jonnylogan
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venerdì 29 marzo 2024
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l''orgoglio di lowell
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Come spesso accade il cinema a stelle e strisce è affascinato dalle famiglie disfunzionali, ancor meglio se provenienti da un piccolo centro rurale, in tal caso del Massachusetts, noto per aver dato i natali a uno dei fondatori della Beat Generation (Jack Kerouac) e all'attrice Bette Davis, e anche per essere stata il luogo di nascita di due fratellastri che per differenti ragioni hanno saputo rimettere la città di Lowell sulla carta geografica. Dicky, pugile passato a fumare crack che però ha occhio e capacità per indicare la strada al fratello, per parte di madre, Micky. Il primo a un passo dal titolo dei pesi Welter contro Sugar Ray Leonard, prima di passare ad allenare il fratellastro forse non dotato del suo stesso talento, ma di certo munito di un maggior spirito di sacrificio.
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Come spesso accade il cinema a stelle e strisce è affascinato dalle famiglie disfunzionali, ancor meglio se provenienti da un piccolo centro rurale, in tal caso del Massachusetts, noto per aver dato i natali a uno dei fondatori della Beat Generation (Jack Kerouac) e all'attrice Bette Davis, e anche per essere stata il luogo di nascita di due fratellastri che per differenti ragioni hanno saputo rimettere la città di Lowell sulla carta geografica. Dicky, pugile passato a fumare crack che però ha occhio e capacità per indicare la strada al fratello, per parte di madre, Micky. Il primo a un passo dal titolo dei pesi Welter contro Sugar Ray Leonard, prima di passare ad allenare il fratellastro forse non dotato del suo stesso talento, ma di certo munito di un maggior spirito di sacrificio.
A impersonare la coppia di fratelli, incapaci di vivere l'uno senza l'altro, anche al di fuori del ring, ci pensano due pesi massimi del mondo di Hollywood: Christian Bale, che in termini di peso ha offerto la sua ennesima trasformazione fisica, privandosi di ben 30 chili per assumere sia le sembianze di un uomo che per ragioni sportive era largamente più leggero di lui, sia perché quell'uomo era sfibrato dall'abuso di droghe. E Mark Whalberg, padre divorziato, con una nuova relazione costruita con grande fatica con una barista interpretata da Amy Adams in grado d'incarnare un carattere combattivo e mai domo, avvolto e travolto da una famiglia numerosa capeggiata dalla madre - agente: Alice (Melissa Chessington Leo).
O. Russell, autore di numerosi sbanca botteghini apprezzati anche dalla critica, a titolo di esempio Il lato positivo - Silver Linings Playbook (Silver Linings Playbook, 2012), pone il film nel solco del cinema sportivo riguardante la "nobile arte" del pugilato, forse la migliore disciplina in termini di resa sul grande schermo, a causa della drammaticità delle storie narrate: da Lassù qualcuno mi ama (Somebody Up There Likes Me; 1956) a Toro Scatenato (Raging Bull; 1980) passando per la saga del di Rocky Balboa. Costruendo anche in questo caso e come si conviene, per uno sport che esce dalle strade, un castello di dubbi e domande attorno alla famiglia Ward - Eklund e al legame di sangue indissolubile che ha sempre imposto a Micky di non abbandonare il fratello al proprio destino.
Pellicola capace di portare al premio Oscar come migliori non protagonisti, sia un Bale camaleontico, sia la Chessington Leo. Da vedere se si amano le storie a lieto fine di redenzione e scalata al successo ma da vedere anche per respirare l'aria di un'America ben distante dai centri patinati dal potere.
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fabio 3121
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domenica 3 maggio 2020
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il ring come centro di un riscatto sociale
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Il film è basato sulla vera storia di 2 fratellastri emtrambi pugili, Dicky (Christisn Bale) e Micky (Mark Wahlgerg). Mentre il primo, tossicodipendente da crak, si é oramai ritirato e allena il fratello, il secondo cerca la gloria sperando di vincere il titolo mondiale. La conduzione familiare é completata dalla madre manager. La pellicola, pluripremiata sia agli Oscar che ai Golden Globe, vuole evidenziare come lo sport e la possibile vittoria in una competizione possano rappresentare il fulcro e la base per un riscatto sociale. Il linguaggio usato è molto forte e di frequente anche fin troppo sboccato soprattutto da parte delle donne presenti in questa storia tra cui emerge la barista, fidanzata di Micky, interpretata dalla brava Amy Adams.
