jimbo
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mercoledì 22 dicembre 2010
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la bruttezza dell'intelletto
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La bellezza del Somaro... Non rientra nel mio modo di pensare quello di parlare mal di un film italiano, realizzarlo è un'opera titanica e riuscirci è sempre lodevole per la mole di persone che sono state coinvolte e che hanno creduto e sudato per la realizzazione dell'opera. Ecco allora che scatta la mia prima insofferenza nei riguardi di questo film, seguo le interviste rilasciate da Castellitto sul film, e lo sento tessere le lodi della moglie, Margaret Mazzantini la scrittrice multi-premiata, questo per usare i temini di Sergio Castellitto: nata a Dublino, immersa sempre in un ambiente creativo vista la famiglia di provenienza, il loro è un credo di sinistra, il regista da la parola alla moglie la quale a sua volta tesse le lodi del marito, parlano del loro film con dei toni e dei modi che mi portano a pensare: avranno fatto tutto da soli, fotografia, costumi luci, produzione post produzione e catering, portando il cestino del pranzo ai loro attori? No, non è cosi.
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La bellezza del Somaro... Non rientra nel mio modo di pensare quello di parlare mal di un film italiano, realizzarlo è un'opera titanica e riuscirci è sempre lodevole per la mole di persone che sono state coinvolte e che hanno creduto e sudato per la realizzazione dell'opera. Ecco allora che scatta la mia prima insofferenza nei riguardi di questo film, seguo le interviste rilasciate da Castellitto sul film, e lo sento tessere le lodi della moglie, Margaret Mazzantini la scrittrice multi-premiata, questo per usare i temini di Sergio Castellitto: nata a Dublino, immersa sempre in un ambiente creativo vista la famiglia di provenienza, il loro è un credo di sinistra, il regista da la parola alla moglie la quale a sua volta tesse le lodi del marito, parlano del loro film con dei toni e dei modi che mi portano a pensare: avranno fatto tutto da soli, fotografia, costumi luci, produzione post produzione e catering, portando il cestino del pranzo ai loro attori? No, non è cosi. I veri professionisti ci sono ma non sono all'altezza del duo Mazzantini-Castellito quindi è lecito non parlarne, detengono il verbo, ed il film è loro e basta e solo di loro si deve parlare. Finalmente vado al cinema a guardare il LORO film, nel buio della sala, mi trovo di fronte una esaltazione ed eccitazione culturale, una presunzione nel racconto, un volere a tutti i costi ostentare la loro “ricchezza culturale”, paragonabili a quei signori che riescono ad arricchirsi in qualche modo e vogliono far vedere a quella borghesia che ormai non esiste più che anche loro hanno comprato la casa ai Parioli (per chi non lo sapesse Parioli è un quartiere residenziale romano, dove se non vivi li non sei nessuno, i “compagni” Mazzantini Castellitto due corpi un credo, comunista, indovinate dove hanno comprato la loro casa?). Il film è una continua citazione, Cechov, Nabokov, James Hillman, Neruda, del quale si dedica pure un primo piano ad un disegno che lo rappresenta all'interno di un armadio, si dedica una scena ad un libro scritto dalla Mazzantini che per magia lo si ritrova all'interno di una libreria, eccetera, eccetera, eccetera. Insomma il film vuole dare il ritratto di una borghesia di destra vuota, senza valori, dove tutto ciò che conta è l'immagine, ma la figlia di questa borghesia vuole sovvertire l'ordine e vive una storia d'amore con un settantenne, ma purtroppo l'Italia non ha ancora partorito un regista del calibro di Kubrik e la Mazzantini non ha il coraggio che cerca falsamente di ostentare, quindi alla fine del racconto, giustifica la sua opera spiegando che la storia d'amore tra il vecchio e la giovane ragazza, è solo una storia platonica, una storia che non è stata consumata in un letto, ma soltanto tra le note cerebrali di due cervelli interessanti, una noia senza fine. L'interpretazione di Castellito scimmiotta lo stile di Carlo Verdone, al quale ruba pure un personaggio senza nessuna vergogna, forse la Mazzantini rifacendosi a ciò che disse Picasso: “l'artista mediocre copia, il genio ruba” ha tranquillizzato ed esortato il proprio marito ad andare avanti senza preoccuparsi che qualcuno se ne fosse potuto accorgere. Loro detengono il verbo. Le uniche scelte felici sono state nella scelta degli attori: Gianfelice Imparato, Nina Torresi e Marco Giallini che hanno la capacità di far scomparire dallo schermo la loro recitazione e fanno invece comparire sullo schermo il personaggio che stanno interpretando portandoti a pensare che loro sono veramente quel personaggio, praticamente tutto il contrario degli altri attori del cast. Ecco in una giornata di pioggia quando si sceglie di andare al cinema, tranquillamente io direi, perfavore, non andiamo a vedere il film di Castellitto, forse però il film con la regia di Castellitto ancora oggi lo potrei vedere.
