mosis
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domenica 15 aprile 2012
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noi genovesi...
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per noi genovesi, ripercorrere ancora oggi quei fatti è drammatico e triste.
dopo averci inscatolato in una città blindata ed intriso di paura, il risultato è stato quello di renderla una città fantasma e macchiarla dei peggiori crimini, io anche mi sono sentita violata.
da dieci anni a questa parte le manifestazioni di protesta a genova si svolgono in silenzio, come se il rispetto e il ricordo per quello che tante persone, soprattutto giovani hanno subito in quei giorni fosse una delle priorità del manifestare stesso.
ho apprezzato molto il film, che mi ha aperto gli occchi anche su un aspetto importante sul quae lnon mi ero soffermata abbastanza: l'opinione che a livello europeo può essere scaturita da questi fa
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per noi genovesi, ripercorrere ancora oggi quei fatti è drammatico e triste.
dopo averci inscatolato in una città blindata ed intriso di paura, il risultato è stato quello di renderla una città fantasma e macchiarla dei peggiori crimini, io anche mi sono sentita violata.
da dieci anni a questa parte le manifestazioni di protesta a genova si svolgono in silenzio, come se il rispetto e il ricordo per quello che tante persone, soprattutto giovani hanno subito in quei giorni fosse una delle priorità del manifestare stesso.
ho apprezzato molto il film, che mi ha aperto gli occchi anche su un aspetto importante sul quae lnon mi ero soffermata abbastanza: l'opinione che a livello europeo può essere scaturita da questi fatti sul nostro paese, cosa avranno pensato all'estero? quali forme di tutela nel nostro paese? è stato un primo passo per isolarci dall'europa?secondo me il film parla di un disegno preciso, scoraggiare le persone a pensare ed agire durato tutti questi anni, e tutti, forze dell'ordine e gente comune ne siamo stati vittime!
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angelo umana
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domenica 15 aprile 2012
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lo sai che rischiamo di far 30 morti stasera, si?
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E’ stato interessante vedere il film dopo una presentazione in sala fatta dal regista Daniele Vicari e dal produttore Domenico Procacci. Vicari ha raccontato che dopo una proiezione a Palermo una giornalista locale gli ha scritto in privato ringraziandolo e raccontandogli che suo marito, poliziotto, quel 21-7-2001 non si trovò nella Scuola Diaz per puro caso, ma che se avesse dovuto partecipare a quella “mattanza” o “macelleria messicana”, era convinto che il loro matrimonio sarebbe terminato da un pezzo. Procacci ha detto che sentirono entrambi l’esigenza, regista e produttore, di realizzare quel film, non farlo sarebbe stato come dimenticare tutto ed invece, come il sottotitolo del film, “Don’t clean up this blood”.
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E’ stato interessante vedere il film dopo una presentazione in sala fatta dal regista Daniele Vicari e dal produttore Domenico Procacci. Vicari ha raccontato che dopo una proiezione a Palermo una giornalista locale gli ha scritto in privato ringraziandolo e raccontandogli che suo marito, poliziotto, quel 21-7-2001 non si trovò nella Scuola Diaz per puro caso, ma che se avesse dovuto partecipare a quella “mattanza” o “macelleria messicana”, era convinto che il loro matrimonio sarebbe terminato da un pezzo. Procacci ha detto che sentirono entrambi l’esigenza, regista e produttore, di realizzare quel film, non farlo sarebbe stato come dimenticare tutto ed invece, come il sottotitolo del film, “Don’t clean up this blood”. Il regista non pretende che si vada a casa dopo il film con una nuova verità, con la coscienza tranquilla per il semplice fatto di averlo visto, ma con maggiori dubbi e perplessità. Tutto è tratto dagli atti processuali, durante i quali le vittime di quel pestaggio hanno dovuto subire una seconda tortura raccontando in dettaglio quanto vissuto. Quell’azione fu una “grande cazzata” come dice a un poliziotto il personaggio di Renato Scarpa, l’anziano che nella Diaz cercava solo un dormitorio così come giornalisti (uno è Elio Germano) e volontari del Social Forum. Erano stanchi i poliziotti del “superlavoro” di quei giorni e caricati a molla dalle provocazioni e dalle violenze dei black-blocs, andavano cercando uno sfogo: l’occasione venne loro data da chi decise l’irruzione nella scuola, arrivato a Genova poco prima. Impressionante la scena dell’arrivo all’aeroporto con le immagini dell’aereo che plana, la scala che si apre come “il braccio” di un volatile e l’accoglienza deferente riservata a questa autorità che scende sulla pista. Erano esausti ormai pure tanti dimostranti e soprattutto qualche black-bloc cominciava ad andarsene, convinto di momenti pessimi in arrivo.