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Il film è basato sulla vera storia di 2 fratellastri emtrambi pugili, Dicky (Christisn Bale) e Micky (Mark Wahlgerg). Mentre il primo, tossicodipendente da crak, si é oramai ritirato e allena il fratello, il secondo cerca la gloria sperando di vincere il titolo mondiale. La conduzione familiare é completata dalla madre manager. La pellicola, pluripremiata sia agli Oscar che ai Golden Globe, vuole evidenziare come lo sport e la possibile vittoria in una competizione possano rappresentare il fulcro e la base per un riscatto sociale. Il linguaggio usato è molto forte e di frequente anche fin troppo sboccato soprattutto da parte delle donne presenti in questa storia tra cui emerge la barista, fidanzata di Micky, interpretata dalla brava Amy Adams. Tralasciando le scene degli incontri di boxe riportati dal regista comunque con grande realismo, la forza del film sta tutta nelle magnifiche interpretazioni di Christian Bale e Mark Wahlberg.
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no_data
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mercoledì 29 maggio 2019
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sgangherato
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Mi dispiace aver visto questo film. Di solito Mark Walberg è garanzia di qualità, ma in questo film non si salva niente: la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti, Bale è ridicolo nella sua recitazione di un personaggio inverosimile, tutta la famiglia del pugile è assurda. Un professionista con una carriera promettente decide di non affidarsi a un vero manager e di fare gestire tutto a un fratello tossico, una madre incompetente attorniata da figlie e sorelle troglodite. Ma finiamola. L'unica cosa buona del film è Amy Adams, che neanche lei capisce bene quello che sta facendo, ma almeno è un piacere guardarla.
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samanta
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sabato 12 maggio 2018
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come risalire la china
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Il film è tratto dalla realtà e cioè tratta le vicende che portarono il pugile Micky Ward a diventare campione del mondo dei pesi welter. Sono stati fatti tanti films sul pugilato: tanto per citare alcuni tra i più famosi : Il Colosso di Argilla ( con Humphrey Bogart giornalista senza scrupoli), Toro scatenato con Robert de Niro che interpreta Jakie La Motta, Lassù qualcuno mi ama con Paul Newman che è Rocky Graziano e Rocky interpretato da Silvester Stallone (mi riferisco al primo e non ai sequel su cui è bene stendere un velo pietoso). Il nostro appartiene alla categoria degli ultimi due films: pugili veri o di fantasia che riescono malgrado le disavventure sociali o giudiziarie a riscattarsi con il pugilato e a diventare campioni.
