Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

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Un film di Steven Spielberg. Con Harrison Ford, Karen Allen, Cate Blanchett, Shia LaBeouf, John Hurt.
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Titolo originale Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull. Avventura, Ratings: Kids+13, durata 125 min. - USA 2008. - Universal Pictures uscita venerdì 23 maggio 2008. MYMONETRO Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo * * 1/2 - - valutazione media: 2,89 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Nuovo ingresso in scena per lo scaltro archeologo. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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domenica 27 luglio 2014

INDIANA JONES E IL REGNO DEL TESCHIO DI CRISTALLO (USA, 2008) diretto da STEVEN SPIELBERG. Interpretato da HARRISON FORD – CATE BLANCHETT – KAREN ALLEN – SHIA LABEOUF – RAY WINSTONE – JOHN HURT – JIM BROADBENT § Ciascun film di questa serie ha uno sceneggiatore differente: nel 4° si tratta di David Koepp, ma l’inventore di Indiana Jones non è forse George Lucas? I meriti si spartiscono a metà fra lui e Spielberg. Diciannove anni dopo l’ultima avventura, Indy rifà il suo ingresso in scena. Il tempo è passato per lui come per gli spettatori e quindi lo ritroviamo nel 1957, dove è ambientata l’azione, nel bel mezzo di un deserto del New Mexico mentre la Guerra Fredda domina il panorama politico mondiale col terrore del conflitto nucleare e al cinema fanno la loro comparsa “gli esseri venuti dallo spazio”; a tal proposito, il rimando al test atomico che scatena la bufera radioattiva (dalla quale Indiana si salva chiudendosi in un frigorifero raggiunto in una città fantasma popolata esclusivamente da manichini appositamente fabbricati) dà luogo a una delle sequenze più riuscite dell’intera quadrilogia cinematografica. Questa volta, pertanto, i cattivi sono i sovietici e il professor Jones, dopo essere sfuggito alle loro grinfie nella sequenza iniziale in cui il vecchio compare doppiogiochista lo tradisce schierandosi coi comunisti, si trova bloccato nel mirino della CIA, la quale non si fida di lui al punto di togliergli la cattedra di insegnamento all’università. Indiana è allora pronto per farsi incentivare da un giovane atteggiato “alla Marlon Brando” (un S. LaBeouf neanche tanto malaccio e piuttosto energico), che poi scoprirà essere suo figlio, avuto da una precedente relazione con la spericolata Marion, che qui effettua un ritorno in grande stile dopo ventisette anni dal primo capitolo (K. Allen ovviamente si fa valere senza farsi pregare ulteriormente),  e a lanciarsi in una nuova avventura carica di emozioni mozzafiato e con una nemica implacabile alle calcagna: Irina Spalko, una glaciale spadaccina con fioretto e caschetto nero alla Valentina nonché sensitiva affamata, com’è ormai consuetudine, di potere (una proteiforme C. Blanchett che riscopre qui, senza brillare eccessivamente e con una caricatura autoreferenziale un po’ forzata, il suo lato malevolo e beffardo). Si nutrivano molte attese e al contempo parecchi dubbi per questo quarto episodio della saga, troppe volte annunciato e troppe volte rinviato. L’avanzare dell’età del protagonista H. Ford, pur tuttavia in agile forma fisica nonostante i suoi 65 anni suonati, non favoriva  lieti auspici, anche perché l’ironia sugli anni che aumentano s’era già stemperata col personaggio del padre di Indy interpretato da un formidabile e straordinario Sean Connery nel film del 1989. I dubbi si possono considerare felicemente risolti. Il buon risultato non è certo dato da elementi nuovi, bensì da caratteristiche puntigliosamente riciclate con sapiente mestiere: vivace miscuglio di avventura, umorismo e ironia, nella seconda parte accentuato fino all’autoparodia; l’input di Lucas & Spielberg, ragazzini nel 1957, con battute sarcastiche sull’anticomunismo e l’ausilio di coniugare la Storia con la mitologia dei fumetti; l’allenamento umano e la materialità delle cose potenziati, ma non dominati, dai progressi della tecnologia digitale. Le interpretazioni valgono tutte quante (compresi il laido, machiavellico e un po’ vigliacco soldato di R. Winstone e l’insegnante apparentemente onirico e sognatore ma in realtà colto, preparato e tutt’altro che visionario del vecchio, meticoloso J. Hurt) la visione della proiezione, e arricchiscono il film di un prezioso contributo, già offerto oltretutto dal finale catastrofico e apocalittico in cui si sfocia in una fantascienza pressoché pura e incondizionata. I passaggi tra le foreste, le cascate, le caverne e i mausolei incrinati offrono agli astanti uno spettacolo visivo di cui godere a pieno piacimento. I duelli spada contro spada e gli inseguimenti tra le jeep e i camion aumentano il fattore sorpresa e creano una meravigliosa suspense che non manca mai di centrare il bersaglio. Qualche pecca la si può riscontrare in un utilizzo troppo gonfiato degli effetti speciali nelle scene meno avventurose e più tendenti al genere della science-fiction, e anche in un disegno psicologico delle mentalità dei caratteri non troppo approfondito e forse tirato via, ma si sa: i film d’avventura in genere non si concentrano oltremodo sulla psicologia dei personaggi, obiettivo sul quale tendono a minimizzare allegramente e volontariamente. In compenso, però, la sceneggiatura pullula di dialoghi vitali e scoppiettanti, ricchi di humour, divertimento allo stato brado e selvaggia puerilità recitativa, in certi tratti; la scenografia aiuta a dipingere con chiarezza gli scenari statunitensi e sudamericani con un pennello che non dimentica di dare tinte fosche e potenti al barocchismo e all’oscurità di terre inesplorate e misteriose; il montaggio e la colonna sonora si fondono pressappoco all’unanimità e alla totalità per riprendere, serrare e inseguire scena dopo scena un film non completamente stupefacente ma che senz’altro straborda di idee balzane, abbastanza originali e accattivanti. Chi non gradiva quello che considerava il versante adolescenziale e “da luna park” di Spielberg continuerà a guardare col sopracciglio alzato le imprese dell’archeologo più famoso della storia del cinema.

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