad una morte prematura.
Questa pellicola, altamente drammatica per la materia e le situazioni presentate, viene dal regista fiammingo Felix Van Groeningen ben rappresentata in quanto in maniera lineare, lucida, obiettiva e senza eccessivi ed inutili sentimentalismi egli ha saputo gestire una storia di coppia che avrebbe potuto invece sfociare nella banalità più assoluta. Dall'inizio dell'unione della coppia, e cioè dall'incontro tra i due protagonisti, la cinepresa li segue passo dopo passo nella crescita dei loro sentimenti assoluti e totalizzanti e delle loro responsabilità, lungo la lotta comune ed ancora unanime per la mancata guarigione della figlia e della conseguente sua morte, sino all'inesorabile e rapida fine del proprio amore o, più giustamente, rapporto a causa della diversità delle proprie reazioni a tutti gli accadimenti. Una drammaticità, per non dire un dolore immenso, che sale man mano che la vicenda si dipana e purtroppo in maniera quanto mai realistica sino a finire in una tragedia, ormai inevitabile. Van Groeningen ha saputo addentrarsi a fondo nei sentimenti, nelle situazioni e nelle diverse e contrarie reazioni dei due protagonisti con una psicologia ed una sensibilità fuori del comune e proprio in tutto ciò risiede il pregio di questo film toccante ma anche molto crudo ed inesorabile. Del resto, la forte drammaticità della filmografia belga rimanda immediatamente al ricordo del duro cinema dei fratelli Dardenne.....
I protagonisti, da noi sinora poco conosciuti ma fortunatamente famosi nel loro paese, offrono due ritratti di persone del tutto convincenti e soprattutto vere: la giovane donna, magnificamente interpretata da Veerle Baetens, risulta quasi superiore nella sua performance a Johan Heldnebegh che ne interpreta il marito. Il suo volto che nel corso della vicenda da spensierato e sorridente, nonchè solare, si trasforma in un viso duro, dallo sguardo tagliente e dall'espressione disperata di dolore, risulta quanto mai espressivo e difficile da dimenticarsi, nonchè prova di un'ottima recitazione.
Insomma, un vero gioiello di film che ha meritato ampiamente la candidatura all'Oscar divenendo giustamente il più temibile avversario della vincitrice pellicola "La Grande Bellezza". Da non perdere assolutamente, ma per un pubblico di nicchia data la forte drammaticità.
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stefanocapasso
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martedì 13 maggio 2014
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l'amore immaturo
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Alabama Monroe racconta la storia d’amore di Dider e Elise. Una storia segnata da eventi tragici alternati a momenti di pura leggerezza musicale. Il dramma della morte della piccola Maybell spacca in due il racconto. La figlia che è stata il motivo fondante della loro unione diviene la dolorosa spaccatura che porta allo sgretolamento del rapporto
Il film è molto curato nei dettagli, fotografia, personaggi, montaggio. Tutto molto bello da un punto di vista estetico, ineccepibile. Sento la mancanza di spessore, che è poi la mancanza dei due personaggi, che vivono un amore idealizzato di tipo adolescenziale. Entrambi in identità che spesso sembrano stridere col contesto dove vivono, lui appassionato di america e bluegrass lei tatuatrice.
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Alabama Monroe racconta la storia d’amore di Dider e Elise. Una storia segnata da eventi tragici alternati a momenti di pura leggerezza musicale. Il dramma della morte della piccola Maybell spacca in due il racconto. La figlia che è stata il motivo fondante della loro unione diviene la dolorosa spaccatura che porta allo sgretolamento del rapporto
Il film è molto curato nei dettagli, fotografia, personaggi, montaggio. Tutto molto bello da un punto di vista estetico, ineccepibile. Sento la mancanza di spessore, che è poi la mancanza dei due personaggi, che vivono un amore idealizzato di tipo adolescenziale. Entrambi in identità che spesso sembrano stridere col contesto dove vivono, lui appassionato di america e bluegrass lei tatuatrice. Entrambi si tengono ai margini della vita reale del loro mondo, costruendo la loro casa nella campagna belga e fondando la loro unione sul mito americano e su un non meglio definito senso religioso orientale. Un amore descritto da sguardi, sorrisi e belle scene di vita familiare. Di fronte al dramma sono assolutamente inadatti ad affrontare ed elaborare il lutto e cominciano a perdersi dall’altro e da se, fino ad arrivare all’inevitabile tragico epilogo.