Patetica fu poi la ricerca di “corpi di reato” nella palestra dove dormivano persone incolpevoli, e i pretesti addotti prima e dopo l’attacco, penosa la conferenza stampa mentre i feriti venivano portati via in ambulanze, con la portavoce della polizia che indossa una maglietta Dolce & Gabbana e spiega l’inverosimile, che quelle ferite costoro se le erano procurate prima. L’invasione della Diaz sembra proprio un assalto di bufali dalla vista annebbiata di sangue, il rumore prodotto dagli scarponi è simile a quello della corsa di una mandria di bisonti pieni di livore, che “sembrano” non avvedersi, una volta dentro, di trovarsi di fronte a persone inermi e non a black-blocs, come pure penosamente e colpevolmente giustifica in televisione l’allora presidente del consiglio Berlusconi, l’uomo della realtà virtuale; altri campioni del momento furono Castelli, ministro della Giustizia, Fini, vice-presidente del consiglio presente nella Questura di Genova e Scajola, ministro dell’Interno, persona sempre sbagliata nel posto sbagliato. Tutti a coprire quella nefandezza e a raccontare delle “tremende” provocazioni subite dalla polizia; al processo furono pure svelate le violenze nella caserma di Bolzaneto contro gli arrestati o “zecche comuniste”. Certamente a quel G8 - inutile come tanti altri con le varie delegazioni a prevedere riprese economiche che ancora aspettiamo esasperati - un ruolo perverso fu giocato da infiltrati violenti che non vennero isolati.
Il film è ricco di originali flash-back e flash-forward, inquadra le stesse situazioni da punti di vista e persone diversi, vi sono molte riprese d’archivio, tutto questo lo rende più facilmente leggibile; la crudezza delle immagini e le riprese fanno sentire lo spettatore presente a quegli atti terribili. Il proposito “Don’t clean up this blood” è per ora raggiunto; gli autori auspicano che qualche autorità d’allora chieda scusa ai cittadini, sarà difficile vista la recente sentenza sulla strage di Brescia e a 43 anni da Piazza Fontana.
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(di angelo umana)
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chaoki21
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domenica 15 aprile 2012
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un racconto contro la pulizia
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Non un film politico. Un film di esigenza. Perché, come ben racconta quel ‘Non pulire questo sangue’ sparato nel sottotitolo, l’obiettivo e la cifra meritoria di Vicari stanno proprio nell’ evitare che un Paese troppo avvezzo alla memoria corta, possa mandare in prescrizione anche le sue vergogne recenti.
Nel cinema socio-politico, a cui Diaz è stato forse troppo frettolosamente ascritto, il racconto è spesso sceneggiato dalla storia, va da sé su nastri di trasporto automatici. Piace notare, onore al merito del regista laziale, come invece questo racconto sia autonomo oltre le aspettative, e sia molto meno intriso di politica e social forum, di quanto il battage mediatico preventivo abbia fatto credere e avesse voglia di farci credere.
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Non un film politico. Un film di esigenza. Perché, come ben racconta quel ‘Non pulire questo sangue’ sparato nel sottotitolo, l’obiettivo e la cifra meritoria di Vicari stanno proprio nell’ evitare che un Paese troppo avvezzo alla memoria corta, possa mandare in prescrizione anche le sue vergogne recenti.
Nel cinema socio-politico, a cui Diaz è stato forse troppo frettolosamente ascritto, il racconto è spesso sceneggiato dalla storia, va da sé su nastri di trasporto automatici. Piace notare, onore al merito del regista laziale, come invece questo racconto sia autonomo oltre le aspettative, e sia molto meno intriso di politica e social forum, di quanto il battage mediatico preventivo abbia fatto credere e avesse voglia di farci credere.
Una vicenda che si fa corale e viaggia a stretto gira di posta temporale intorno alla scuola-macelleria, e intorno ai suoi protagonisti, tutti, da Germano a Santamaria, volutamente sotto le righe in favore dell’ epica disfatta del racconto. Di violenza ce n’è, sonora e visiva, ma non è celebrazione ematica splatter, come in un percorso di masturbazione Tarantiniana, è semmai sangue che racconta, che resta incollato alle pareti della Diaz, per farsi guardare da chi c’è arrivato il giorno dopo, e ha provato a raccontarlo al mondo, contro i chiari intenti statali di occultarlo.