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Il film è tratto dalla realtà e cioè tratta le vicende che portarono il pugile Micky Ward a diventare campione del mondo dei pesi welter. Sono stati fatti tanti films sul pugilato: tanto per citare alcuni tra i più famosi : Il Colosso di Argilla ( con Humphrey Bogart giornalista senza scrupoli), Toro scatenato con Robert de Niro che interpreta Jakie La Motta, Lassù qualcuno mi ama con Paul Newman che è Rocky Graziano e Rocky interpretato da Silvester Stallone (mi riferisco al primo e non ai sequel su cui è bene stendere un velo pietoso). Il nostro appartiene alla categoria degli ultimi due films: pugili veri o di fantasia che riescono malgrado le disavventure sociali o giudiziarie a riscattarsi con il pugilato e a diventare campioni. Ward (Mark Wahlberg) appartiene ad un proletariato sempre con disavventure economiche, ed è tiranneggiato da una madre Alice (Melisso Leo) che le fa da manager con notevole insuccesso e da 6 sorelle o sorellastre tiranniche e asfissianti. Gli fa da allenatore il fratellastro Dicky (Christian Bale) che da buon pugile è sprofondato in una vita di piccolo delinquente e tossicodipendente. Ward grazie al patrigno e all'amore per la barista Charlene (Amy Adams) riesce a risalire la china dopo una serie di incontri sfortunati grazie anche al fatto che approfittando che il fratello è in carcere cambia lo staff e prende un manager meno confusionario della madre, ottenendo una serie di successi. Uscito dal carcere il fratello che è guarito dalla tossicodipendenza dopo uno scontro iniziale si chiariscono i rapporti tra i fratelli che sono legati da un affetto vero, Micky mantiene Dicky come allenatore riuscendo a raggiungere la vetta di campione del mondo. Il film che ha avuto un discretto successo di pubblico e di critica e 7 nomination e 2 oscar dati come migliori attori non protagonsti a Christian Bale e a Melissa Leo, non lo considero un film eccezionale, ma un buon film con la regia attenta di David Russel (il lato positivo, American Hustle), ma senza quei colpi d'ala che fanno fare il salto di qualità e qualche confusione nella sceneggiatura con le sorelle troppo "macchiette" e qualche sbavatura nella figura della madre. Veramente ottima l'interpretazione di Chistian Bale che ha caratterizzato la figura complessa del fratello con notevole professionalità ed ha meritato l'Oscar, sopravvalutata l'interpretazione di Melissa Leo, mentre Mark Wahlberg ha interpretato in modo sufficiente il pugile ma non è un attore da grandi prestazioni in cui è necessaria una versalità e un'espressività che gli manca. Quanto ad Amy Adams che ebbe la nomination per migliore attrice n.p. mostra come al solito la sua avvenenza e fisicità, ma ha a mio avviso un talento non eccezionale pur essendo una professionista diligente.
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greatsteven
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venerdì 25 agosto 2017
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i pugni, l'astio, le lacrime: un successo sudato!
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THE FIGHTER – NATO PER COMBATTERE (USA, 2010) diretto da DAVID O. RUSSELL. Interpretato da MARK WAHLBERG, CHRISTIAN BALE, MELISSA LEO, AMY ADAMS, MICKEY O'KEEFE, JACK MCGEE
Lowell (Massachusetts), 1993: per evadere un’esistenza di sacrifici, sconfitte e delusioni, segnata oltretutto da una disoccupazione sempre più onnipresente, non resta che infilare i guantoni e darsi alla boxe. È ciò che vorrebbe fare Micky Ward (Wahlberg), povero e determinato asfaltatore di strade, il cui irrinunciabile sogno nel cassetto è diventare un pugile di prima categoria, come un tempo avrebbe potuto esserlo il fratellastro Dicky Eklund (Bale), se solo avesse evitato di precipitare nell’inferno del crack e del terribile alcolismo.
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THE FIGHTER – NATO PER COMBATTERE (USA, 2010) diretto da DAVID O. RUSSELL. Interpretato da MARK WAHLBERG, CHRISTIAN BALE, MELISSA LEO, AMY ADAMS, MICKEY O'KEEFE, JACK MCGEE