I personaggi come il film investono la loro felicità nella bellezza, la bellezza dell’amore per Didier ed Elise, la bellezza delle immagini il film. E ad entrambi manca lo spessore necessario per risolversi e maturare in qualcosa di definito.
Per il mio gusto il film ha la pecca di speculare un po troppo sulle emozioni, finendo per depotenziarle.
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manutrop
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martedì 13 maggio 2014
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un film senza dio
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La cosa migliore del film è l'interpretazione dei due attori protagonisti, in particolare il ruolo femminile. Tutto il resto è da buttare.
Propaganda pro ricerca scientifica Bigfarma, promozione della cultura agnostica mitteleuropea, grande simpatia per la dolce morte, palesata in modo nauseabondo. La scena di chiusura del film è tragicomica. Sono questi i valori del cinema europeo? Morte, malattia e disperazione senza Dio e senza possibilità di redenzione? Che messaggio vuole passare questo film?
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ely57
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lunedì 12 maggio 2014
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nevermore
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Lo scenario americano rappresentato nel film lo è a 360 gradi.
Non è sicuramente un caso che il regista forse prova la stessa passione del protagonista per lo stile di vita country e il sogno americano e lo ricostruisce perfettamente in un angolo della campagna belga fuori Gand, che pare la campagna americana, e quando deve declinare la disperazione della madre Elisen-Alabama che torna nella camera di Maribelle e si siede a terra nel punto dove prima si trovava il letto della figliola prematuramente scomparsa ed anche se tutto è stato materialmente rimosso e ridipinto, il regista quel doloroso trasloco ce lo mostra riflesso nei vetri della porta di casa e proprio perchè gli oggetti fisici e materici sono riflessi il loro doloroso ricordo è paradossalmente molto pesante e resta presente nel profondo.
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Lo scenario americano rappresentato nel film lo è a 360 gradi.
Non è sicuramente un caso che il regista forse prova la stessa passione del protagonista per lo stile di vita country e il sogno americano e lo ricostruisce perfettamente in un angolo della campagna belga fuori Gand, che pare la campagna americana, e quando deve declinare la disperazione della madre Elisen-Alabama che torna nella camera di Maribelle e si siede a terra nel punto dove prima si trovava il letto della figliola prematuramente scomparsa ed anche se tutto è stato materialmente rimosso e ridipinto, il regista quel doloroso trasloco ce lo mostra riflesso nei vetri della porta di casa e proprio perchè gli oggetti fisici e materici sono riflessi il loro doloroso ricordo è paradossalmente molto pesante e resta presente nel profondo. In quella scena la madre osserva la finestra sul pioppeto, la stessa che Maribelle vedeva ogni giorno dal suo letto ed ecco che arriva un "corvo nero" traducendo cosí in citazione cinematografica il "Raven"del grande poeta americano Edgar Allan Poe e pare sentire in quella lunga inquadratura quel dolore decifrato da Poe capolavoro della letteratura di tutti i tempi insieme a Munch nella pittura con l'Urlo, quel dolore descritto in modo unico ed universale:
"E il mio cuore da quest'ombra che galleggia nella stanza
Non solleveró mai piú
Nevermore .. Nevermore"
I profili psicologici sono declinati come logici razionali per lui ed emotivi istintivi per lei.
