jaky86
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lunedì 28 febbraio 2011
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viaggiare senza muoversi
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Un ragazzo, alpinista, rimane intrappolato in un canyon nello Utah, con il braccio sotto una roccia. Ed è lì che si svolgerà interamente il film, fino all'impressionante epilogo. Per riuscire a non annoiare con una trama del genere, devi essere un regista super, e Danny Boyle lo è..e lo dimostra scavando nell'intimità e nella psiche del disperato Aron, con il suo solito stile visionario e sperimentale già apprezzato in Trainspotting e Slumdog Millionaire. Forse il protagonista rimane un pò troppo lucido e autoironico (scena della finta intervista), nonostante la gravità della situazione in cui si trova. James Franco è bravo, i canyon lo sono ancora di più.
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Un ragazzo, alpinista, rimane intrappolato in un canyon nello Utah, con il braccio sotto una roccia. Ed è lì che si svolgerà interamente il film, fino all'impressionante epilogo. Per riuscire a non annoiare con una trama del genere, devi essere un regista super, e Danny Boyle lo è..e lo dimostra scavando nell'intimità e nella psiche del disperato Aron, con il suo solito stile visionario e sperimentale già apprezzato in Trainspotting e Slumdog Millionaire. Forse il protagonista rimane un pò troppo lucido e autoironico (scena della finta intervista), nonostante la gravità della situazione in cui si trova. James Franco è bravo, i canyon lo sono ancora di più. Per gli amanti del genere, caldamente consigliato "La morte sospesa".
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linodigianni
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domenica 6 marzo 2011
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un finale consolatorio, un film adrenalinico
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Di questo film si possono apprezzare alcune cose pregevoli:
il montaggio molto accattivante, le riprese e le angolature insolite,
il ritmo impresso dalla musica e dalle panoramiche grandiose,
e il protagonista.
O meglio, il corpo, del protagonista.
Un corpo e la pietra che lo imprigionerà nella montagna, per la mano.
Una pietra che duemila anni aspettava il suo passaggio, dirà il
protagonista.
Il film ha due momenti inutili: quando eccede nei particolari
da intervento chirurgico,e nel finale, consolatorio, ridondante
e perfino tragicomico.
Nel complesso, non male. Visione consigliata
[+] il finale...
(di lunapica)
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hidalgo
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mercoledì 9 marzo 2011
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danny boyle, james franco e il masso dell'angoscia
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Aron Ralston è un appassionato di sport estremi che un bel giorno decide di scendere nel Blu John Canyon, rimanendo con un braccio incastrato tra la roccia e un grosso masso che lui ha fatto inavvertitamente cadere. Comincia così una disperata lotta per la sopravvivenza, cercando in tutti i modi un sistema per liberare il braccio dalla morsa del masso-assassino. Ci riuscirà dopo 5 lunghissimi giorni, segandosi l'arto intrappolato con un coltellino.
Il film comincia (quasi) come una commedia ma precipita presto in un incubo. Lo schema è quello di Buried, un uomo (da) solo per tutto il film (eccezione fatta per l'incontro con le due ragazze) costretto a cercare una via d'uscita da una situazione tremenda ed angosciante, posta in palio la propria vita.
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Aron Ralston è un appassionato di sport estremi che un bel giorno decide di scendere nel Blu John Canyon, rimanendo con un braccio incastrato tra la roccia e un grosso masso che lui ha fatto inavvertitamente cadere. Comincia così una disperata lotta per la sopravvivenza, cercando in tutti i modi un sistema per liberare il braccio dalla morsa del masso-assassino. Ci riuscirà dopo 5 lunghissimi giorni, segandosi l'arto intrappolato con un coltellino.
Il film comincia (quasi) come una commedia ma precipita presto in un incubo. Lo schema è quello di Buried, un uomo (da) solo per tutto il film (eccezione fatta per l'incontro con le due ragazze) costretto a cercare una via d'uscita da una situazione tremenda ed angosciante, posta in palio la propria vita. Ma se in Buried Ryan Raynolds non aveva altre soluzioni se non quella di comunicare con il suo aguzzino tramite cellulare, in 127 ore l'ottimo James Franco non ha nemmeno il telefonino e non ha nessuno con cui comunicare, ma in compenso ha comunque una limitatissima libertà di movimento, non ha casse da morto attorno a se e soprattutto può cercare di inventarsi qualche soluzione per il suo problema... il genere di film è di quelli che può rischiare di annoiare lo spettatore, ma non è questo il caso: dietro la macchina da presa c'è il forsennato Danny Boyle con la sua regia estrema, veloce, a tratti geniale e ricca di particolari. Tra inquadrature spettacolari, quasi maniacali, scene al rallenty, brutali primi piani e un montaggio che non concede pause, vivremo i ricordi, i sogni e le allucinazioni di un James Franco davvero convincente e "reso folle" dalla situazione in cui si è andato inavvertitamente a cacciare. Peccato solo per il finale troppo "buono", che un pò stona con tutto il resto del film. Sempre che di buonismo si possa parlare...