Lowell (Massachusetts), 1993: per evadere un’esistenza di sacrifici, sconfitte e delusioni, segnata oltretutto da una disoccupazione sempre più onnipresente, non resta che infilare i guantoni e darsi alla boxe. È ciò che vorrebbe fare Micky Ward (Wahlberg), povero e determinato asfaltatore di strade, il cui irrinunciabile sogno nel cassetto è diventare un pugile di prima categoria, come un tempo avrebbe potuto esserlo il fratellastro Dicky Eklund (Bale), se solo avesse evitato di precipitare nell’inferno del crack e del terribile alcolismo. Ovvio supporre che il cammino da intraprendere per conquistare il titolo mondiale è assai arduo e presenta ostacoli (apparentemente) insormontabili: ci sono da controllare l’esplosiva e volitiva mamma-manager (Leo), le sette sorelle dal piglio provocatorio, la barista Charlene, graziosa ma energica fidanzata di Micky, e soprattutto il fratello Dicky che si ritrova dietro le sbarre per un episodio di violenza capitato fuori da un locale malfamato. Ma guai ad arrendersi! Una vola scarcerato, Dicky allenerà il fratello e si unirà a lui per fargli vincere il titolo che per entrambi è rimasto per un tempo onestamente eccessivo un’ambizione da accantonare e in cui smettere (forse?) di credere. Dovranno combattere dentro, ma specialmente fuori dal ring, scontrandosi con un muro di pregiudizi, sfortuna, arroganza e persone che remano controcorrente rispetto al loro fatidico desiderio di successo. Si impegneranno nelle condizioni più disperate e disagevoli, lottando per riscattare un passato di fallimenti deludenti e restituire alla comunità mai rinnegata ciò che le spetta di merito e che da tempo le è stato negato: orgoglio e fiducia nei propri coraggiosi abitanti. Tratto da una storia vera, è il commovente, straziante, potentissimo, catartico e sensazionale racconto di formazione di un pugile d’origini irlandesi che seppe aprirsi a suon di pugni e vita vissuta un percorso in cui altri avrebbero certamente fallito: ma non lui, The Irish Fighter, detentore del titolo internazionale dei pesi welter, un concentrato di energia, solidità, cocciutaggine e voglia di sfondare che gli permisero di trasformare un sogno in realtà. Il film è straricco di pezzi di bravura, in cui la preparazione recitativa del cast merita una lode quanto mai azzeccata a ciascuno dei personaggi principali: C. Bale nelle vesti del fratello e allenatore estremo che si barcamena fra la dipendenza da stupefacenti, le inimicizie strette in carcere e i rapporti complessi con la famiglia, ma senza mai dimenticare l’affetto per il suo adoratissimo parente che vorrebbe vedere trionfante con un motivo innegabile per stamparsi un sorriso di vittoria sulle labbra; M. Leo, come Bale premiata con l’Oscar, una madre dedita al fumo per sfogo intellettivo, scontrosa, prepotente, determinata ad ottenere ciò per cui si intestardisce, ma sempre carica di parole di riscatto e rivalsa per figli e figliastri quando si tratta di dar sfoggio ad un atteggiamento genitoriale capace di infondere audacia e sentimento; lo stesso protagonista, Wahlberg, con la faccia tumefatta spesso ispessita con cerotti e garze, un boxeur che parte letteralmente da zero passando dal cemento della carreggiata al ring col vigore e la determinazione di un novello campione che aspira a recuperare il tempo perduto per dimostrare a chi gli vuole bene quanto vale e come è capace di conciliare il pentimento per gli sbagli trascorsi con la compensazione immensa ottenuta tramite i trionfi sportivi; bravissima anche la rossa Adams, fidanzata mai gelosa nemmeno delle boriose sorelle, spigolosa ed eccentrica ma pur sempre affezionata al suo ragazzo e in grado di infondergli la pace interiore che gli serve per combattere e di cui si serve lei stessa per non farsi mettere i piedi in testa e vivere alla giornata sperando che le cose si mettano meglio per tutti senza che accadano più avvenimenti sconvolgenti. È senza ombra di dubbio il primo capolavoro di Russell, che poi replicherà adeguatamente con altri successi quali Silver Linings Playbooks (2012) e American Hustle (2014), intanto permettendo a Wahlberg di realizzare un progetto da lui inseguito per un buon quinquennio e per giunta anche prodotto, mentre dal canto suo il regista ci mette la farina del suo sacco tirando fuori il vecchio tema dell’uomo fallito che sembra non possedere le doti per ingranare e invece tira fuori tutto il suo potenziale per emergere preponderante: il suo efficiente controllo di un’ottima sceneggiatura e di una colonna sonora geniale ed espressiva, firmata da Michael Brook, gli consente di sfornare un capolavoro sul pugilato che giustamente potrebbe dare filo da torcere ad altre pellicole imperniate sullo stesso tema, ma che invece mette da parte paragoni che potrebbero infastidire e si concentra piuttosto sulla riscossa di un individuo che non si piange addosso e si rialza un milione di volte quando cade, restituendogli dignità e facendo sì che la sua parabola appaia verosimile e capace di catalizzare l’attenzione, il piacere e la simpatia del pubblico. Il tutto senza ricorrere al minimo ricatto sentimentalista. Semmai Russell punta sull’elemento che forse più d’ogni altro costituisce