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federico
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mercoledì 22 dicembre 2010
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siete tutti marzulli
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Il film puo' piacere o no, ma stroncarlo come hanno fatto nelle trasmissione di Marzullo,scambiandolo per un film sulle problematiche sociali , generazionali, post sessantotto ecc.ecc. rischiate di passare seriamente per dei cretini o di Marzulliana capacita' intelletiva.
Pensare anche solo minimamente che i personaggi possono in qualche modo corrisponedere anche lontanamente ad uno stereotipo reale e da , scusatemi se mi ripeto,cretini.
E' sempliecmente un film comico che prende in giro e si prende in giro usando personaggi e tematiche a secondo del racconto e della situazione comica che ne puo' scaturire.
Io qualche risata, decisamente l'ho fatta, quelle risate belle e originali prive di cliche' gia' sentiti come il contrasto nord- sud e maschio-femmina di recente visione.
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Il film puo' piacere o no, ma stroncarlo come hanno fatto nelle trasmissione di Marzullo,scambiandolo per un film sulle problematiche sociali , generazionali, post sessantotto ecc.ecc. rischiate di passare seriamente per dei cretini o di Marzulliana capacita' intelletiva.
Pensare anche solo minimamente che i personaggi possono in qualche modo corrisponedere anche lontanamente ad uno stereotipo reale e da , scusatemi se mi ripeto,cretini.
E' sempliecmente un film comico che prende in giro e si prende in giro usando personaggi e tematiche a secondo del racconto e della situazione comica che ne puo' scaturire.
Io qualche risata, decisamente l'ho fatta, quelle risate belle e originali prive di cliche' gia' sentiti come il contrasto nord- sud e maschio-femmina di recente visione.
Se poi mi chiedete se è un capolavoro vi dico di no, surreale e riempiticcio, ma se ci andate per divertirvi ve lo consiglio vivamente e le seghe mentali lasciatele ai Marzulliani...
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santospago
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mercoledì 22 dicembre 2010
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non ci siamo
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Il problema più grande del film è la noia, la storia procede ma non sembra sapere dove andare.
Gli spunti ci sono ma non vengono approfonditi.
Alcune macchiette che si aggirano nel film ne minano definitivamente la credibilità.
La cosa migliore del film è il trailer.
Peccato.
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everyone
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mercoledì 22 dicembre 2010
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gli asini o somari non fanno bene al cinema italia
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Mi è venuto in mente che qualche tempo fa Bisio interpretò un film dal titolo "ASINI" terrificante al pari della pellicola in questione su cui mi sono già espressa.Si vede proprio che questo tipo particolare di animale non si addice al nostro cinema....meglio cambiare animale chissà....
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everyone
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mercoledì 22 dicembre 2010
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bunuel....de noantri...
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Inutile ridicolo cinepanettone di....sinistra che mi auguro non abbia beneficiato per la sua realizzazione di denaro pubblico ovvero...de noantri.
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pearlfrank
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mercoledì 22 dicembre 2010
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xchè non sperare in una via d'uscita?
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Durante il film ho riso,ho provato stupore x la quantità di verità e originalità e semplicità che vi ho trovato,ho riflettuto,cos'altro si può chiedere ad un film?certo,il gusto è personale,però la decadenza della società fotografata da castellitto è oggi,è qui.
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a.mac
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martedì 21 dicembre 2010
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commedia (italiana) progressista? no grazie
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Se questa è la premessa di ciò che viene definita: “commedia progressista”, bisogna riconoscere che in quanto a qualità ed originalità la “commedia conservatrice” rimane la regina, almeno in Italia. Il ritmo frastornante che in un paese abituato ai reality potrebbe funzionare, fallisce di fronte a un pubblico capace di discernere la differenza che passa tra linguaggio cinematografico e linguaggio televisivo. Un film di palese matrice autoreferenziale, nevrotico, intenzionato a rappresentare al meglio un ovvio che si allontana dal conformismo anziché rappresentarlo sagacemente. Al di là di tutto non riesco a capire cosa abbia spinto l’autore a scegliere una storia che sberleffa un gruppo isolato di noiosi borghesi benestanti.
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Se questa è la premessa di ciò che viene definita: “commedia progressista”, bisogna riconoscere che in quanto a qualità ed originalità la “commedia conservatrice” rimane la regina, almeno in Italia. Il ritmo frastornante che in un paese abituato ai reality potrebbe funzionare, fallisce di fronte a un pubblico capace di discernere la differenza che passa tra linguaggio cinematografico e linguaggio televisivo. Un film di palese matrice autoreferenziale, nevrotico, intenzionato a rappresentare al meglio un ovvio che si allontana dal conformismo anziché rappresentarlo sagacemente. Al di là di tutto non riesco a capire cosa abbia spinto l’autore a scegliere una storia che sberleffa un gruppo isolato di noiosi borghesi benestanti. Se c’è un significato semantico, vi prego, aiutatemi a capirlo.
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olgadik
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martedì 21 dicembre 2010
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con un pizzico di buon gusto in più!