Film che scorre veloce, non potrebbe essere diversamente dato il taglio documentaristico e la vicinanza storica del fattaccio brutto genovese, e si fa apprezzare per la sua onestà. Non già contro la Polizia, in modo bieco e faziosamente distorto, semmai contro la Pulizia, della memoria, della testimonianza, del sotterramento nei cassetti di Stato, della polvere sotto i tappeti ministeriali. Tante micro-storie di piccoli uomini, dal vecchio sindacalista CISL, al giornalista assai poco militante, passando per i ragazzi del Media Center, e al manager che non trova un posto migliore dove addormentarsi, tutti annegati per sbaglio nel bagno di sangue incomprensibilmente caduto per errore voluto, addosso alla nostra democrazia.
Ed un film che prende le distanze dal soffocamento dibattuale della fase I del G8, che cita Giuliani, ma non lo tocca più, così come non offre alcun riparo ideologico ai Black Block, se non quello di un piccolo baretto dove anche loro potessero avere paura. Proprio da questa onestà, dalla ricostruzione degli atti processuali fedele ma non strumentalizzata, nasce la sensazione di un lavoro che andava fatto e va visto, perché riempie. Di interrogativi, su una notte di folle interruzione della capacità di intendere e volere degli apparati di pubblica sicurezza di questo Paese, ma anche di rimorso. Per aver vissuto un simile black-out di democrazia, senza che ce ne fossimo accorti in troppi, e per aver permesso che nessuno, prima, con lo obiettivo trasparente della macchina di Vicari, spazzasse via undici lunghi anni di polvere e oblio dalle nostre coscienze.
Diaz ci ricorda allora di non pulire via quel sangue. Ma anche, ed è quello che fa più male all’uscita di sala, che quel sangue è stato versato. E se le macchie vanno via, le ferite e i perché restano quanto mai aperti e sanguinanti.
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kiarettaflake
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domenica 15 aprile 2012
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mi ha lasciato perplessa
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film documentario: mi ha lasciato perplessa!!! è vero cio che si racconta ma ci sarebbero state da raccontare anche molte altre cose! Film alquanto unilaterale!
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fabio2
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sabato 14 aprile 2012
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.....e la legge dov'è?
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"La legge è uguale per tutti".... ma non tutti sono uguali davanti alla legge. Infatti se di mezzo ci sono i poteri dello stato tutto cambia. Nessuno dei responsabili non solo andrà incontro ad una condanna, poichè i reati andranno prescritti, ma nessuno di essi ha fatto un solo giorno della "custodia cautelare" tanto amata dai PM italiani. Invece per i manifestanti pacifisti.... perchè tali erano, insulti, torture e naturalmente carcere, carcere, carcere. Ebbene quando si parla della scuola Diaz, senza indugio, andate a vedere questo film, per immaginare cosa sia accaduto, poichè molto altro avvenne ed il regista non ha voluto trasformare questo film in un opera da macello.
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"La legge è uguale per tutti".... ma non tutti sono uguali davanti alla legge. Infatti se di mezzo ci sono i poteri dello stato tutto cambia. Nessuno dei responsabili non solo andrà incontro ad una condanna, poichè i reati andranno prescritti, ma nessuno di essi ha fatto un solo giorno della "custodia cautelare" tanto amata dai PM italiani. Invece per i manifestanti pacifisti.... perchè tali erano, insulti, torture e naturalmente carcere, carcere, carcere. Ebbene quando si parla della scuola Diaz, senza indugio, andate a vedere questo film, per immaginare cosa sia accaduto, poichè molto altro avvenne ed il regista non ha voluto trasformare questo film in un opera da macello. E' da poco trascorsa Pasqua e questo film mi ha fatto ricordare The Passion.... volete capire cos'è una crocifissione? Dite grazie a Mel Gibson. Grazie Vicari per questa testimonianza che fa onore al cinema italiano e disonore alla nostra giustizia.