la leva d’attracco maggiormente esplosiva di un dramma sportivo coi fiocchi: il pianto interiore dell’uomo che ricorre alla resilienza per ricostruirsi una vita e trovare una ragione più che mai azzardata di riscatto sociale e personale, cambiando da un verso all’altro il capovolgimento di una situazione che dapprima offende e provoca, ma poi premia chi reagisce e guadagna quanto gli spetta. Buona ambientazione, lodevole gestione delle luci di scena, un montaggio anfetaminico che segue con foga energica e inarrestabile le sequenze emozionanti dei pugili che boxano, una scenografia che ritrae il grigiore di un quartiere quasi dimenticato da Dio, un budget non enorme che però sovviene allo scopo ottimamente conseguito di produzione estatica della pellicola e infine costumi disegnati ad hoc per i personaggi in relazione alla loro presenza nei vari luoghi in cui l’azione prende parte, in particolar modo i locali, la palestra, lo stadio di boxe, il carcere, l’interno delle abitazioni e l’esterno dei marciapiedi sporchi.
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johseph
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giovedì 20 aprile 2017
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ma quanto è bravo christian bale?
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Film sul pugilato fi discreta fattura. Niente di straordinario, se non la prova S.U.P.E.R. di Christian Bale, che manco a posta gli è valsa l'oscar. Consigliato.
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giuseppetoro
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sabato 26 novembre 2016
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bello, combattivo
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Film, sul pugilato, una famiglia che si affida ad uno dei figli pugile che riesce a risorgere, mentre l'altro tossico esce dal carcere per allenarlo..bello
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giorpost
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lunedì 24 febbraio 2014
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odissea e rinascita per 2 fratelli agli antipodi
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The Fighter (USA, 2010) è la vera storia di Micky Ward, pugile proveniente dalla working class del Massachusetts, protagonista altalenante nella categoria pesi welter a cavallo tra il 1985 ed il 2003. La sua ascesa coincide con il declino del fratellastro Dicky, anch’ egli autore di una breve carriera pugilistica nonché leggenda di Lowell (paesino di provincia dove entrambi nascono e crescono) in quanto capace di mettere a tappeto niente meno che Sugar Ray Leonard nel ’78, anche se in modalità non del tutto chiare. Mark Wahlberg dà il volto al protagonista mentre Christian Bale interpreta Dicky, ormai caduto in disgrazia e dipendente dal crack.
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The Fighter (USA, 2010) è la vera storia di Micky Ward, pugile proveniente dalla working class del Massachusetts, protagonista altalenante nella categoria pesi welter a cavallo tra il 1985 ed il 2003. La sua ascesa coincide con il declino del fratellastro Dicky, anch’ egli autore di una breve carriera pugilistica nonché leggenda di Lowell (paesino di provincia dove entrambi nascono e crescono) in quanto capace di mettere a tappeto niente meno che Sugar Ray Leonard nel ’78, anche se in modalità non del tutto chiare. Mark Wahlberg dà il volto al protagonista mentre Christian Bale interpreta Dicky, ormai caduto in disgrazia e dipendente dal crack.
La trama è semplice nella sua stesura: una nota emittente americana sta girando un docu - film sulla vita di Dicky, da sportivo capace di arrivare quasi all’ apice della carriera fino alla discesa nell’ inferno della droga. Scopo del documentario è che funga da deterrente per le nuove generazioni contro l’ uso di stupefacenti. Nel frattempo il campione mancato, con la madre - padrona Alice (la brava Melissa Leo) stanno costantemente col fiato sul collo del tenue e timido Micky in quanto unica fonte di reddito per una famiglia numerosa ed in difficoltà economiche. Ward è un talento, si allena con i consigli del fratellastro che pur tossicomane ha ancora esperienza e conoscenza da vendere in un uno sport dove “chi non ne capisce nulla pensa che i colpi che fanno più male sono quelli diretti al volto ma invece sono peggiori quelli che vanno alle costole”, ma è chiaro che la loro presenza è a dir poco invadente se consideriamo che ci sono anche ben 7 sorelle (nel vero senso del numero) ad ostacolare un cammino che dovrebbe essere fatto di concentrazione, allenamenti e dedizione.