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giuli18
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domenica 6 marzo 2011
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continua il successo di boyle
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Nel complesso un bel film, carico, denso: appena entrata in sala ho pensato "certo 90 minuti a vedere solo una persona sempre nel solito posto mi prenderà un pò male" e invece no, sono stati 90 minuti vivi, non ci sono tempi morti. Boyle ha saputo raccontare con maestria una storia vera, aiutato dallo splendido paesaggio circostante al canyon nello Utah, alle musiche fantastiche che danno un senso di libertà eccezionale. Dunque per Aron Ralston è un'avventura piena di dubbi, rimpianti, amarezze ma anche bei ricordi che gli renderanno meno arida la permanenza in quell'angusta gola. Ottima interpretazione di Franco, molto impegnativa e a mio avviso una delle sue migliori.
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carmineantonellovillani
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lunedì 7 marzo 2011
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la magia del cinema tra i crepacci dello utah
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Ci voleva un regista capace di maneggiare la cinepresa con destrezza per raccontare il calvario di un giovane esploratore inghiottito dalla montagna. Per nulla facile la realizzazione di un film se si è costretti ad inquadrature fisse ma un’ora e mezza passano veloci quando a dirigere c’è Danny Boyle. Tratto da una storia vera “127 ore” è la cronaca di cinque giorni vissuti da un escursionista precipitato nei crepacci dello Utah. Emozionante come poche e terribilmente realistica, la disavventura di Aron Ralston vede in James Franco il suo interprete ideale mentre la natura selvaggia fa da cornice al dramma di un ragazzo affascinato dai viaggi in solitaria.
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Ci voleva un regista capace di maneggiare la cinepresa con destrezza per raccontare il calvario di un giovane esploratore inghiottito dalla montagna. Per nulla facile la realizzazione di un film se si è costretti ad inquadrature fisse ma un’ora e mezza passano veloci quando a dirigere c’è Danny Boyle. Tratto da una storia vera “127 ore” è la cronaca di cinque giorni vissuti da un escursionista precipitato nei crepacci dello Utah. Emozionante come poche e terribilmente realistica, la disavventura di Aron Ralston vede in James Franco il suo interprete ideale mentre la natura selvaggia fa da cornice al dramma di un ragazzo affascinato dai viaggi in solitaria. Dopo un’allegra parentesi in compagnia di due teenager con zaino in spalla scatta l’orrore della sosta forzata: l’incubo di dolore e frustrazione porta a disperati tentativi di fuga tra le gole del deserto. Film dalle forti emozioni che tiene inchiodati alla poltrona nonostante l’azione sia ridotta ad uno spazio di pochi metri quadrati, perché la claustrofobia colpisce anche in spazi aperti se si è schiacciati tra le pareti di una montagna. Pur con qualche differenza narrativa –lì avevamo le testimonianze dei veri protagonisti intervallate da scene ricostruite con attori professionisti- “127 ore” riporta alla memoria “La morte sospesa” per il profondo attaccamento alla vita allorquando la natura si rivolta contro chi osa sfidarla. Natura ostile ma anche paesaggi sconfinati che divengono angusti per uno strano scherzo del destino, lotta per la sopravvivenza che aguzza l’ingegno di un moribondo in preda alla confusione. La regia è stupefacente, Boyle si permette pure il lusso di giocare con la macchina da presa regalandoci vere e proprie raffinatezze stilistiche ma per fortuna non perde mai di vista il suo obiettivo. Sguardo lucidissimo sulle dinamiche che spingono gli esseri umani ad imprese formidabili, nelle mani del cineasta inglese un film diventa pura pasta di cinema.