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Una ragazza diciassettenne, Rosa, un padre e una madre sui cinquanta, i loro amici un gruppo di borghesi sfasati e radical-chic, il terzo incomodo: il fidanzato della ragazzina. Che però ha un “vizietto”, quello di essere un settantenne con tanto di criniera bianca e la faccia un po’ legnosa ed attonita di Enzo Jannacci. Infine il gruppetto di coetanei della ragazza, quelli che hanno la bellezza del somaro, cioè quella forza e primitiva naturalezza che è propria di chi è giovane. Su tutti, Marcello (Sergio Castellitto) e Marina (Laura Morante), genitori insicuri e poco autorevoli persino con la cameriera. Il padre si comporta come un amico della figlia, senza mai dialogare in profondo e sorvolando su tutto, preferendo il lavoro (è un architetto modaiolo) e la tecnica dello struzzo.
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Una ragazza diciassettenne, Rosa, un padre e una madre sui cinquanta, i loro amici un gruppo di borghesi sfasati e radical-chic, il terzo incomodo: il fidanzato della ragazzina. Che però ha un “vizietto”, quello di essere un settantenne con tanto di criniera bianca e la faccia un po’ legnosa ed attonita di Enzo Jannacci. Infine il gruppetto di coetanei della ragazza, quelli che hanno la bellezza del somaro, cioè quella forza e primitiva naturalezza che è propria di chi è giovane. Su tutti, Marcello (Sergio Castellitto) e Marina (Laura Morante), genitori insicuri e poco autorevoli persino con la cameriera. Il padre si comporta come un amico della figlia, senza mai dialogare in profondo e sorvolando su tutto, preferendo il lavoro (è un architetto modaiolo) e la tecnica dello struzzo. La madre, psicologa, ostenta anche lei convinta modernità e atteggiamenti privi di pregiudizi e intanto bamboleggia con la figliola. Nel loro clan di adulti sono tutti dello stesso stampo: nessuno capisce niente della propria vita o riesce a darle un senso e spesso i ruoli si rovesciano fino ad arrivare a farsi rifornire di canne dai figli. A loro, già di per sé pittoreschi, si aggiungono la madre di Marina, buona borghese che ha il culto degli animali e guarda con svampita acrimonia agli umani, e due pazienti della psicologa: la giovane in cura va succhiando dal biberon alcolici vari, l’altro paziente maschio ha la fissa del Settimo Sigillo, che riguarda e rivive in ogni occasione. E tutti in un balzano girotondo con ritmi farseschi da cinema muto. Aggiungete un casale in Toscana, aperto a chiunque, fucina ininterrotta di cibi da sgranocchiare in ogni ora, ricettacolo di stravolti week-end per riprendere il lunedì la non-vita nei non-luoghi. Ma questa volta c’è una novità annunciata da Rosa: l’arrivo del nuovo strano fidanzato: ecco il settantenne, saggio, silenzioso testimone dei loro tic e delle loro nevrosi giovanilistiche. Perciò sarà lui a fare da detonatore delle contraddizioni di tutti fino a un lieto fine che strizza maliziosamente l’occhio al pubblico: è pur sempre Natale. Certamente la prima parte del film, opera terza di Castellitto, scritta da Margaret Mazzantini sua moglie, ha un inizio che promette bene. Ritmo giusto e veloce, battute fulminanti e divertenti, citazioni di linguaggio azzeccate, fotografia accurata anche se non originalissima. Ma tutto questo nel secondo tempo diventa teatrale in modo eccessivo, il ritmo della farsa si fa abusato, i dialoghi prolissi e urlati sono poco convincenti, le citazioni pretenziose e caricate. Quello poi che dovrebbe essere il deus ex machina, alias il fidanzato attempato, è la figura più scolorita in tanto colore degli altri, così da girare quasi a vuoto. In tal modo una commedia intelligente si trasforma in qualcosa di sovrabbondante e ripetitivo e non vale citare Nabokov o Checov per riscattarla.-
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santiago77
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martedì 21 dicembre 2010
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decisamente brutto
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Dalle critiche che leggo so già che farò parte di una minoranza ma devo confessare che questo film non mi è proprio piaciuto.Trama assurda,personaggi indefinibili avvolti da fini citazioni letterarie ,tante grida e poco altro.Anche il conflitto generazionale dei genitori cinquantenni con i figli adolescenti è un tema visto, rivisto e credo affrontato molto meglio in altre pellicole.Purtroppo se questo è il tenore delle nuove commedie italiane credo sia meglio orientarsi sui film stranieri,oppure sprofondare nei classici cinepanettone.
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iltex74
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martedì 21 dicembre 2010
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soldi buttati, pessimo...
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Peccato non esista la mezza stella, perchè questo film ne varrebbe proprio una. Soldi buttati. Un collage di macchiette, sitauzioni tra di loro scollegate, incoerenti, senza nessun senso. Con la pretesa assurda di far pure ridere. Un film assurdo. All'inizio si spera che la storia prenda il via, ma poi si resta delusi. E' confusione ed "entropia cinematografica" dall'inizio alla fine. Ho persino visto gente alzarsi ed andarsene a metà film. Dovevo farlo pure io...
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