gianleo67
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sabato 16 novembre 2013
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avvincente virtuosismo da 'survival drama'
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Storia vera di Aron Ralston, ingegnere ventenne e appassionato di trekking, che rimane intrappolato per 5 giorni (127 ore) in un profondo crepaccio di un canyon dello Utah. Con il braccio destro incastrato tra la parete di roccia ed un grosso masso ed a corto di acqua, sopravviverà bevendo le sue urine e riuscendo ad amputarsi il braccio con un coltellino d'acciaio.
Spesso tacciato,a torto, di essere un regista furbetto e sensazionalista (per le tematiche scottanti e lo stile iperdinamico), il britannico Danny Boyle conferma doti e convizioni in questa maratona per la sopravvivenza di un moderno eroe dell'avventura in solitario nello scenario desolato di un deserto di roccia e coyote dell'immaginario cinematografico a stelle e strisce.
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Storia vera di Aron Ralston, ingegnere ventenne e appassionato di trekking, che rimane intrappolato per 5 giorni (127 ore) in un profondo crepaccio di un canyon dello Utah. Con il braccio destro incastrato tra la parete di roccia ed un grosso masso ed a corto di acqua, sopravviverà bevendo le sue urine e riuscendo ad amputarsi il braccio con un coltellino d'acciaio.
Spesso tacciato,a torto, di essere un regista furbetto e sensazionalista (per le tematiche scottanti e lo stile iperdinamico), il britannico Danny Boyle conferma doti e convizioni in questa maratona per la sopravvivenza di un moderno eroe dell'avventura in solitario nello scenario desolato di un deserto di roccia e coyote dell'immaginario cinematografico a stelle e strisce.
Abile nel ricamare ritmo e tensione narrativa (non sempre per stomachi deboli) dall'apparente linearità di un racconto del tipo 'vado,cerco di uccidermi e ritorno' e suggerendo con indiscussa abilità artigianale il rapporto sempre attuale e controverso tra l'uomo e la natura (splendide le location e la fotografia di un'immensa aridità rosseggiante), trova la sua coerente dimensione espressiva nell'alternanza tra la descrizione di una calcolata razionalità della sopravvivenza e la dimensione inconscia dei meccanismi di difesa psichica, una dialettica ta il qui e ora di una insostenibile disperazione e l'altrove di un substrato emotivo da cui attingere motivazioni e determinazione per scelte terribili ma necessarie (bere la pipì come crudele e sarcastico contrappasso di una martellante educazione consumistica tra Coca Cola&co, rinunciare ad una parte di sè come atto necesasario per una sopravvivenza degli affetti passati e futuri, etc.). Giocando sulla continua osmosi tra i vasi comunicanti del conscio e dell'inconscio il regista di Manchester (ma americano d'adozione) ci restituisce il senso tragico ed eroico insieme della dimensione complessiva dell'uomo posto di fronte ai suoi limiti e ad i suoi tabù, laddove il coyote intrappolato (invero facile simbologia solo suggerita dal regista) si stacca istintivamente la zampa a morsi, l'homo sapiens deve attraversare i territori sconfinati e perigliosi di una naturale resistenza emotiva per arrivare alla lucida determinazione di un inevitabile autolesionismo. Questo flusso di coscienza che parte dal tran tran quotidiano delle moderne società dei consumi (illustrato nei siparietti esemplificativi dei titoli di testa e di coda) per arrivare a delineare il destino singolare di una tragica e colpevole casualità individuale è la cifra stilistica di un regista che da sempre rielabora le esperienze sensoriali e psichiche estreme come i sottoprodotti di una lisergica civiltà dell'alienazione (Piccoli omicidi tra amici,Trainspotting) qui declinandola come suggestivo contraltare di un esemplare 'survival drama' (Ballard l'avrebbe chiamato 'inner space'). Film avvincente ed emozionante (a tratti dalla crudezza insostenibile) poggia quasi interamente sull'indiscutibile virtuosismo di Boyle e la efficace presenza scenica di un energico James Franco, concedendosi nel finale ad una accattivante emotività per famiglie.
