giuseppina abbate
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sabato 6 ottobre 2007
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sulle sfumature di sensibilità
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Meraviglioso Cinema Italiano !
"Piano, solo" riesce a narrare in profondità una vicenda umana esemplare, fatta di arte pura nel talento musicale ma anche di estrema vulnerabilità .Il film sa decrivere con sfumature eleganti e precise la parabola d'una vita difficile: da piccolo il protagonista Luca Flores rivela una sensibilità delicata nella gioiosa dimensione cha la madre garantisce e protegge , si nasconde al momento dei commiato del papà(sempre in viaggio) per poi correre dietro la sua auto e richiamarlo indietro (quasi a fermare un allontanamento
in una strana forma di "preveggenza" infantile); in età adulta ,con la morte tragica della madre ,diviene brillante pianista ed intesse un'appassionata dedizione con la musica che è anche traccia indelebile d'una presenza insostituibile(la madre lo aveva iniziato al pianoforte); la storia di questo forte vincolo ( con la madre scompare una dimensione familiare che nessuno sa più ricreare) attraversa il prodigioso gioco dei suono in una serie di esecuzioni Yazz (rese dal Bravissimo Regista Milani con una direzione bellissima ed efficace )che si alternano ad un continuo ritorno del dolore di un trauma insostenibile :il bambino assiste alla tragica morte per incidente d'auto della madre , il suo mondo immaginale ne resta ferito irrimediabilmente.
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Meraviglioso Cinema Italiano !
"Piano, solo" riesce a narrare in profondità una vicenda umana esemplare, fatta di arte pura nel talento musicale ma anche di estrema vulnerabilità .Il film sa decrivere con sfumature eleganti e precise la parabola d'una vita difficile: da piccolo il protagonista Luca Flores rivela una sensibilità delicata nella gioiosa dimensione cha la madre garantisce e protegge , si nasconde al momento dei commiato del papà(sempre in viaggio) per poi correre dietro la sua auto e richiamarlo indietro (quasi a fermare un allontanamento
in una strana forma di "preveggenza" infantile); in età adulta ,con la morte tragica della madre ,diviene brillante pianista ed intesse un'appassionata dedizione con la musica che è anche traccia indelebile d'una presenza insostituibile(la madre lo aveva iniziato al pianoforte); la storia di questo forte vincolo ( con la madre scompare una dimensione familiare che nessuno sa più ricreare) attraversa il prodigioso gioco dei suono in una serie di esecuzioni Yazz (rese dal Bravissimo Regista Milani con una direzione bellissima ed efficace )che si alternano ad un continuo ritorno del dolore di un trauma insostenibile :il bambino assiste alla tragica morte per incidente d'auto della madre , il suo mondo immaginale ne resta ferito irrimediabilmente. La sofferenza non riesce a trovare espressione oltre una dimensione di solitudine interiore,la difficoltà di vivere in modo "normale" ( magistrale interpretazione di K Rossi Stuart )e la lotta disperata contro la dimensione di follia lascia che il crollo interiore non possa essere fronteggiato da una famiglia , priva di forza ( come se solo la madre ne fosse depositaria).Il male di Luca è riconosciuto dalla sorella ,una straordinaria Paola Cortellese, personaggio tenerissimo e generoso ma a sua volta danneggiato dal silenzio impotente che il debole padre (nella validissima interpretazione di Michele Placido non riesce a rompere ; la salvezza di Luca non può compiersi in quelle dinamiche relazionali indebolite ed opacate col tempo,nessuno riesce a sottrarre questo splendido artista alla sua solitudine ed all'impatto con una devastante depressione ( solo farmaci ed elettroschok risultano inefficaci).Questo film riesce a descrivere con piena maturità la complessità del vivere, le sue sfumature nella purezza artistica ma anche nell'mpossibilità di elaborare traumi precoci che conducono ad ammalarsi,e nel resistere a certe perdite.
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un_pianista.
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venerdì 12 ottobre 2007
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rachmaninoff a prima vista...
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Vabbe' che e' un film, ma l' esecuzione del preludio in Do# minore a prima vista se lo potevano risparmiare. Neanche Horowitz avrebbe potuto eseguirlo in quel modo a prima vista...
Per il resto un film mi ha comunicato una tristezza e desolazione infinite, e anche un po' di rabbia. Tristezza naturalmente per la condizione del personaggio Flores e le tragiche vicende che ha vissuto, rabbia per lo muro di incomunicabilità che si percepisce tra il pianista e le persone a lui piu' vicine.
Brava assai la Cortellesi che forse comprende meglio di chiunque altro la condizione del fratello ma che non riesce a condividere psicologicamente con lui la tragica esperienza della morte della madre.