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[+] e' vero,
(di eles )
[ - ] e' vero,
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fabrizio dividi
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sabato 14 aprile 2012
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la notte dei diritti spezzati
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Quando il cinema si occupa di storia recente si assume molti rischi ed una precisa responsabilità. Rischi perché il ricordo dei fatti è ancora vivido, o almeno così sembra, visto che ognuno è geloso del proprio, e pronto a contestare il punto di vista degli altri; perché ci sono protagonisti in carne ed ossa che si vedono rappresentati sullo schermo in maniera inevitabilmente distorta e, soprattutto in episodi come il G8 di Genova, perché si trattano temi che hanno diviso e scosso polemicamente l'opinione pubblica in misura così profonda e persistente.
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Quando il cinema si occupa di storia recente si assume molti rischi ed una precisa responsabilità. Rischi perché il ricordo dei fatti è ancora vivido, o almeno così sembra, visto che ognuno è geloso del proprio, e pronto a contestare il punto di vista degli altri; perché ci sono protagonisti in carne ed ossa che si vedono rappresentati sullo schermo in maniera inevitabilmente distorta e, soprattutto in episodi come il G8 di Genova, perché si trattano temi che hanno diviso e scosso polemicamente l'opinione pubblica in misura così profonda e persistente.
La responsabilità però è ancora più vincolante, e concerne il dovere etico stesso dell'autore teso a preservare, per quanto possibile, quel che possiamo descrivere sinteticamente con la parola "Verità".
Il regista Vicari si assume consapevolmente il fardello di rischi e doveri trasformandoli in ali e fa volare alto la sua creatura: Diaz è un film potente, scuote le coscienze con i nudi fatti, descrive con perspicace equilibrio un evento spinoso della nostra storia con il potere del mezzo cinematografico sapientemente dosato e di cui non abusa in nessuna circostanza. Il miracolo sta proprio qui, entrare nel cuore dei fatti, anche senza calcare la mano, se si vanno a rileggere le ricostruzioni processuali riconosciute veritiere al di là di ogni dubbio, di quella notte a Genova. E il film raggiunge l'obiettivo senza lasciarsi tentare da un giudizio politico, fin troppo ovvio nelle sue conclusioni, che è compito della storia e dello spettatore (o meglio sarebbe del cittadino) e non di un cinema che cali dall'alto la sua morale come una scure sullo spirito critico dell'opinione pubblica. In questo senso le opposizioni stucchevoli da destra e da sinistra sono sterili, arrotolate su se stesse e su una dialettica incancrenita da svariati decenni e in un clima italico che nessuna riconciliazione storica è mai riuscito a svelenire e che non può lasciarsi sfuggire un'occasione così ghiotta per ri-inasprire il confronto.
Eppure esiste un terreno di discussione appropriato per un giudizio spassionato di Diaz ed è quello meramente artistico. Assistiamo al ritorno ad un cinema puro, che non mette la regia in primo piano né il divo di turno in prima pagina e che si affida a poche ma funzionali forme di linguaggio cinematografico che impreziosiscono un opera tra le migliori italiane del decennio. Come il rallenty del lancio di una bottiglia che accompagna la scansione temporale ellittica del racconto e che ricorda il roteare dell'osso (proto-arma assoluta) del kubrickiano "2001"; come l'uso della lingua nella confusa babele comunicativa insieme documentale ( il social forum era un oggettivo e in parte utopico sogno di trasversalità culturale) ed estraniante nelle sequenze più drammatiche in cui sono le botte a parlare; come le ricostruzioni accurate, anche nelle inquadrature, che riportano con efficacia ai tg di quei giorni drammatici, quasi a confondersi con essi grazie ad una fotografia più sgranata e contrastata. Ed infine nella pennellata espressionista e caricaturale di cui si connotano alcuni personaggi, mai nominati con il loro nome come sfregio più grande (ricordate l'assassino di Jesse James? Troppo infame per ricordarne l'identità), e che riportano alla interminabile e grottesca galleria iconica di registi come Zampa, Rosi, Petri fino a Garrone e Sorrentino stessi. Allo stesso modo, Diaz scardina e spolpa il potere con il semplice utilizzo della Storia, asciutta, inattaccabile e per questo terribilmente morale, l'unico modo possibile per raccontare la nostra 'personale' "Notte delle matite spezzate" all'italiana. Fabrizio Dividi
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diomede917
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sabato 14 aprile 2012
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non è il cile.....
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Il 21 Luglio del 2001 tra le 22 e mezzanotte all’interno di uno Stato democratico i diritti umani son stati calpestati, umiliati e massacrati….quella notte alla Scuola Diaz verrà ricordata per sempre come la Macelleria messicana (termine usato dal vicequestore Michelangelo Fournier).