Carmine Antonello Villani
(Salerno)
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owlofminerva
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giovedì 3 maggio 2012
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libero persino dal suo corpo
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Questa pellicola è stata un laccio emostatico, un coltello in una piaga, uno schiaffo alla temerarietà, ti tiene col fiato sospeso anche se la scena è bloccata in un crepaccio per quasi tutta la durata del film. Il protagonista è Aron Ralston, sbruffone, fanatico della libertà e nemico dei limiti, si concede una giornata di biking e trekking nel Blue John Canyon dello Utah senza dire niente a nessuno, solo con la sua libertà. Può fare quello che vuole, con la sua bike, una bottiglia di gatorade, una videocamera, una fotocamera e uno zainetto con i pochi attrezzi del mestiere, sprezzante del telefono (mobile o fisso indifferentemente) cui non si degna di rispondere.
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Questa pellicola è stata un laccio emostatico, un coltello in una piaga, uno schiaffo alla temerarietà, ti tiene col fiato sospeso anche se la scena è bloccata in un crepaccio per quasi tutta la durata del film. Il protagonista è Aron Ralston, sbruffone, fanatico della libertà e nemico dei limiti, si concede una giornata di biking e trekking nel Blue John Canyon dello Utah senza dire niente a nessuno, solo con la sua libertà. Può fare quello che vuole, con la sua bike, una bottiglia di gatorade, una videocamera, una fotocamera e uno zainetto con i pochi attrezzi del mestiere, sprezzante del telefono (mobile o fisso indifferentemente) cui non si degna di rispondere. E’ padrone del suo destino, Aron prova un sadico piacere nello sfidare se stesso, e il suo fisico. Incontra due giovani e belle escursioniste con le quali condivide tuffi tanto giocosi quanto pericolosi. Le inquadrature del paesaggio sono da mozzare il fiato e vengono immortalate dalla stessa fotocamera di Aron lasciando qualche momento di gloria in più a quei posti incantevoli. Ma scendendo un crepaccio smuove un masso e si ritrova incastrato col braccio in una strettoia, è solo. Vivrà un’esperienza estrema, non è libero in tutto, non può fare tutto quello che gli passa per la testa, non è autosufficiente, ha bisogno di almeno otto uomini che lo tirino su. Lo assale un dubbio. Quella roccia era stata lì ad aspettarlo per tutta la vita, tutta la sua esistenza, fin da quando era solo un meteorite, un milione, un miliardo di anni fa, lassù nello spazio, lo ha aspettato, proprio, proprio lì, per tutta la vita è andato verso di lei, da quanto è nato ogni suo respiro, ogni sua azione lo hanno guidato fin dentro quella crepa sulla superficie della terra. E quella roccia lo costringerà a bere il suo piscio, penserà alla madre, al padre, alla sorella, alle raccomandazioni e ai messaggi in segreteria. Lascia un testamento nella sua videocamera, si registra da solo monitorando quelle ore da incubo. Il regista Boyle rende l’esperienza estrema di Ralston la stessa dello spettatore con una serie di rallentamenti e accelerazioni, soggettive impossibili e di raddoppi di formato, lo schermo diviene quello della videocamera. Si susseguono flashbacks e allucinazioni. Sopravviverà 5 giorni prima di lasciare il suo braccio lì e staccarsene. Avrà vissuto delle emozioni limite, avrà visto la luce del sole che scivola lentamente sulle pareti rocciose che lo intrappolano, illuminandole per pochi minuti al giorno e riscaldandone i piedi, solo per pochi minuti e le sue convinzioni saranno venute meno. E’ proprio quando urla disperatamente aiuto che qualcosa comincia a sgretolarsi della sua sicurezza, e prende coscienza di non essere un dio ma sceglie ancora di essere libero persino dal suo corpo.
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pakkyvera85
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sabato 12 marzo 2011
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127 ore fuori dal comune
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Che alla necessità di vivere non è possibile porre dei limiti più o meno ne eravamo a conoscenza un po' tutti. Ma eliminare le proprie barriere fisiche, in questo caso il proprio braccio destro, pur di ritornare a vivere beh è qualcosa che va ben oltre la nostra immaginazione.
Aron Ralston è un giovanissimo ingegnere che ama lo sport estremo e inseguendo l'idea massima di libertà - non risponde mai alle telefonate di familiari e amici, non dice mai dove si recherà nei suoi viaggi, non permette a nessuna donna di poter entrare nella sua vita - si reca, per un weekend, nel Blue John Canyon dello Utah per un vero e proprio trekking selvaggio.
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Che alla necessità di vivere non è possibile porre dei limiti più o meno ne eravamo a conoscenza un po' tutti. Ma eliminare le proprie barriere fisiche, in questo caso il proprio braccio destro, pur di ritornare a vivere beh è qualcosa che va ben oltre la nostra immaginazione.
