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ivan91
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giovedì 11 novembre 2010
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fincher geniale
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la storia vera di questo ragazzo genio dell' informatico che che nell' autunno 2003 creò quello che sarebbe diventato il social network più famoso al mondo, e la sua battaglia legale per aver infranto la privacy di milioni di pwersone un film coinvolgente che tiene attacato alla poltrona dall' inizio alla fine ma che sa anche far riflettere. attori rivelazione che sono tutti bravi, david fincher è risciuto per l'ennesima volta a portare un film di grande imapatto senza mai scadere nel patetico. da vedere
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algernon
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domenica 14 novembre 2010
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se l'informatica vince sul canottaggio
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efficace ricostruzione della folgorante ascesa di facebook, ottima panoramica sul mondo dei club universitari di harvard, università dove ogni giorno i brillanti studenti inventano qualcosa di geniale e dove il canottaggio è lo sport guida come nella omonima cambridge inglese. un film con un ritmo incalzante, come le idee innovative del protagonista. da vedere
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minamovies
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martedì 16 novembre 2010
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l'inquietudine da facebook
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Un film tosto, nella migliore tradizione del cinema USA. Un film di impatto che fila molto bene.
di tutto il film, cioè che più mi ha impressionato sono le tracce di inquietudine che la vicenda dissemina nel film..
gli occhi vuoti di Mark Zuckerberg-Jesse Eisenberg, lo Shawn parker di Justin Timberlake (davvero credibile), che rappresenta la faccia godereccia dei geni del pc..
La california dei dead kennedys, così azzeccata in una festa tra giovanissimi cervelloni..
Le enormi cifre di denaro smosse da questi ragazzini, l'ottuso ciuffo biondo dei due - bellissimi - canoisti...
Tutto concorre a raccontare questa storia senza che ci siano vincitori esconfitti, anche perché, alla fine, ciò che rimane è la solitudine estrema del genio, cui non resta che chiedere lamicizia all'ex ragazza.
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Un film tosto, nella migliore tradizione del cinema USA. Un film di impatto che fila molto bene.
di tutto il film, cioè che più mi ha impressionato sono le tracce di inquietudine che la vicenda dissemina nel film..
gli occhi vuoti di Mark Zuckerberg-Jesse Eisenberg, lo Shawn parker di Justin Timberlake (davvero credibile), che rappresenta la faccia godereccia dei geni del pc..
La california dei dead kennedys, così azzeccata in una festa tra giovanissimi cervelloni..
Le enormi cifre di denaro smosse da questi ragazzini, l'ottuso ciuffo biondo dei due - bellissimi - canoisti...
Tutto concorre a raccontare questa storia senza che ci siano vincitori esconfitti, anche perché, alla fine, ciò che rimane è la solitudine estrema del genio, cui non resta che chiedere lamicizia all'ex ragazza..
Un film davvero sottile e inquietante, tanto che non so dire ciò che davvero ne penso, del film e di facebook, poiché è tutto ancora in divenire.. Trent Reznor alle musiche certo aiuta!
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giacomogabrielli
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martedì 16 novembre 2010
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geniale figata. *****
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La straordinaria storia della scalata al successo di Mr. Facebook, Mark Zuckenberg, raccontata in un altrettanto straordinario film. David Fincher stavolta si affida alla Red One Camera per girare un film dal ritmo serrato e dalla sceneggiatura perfetta, che non lascia spazio a giri di parole o momenti lenti. Un film infallibile pressochè sotto ogni punto di vista, che fa capire come la passione e la perseveranza possano portare in alto, sconfiggendo anche i peggiori nemici. | Debolezza: - ; Punto di forza: tutto, dall'inizio alla fine | GENIALE FIGATA | *****
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lavil78
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lunedì 29 novembre 2010
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un film ben fatto
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Molto interssante, fatto bene, sicuramente Fincher è una buona sicurezza di un film che non scade mai nella banalità. Alla fine un film sull'amicizia, presunta o tale, un film di giovani attori di buon talento, dove il "vecchio" della situazione è un' insospettibilmente credibile Timberlake. Sicuramente chi esce in modo peggiore sono le "finte" relazioni sociali dei college delle "super" università americane e dei loro esclusivi circoli.
Da vedere
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club dei cuori solitari
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mercoledì 26 gennaio 2011
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non arrivi a un mucchio di soldi...