L’ unico in famiglia ad avere buon senso pare essere George (papà biologico di Micky ma non di Dicky, che di cognome fa Eklund) il quale gli dà anche consigli su come approcciare la barista Charleen, attraente ragazza del posto che Micky non ha il coraggio di avvicinare. Sarà quest’ ultima (nei panni della quale troviamo Amy Adams) a far schiarire le idee al potenziale campione su quali debbano essere le priorità, ma proprio mentre le cose convergono per il meglio ed alcune importanti vittorie ottenute come atleta “trampolino” gli spianano nuovamente il cammino, il fratello ne combina un‘ altra delle sue ed entrambi finiscono agli arresti con tanto di frattura alla già indebolita mano destra di Ward. Ora è crisi vera, Micky si smarca dalla famiglia, convince Charleen a tornare con lui e ricomincia la marcia, ma gli manca qualcosa.
Passano i mesi, Micky Ward (detto l’ irlandese) mette in fila altre importanti vittorie una volta cambiato coach e collaboratori, fino a mettere a tappeto un rivale tenace grazie ai consigli dal carcere del fratello. Si rende conto che senza di lui non farà mai il salto di qualità ed allora viene raggiunto un compromesso storico tra i componenti della famiglia Ward, Charleen, lo stesso Micky ed il suo staff, non senza momenti di tensione e chiarimenti sfociati in vere e proprie risse. Sia la madre Alice che Dicky realizzano finalmente che tocca a Micky decidere sul suo futuro. Dicky sembra rinato dopo il carcere, avendo attraversato anche varie crisi di astinenza, ed il suo apporto sarà fondamentale nella la sfida per il titolo mondiale che verrà messo in palio a Londra contro il forte Shea Leary, un‘ epica battaglia che il fratello alla fine riuscirà a fare sua. Una carriera, quella di Ward, che lo porterà nella leggenda per le sue 3 sfide ad Artuto Gatti, l’ italo - canadese con il quale, tra la fine degli anni ’90 e l’ inizio dei 2000, darà vita ad un duello entrato nella storia, tra K.O. tecnici, fratture varie ed una vera amicizia tra i due che si rispettavano e sembravano equivalersi “come gemelli”.
Di quest’ opera restano varie cose, a partire dalla bellezza del film in se, essendo il classico biopic che appassiona soprattutto chi non conosce la storia prima di vederlo. Poi va citato, su tutti, colui che ormai è diventato il talento indiscusso di questi anni, un attore capace di dimagrire, ingrassare, interpretare ruoli drammatici, grotteschi, ironici o da psicopatico: Christian Bale. L’ Oscar vinto come attore non protagonista è il giusto tributo al britannico capace, a mio modo di vedere e senza paura di impervi accostamenti, di ripercorrere la strada di un certo Robert deNiro, del quale ne incarna senza dubbio la meticolosità interpretativa e la completa discesa nel personaggio, caratteristica tipica di Bob. Bale fa da locomotiva ad un cast comunque all’ altezza dove fanno la loro onesta figura la altrettanto premiata Melissa Leo (nelle vesti della madre - manager), il caratterista Jack McGee (visto in Rescue me), la citata Adams ma anche lo stesso Wahlberg, pur senza troppi virtuosismi che non gli appartengono. Del regista, alla sua prima vera prova di spessore, ne sentiremo parlare successivamente. Gli va dato il merito di aver fatto un film sul pugilato senza rappresentare incontri in stile Rocky.
Voto: 7
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iankenobi
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giovedì 7 novembre 2013
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mickey e dicky
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Ormai david russell,lo potrei riconoscere ad occhi chiusi, talmente distintivo e' il suo modo di trattegiare queste famiglie sgangherate del sottoproletariato americano.
Film forse, che non va mai in profondita',ma che sa parlare di intricati rapporti e in qualche modo di rivincite.