Aron Ralston è un giovanissimo ingegnere che ama lo sport estremo e inseguendo l'idea massima di libertà - non risponde mai alle telefonate di familiari e amici, non dice mai dove si recherà nei suoi viaggi, non permette a nessuna donna di poter entrare nella sua vita - si reca, per un weekend, nel Blue John Canyon dello Utah per un vero e proprio trekking selvaggio. Con il gran rock sparato nelle orecchie e sotto il sole, Aron attraversa peasaggi secolari meravigliosi e fa amicizia con due giovani ragazze. Una volta rimasto solo, però, tentando di scendere in un crepaccio, smuove, inavvertitamente, una roccia che lo trascina in profondità bloccandogli il braccio destro. Aron resterà in questa condizione per 127 ore con pochissime goccie di acqua e senza cibo che lo porteranno alla tragica decisione di amputarsi il braccio con un coltellino.
Danny Boyle stavolta decide di raccontarci, nel suo tipico e unico modo di narrazione, una storia vera, forte, emozionante e toccante già di per sé. Ma Boyle, ri-immaginando la storia di Aron, riesce a conferirvi, contemporanemanete, l'adreanlina e la sofferenza che si alternano nello stato d'animo del protagonista. Vuoi per il ritmo del montaggio serrato, vuoi per la musica che, come in tutti i film di Boyle, è la protagonista assoluta, voui per l'uso di effetti sonori vitali - il battito del cuore, il leggero movimento dell'acqua nella borraccia - 127 ore ti trascina letteralmente all'interno dello schermo. Per 90 minuti circa sei un tutt'uno con Aron. Fin dall'inizio del film, Boyle fa sì che con il suo personaggio si inneschi una forte empatia che porterà lo spettatore a vivere il dolore, la fame, la sete, la stanchezza insieme al protagonista quasi fino alla fine...
Perchè è proprio alla fine che lo spettatore si stacca dalla tragedia di Aron e si rende conto dell'assurdità delle scelte che alle volte la vita ti porta a compiere: quanti di noi, effettivamente, riuscirebbero a spezzarsi e poi tagliarsi un braccio con un coltellino pur di non restare per il resto dei tempi in un crepaccio? Fino a che punto sei capace di oltrepassare i tuoi limiti pur di vivere?
E l'intento di Danny Boyle credo sia proprio questo: spingere lo spettatore verso un'esperienza fuori dal comune, fuori dal normale che però ti riporta nell'importanza della quotidianeità e del rispetto di chi ti sta intorno. Formidabile è l'interpretazione di James Franco che con solo i suoi primi piani riesci a caratterizzare e a costruire un personaggio pieno di contraddizioni - emblematica la scena del programma radiofonico - ma da una straordinario coraggio.
Assolutamente da vedere.
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dave joe darko
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giovedì 7 luglio 2011
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non devi perdere il controllo...
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127 ore è la storia dell'escursionista Aron Ralston (James Franco) e della sua incredibile disavventura. Bloccato in uno stretto canyon nello Utah, con un braccio schiacciato da un masso distaccatosi dalla roccia, Ralston ricorda gli amici, le amanti (Clémence Poésy), la famiglia e le due escursioniste (Amber Tamblyn e Kate Mara) incontrate poco prima e, nel corso di cinque giornate, combatte contro gli elementi e i suoi stessi demoni, fino a scoprire di avere il coraggio e la volontà di liberarsi a qualunque costo. Film davvero stupendo, James Franco impeccabile, Boyle di più. Questo film è stato in grado di trasmettermi delle emozioni davvero forti ed incredibile come sia riuscito a farmi capire cosa ha sofferto il povero Aaron.
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127 ore è la storia dell'escursionista Aron Ralston (James Franco) e della sua incredibile disavventura. Bloccato in uno stretto canyon nello Utah, con un braccio schiacciato da un masso distaccatosi dalla roccia, Ralston ricorda gli amici, le amanti (Clémence Poésy), la famiglia e le due escursioniste (Amber Tamblyn e Kate Mara) incontrate poco prima e, nel corso di cinque giornate, combatte contro gli elementi e i suoi stessi demoni, fino a scoprire di avere il coraggio e la volontà di liberarsi a qualunque costo. Film davvero stupendo, James Franco impeccabile, Boyle di più. Questo film è stato in grado di trasmettermi delle emozioni davvero forti ed incredibile come sia riuscito a farmi capire cosa ha sofferto il povero Aaron. Non è facile rendere un film godibile quando per quasi tutta la proiezione c'è solo un protagonista che non può parlare con nessuno, poichè è solo. Quello che si rischia è un film noioso, quello che Boyle riesce ad evitare grazie a flashback, allucinazioni e "chiaccherate del protagonista con se stesso". Film consigliato, a mio parere un capolavoro. Non capisco come non ha fatto a ricevere alcun oscar, soprattutto Boyle per la regia.