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... senza farti qualche nemico.
Dopo aver provato a fare lo Spielberg (e vincere l'oscar) con Il curioso caso di Benjamin Button, David Fincher torna a narrare nel modo moderno e dinamico che gli riesce meglio, e a raccontare una storia di giovani con difficili rapporti sociali, che ricorrono così all'aggregazione, non più in oscure cantine dove malmenarsi a vicenda, ma su eteree piattaforme digitali. "Nel passato abbiamo vissuto nelle caverne, nel futuro vivremo su internet" dice (più o meno) Sean Parker, il creatore di Napster, qui interpretato da un Justin Timberlake perfetto nel ruolo del figaccione spaccone (ma scommetto che vent'anni fa la parte sarebbe andata all'amico Brad).
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... senza farti qualche nemico.
Dopo aver provato a fare lo Spielberg (e vincere l'oscar) con Il curioso caso di Benjamin Button, David Fincher torna a narrare nel modo moderno e dinamico che gli riesce meglio, e a raccontare una storia di giovani con difficili rapporti sociali, che ricorrono così all'aggregazione, non più in oscure cantine dove malmenarsi a vicenda, ma su eteree piattaforme digitali. "Nel passato abbiamo vissuto nelle caverne, nel futuro vivremo su internet" dice (più o meno) Sean Parker, il creatore di Napster, qui interpretato da un Justin Timberlake perfetto nel ruolo del figaccione spaccone (ma scommetto che vent'anni fa la parte sarebbe andata all'amico Brad). Gli attori sono tutti magnifici, Jesse Eisenberg in testa, che rappresenta al meglio il genialoide Zucherberg, e a cui spetta giustamente una candidatura agli Oscar. Come giustamente spetta a The Social Network la candidatura a miglior film, poihé è una pellicola meravigliosa in ogni sua parte: regia (ovvio), sceneggiatura (di Aaron Sorkin), fotografia (di Jeff Cronenweth), e musiche (di Atticus Ross e Trent Reznor, che il regista ha conosciuto negli anni in cui girava i videoclip, fra gli altri, dei Nine Inch Nails). La trama si concentra sull'ascesa del più grande genio informatico di questa generazione, sulla creazione di una delle più importanti e radicali invenzioni degli ultimi anni, e sulle beghe legali che hanno coinvolto entrambi. Oltre a questo, la parte puramente filmica è come sempre eccezionale. Il film è scandito per due ore da un ritmo sostenuto, e riesce a non annoiare mai. In una scena si evade dai dialoghi che lo dominano e viene mostrata una gara di canottaggio dove le immagini, i suoni, i colori, e la musica, si liberano dalla gabbia del racconto, per offrire una pausa di grande piacevolezza visiva. Perché questo è anche e soprattutto un film divertente, che regala momenti d'ilarità in particolar modo con i due fratelli Winklevoss (il modo in cui l'attore Armie Hammer viene splendidamente sdoppiato nei due gemelli meriterebbe un capitolo a parte, e forse un altro Oscar). Questo non è un thriller, genere per il quale Fincher è evidentemente nato, ma ne ha quasi le caratteristiche linguistiche. La creazione di Facebook viene inframezzata dalle cause milionarie che hanno coinvolto i suoi creatori, in un meccanismo sofisticatissimo (come le righe di codice che vediamo scrivere da Zucherberg), in cui l'inizio tarantiniano si proietta sulla fine, ribaltando la dichiarazione iniziale "io non voglio amici", e chiudendo un cerchio ideale (in cui la parola chiave è stronzo). Sì perché forse il social network più famoso del mondo, altro non è stato che il tentativo da parte di un ragazzo isolato, troppo brillante per i suoi simili, di stabilire un ponte con gli altri, di trovare un po' di amore.
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xquadro
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martedì 6 settembre 2011
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la solitudine che si fa social
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Perchè guardare "The social network"? Beh, innanzitutto perchè parla del nostro presente, o meglio, di una parte emergente (e in buona parte già emersa) del nostro presente. Se Quarto Potere ha consegnato alla stampa un ruolo che non ha più, se Quinto potere e Poltergeist hanno inquadrato il mostro che ti divora nel tuo salotto, se The Truman Show ha annunciato il dilagare dei reality e delle vite spiate, "The social network" scrive un altro capitolo di questa storia che ad ogni passo sembra voler quasi dimenticare quello precedente. The social network è storia e presente, perchè Facebook è l'amico che entra a tutte le ore nelle case di milioni di persone e si è dilatato come una supernova nell'universo del capitalismo.