Bravo Placido che ha impersonato perfettamente quella figura di padre che non riesce a relazionarsi in alcun modo con il figlio il quale essendo artista sensibile soffre ancora di piu'.
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Vabbe' che e' un film, ma l' esecuzione del preludio in Do# minore a prima vista se lo potevano risparmiare. Neanche Horowitz avrebbe potuto eseguirlo in quel modo a prima vista...
Per il resto un film mi ha comunicato una tristezza e desolazione infinite, e anche un po' di rabbia. Tristezza naturalmente per la condizione del personaggio Flores e le tragiche vicende che ha vissuto, rabbia per lo muro di incomunicabilità che si percepisce tra il pianista e le persone a lui piu' vicine.
Brava assai la Cortellesi che forse comprende meglio di chiunque altro la condizione del fratello ma che non riesce a condividere psicologicamente con lui la tragica esperienza della morte della madre.
Bravo Placido che ha impersonato perfettamente quella figura di padre che non riesce a relazionarsi in alcun modo con il figlio il quale essendo artista sensibile soffre ancora di piu'.
La musica poteva essere un' ottimo veicolo per questo musicista per aiutarlo a superare i suoi problemi, la valvola per esprimere tutta la sua tristezza e dolore cosa che peraltro si percepisce chiaramente nella sua musica.
Forse non doveva essere lasciato cosi' solo. Peccato. Mi viene da pensare che gli artisti possono essere compresi solo dai loro simili.
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cinofilo_bau
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martedì 1 luglio 2008
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non solo piano
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Genio del pianoforte, sul quale riversa le ossessioni generate dal senso di colpa che prova ritenendo di essere stato la causa della morte della madre.
La vita di Luca Flores, dall' infanzia africana alla maturita' italiana, a Firenze. Dalla spensieratezza dell'infanzia, interrotta dlla morte della madre in un incidente di auto che lascia illesi Luca (Kim Rossi Stewart, al solito un grande) e la sorella Baba (brava ma un po' sottotono Paola Cortellesi)ai tormenti della vita vissuta in Italia, quando il geniale pianista comincia a mostrare i segni di una nevrosi (che il film suggerisce conseguenza dei sensi di colpa di cui dicevo prima) che minano la pienezza di una vita altrimenti perfetta: il supporto di una famiglia unita e amorosa, un talento subito riconosciuto e apprezzato (in pochi anni arriva a suonare anche con Chet Baker), l' amore di una donna (Jasmine Trinca, ne cosi ne cosa)che per prima avverte la stonatura, nella incapacita' di Luca di amare pienamente, di abbandonarsi al piacere della vita, in quel suo rinchiudersi piuttosto, ossessivamente, nello studio del pianoforte, al quale esegue interminabili scale.
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Genio del pianoforte, sul quale riversa le ossessioni generate dal senso di colpa che prova ritenendo di essere stato la causa della morte della madre.
La vita di Luca Flores, dall' infanzia africana alla maturita' italiana, a Firenze. Dalla spensieratezza dell'infanzia, interrotta dlla morte della madre in un incidente di auto che lascia illesi Luca (Kim Rossi Stewart, al solito un grande) e la sorella Baba (brava ma un po' sottotono Paola Cortellesi)ai tormenti della vita vissuta in Italia, quando il geniale pianista comincia a mostrare i segni di una nevrosi (che il film suggerisce conseguenza dei sensi di colpa di cui dicevo prima) che minano la pienezza di una vita altrimenti perfetta: il supporto di una famiglia unita e amorosa, un talento subito riconosciuto e apprezzato (in pochi anni arriva a suonare anche con Chet Baker), l' amore di una donna (Jasmine Trinca, ne cosi ne cosa)che per prima avverte la stonatura, nella incapacita' di Luca di amare pienamente, di abbandonarsi al piacere della vita, in quel suo rinchiudersi piuttosto, ossessivamente, nello studio del pianoforte, al quale esegue interminabili scale. Poco valgono gli sforzi e il calore profuso da amici e parenti: la mente di Luca e' definitivamente toccata da questo male di vivere al quale non riesce a sottrarsi e al quale, anzi, si arrende suicidandosi nel 1995, prima dei 40. Questa la storia (ahime' vera) del talentuoso pianista Luca Flores e della sua triste vita. Il film e' bello, rifugge (forse con troppo accanuimento) di cadere nel melodrammatico, ma gli interpreti sono tutti bravi e ne risulta una visione non priva di pathos. Ultima annotazione, ma vi siete accorti di come Stuart con la barba ricordi tanto Moretti?