Sei nomination ai Premi Oscar 2011 ma nessun premio. Prima di uscire avvisate sempre i parenti: può salvarvi la vita!
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marzia80ud
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mercoledì 2 marzo 2011
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spietata scelta
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fotografia particolare. di impatto emotivo. visionario. lento ma convincente... eccetto l'errore della scena in cui si toglie lo zaino. cruda e spietata scelta. mi taglio un braccio per poter vivere o resto bloccato aspettando la morte?
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mario scafidi
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domenica 6 marzo 2011
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bellissimo, ma non lo rivedrò mai più!
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Tanto di cappello al coraggio di Danny Boyle, che ha preso in mano una storia del genere ed è stato capace di realizzarne un film, onore al merito anche dei produttori che hanno osato investire nel progetto. Il film è bello, merito anche dell'azzeccata regia da videoclip (necessaria per rendere fruibile un racconto caratterizzato dalla staticità) e della fotografia dai colori liquidi e vividi. Nonostante ciò, "127 ore" credo sia uno di quei film che si vede una volta nella vita e poi mai più. Atrocemente insostenibile, a tratti la tentazione di distogliere lo sguardo dallo schermo è stata assai forte. Dieci e lode alla performance di James Franco.
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Tanto di cappello al coraggio di Danny Boyle, che ha preso in mano una storia del genere ed è stato capace di realizzarne un film, onore al merito anche dei produttori che hanno osato investire nel progetto. Il film è bello, merito anche dell'azzeccata regia da videoclip (necessaria per rendere fruibile un racconto caratterizzato dalla staticità) e della fotografia dai colori liquidi e vividi. Nonostante ciò, "127 ore" credo sia uno di quei film che si vede una volta nella vita e poi mai più. Atrocemente insostenibile, a tratti la tentazione di distogliere lo sguardo dallo schermo è stata assai forte. Dieci e lode alla performance di James Franco.
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billyjo3
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giovedì 29 novembre 2012
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capolavoro sfiorato
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E' un Danny Boyle ultra-sperimentale quello che racconta la vera storia di Aron Ralston, trekker statunitense, che nell'Aprile del 2003 rimase intrappolato per 5 giorni nel Blue John Canyon (Utah) lottando contro il tempo per tornare alla vita e alla rinascita. L'intero film è un grande racconto intenso e commovente di vita e morte, caduta e resurrezione, oblio e rinascita. E' un viaggio appassionante, che non lascia spazio al pensiero, che prende e porta via e rapisce per ciò che è. Inizia come un'escursione tranquilla e rilassata, ma ben presto si trasforma in un vero e proprio incubo. Il punto di vista incentrato solo sul protagonista rimane tale dall'inizio alla fine, portando lo spettatore con lui sia nel buio della notte che nella luce del sole.