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Perchè guardare "The social network"? Beh, innanzitutto perchè parla del nostro presente, o meglio, di una parte emergente (e in buona parte già emersa) del nostro presente. Se Quarto Potere ha consegnato alla stampa un ruolo che non ha più, se Quinto potere e Poltergeist hanno inquadrato il mostro che ti divora nel tuo salotto, se The Truman Show ha annunciato il dilagare dei reality e delle vite spiate, "The social network" scrive un altro capitolo di questa storia che ad ogni passo sembra voler quasi dimenticare quello precedente. The social network è storia e presente, perchè Facebook è l'amico che entra a tutte le ore nelle case di milioni di persone e si è dilatato come una supernova nell'universo del capitalismo. Un altro motivo per non perdere il film è che ti fa incontrare Mark Zuckerberg, disumanizzato dall'interpretazione asciutta e scarnificata di Jesse Eisenberg, con quello sguardo che esprime distacco ma anche disprezzo e un personaggio che mescola genio e meschinità, sete di affermazione sociale e afasia emotiva. Chi avesse dovuto inventarlo, quel personaggio, mai e poi mai se lo sarebbe immaginato così. Zuckerberg è al tempo stesso l'artefice del suo sogno (un po' rubato e quindi condiviso, cioè "social" per definizione fin dall'origine) e il suo venditore, la garanzia che Facebook non tradirà i suoi amici. Tutti gli altri personaggi sono solo comprimari. Il film ha un ritmo veloce, la regia pur senza mostrare tratti marcatamente identificativi è certamente decorosa, il racconto - che non può ignorare i risvolti legali della storia - viene alleggerito con freddure, scenette e scambi di battute che lo rendono più commestibile. L'ambiente che fa da sfondo a tutto questo è forse l'elemento più interessante: il dislivello sociale premia chi sta sotto, l'ambizione diventa un fuoco, la rivalsa il traguardo, gli "amici" una rete virtuale che lega e che divide sciogliendo ogni legame, ogni domanda e ogni risposta in un'incessante sequenza di bit. Bit che catturano sentimenti e stati d'animo. Il dominus, però, alla fine resta solo e lì sta la chiave del suo successo e della sua infelicità. Una storia dei nostri tempi. Consigliato.
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francesco2
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mercoledì 7 settembre 2011
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comunicazione globale (e non)
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Sarà un caso(?), ma in questo film che verte sulla comunicazione globale, esaminata sotto l'aspetto delle "Reti sociali", la prima scena rivela un deficit di comunicazione individuale. Zuckerberg si presenta come un giovanotto un pò troppo sicuro di capacità più mnemoniche che altro, che in un approccio con l'altro sesso si sbilancia con affermazioni forse non dimostrabili, senza assumere consapevolezza della serietà delle proprie considerazioni. Riflettendoci meglio, l'intero film palesa vari deficit di questo tipo che comunque appaiono fortemente un mezzo più che un fine, volto ad esprimere l'impotenza di vari protagonisti: se in scene -relativamente- marginali come l'incontro tra i due "Amici" di Zuckerberg ed il rettore emerge un concetto diverso della "Giustizia", che secondo l'uomo tocca i massimi sistemi (Sic?) ma non un "Codice della moralità" che dovrebbe sussistere a livelli più elementari, la stessa diatriba che finisce per assumere contorni giudiziari evidenzia un diverso concetto del "Copyright", che passa anche attraverso le Confidenze agli altri": ha o no un senso impadronirsi di un'idea non tua, che ti era stata praticamente confidata, ed a cui dovevi solo collaborare?
Se a questo si "Aggiunge" la frase "Non puoi avere tanti amici senza farti qualche nemico", si coglie meglio come un numero maggiore di "Contatti" (tras)porti
con sé anche di perderne altri, o di precluderci quelli che mai abbiamo avuto: ma in fondo, anche nei contatti che abbiamo o non abbiamo la comunicazione svolge un ruolo importante.