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karlettinos
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mercoledì 7 aprile 2010
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film meraviglioso
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Milani (bravissimo, seppur colpevole nell'improponibile lettura a prima vista - classico esempio di aspetti che fanno imbestialire i musicisti per la superficialità e l'ignoranza con cui la loro disciplina, così estremamente impegnativa e coinvolgente, viene affrontata generalmente dai registi) descrive l'umanità profonda di un musicista. Un raro film in cui il personaggio è umano, realmente umano. Perfetta a questo scopo la scelta di Kim Rossi Stuart che interpreta perfettamente l'uomo-artista Flores (la dicotomia uomo-artista non è dissociabile).
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Milani (bravissimo, seppur colpevole nell'improponibile lettura a prima vista - classico esempio di aspetti che fanno imbestialire i musicisti per la superficialità e l'ignoranza con cui la loro disciplina, così estremamente impegnativa e coinvolgente, viene affrontata generalmente dai registi) descrive l'umanità profonda di un musicista. Un raro film in cui il personaggio è umano, realmente umano. Perfetta a questo scopo la scelta di Kim Rossi Stuart che interpreta perfettamente l'uomo-artista Flores (la dicotomia uomo-artista non è dissociabile). L'uomo-musicista vive in un mondo diverso, dove la materia è per sua natura immateriale ed in grado di descrivere gli spettacolari segreti della realtà da un punto di vista che solo il musicista conosce. E di cui può parlare solo con altri musicisti. Nessun altro, nemmeno la più sensibile delle persone, può capire questo universo. Purtroppo però ne consegue la solitudine, che altro non è che il rendersi conto che certe cose non si possono comunicare. Non c'è comprensione per l'uomo musicista, è impossibile. La solitudine porta malinconia, profondità ulteriori, tristezza, depressione e talvolta pazzia....
Inutile dire altro perchè il film rende bene tutto ciò. Tra parentesi vorrei dire che la critica della Tognazzi fa veramente cascare le braccia: non ha capito nulla!
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movieman
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mercoledì 4 marzo 2020
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il pianoforte, il dolore e il coraggio
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"Piano, solo" è, prima di tutto, un film coraggioso perché non solo è un film biografico che vuole raccontare un artista poco conosciuto ma che, attraverso il racconto della sua breve e tormentata vita, affronta (in maniera diretta e cruda, senza fronzoli) temi drammatici e molto scomodi: la solitudine, la perdita di una persona cara (in questo caso, una madre), i rapporti familiari, il suicidio e la depressione. Temi, questi, non soltanto scomodi, ma anche molto difficili da raccontare: si rischia di scivolare nel patetico, nel melodrammatico, nel ricattatorio. Sono tutte trappole che il film, diretto da Riccardo Milani e arricchito da interpreti in stato di grazia, riesce ad evitare magnificamente scegliendo la strada del pudore e riuscendo a creare delle emozioni profonde che permangono anche a distanza di molti giorni dalla visione.
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"Piano, solo" è, prima di tutto, un film coraggioso perché non solo è un film biografico che vuole raccontare un artista poco conosciuto ma che, attraverso il racconto della sua breve e tormentata vita, affronta (in maniera diretta e cruda, senza fronzoli) temi drammatici e molto scomodi: la solitudine, la perdita di una persona cara (in questo caso, una madre), i rapporti familiari, il suicidio e la depressione. Temi, questi, non soltanto scomodi, ma anche molto difficili da raccontare: si rischia di scivolare nel patetico, nel melodrammatico, nel ricattatorio. Sono tutte trappole che il film, diretto da Riccardo Milani e arricchito da interpreti in stato di grazia, riesce ad evitare magnificamente scegliendo la strada del pudore e riuscendo a creare delle emozioni profonde che permangono anche a distanza di molti giorni dalla visione.
In questo caso, l'artista raccontato è Luca Flores, pianista jazz, morto suicida all'età di 39 anni nel 1995. Il film, basato su un libro di Walter Veltroni, comincia in Africa, dove Luca trascorse parte dell'infanzia. Quello che subito viene messo in evidenza è il rapporto tenero fra il bambino e la madre e la tendenza del bambino alla dimestichezza con i tasti del pianoforte e, di conseguenza, alla musica. Poi, avviene la tragedia di cui Luca, pur essendo senza colpa, si sentirà responsabile: l'incidente stradale in cui muore la madre. Luca e sua sorella Baba vanno a vivere con il padre (ci sono altri consanguinei, ma vengono mandati altrove). Passano gli anni e, ormai adulto, Luca si diploma al Conservatorio e vive a Firenze. Mentre suona in un locale, viene notato da altri musicisti e invitato ad unirsi a loro per formare un trio che suoni musica jazz. Per Luca è un'esperienza nuova (lui si è formato sulla musica classica) che gli apre nuove porte. Il suo talento comincia a venir notato, trova anche una ragazza, ma da sè stessi e dal proprio passato non si può fuggire: pian piano si fanno avanti una depressione latente e la tristezza ed il rimorso per la morte di quella madre tanto amata. Sentimenti e stati d'animo che, sommati anche alle delusioni della vita, porteranno il protagonista (questo suggerisce il film) verso la tragica decisione finale.