Il film è anche una denuncia attraverso il dolore del maschio-padre che incardina la sua sofferenza post-lutto su una richiesta razionale di giustizia politica e sociale, sfogando la sua aggressività sulle scelte di veto alle sperimentazioni sugli embrioni umani adottate dal governo Bush e contro i danni dei moralisti , danni spesso indotti dai dogmi religiosi eternamente contro lo sviluppo scientifico e principali colpevoli di questi delitti.
La madre-moglie non puó superare ed elaborare il dolore per la morte della figliola in quanto lei ne ha dato la vita essendo produttrice di vita, inoltre essendo di mestiere e passione, tatuattrice ció la rende molto fragile e permeabile in quanto ogni giorno infierisce sulla sua scorza esterna mostrando così che anche interiormente ha le stesse fragilità, che sono fragilità masochistiche che preannunciano l'ulteriore dramma finale.
La sceneggiatura sembra scritta dai testi delle canzoni del genere Bluegrass che accompagnano e costruiscono il film, nello stesso modo in cui accompagnavano le comunità agricole americane raccontando i temi dell'amore, della casa, della famiglia e delle perdite sempre molto dolorose sia se materiali o non. Questo in realtà è un tema universale per tutte le comunità agricole del pianeta da sempre esposte a queste sofferenze, ma solo negli stati uniti ha scaturito un importante e straordinario genere musicale. Ovunque, le perdite dovute dalle invasioni delle cavallette ai tifoni per l'agricoltura sino alle morti più violente o per epidemie sono nella storia di tutte le popolazioni da Abele e Caino in poi, in questo film l'agricoltore contemporaneo e musicista country vivrà due drammi, la peggior malattia dei tempi d'oggi che puó colpire la sua bambina e la peggior fragilità che puó colpire la sua donna e la comunità-gruppo di cui fa parte, qui rappresentata dal suo gruppo musicale, nel film i momenti più belli e i più tragici vengono condivisi solidariamente con gli altri. Qui sono ben rappresentate dai componenti del gruppo musicale che aiutano a sistemar casa, a formalizzare l'amore tra i due protagonisti con uno pseudo e simpatico matrimonio, sino a suonare sul letto di morte della toccante scena finale. Il film non è un melodramma ma è un racconto antropologico sulla vita e la solidarietà che pervade da sempre le comunità consolidate qualunque esse siano. Film da non perdere.
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hal9001
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domenica 11 maggio 2014
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blue(grass) rapsody
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"La vita non è generosa" (Elise a Didier)
Il corpo. Tatuato per disegnare su di sè gli eventi più importanti della vita, teso ad arco durante l'orgasmo, che accoglie dentro di sè una nuova esistenza e si dilata per favorirne la nascita. Il corpo che accompagna con il movimento delle mani, dei fianchi, dei piedi i ritmi del country americano, il corpo devastato dalla malattia, la testa resa calva dalla chemio, il sistema immunitario distrutto, quando persino respirare diventa una fatica.
Le risate, gli abbracci, la complicità, sentire di avere un progetto comune. La musica bella e dolente del bluegrass americano interpretata da un gruppo di fiamminghi che anelano spazi e opportunità mitiche ("la frontiera") negate in Belgio, nel clima freddo e chiuso delle Fiandre.
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"La vita non è generosa" (Elise a Didier)
Il corpo. Tatuato per disegnare su di sè gli eventi più importanti della vita, teso ad arco durante l'orgasmo, che accoglie dentro di sè una nuova esistenza e si dilata per favorirne la nascita. Il corpo che accompagna con il movimento delle mani, dei fianchi, dei piedi i ritmi del country americano, il corpo devastato dalla malattia, la testa resa calva dalla chemio, il sistema immunitario distrutto, quando persino respirare diventa una fatica.
Le risate, gli abbracci, la complicità, sentire di avere un progetto comune. La musica bella e dolente del bluegrass americano interpretata da un gruppo di fiamminghi che anelano spazi e opportunità mitiche ("la frontiera") negate in Belgio, nel clima freddo e chiuso delle Fiandre.
