Anna Karenina |
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Un film di Joe Wright.
Con Keira Knightley, Jude Law, Aaron Taylor-Johnson, Kelly MacDonald, Matthew MacFadyen.
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Titolo originale Anna Karenina.
Drammatico,
durata 130 min.
- Gran Bretagna 2012.
- Universal Pictures
uscita giovedì 21 febbraio 2013.
MYMONETRO
Anna Karenina
valutazione media:
3,10
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'eros e thanatos di Anna Kareninadi BMauroFeedback: 100 |
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domenica 24 febbraio 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Non perde il suo magnetismo la tragedia tolstojana di Anna Karenina, il dramma travolgente del romanziere russo, ritorna sul grande schermo, riplasmato in chiave postmoderna dall’abile artificio teatrale di Joe Wright, non nuovo con la macchina da presa ad animare costumi d’epoca, ma l’ultimo lavoro supera magistralmente i tentativi sperimentati con “Orgoglio e pregiudizio” e “Espiazione”. Al centro della scena una Knightley, abile a danzare vorticosamente tra nobili sentimenti verso i figli e le passioni più adultere, che fanno da contraltare a una aristocrazia ostentatrice di perbenismo e sani principi morali nella Russia zarista di fine ottocento. Non tramonta l’attrazione smodata e peccaminosa del tradimento, dello sfrenato desiderio di uscire dai binari di una quotidianità stantia, ma che, come nella più lontana tradizione letteraria, dal microcosmo medievale del Paolo e Francesca dantesco alla struggente Madame Bovary flaubertiana, la risposta alle passioni extraconiugali viene sempre rappresentata dalla tragedia della morte. Anna mette in scena la nobildonna di vaga bellezza, che perde la testa infatuandosi del giovane Aleksej magistralmente interpretato dal biondissimo Aaron Taylor-Johnson. Il giovane adone travolge Anna in un valzer di sentimenti come una bufera che spazza via il matrimonio con Karenin (Jude Law), alto funzionario di stato dello zar e frantuma i rapporti più profondi con il figlio. La parabola dei sentimenti di Anna scivola verso il baratro, l’impossibilità di porre un freno allo scorrere inesorabile degli eventi, nella presa di coscienza e di un’impalpabile vanità dell’amore-passione, che si consuma, come nelle più classiche delle tragedie, con il suicidio. La ricostruzione di Wright del romanzo di Tolstoj viene nobilitata da un cinema che si rifà al teatro, in uno stereotipo di rappresentazione ottocentesca tra mimesi e danza, che ammalia lo spettatore nel travolgente divenire dell’azione. Wright è sostenuto dall’abilità scenografica di Tom Stoppard, acuto osservatore dei costumi ottocenteschi, rappresentandoli attraverso una patina di contemporaneità, che riattualizzano il dramma tolstojano.
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