Nel cimentarsi con questa rischiosissima storia, Milani sceglie, come ho già scritto, la via del pudore: non vi è la spettacolarizzazione del dolore, perché questo è solo una parte del racconto. Non viene battuto, ed è il caso di dirlo, sempre lo stesso tasto. Vi è invece la voglia di capire le motivazioni di questo personaggio, il tentativo di esplorare la sua personalità in tutte le sue sfaccettature e, nel far questo, trova in Kim Rossi Stuart un interprete misurato e molto intenso. E' un film in cui, volutamente, gli sguardi dicono di più di quello che le parole esprimono (primi piani ce ne sono molti) e lasciano intravedere molto soprattutto le sofferenze nascoste di tutti i personaggi anche nelle scene apparentemente meno drammatiche. Più che sulla regia (che adotta soluzioni semplici e discrete, ma in senso positivo perché non è mai invadente), questo film punta sulla recitazione. Un apporto consistente è dato dal coro ( nel quale si rivede con grande piacere lo scomparso Corso Salani, grandissimo interprete de "Il muro di gomma" di Marco Risi) , ben formato da validi interpreti fra i quali spicca Paola Cortellesi che, nel ruolo di Baba, sorella affettusa e testimone sofferente e impotente del dramma del fratello, riesce a scuotere e a far vivere tutta l'intensità dei momenti più toccanti anche con la forza di un solo sguardo. Degna di nota, infine, la bella colonna sonora: in un film che parla anche di musica, non poteva essere altrimenti.
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olga
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venerdì 28 settembre 2007
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come il jazz nulla
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PIANO, SOLO
Tormento ed estasi della creazione, vita vera e suggestioni psicoanalitiche, rapporti familiari e sentimentali difficili da gestire: questi i temi del film di Riccardo Milani. Traendo ispirazione dal romanzo Il disco del mondo, di Valter Veltroni (prima che abbandonasse il progetto missionario africano per diventare il Lorenzo il Magnifico della nostra repubblica), il lungometraggio racconta la vicende biografiche di Luca Flores, un pianista divenuto famoso intorno agli anni ’60, a partire dall’infanzia in Mozambico fino al suicidio avvenuto a Firenze. A lui presta una faccia intensa e bella Kim Rossi Stuart, ormai specializzato in questi ruoli malinconici, quando non al confine con la follia.
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PIANO, SOLO
Tormento ed estasi della creazione, vita vera e suggestioni psicoanalitiche, rapporti familiari e sentimentali difficili da gestire: questi i temi del film di Riccardo Milani. Traendo ispirazione dal romanzo Il disco del mondo, di Valter Veltroni (prima che abbandonasse il progetto missionario africano per diventare il Lorenzo il Magnifico della nostra repubblica), il lungometraggio racconta la vicende biografiche di Luca Flores, un pianista divenuto famoso intorno agli anni ’60, a partire dall’infanzia in Mozambico fino al suicidio avvenuto a Firenze. A lui presta una faccia intensa e bella Kim Rossi Stuart, ormai specializzato in questi ruoli malinconici, quando non al confine con la follia. Insieme a Michele Placido, che disegna con pochi cenni, con lo sguardo e l’andatura un credibile padre atterrato dal dolore, Rossi Stuart è senz’altro il più efficace, anche se la sua gamma espressiva sembra essersi raggelata, più che ampliata e sfumata. Freddini gli altri interpreti e soprattutto la Trinca che, mancando totalmente di convinzione nella parte, si ferma ad una interpretazione quasi accademica.