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E' un Danny Boyle ultra-sperimentale quello che racconta la vera storia di Aron Ralston, trekker statunitense, che nell'Aprile del 2003 rimase intrappolato per 5 giorni nel Blue John Canyon (Utah) lottando contro il tempo per tornare alla vita e alla rinascita. L'intero film è un grande racconto intenso e commovente di vita e morte, caduta e resurrezione, oblio e rinascita. E' un viaggio appassionante, che non lascia spazio al pensiero, che prende e porta via e rapisce per ciò che è. Inizia come un'escursione tranquilla e rilassata, ma ben presto si trasforma in un vero e proprio incubo. Il punto di vista incentrato solo sul protagonista rimane tale dall'inizio alla fine, portando lo spettatore con lui sia nel buio della notte che nella luce del sole. Il bianco ed il nero, così opposti ma così complementari: è questo il punto di forza fondamentale dell'intera pellicola. Aron cade nel buio e rimane intrappolato, lo spettatore resta intrappolato con lui, assistendo sia allo sforzo sovrumano di liberarsi che alla decisione finale di commettere l'irreparabile per la sua sopravvivenza. Il dramma è intenso, ben dosato, colpisce per la sua forza visiva e narrativa, mostrando a volte ciò che vuole far vedere e a volte tenendo da parte alcuni pezzi del puzzle. Nello sviluppi della vicenda si assiste lentamente ad una ricostruzione del passato, delle speranze e delle prospettive del protagonista, che tra il sogno onirico e i flashback di ciò che è stato si rende conto ben presto che ha abbandonato ogni forma di legame umano, e che è forse il destino ad averlo voluto portare a quel punto. Si spinge oltre se stesso, oltre ogni immaginazione per tornare alla vita, a ciò che ha perso, e a quello che forse non ha mai apprezzato fino alla caduta in quel buco infernale. La solitudine viene ampliata ancor di più dalla sublime regia di Boyle, fatta di split-screen, punti di vista impossibili, occultati nei meandri più profondi di ciò che esiste e di ciò che è solo immaginazione, creando confusione ma al contempo senso di incubo ad occhi aperti. E' un viaggio di andata ma soprattutto di ritorno quello di Aron, un ritorno agli affetti, a tutto quello che di bello la vita gli aveva offerto e che lui aveva sempre sottovalutato (scena fantastica quella del dialogo botta/risposta con se stesso come in un talk show televisivo con tanto di risate di sottofondo). Un viaggio che porta alla luce finale, finalmente viva e calda che regala sussulti e fa vibrare le corde più alte dell'animo. Segnalazione finale per James Franco, protagonista intenso, fisicamente ed emotivamente fantastico, e per la colonna sonora, davvero ben strutturata, che mette in risalto il bianco ed il nero dell'intera bellissima storia. Unica nota negativa: la parte centrale del film, fatta di troppe visioni oniriche, che sfilaccia leggermente la trama e fa perdere la meravigliosa intensità che il plot di partenza aveva brillantemente creato. Per fortuna che la terza e ultima parte torna ad essere corposa e coerente. Quasi capolavoro.
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jacopo b98
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mercoledì 18 marzo 2015
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un buon tentativo, purtroppo non molto riuscito
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Nel 2003 Aron Ralston (Franco), ingegnere appassionato di alpinismo e ciclismo estremo, va a fare una gita nel Blue John Canyon dello Utah. Abbandona la bici e effettua un pezzo di strada a piedi, cade in un crepaccio e una roccia gli blocca il braccio contro la montagna. Rimarrà lì per 127 ore. Alla fine si taglierà il braccio con il proprio coltellino svizzero e sopravviverà. Oggi con adeguate protesi si dedica ancora agli sport estremi. Boyle e Simon Beaufoy, reduci dal trionfo di The Millionaire, condensano il romanzo auto-biografico dello stesso Ralston, che racconta la sua incredibile avventura. L’operazione è dal punto di vista registico l’estremizzazione dello stile videoclippato di Boyle, qui portato alle massime conseguenze, dall’altra il tentativo di creare uno dei film più statici della storia del cinema (Ralston rimane bloccato dopo appena 15 minuti di film e si libera a 10 minuti dalla fine) mantenendo comunque una tensione martellante per tutta la durata, ricorrendo alla forza del quasi-splatter per alcune scene.