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Sarà un caso(?), ma in questo film che verte sulla comunicazione globale, esaminata sotto l'aspetto delle "Reti sociali", la prima scena rivela un deficit di comunicazione individuale. Zuckerberg si presenta come un giovanotto un pò troppo sicuro di capacità più mnemoniche che altro, che in un approccio con l'altro sesso si sbilancia con affermazioni forse non dimostrabili, senza assumere consapevolezza della serietà delle proprie considerazioni. Riflettendoci meglio, l'intero film palesa vari deficit di questo tipo che comunque appaiono fortemente un mezzo più che un fine, volto ad esprimere l'impotenza di vari protagonisti: se in scene -relativamente- marginali come l'incontro tra i due "Amici" di Zuckerberg ed il rettore emerge un concetto diverso della "Giustizia", che secondo l'uomo tocca i massimi sistemi (Sic?) ma non un "Codice della moralità" che dovrebbe sussistere a livelli più elementari, la stessa diatriba che finisce per assumere contorni giudiziari evidenzia un diverso concetto del "Copyright", che passa anche attraverso le Confidenze agli altri": ha o no un senso impadronirsi di un'idea non tua, che ti era stata praticamente confidata, ed a cui dovevi solo collaborare?
Se a questo si "Aggiunge" la frase "Non puoi avere tanti amici senza farti qualche nemico", si coglie meglio come un numero maggiore di "Contatti" (tras)porti
con sé anche di perderne altri, o di precluderci quelli che mai abbiamo avuto: ma in fondo, anche nei contatti che abbiamo o non abbiamo la comunicazione svolge un ruolo importante. Quando poi, come qualcuno ha argutamente osservato in precedenza su questo sito, osserviamo che al milionesimo amico di Facebook se ne perde uno reale, si palesa come il network, "apparato" di gigantesche proporzioni, porti via qualcosa di quantitativamente piccolo ma in realtà importante. Forse Fincher, che a volte aveva ironizzato sulla violenza- culto ("Fight Club"), o parlato di serial-killer ("Seven"), stavolta se la prende con l'illusione della modernità come cura per tutti i mali, ma che in realtà apporta anche alienazione e solitudine.
Se però riflettiamo su un altro risvolto già sottolineato, che lo stesso Zuckerberg è a sua volta un alienato, anche chi scrive, che con orgoglio rivendica il suo profilo su questo social network,ipotizza come quella del giovane miliardario sia un"Alienazione da esportazione": nel suo voler superare le sue difficoltà relazionali ,dapprima riproduce su (Largamente)vasta scala l'atteggiamento nei confronti della ex-fidanzata, poi crea un piccolo(?) (altro) mondo virtuale, i cui "Abitanti", termine forse non eccessivo se si pensa alla fama di cui gode "Second Life", rischiano di cadere nello stesso suo vuoto esistenziale, celato da una pseudointelligenza genialoide(?) e da un'aria da intellettualino. Tra i momenti migliori del film, del resto, ricordiamo
il finto interesse per una ragazza volto in realtà ad accertare l'autentica diffusuione di "Facebook", nonché il ripetuto umorismo sulle galline: i nostri rapporti assumerebbero contorni sempre più falsi e paradossali, e mentre di Zuckerberg si dice alla fine "Cerchi di essere uno stronzo, ma non ci riesci sino in fondo", come aveva dimostrato il suo atteggiamento di fronte all'amico "Perdente", i social network ne escono ppraticamente stroncati: dispensatori di una felicità falsa, come quella di chi brinda al nuovo, milionesimo amico. Su Facebook, appunto.
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lorenzo.muscoso
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venerdì 12 novembre 2010
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il genio infelice
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Se Facebook non fosse ormai entrato a far parte della nostra vita probabilmente avremmo dato meno peso a questo film ma l'idea è convincente e lo stile narrativo è scorrevole e intrigante a tal punto da suscitare l'attenzione di un pubblico, già di per sè sensibile alla tematica. Dialoghi secchi e calcolati che hanno come epicentro proprietà intellettuali e creative e manie per club e confraternite proprie della cultura americana e dell'ingresso dell'individuo nel gruppo sociale. La freddezza dei dialoghi, senza margini di sbaglio e il cinismo dilagano lasciando non poché perplessità sulla artificiosità dei personaggi.