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mr.qwerty
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giovedì 24 marzo 2011
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una storia originale,ma con una piccola sfumatura
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Il film si basa sulla storia vera di Aron Ralston:uomo che,intrappolato da un masso in un crepaccio dello UTAH (per,appunto,127 ore),decide di amputarsi l'arto.Il film rappresenta molto bene la situazione del personaggio ma rappresenta anche "l'uscita fuori di senno" di Ralston che rende il film leggermente noioso.Nonostante questa piccola sfumatura,il film è abbastanza convincente e coinvolge molto lo spettatore.
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giuseppe m.
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lunedì 11 novembre 2013
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allucinazioni profetiche e dialoghi allucinati
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Danny Boyle vola, con 127 ore, nel Blue John Canyon nello Utah. Protagonista assoluto di questo thriller biografico d'avventura è James Franco che veste i panni di Aron Ralston: fanatico climber di 28 anni che partito per un'escursione solitaria incontrerà il suo Destino. Per 5 giorni, 127 ore appunto - audacemente condensate in 90 minuti - rimarrà 'prigioniero' tra pareti rocciose millenarie in compagnia dei suoi rimorsi, rimpianti e delle sue paure. In questo "film d'azione con una ragazzo che non può muoversi", come da lui stesso definito, Boyle sa darci un'ulteriore prova del suo talento e come già in 'The Beach' sembra trovarsi a proprio agio in opere individuali e dalle tinte psicologiche.
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Danny Boyle vola, con 127 ore, nel Blue John Canyon nello Utah. Protagonista assoluto di questo thriller biografico d'avventura è James Franco che veste i panni di Aron Ralston: fanatico climber di 28 anni che partito per un'escursione solitaria incontrerà il suo Destino. Per 5 giorni, 127 ore appunto - audacemente condensate in 90 minuti - rimarrà 'prigioniero' tra pareti rocciose millenarie in compagnia dei suoi rimorsi, rimpianti e delle sue paure. In questo "film d'azione con una ragazzo che non può muoversi", come da lui stesso definito, Boyle sa darci un'ulteriore prova del suo talento e come già in 'The Beach' sembra trovarsi a proprio agio in opere individuali e dalle tinte psicologiche. Con la fotografia, accattivante e limitata dalla location, veniamo catapultati in quel concentrato di Universo. Serrati tra quelle pareti e incollati ai nostri divani non potremmo fare a meno di immedesimarci nel protagonista. Una fusione tesa a farci provare le ansie e le paure ma anche il senso di frustrazione di Aron. L'impossibilità di muoversi liberamente viene fatta coincidere con l'impossibilità di ribellarsi alla Sorte: non a caso "... questa roccia è stata qui ad aspettarmi per tutta la vita [...] da quando sono nato ogni mio respiro, ogni mia azione mi ha guidato fin dentro questa crepa...". Tra allucinazioni profetiche e dialoghi allucinati un illuminato James franco ci accompagna verso quello che sarà riconosciuto come lo spirito di sopravvivenza assoluto. Abbandonando ogni sorta di rassegnazione, e grazie alla dinamicità psicologica del personaggio, il film cambia ritmo. Da questo turning point in avanti sequenza di immagini e musiche sono inscindibili: seguendo prima note sadiche e dolorose, accompagnate da una colonna sonora febbrile e tachicardica, ci ritroveremo con il fiato corto e l'avambraccio dolorante; poi rincorrendo quello spiraglio di sole e di speranza alla fine del canyon, sulla melodia di 'Festival' dei Sigur Ròs - così come il protagonista si abbandonerà nella sorgente d'acqua - ci abbandoneremo, scaricando la tensione e lasciandoci scorrere nel vivo delle riflessioni. Film che rappresenta un inno alla tenacia e invita ad attingere alla risorsa di forze e coraggio che si trova in ognuno di noi, è un lavoro - ben riuscito - che va a consolidare il sodalizio Boyle(regia)/ Dod Mantle(fotografia). Il Nostro eroe Aron ha aspettato di trovarsi in quelle condizioni per tirare le somme sulla sua vita. E tu? Beh io...'ho trovato un bel laccio emostatico'.
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