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Nel 2003 Aron Ralston (Franco), ingegnere appassionato di alpinismo e ciclismo estremo, va a fare una gita nel Blue John Canyon dello Utah. Abbandona la bici e effettua un pezzo di strada a piedi, cade in un crepaccio e una roccia gli blocca il braccio contro la montagna. Rimarrà lì per 127 ore. Alla fine si taglierà il braccio con il proprio coltellino svizzero e sopravviverà. Oggi con adeguate protesi si dedica ancora agli sport estremi. Boyle e Simon Beaufoy, reduci dal trionfo di The Millionaire, condensano il romanzo auto-biografico dello stesso Ralston, che racconta la sua incredibile avventura. L’operazione è dal punto di vista registico l’estremizzazione dello stile videoclippato di Boyle, qui portato alle massime conseguenze, dall’altra il tentativo di creare uno dei film più statici della storia del cinema (Ralston rimane bloccato dopo appena 15 minuti di film e si libera a 10 minuti dalla fine) mantenendo comunque una tensione martellante per tutta la durata, ricorrendo alla forza del quasi-splatter per alcune scene. L’obiettivo è raggiunto in parte: la trama appare troppo esigua per un film da un’ora e mezza e tutti i flashback e le allucinazioni di Ralston appaiono solo un modo per rimpinguare una sceneggiatura che altrimenti basterebbe appena per un mediometraggio. Poco parlato, cibernetico nell’uso di telecamera (i puristi non apprezzeranno, le nuove generazioni saranno probabilmente incuriosite e si ritroveranno in uno stile che ricorda non poco i moderni videoclip) e delle musiche insopportabili di A.R. Rahman (anche lui riciclato da The Millionaire, per cui aveva ottenuto 2 Oscar). La tensione in alcune scene è palpabile e la scena della auto-mutilazione mette in difficoltà anche i più forti di stomaco, ma non basta quello a rendere 127 ore un film riuscito, quando la noia subentra dopo non troppo tempo per andarsene solo verso la fine. Inoltre il finale è consolatorio e posticcio e francamente mi sembra che celebri l’incredibile e pur ammirevole istinto di sopravvivenza di un alpinista peraltro imprudente e sconsiderato. Ad ogni modo James Franco non è mai stato così bravo e la sua interpretazione è indimenticabile se non altro per la sua incredibile capacità di recitare staticamente per un film intero: è lui che regge il film, non c’è dubbio! Ad ogni modo agli americani è piaciuto (nel resto del mondo molto meno) e anche l’Academy lo ha nominato in 6 categorie tra cui miglior film, attore e sceneggiatura.
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scrigno magico
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venerdì 30 dicembre 2016
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vicenda reale drammatica ma film pessimo
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Alla prima visione questo film proprio non mi era piaciuto, così a mesi di distanza ho voluto provare a rivederlo, e l'impressione è stata persino peggiore.
Grande occasione persa da Boyle. La vicenda aveva tutti i crismi perché vi si costruisse sopra un film pieno di tensione, angoscia, ansia, empatia col dramma del protagonista, e invece il regista ha sprecato, malamente, tutto. E' stato come affidare una Ferrari da Formula 1 in mano a un ragazzotto neopatentato! E non parlo di insperienza, viste altre prove di Boyle precedenti assai migliori, ma di atteggiamento, stile, impostazione superficiale e inappropriata nella realizzazione del film.
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Alla prima visione questo film proprio non mi era piaciuto, così a mesi di distanza ho voluto provare a rivederlo, e l'impressione è stata persino peggiore.
Grande occasione persa da Boyle. La vicenda aveva tutti i crismi perché vi si costruisse sopra un film pieno di tensione, angoscia, ansia, empatia col dramma del protagonista, e invece il regista ha sprecato, malamente, tutto. E' stato come affidare una Ferrari da Formula 1 in mano a un ragazzotto neopatentato! E non parlo di insperienza, viste altre prove di Boyle precedenti assai migliori, ma di atteggiamento, stile, impostazione superficiale e inappropriata nella realizzazione del film.
Mi aspettavo di essere immerso nella vicenda con un crescendo graduale del senso di paura e sgomento, invece, nonostante nella realtà questo sia stato un vero e proprio dramma, nella riduzione cinematografica per lungo tempo non solo non c'è alcun coinvolgimento, ma si ha quasi l'impressione di essere stati involontariamente proiettati alla visione di una commediola (anch'essa mal riuscita) che ci riserverà un finale buffo!
Boyle sbaglia dall'inizio alla fine, persino le musiche, o sono assenti o sono irritanti, fastidiose, fuori contesto. Ti aspetti i suoni della natura, approfonditi da melodie gravi, cadenzate, coinvolgenti, e invece ti ritrovi canzonette da spot pubblicitari, una cosa davvero senza senso!