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Se Facebook non fosse ormai entrato a far parte della nostra vita probabilmente avremmo dato meno peso a questo film ma l'idea è convincente e lo stile narrativo è scorrevole e intrigante a tal punto da suscitare l'attenzione di un pubblico, già di per sè sensibile alla tematica. Dialoghi secchi e calcolati che hanno come epicentro proprietà intellettuali e creative e manie per club e confraternite proprie della cultura americana e dell'ingresso dell'individuo nel gruppo sociale. La freddezza dei dialoghi, senza margini di sbaglio e il cinismo dilagano lasciando non poché perplessità sulla artificiosità dei personaggi. Le discussioni tra il giovane Zuckerberg e la sua ex fidanzata finiscono per trasformarsi in grotteschi esercizi di autorità intellettiva. Il tutto va ad enfatizzare la figura dell'inventore di Facebook come l'ennesimo genio del secolo...Bravissimo Jesse Eisenberg nella parte confezionata dallo sceneggiatore, una figura cinica e glaciale e priva di emozioni decisamente diversa da quella foto Zuckerberg sorridente presente in Wikipedia....Un genio infelice, classico aforisma che ogni tanto salta fuori per definire qualcuno di talento non sapendo che probabilmente la loro felicità sta proprio nell'incessante sviluppo produttivo . Emblematica a tal proposito è la scena in cui Zuckerberg sta al pc a controllare i dati di Facebook in Bosnia mente vi è l'udienza in corso.
Un film diretto con interesse da David Fincher che ha saputo mantenere alto il ritmo dello sviluppo narrativo costruito attorno a figure dominanti trascinatori dell'interesse.
Un film che comunque va visto per conoscere la storia di fenomeni generazionali e di come questi siano diventati parte della nostra vita sociale e nelle relazioni interpersonali.
lorenzomuscoso.com
youtube.it/lorenzomuscoso
loremotion.tv
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lorenzo.muscoso
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venerdì 12 novembre 2010
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il genio infelice
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Se Facebook non fosse ormai entrato a far parte della nostra vita probabilmente avremmo dato meno peso a questo film ma l'idea è convincente e lo stile narrativo è scorrevole e intrigante a tal punto da suscitare l'attenzione di un pubblico, già di per sè sensibile alla tematica. Dialoghi secchi e calcolati che hanno come epicentro proprietà intellettuali e creative e manie per club e confraternite proprie della cultura americana e dell'ingresso dell'individuo nel gruppo sociale. La freddezza dei dialoghi, senza margini di sbaglio e il cinismo dilagano lasciando non poché perplessità sulla artificiosità dei personaggi.
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Se Facebook non fosse ormai entrato a far parte della nostra vita probabilmente avremmo dato meno peso a questo film ma l'idea è convincente e lo stile narrativo è scorrevole e intrigante a tal punto da suscitare l'attenzione di un pubblico, già di per sè sensibile alla tematica. Dialoghi secchi e calcolati che hanno come epicentro proprietà intellettuali e creative e manie per club e confraternite proprie della cultura americana e dell'ingresso dell'individuo nel gruppo sociale. La freddezza dei dialoghi, senza margini di sbaglio e il cinismo dilagano lasciando non poché perplessità sulla artificiosità dei personaggi. Le discussioni tra il giovane Zuckerberg e la sua ex fidanzata finiscono per trasformarsi in grotteschi esercizi di autorità intellettiva. Il tutto va ad enfatizzare la figura dell'inventore di Facebook come l'ennesimo genio del secolo...Bravissimo Jesse Eisenberg nella parte confezionata dallo sceneggiatore, una figura cinica e glaciale e priva di emozioni decisamente diversa da quella foto Zuckerberg sorridente presente in Wikipedia....Un genio infelice, classico aforisma che ogni tanto salta fuori per definire qualcuno di talento non sapendo che probabilmente la loro felicità sta proprio nell'incessante sviluppo produttivo e creativo . Emblematica a tal proposito è la scena in cui Zuckerberg sta al pc a controllare i dati di Facebook in Bosnia mente vi è l'udienza in corso.
Un film diretto con interesse da David Fincher che ha saputo mantenere alto il ritmo dello sviluppo narrativo costruito attorno a figure dominanti trascinatori dell'interesse.
Un film che comunque va visto per conoscere la storia di fenomeni generazionali e di come questi siano diventati parte della nostra vita sociale e nelle relazioni interpersonali.
Lorenzo Muscoso
lorenzomuscoso.com
youtube.it/lorenzomuscoso
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[+] d'accordo sull'importanza sociologica del film.
(di valvestino)
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