Diaz parla dei giorni che hanno preceduto quell’evento, parla di una maledetta bottiglia di vetro lanciata contro una pattuglia della polizia….una bottiglia vista da diverse angolazioni ma che ha portato a un’unica conseguenza…..
Tralasciando gli aspetti politico-ideologici quello che colpisce di Diaz è proprio il taglio cinematografico….il talento di Daniele Vicari intravisto in Velocità Massima (la sua opera d’esordio) e ancora inespresso nei due film a seguire qui esplode….
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Il 21 Luglio del 2001 tra le 22 e mezzanotte all’interno di uno Stato democratico i diritti umani son stati calpestati, umiliati e massacrati….quella notte alla Scuola Diaz verrà ricordata per sempre come la Macelleria messicana (termine usato dal vicequestore Michelangelo Fournier).
Diaz parla dei giorni che hanno preceduto quell’evento, parla di una maledetta bottiglia di vetro lanciata contro una pattuglia della polizia….una bottiglia vista da diverse angolazioni ma che ha portato a un’unica conseguenza…..
Tralasciando gli aspetti politico-ideologici quello che colpisce di Diaz è proprio il taglio cinematografico….il talento di Daniele Vicari intravisto in Velocità Massima (la sua opera d’esordio) e ancora inespresso nei due film a seguire qui esplode….Diaz è come fosse la sua laurea in regia.
Fin dalla prima scena con questi vetri che si ricompongo capiamo che ci troviamo di fronte a un bel film girato da uno con due palle così.
Da un punto di vista narrativo ricorda l’impianto che Gus Van Sant fece con Elephant dove la tragedia è vissuta dalle diverse angolazioni dei suoi protagonisti.
La voglia di narrare i fatti del giornalista di destra interpretato da Elio Germano, il senso del dovere e il successivo smarrimento del poliziotto Claudio Santamaria, la saggezza del pensionato Renato Scarpa e le tante storie di quei ragazzi torturati sia fisicamente che psicologicamente senza un apparente motivo.
Vicari è bravissimo a rappresentare la tanta violenza presente nel film con fermezza senza gratuiticità.
Onestamente la potenza delle immagini di Diaz mi hanno levato le parole per poter fare una giusta recensione.
L’unica cosa che mi sento di dire è che Diaz è un grande film che va visto, vissuto e metabolizzato e poi finito il film fare come il sottoscritto….in silenzio, occhi umidi e capo chino per una pagina di storia che sembra uscire dal Cile di Pinochet e invece….
Voto 9
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[+] ottima recensione
(di bluesilk181)
[ - ] ottima recensione
[+] per diaz non ci sono parole.
(di vyc2886)
[ - ] per diaz non ci sono parole.
[+] concordo
(di unaditorino)
[ - ] concordo
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paulblack
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sabato 14 aprile 2012
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emozionante
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Il coraggio della verità. Grandissimo film.
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gpistoia39
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sabato 14 aprile 2012
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come in un lagher nazista, forse peggio
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Spero che questo film aiuti tutti noi a non dimenticare, ma soprattutto, e mi rivolgo ai giovani, non protestiamo lanciando bottiglie e ribaltando macchine di gente che ha avuto la disgrazia di posteggiarla li, ma impariamo a dare un senso e un peso vero alla nostra protesta, senza farci massacrare in questo modo. Il film a mio parere è comunque un ottimo film, ma non si può restare indifferenti a quello che si è visto, eppure sono passati 11 anni e siamo rimasti degli incapaci di reagire in modo determinato. Mi vengono i brividi se penso che nel corpo della Polizia ci possano essere degli uomini e delle donne così NAZISTI, AGUZZINI, SADICI.
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paapla
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sabato 14 aprile 2012
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ho ancora rabbia
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Non vedrò il film perché ho ancora rabbia per la macelleria avvenuta nel complesso scolastico Diaz-Pascoli, sede del Genoa Social Forum, improvvisata per l’occasione a camerata dormitorio. Una pagina degne delle peggiori dittature del Centro America. Il secondo governo Berlusconi (2001) inizia con un pestaggio su giovani inermi e finisce a puttane (2011).
[+] coraggio...
(di lalli)
[ - ] coraggio...
[+] scioccante, duro, crudo massacro grondante sangue!
(di eles )
[ - ] scioccante, duro, crudo massacro grondante sangue!
[+] sottoscrivo
(di nominominomi)
[ - ] sottoscrivo
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