Tutti i flash back del protagonista mancano di profondità, di spessore, non avvicinano mai empaticamente alla vicenda né alla persona. Anzi risultano stucchevoli e malriuscite distrazioni che spezzano l'atmosfera. Almeno quella minima parte che non si poteva cancellare con una pessima regia. Franco lo assolvo perché penso (o voglio pensare...) che abbia dovuto assogettarsi al taglio imposto da Boyle, ma non si può dipanare una vicenda in maniera così approssimativa, comprese le espressioni e i ricordi del giovane avventuroso, facendola decollare solo nel drammatico finale.
Riempire di divani, salotti, letti, di flash familiari della vita del protagonista poteva e soprattutto doveva essere realizzato in maniera tale da avvicinarci allo spessore del personaggio, invece l'empatia non arriva mai, nulla è approfondito, non c'è un filo conduttore: sono spot, musichette, flash disarticolati, buttati là un po' a caso per riempire spazi in un modo che la fantasia scadente e asfittica del regista non ha saputo rendere in maniera diversa, migliore, coinvolgente.
Si finisce la visione con la noia accumulata in almeno un'ora inutile, che il finale drammatico non riesce a cancellare.
Occasione sprecata davvero malamente. Una vicenda altamente drammatica trattata quasi come una barzelletta, con una conclusione che ovviamente colpisce per ciò che è stata nella realtà, ma che non riesce davvero a risollevare dallo scempio offerto per quasi tutto il film.
Nota finale: trovo inconcepibili e sbalorditivi gli elogi per questo film, e scandalose le candidature all'Oscar.
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effemmecinema
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giovedì 10 marzo 2011
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il nostro "io nascosto" ci aspetta in un canyon
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Aron Ralston (James Franco) ha 27 anni ed è innamorato dei canyon dello Utah….
Le rocce, mentre ci passa attraverso, le accarezza…
Con animo aperto va incontro alla natura che, in un solo istante, ne salvifico, ne maledetto, ma semplicemente recante l’immanenza come stigma, gli presenta il suo volto nascosto e macerato nei secoli e consegna nelle mani del presente un salatissimo conto….
E’ l’anno 2003…
Nel confronto con un pesantissimo masso che ci schiaccia il braccio contro una parete nulla si puo’, così Danny Boyle dopo una decina di minuti nemmeno precipita il suo protagonista inchiodato in una gola desolata, rifugge la linea della spettacolarità e procede spedito lungo quella delle parole e dell’intimo filosofico, delle angosce, dell’imponderabilità degli eventi…
E’ il momento di serrare con accortezza il tappo della preziosissima borraccia dell’acqua….
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Aron Ralston (James Franco) ha 27 anni ed è innamorato dei canyon dello Utah….
Le rocce, mentre ci passa attraverso, le accarezza…
Con animo aperto va incontro alla natura che, in un solo istante, ne salvifico, ne maledetto, ma semplicemente recante l’immanenza come stigma, gli presenta il suo volto nascosto e macerato nei secoli e consegna nelle mani del presente un salatissimo conto….
E’ l’anno 2003…
Nel confronto con un pesantissimo masso che ci schiaccia il braccio contro una parete nulla si puo’, così Danny Boyle dopo una decina di minuti nemmeno precipita il suo protagonista inchiodato in una gola desolata, rifugge la linea della spettacolarità e procede spedito lungo quella delle parole e dell’intimo filosofico, delle angosce, dell’imponderabilità degli eventi…
E’ il momento di serrare con accortezza il tappo della preziosissima borraccia dell’acqua….
E’ necessario mantenere la calma….pensare, riflettere….
Poi arriverà il momento del coraggio…
Solo 15 minuti di sole al giorno scaldano i piedi di Aron…
C’è ancora la voglia di ammirare un corvo che vola…
Tra i consigli per il futuro si potrebbe appuntare: “Mai comprare coltellini cinesi…”…
Chiuso nei confini paralizzati nei quali si è costretto, Boyle evade solo per qualche manciata di minuti tra ricordi e flashback, mescolandoli assieme al desiderio di un birra fresca ad una festa…
Rivitalizza il tetro con attimi fugaci di “fantasiosa inventiva radiofonica”….