L'amore, a prima vista. Quando l'immagine dell'altro si insinua dentro di te prepotente, ti scava dentro, ti colma di arsura e non riesci a spegnerla neanche dopo l'amplesso, perché non è solo una questione di sensi, ma di anime che desiderano stare vicino,unirsi, con/fondersi.
Il dolore. Quello, belluino e vitale, del parto, quello che ti stringe lo stomaco nel vedere tua figlia soffrire, quello che ti morde la carne come uno squalo vorace quando una persona amata muore. Il dolore che annulla la voglia di vivere, lo sguardo fisso sul paesaggio della campagna che scorre mentre una macchina ti riporta a casa, quella casa ormai colma di foto e ricordi che alludono a un passato felice e tu misuri ogni momento la distanza tra quel passato e un presente che ha perso ogni significato, ogni slancio.
La musica, parole di speranza, di conforto, di miseria, storie di derelitti che vogliono un futuro migliore. Il gruppo "bluegrass" come momento di gioia condivisa e argine contro le catastrofi, contro la poca generosità della vita. Un funerale, due accordi intorno a una bara troppo piccola, i fiori che si mescolano a palate di terra. Sei persone intorno al letto di una donna morente, l'estremo omaggio a una di loro, mentre le lacrime bagnano gli strumenti musicali.
Il tempo, rimescolato in un vortice di eventi, lieti e dolorosi, felici e rabbiosi, buffi e definitivi. "La vita non è generosa", con una mano dà, con l'altra prende, con gli interessi. E scagliarsi contro Dio e gli uomini vale poco, vale come una bottiglia di vino o una manciata di pastiglie per lenire il dolore.
I nomi tatuati e cancellati. Non più Elise, ma Alabama. Non più Didier, ma Monroe. Alla ricerca di un altrove che esiste solo in funzione del suo essere irragiungibile, un paese, una stella, una farfalla, un uccello.
Una proposta splendida, che scava nella gioia e nel dolore con una naturalezza stupefacente. "Alabama Monroe", un grande film.
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[+] un finale che lascia perplessi...
(di francesca50)
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brian77
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domenica 11 maggio 2014
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ma basta....
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Uno al sabato sera decide di andare al cinema, paga il biglietto, entra in sala e deve sorbirsi la storia di una bambina che ,muore di leucemia, della famiglia affranta eccetera eccetera. Non è mal fatto questo film. e non è nemmeno niente di speciale: è semplicemente scontato. Ma perché film così non escono direttamente in dvd, e in sala si fanno uscire film in grado di attirare e soddisfare il pubblico? La colpa la do ai distributori: ci sono tanti film di ottime potenzialità che non escono nelle sale, e poi dobbiamo subire roba così. Magari perché è di produzione europea e quindi ci sono sovvenzioni, chissà, non so eh..
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Uno al sabato sera decide di andare al cinema, paga il biglietto, entra in sala e deve sorbirsi la storia di una bambina che ,muore di leucemia, della famiglia affranta eccetera eccetera. Non è mal fatto questo film. e non è nemmeno niente di speciale: è semplicemente scontato. Ma perché film così non escono direttamente in dvd, e in sala si fanno uscire film in grado di attirare e soddisfare il pubblico? La colpa la do ai distributori: ci sono tanti film di ottime potenzialità che non escono nelle sale, e poi dobbiamo subire roba così. Magari perché è di produzione europea e quindi ci sono sovvenzioni, chissà, non so eh... Ma lo spettatore chi lo sovvenziona? Poi dicono che le sale chiudono. Ricordo con piacere solo una cosa: dopo aver distribuito l'insostenibile "Muffa" (film turco da incubo), fu in quel caso la casa di distribuzione italiana a dire che rinunciava ad andare avanti.... Scelta saggia, se si vuiole mantenere in vita ancora qualche sala. Perché devono essere sempre le sale a pagare le conseguenze di queste scelte scellerate? Il pubblico in sala è pubblico vero, mica è quello fasullo dei festival!
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(di carro)
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(di satinefilm)
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