Seta

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Un film di François Girard. Con Michael Pitt, Keira Knightley, Alfred Molina, Kôji Yakusho, Sei Ashina.
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Titolo originale Silk. Drammatico, durata 110 min. - Canada, Francia, Italia, Gran Bretagna, Giappone 2007. - Medusa uscita venerdì 26 ottobre 2007. MYMONETRO Seta * * - - - valutazione media: 2,05 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Viaggio su un filo di "Seta" per Girard Valutazione 0 stelle su cinque

di Alessandra Nenna


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mercoledì 29 ottobre 2008

Seta, tratto dall’omonimo libro di Alessandro Baricco, è stato presentato a Toronto il settembre scorso e la critica americana l’ha appellato arido e soporifero, non risparmiando nemmeno uno dei protagonisti, il fotogenico esemplare Michael Pitt, considerato come il risultato di un errore di distribuzione dei copioni. Sarà perché non vi è il lieto fine, e neppure un vero e proprio finale, ma il cinema non deve sempre e solo raccontare favole. Come ha dichiarato lo stesso Baricco, "Per gli americani la vita è come un negozio. Entri, e devi per forza uscirne con qualcosa”. Francois Girard vuole restituirci solo la storia d’amore e ci indica subito anche la chiave di lettura. Sceglie, per i primi fotogrammi, un luogo altro dal paesino francese di Lavilledieu in cui inizia la storia nel libro; un luogo che potrebbe essere ovunque, immerso nella nebbia, e un lago, circondato da un bosco innevato, da cui emerge di spalle un corpo di donna. L’atmosfera evanescente sono quei vapori, che si immagina siano creati dal contrasto tra l’acqua bollente del lago e il gelo dell’aria. La vaporosità della vita e di uno dei suoi tratti, l’amore, che quanto più ci sembra impalpabile, tanto più per noi, acquista un peso. Ipotesi, quella della chiave di lettura, confermata dallo stesso Girard: “la piu' grande sfida e' stata quella di prestare fede allo stile narrativo di Baricco”; la fotografia e i costumi ottimamente curati, servono a riaffermare la lirica presente in quello stile. È ovvio che una metafora ha bisogno di una lentezza di rappresentazione che consenta la sua interpretazione. Chi conosce il libro le aspetta, le cerca, si raffronta con la fantasia del regista; chi non l’ha letto, potrebbe trovare una storia che si riavvolge su se stessa, flemmatica. È la seconda metà dell’ottocento a Lavilledieu. Hervé Joncour (Michael Pitt), destinato alla carriera militare dal padre, è iniziato al commercio di bachi da seta da Baldabiou (Alfred Molina), che molti anni prima ne aveva intuito le immense possibilità e che, con le sette filande realizzate, aveva arricchito se stesso e l’intero paese. Un’epidemia, che causa la morte delle larve, costringerà Baldabiou a considerare di spingersi prima in Africa e poi in Giappone, “fino alla fine del mondo”, per assicurarsi con qualsiasi mezzo uova sane. Affiderà l’impresa a Hervé, a cui non appartiene il senso dell’avventura e della scoperta. Ha sposato la maestrina del paese, Hélène (Keira Knightley), dopo essersene innamorato a prima vista, e avrebbe condotto così la sua vita, immutabile fino all’ultimo giorno, non avendo altro desiderio che assecondare quelli di lei: un figlio e un giardino di gigli. È su questi caratteri che la vita, vedendoci un foglio bianco da riempire, si sente solleticata a scriverci con più incisività. Hervé affronterà un lungo viaggio per terra e per mare restando impassibile al nuovo che gli si impone, fino a che, in quella terra agli antipodi, incontrerà gli occhi di una donna bellissima (Sei Ashina). Lei appartiene all’uomo più potente del villaggio, lo stesso che gli ha procurato le uova che rappresentano la continuità del suo mondo. Tuttavia la passione, confermata da sguardi sensuali e carezze accennate, resterà inespressa, latente. Sarà quella, che porterà Hervé una terza volta in Giappone, nel pieno di una guerra, a rischiare la propria vita, le proprie certezze e i denari di coloro che hanno investito nella sua missione. Francois Girard sceglie, come nel precedente Il Violino rosso (1998) il tema del viaggio: lì era un oggetto, un violino appunto, a muoversi da Occidente a Oriente, raccontando attraverso i suoi proprietari, la sua natura nefasta; qui è la passione, che viaggia sulle gambe degli uomini. Una passione raccontata per contrasti: due donne, dove una è carnale, oggettiva, espressione del lavoro manuale di coloro che scavano in un giardino, l’altra resta a livello dei sensi, quasi immateriale, effimera, scivola via come l’acqua.

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