Bill Withers….Plastic Bertrand….
La pietra è il carceriere di Aron ed anche, il suo tavolino….
Lui è “una perla” e la natura la sua ostrica, la sua ragione di vita…
….la sua prigione “meravigliosa e cattiva”….
E’ una messa in opera quella del regista di Manchester che al solito cerca di “distorcere”, survoltare (anche se in questo caso con “moderazione”…), creare un ritmo brillante e stavolta però, per larghi tratti, anche rapisce, appassiona, dilata gli spazi nei quali potersi concedere all’immedesimazione, ci spinge a provare “percezione”….
Paura…panico….solitudine….
Quasi un testamento per la videocamera….
Ma Aron ancora pensa al matrimonio di sua sorella, che adesso è solo una bambina….
……pensa al futuro!!....
Del finale molti sanno già tutto….
Boyle ne “immobilizza” la truculenza affogandola con un montaggio che procede per “scattose immagini”, in una sequenza molto serrata, con abbondante musica ad abbaiare forte al colore del sangue….
Decisamente un buon rientro dopo la sbornia “sopravvalutatissima” di “The Millionaire”, assai meno sincero di questo “127 Ore”…
…..Peccato per quel fuoco di fila iniziale di sponsor ben “tornito” di coltellini svizzeri, bibite gasate e loghi di varia provenienza….
Aron, qualora ne uscisse vivo, per la prossima volta da già per scontato che lascerà un biglietto per avvertire amici e parenti della sua escursione….
FRANCO – 10 MARZO 2011
www.effemmecinema.splinder.com
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giusepon
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martedì 22 marzo 2011
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james franco: one man show!
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One man show! e che show se ci troviamo un James Franco che regge a 127 minuti di film tutto in un sol respiro. è bastata una sola esitazione al protagonista del film per ritrovarsi in trappola con un masso vecchio milioni di anni poggiato delicatamente sul suo inutile braccio. Avreste mai creduto di reggere tutte quelle ore in una situazione del genere? avreste mai scommesso di reggere tutti quei minuti sulla poltrano a guardare un uomo immoblizzato con un sasso sul braccio? beh se è un film diretto da Danny Boyle magari qualcuno ci avrà creduto e ha fatto bene, il film è fatto molto bene, affascina quell'America sconfinata e fa paura quando ci si mette nei panni di James.
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One man show! e che show se ci troviamo un James Franco che regge a 127 minuti di film tutto in un sol respiro. è bastata una sola esitazione al protagonista del film per ritrovarsi in trappola con un masso vecchio milioni di anni poggiato delicatamente sul suo inutile braccio. Avreste mai creduto di reggere tutte quelle ore in una situazione del genere? avreste mai scommesso di reggere tutti quei minuti sulla poltrano a guardare un uomo immoblizzato con un sasso sul braccio? beh se è un film diretto da Danny Boyle magari qualcuno ci avrà creduto e ha fatto bene, il film è fatto molto bene, affascina quell'America sconfinata e fa paura quando ci si mette nei panni di James. non avrai creduto che l'attore avrebbe retto il peso e invece lo fa è brillantemente, ho adorato il suo spettacolino radiofonico fatto davanti la telecamera, eccezionale! il film è incalzante suppur immobile è la situazione il ritmo rimane dimanico, veloce, leggero;per non parlare di tutti quel percorso interiore che il protaganista è costretto a fare, stare lontano da ciò che ha amato lo porta ad allucinazione per avvicinarsi sempre più a ciò che non vorrebbe mai più perdere:i suoi genitori, la sua ex. un finale magari un pò trascurati in fase di montaggio ma non si possono cambiare i fatti ne le situazioni ( soprattutto se si ha a che fare con massi vecchi milioni di anni). ok James ti sei aggiudicato la mia fiducia, al prossimo ciak.
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(di hi mate!)