A me ricorda un po' le commedie all'italiana di una volta,in cui si sorrideva amaramente,purtroppo se ho amato molto bale,come al solito,anche se da lui mi aspetto sempre un capolavoro,che ancora non e' arrvato,trovo sempre un po' catatonico whalberg e fuori parte la adams,fantastiche madre e sorelle,i cui siparietti,soprattutto con la nuova cognata,irresistibili.
Da vedere.
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Ormai david russell,lo potrei riconoscere ad occhi chiusi, talmente distintivo e' il suo modo di trattegiare queste famiglie sgangherate del sottoproletariato americano.
Film forse, che non va mai in profondita',ma che sa parlare di intricati rapporti e in qualche modo di rivincite.
A me ricorda un po' le commedie all'italiana di una volta,in cui si sorrideva amaramente,purtroppo se ho amato molto bale,come al solito,anche se da lui mi aspetto sempre un capolavoro,che ancora non e' arrvato,trovo sempre un po' catatonico whalberg e fuori parte la adams,fantastiche madre e sorelle,i cui siparietti,soprattutto con la nuova cognata,irresistibili.
Da vedere.....in televisione
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lia_manelli
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sabato 12 ottobre 2013
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famiglia e pugilato:la forza di essere una squadra
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Un Regista. Un cast promettente. Un Bale che ancora una volta ci stupisce per le sue trasformazioni (per dirne una Trevor Reznik de“L’uomo senza sonno”), in questo caso da Oscar come miglior attore non protagonista nei panni di Dickie Ward. Una veterana Melissa Leo che si merita appieno il suo primo Oscar. Da ammirare anche il resto del cast che mostra una presenza tutta al femminile pienamente immersa nel mondo della boxe tra cui, accanto alla Leo, spicca Amy Adams, barista senza peli sulla lingua che conquisterà il cuore del protagonista, Mark Wahlberg.
Girato come un documentario, riesce in questo modo crudo e realistico a rendere al meglio la storia di Michey Ward, pugile dalla carriera non molto fortunata che riesce a conquistare il titolo mondiale dei pesi welter.
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Un Regista. Un cast promettente. Un Bale che ancora una volta ci stupisce per le sue trasformazioni (per dirne una Trevor Reznik de“L’uomo senza sonno”), in questo caso da Oscar come miglior attore non protagonista nei panni di Dickie Ward. Una veterana Melissa Leo che si merita appieno il suo primo Oscar. Da ammirare anche il resto del cast che mostra una presenza tutta al femminile pienamente immersa nel mondo della boxe tra cui, accanto alla Leo, spicca Amy Adams, barista senza peli sulla lingua che conquisterà il cuore del protagonista, Mark Wahlberg.
Girato come un documentario, riesce in questo modo crudo e realistico a rendere al meglio la storia di Michey Ward, pugile dalla carriera non molto fortunata che riesce a conquistare il titolo mondiale dei pesi welter. Soprattutto grazie al supporto della sua famiglia, in particolare di Dickie, il fratello ex pugile ora tossico che crea imbarazzi e non pochi problemi. Sarà lui ad allenarlo e portarlo alla vittoria.
Scene drammatiche e divertenti, che riflettono quelle di una famiglia numerosa e affiatata, forse troppo. Tanti problemi, in primis quello della droga: il fratello maggiore è la mina vagante che oscura con il suo passato il presente e il futuro del fratello minore. Nonostante questo Mickey difende a spada tratta il suo mito, la sua figura di riferimento.
Non ti colpisce immediatamente, non ti prende e ti fa saltare sulla sedia dal primo momento. È piuttosto un innamoramento graduale, man mano che la storia si sviluppa e ti fa conoscere da vicino chi la anima, ti fa sentire parte di quella famiglia. Inevitabilmente ti trovi a tifare e sperare di vedere il titolo in mano di quel ragazzone che nonostante gli ostacoli e una famiglia asfissiante riesce con determinazione e coraggio a risalire fino ad arrivare all’incontro per il titolo, compiendo così l’impresa impossibile.
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