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dano25
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mercoledì 3 agosto 2011
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angoscia e solitudine
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Aron Ralstone nel 2003 ha 26 anni, è un lupo solitario con l’adrenalina a mille e la voglia di libertà e sport allo stato puro. Aron Ralsone è un ragazzo che, durante un’escursione nel Blue John Canyon dello Utah, cadendo in un dirupo, rimane con il braccio intrappolato sotto un masso che lo costringe a 127 ore di angoscia, rimpianti, paura. Aron Ralson è un ragazzo vero che, con un gesto estremo di coraggio, riesce a liberasi da una morsa mortale, trovare aiuto, sopravvivere e rifarsi una vita in gruppo, con tanto di moglie e figlio.
Danny Boyle, brillante regista inglese, mette la sua inconfondibile firma sul racconto vero di Aron rielaborandolo in un film dai contenuti forti e toccanti. Candidato a 6 Oscar nel 2011 tra cui miglior film, attore e sceneggiatura non originale, nonostante la staticità, il film regala emozioni forti.
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Aron Ralstone nel 2003 ha 26 anni, è un lupo solitario con l’adrenalina a mille e la voglia di libertà e sport allo stato puro. Aron Ralsone è un ragazzo che, durante un’escursione nel Blue John Canyon dello Utah, cadendo in un dirupo, rimane con il braccio intrappolato sotto un masso che lo costringe a 127 ore di angoscia, rimpianti, paura. Aron Ralson è un ragazzo vero che, con un gesto estremo di coraggio, riesce a liberasi da una morsa mortale, trovare aiuto, sopravvivere e rifarsi una vita in gruppo, con tanto di moglie e figlio.
Danny Boyle, brillante regista inglese, mette la sua inconfondibile firma sul racconto vero di Aron rielaborandolo in un film dai contenuti forti e toccanti. Candidato a 6 Oscar nel 2011 tra cui miglior film, attore e sceneggiatura non originale, nonostante la staticità, il film regala emozioni forti.
A prestare il volto ad Aron è il sempre più convincente James Franco, 34enne californiano, capace in solitudine, di trasmettere le emozioni, le paure e l’angoscia di un uomo sull’orlo del baratro; Meritatissima la candidatura all’oscar.
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brucemyhero
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martedì 9 agosto 2011
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127 ore
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Tratto dal racconto del protagonista involontario del dramma, un' escursionista per vocazione interiore , James Franco interpreta Aron Arslton, offrendo forse la migliore tra le sue interpretazioni. Ci sono momenti in cui riesce a trasmettere la palpabile disperazione a cui è inchiodato da quel masso, che probabilmente, come lui dice 'lo attendeva li da sempre'. Non un film di grande spessore, ma una vicenda umana che meritava di essere raccontata e perchè no, diffusa cinematograficamente. Un'esperienza che cambierà la sua vita per sempre, ma che come solitamente accade, non farà perdere il vizio al lupo. Non condivido infatti la scelta di un uomo, a cui è stata data una seconda possibilità, ma che la getta tra i ricordi in nome di una passione.
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Tratto dal racconto del protagonista involontario del dramma, un' escursionista per vocazione interiore , James Franco interpreta Aron Arslton, offrendo forse la migliore tra le sue interpretazioni. Ci sono momenti in cui riesce a trasmettere la palpabile disperazione a cui è inchiodato da quel masso, che probabilmente, come lui dice 'lo attendeva li da sempre'. Non un film di grande spessore, ma una vicenda umana che meritava di essere raccontata e perchè no, diffusa cinematograficamente. Un'esperienza che cambierà la sua vita per sempre, ma che come solitamente accade, non farà perdere il vizio al lupo. Non condivido infatti la scelta di un uomo, a cui è stata data una seconda possibilità, ma che la getta tra i ricordi in nome di una passione. Se dovesse accadere nuovamente, può darsi che a rimetterci non sia solo il protagonista, ma ciò che il canyon gli ha insegnato e dato: una nuova vita. L'animo umano è un abisso....
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