La narrazione inizia dalle spiagge bianche e dal mare verde-blù del Mozambico, dove Luca gioca da piccolo con i fratelli e la madre. Subito si coglie il grande amore di tipo proustiano che il piccolo ha sviluppato per la donna, che è anche la sua maestra di piano e su cui egli riversa l’affetto contraddittorio per un padre spesso assente per lavoro. Ma un giorno qualsiasi la madre muore in un incidente d’auto. Luca è con lei in auto insieme ad una delle sorelle e la visione della macchina capovolta sarà di quelle che si inchiodano nel ricordo, forse anche per un malinteso senso di colpa del bambino. Passano gli anni e, diventato un giovane pianista, si diploma a pieni voti al conservatorio di Firenze. Poi la sua musica da classici vertiginosi, come Rachmaninoff (è suo il pezzo che dà il titolo al film) vira verso il jazz con esiti altrettanto apprezzati dal pubblico e da grandi di quel periodo come Chet Backer. Anche la sua vita sentimentale sembra aver imboccato la via della realizzazione, quando si fanno sentire i primi segni di una ossessione psicotica che lo porterà a sentire voci, a perdersi e a perdere tutto ciò che sembrava aver conquistato. Finché non decide di troncare la propria sofferenza e quella di chi gli sta vicino, suicidandosi. Prima di concludere la sua discesa agli inferi, ritornerà però in Mozambico, ultima illusione di pacificazione col passato e con i suoi incubi.
Come si vede, gli elementi melò non mancano nella storia e il film oscilla tra tanta bella musica e tanti tentativi di rappresentare degnamente questo melodramma non teatrale ma autentico. Non riesce però a farlo e, se non ci fosse il rifugio della musica da ascoltare, la narrazione tenderebbe al tedio triste, rasentando qualche banalità psicoanalitica, nonostante la sceneggiatura di provetti e sperimentati autori.
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oscar
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venerdì 12 ottobre 2007
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inizia il cinema veltroniano!!!!!!
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Con questo film si inaugura il cinema veltroniano. Poi toccherà a Senza Patricio, diretto da Gianni Amelio e a Forse Dio è malato. E prima o poi uscirà anche La scoperta dell'Alba. Non c'è da sorprendersi: Veltroni ha sempre amato il cinema, il quale lo ricambia. La verità è che il sogno di Walter è di diventare un giorno un grande regista. Ma questa è un altra storia.....
Il film narra la complicata esistenza di Luca Flores, un grande musicista quasi sconosciuto, infatti c'è voluto proprio questo film per conoscerlo. Nel film si riscontrano alcune similitudini kitsh con i telefilm, ma non intaccano troppo la poesia del film.
L'unica parte lieta è la prima mezz'ora. Non appena Luca si "mette insieme" a Cinzia il film diventa un melodramma che trova nella famiglia il brodo primordiale delle nevrosi e il mal di vivere.
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Con questo film si inaugura il cinema veltroniano. Poi toccherà a Senza Patricio, diretto da Gianni Amelio e a Forse Dio è malato. E prima o poi uscirà anche La scoperta dell'Alba. Non c'è da sorprendersi: Veltroni ha sempre amato il cinema, il quale lo ricambia. La verità è che il sogno di Walter è di diventare un giorno un grande regista. Ma questa è un altra storia.....
Il film narra la complicata esistenza di Luca Flores, un grande musicista quasi sconosciuto, infatti c'è voluto proprio questo film per conoscerlo. Nel film si riscontrano alcune similitudini kitsh con i telefilm, ma non intaccano troppo la poesia del film.
L'unica parte lieta è la prima mezz'ora. Non appena Luca si "mette insieme" a Cinzia il film diventa un melodramma che trova nella famiglia il brodo primordiale delle nevrosi e il mal di vivere. Non a caso gli attori coinvolgenti sono quelli che interpretano Raffaele e Alessandro, i due compagni di jazz con cui Luca vive i pochi momenti lieti del film; tutto il resto è costretto dal copione a esibire una faccia perennemente abbacchiata. il film quasi è si regge sull'ottima interpretazione di Kim Rossi Stuart, brillante attore vanto del cinema italiano. Il film nel complesso non risulta un capolavoro, tuttavia non si può pretendere che ogni ciambella riesca col buco, ma ha ottenuto un immeritato insuccesso. Insieme a Anche libero va bene, da lui stesso diretto, questo film è una delle migliori interpretazioni di Kim Rossi Stuart.
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[+] se a scriverlo è walter...
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giorgio camisani
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giovedì 10 gennaio 2008
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una biografia didascalica del jazzista luca flores
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Tra le prime scene del film abbiamo l’episodio tragico e fondamentale per l’infanzia e per la vita futura di Luca Flores. Un’automobile sta percorrendo un’anonima strada del Mozambico; a bordo c’è un ragazzino, Luca, e la sorella, seduti sul sedile posteriore dell’auto, mentre la madre, Jolanda, è al posto di guida. Tramite lo specchietto retrovisore Luca e la madre si scambiano uno sguardo intenso ed un sorriso affettuoso, tra loro si percepisce una profonda intesa e vicinanza, tanto che si potrebbe leggere questo momento come il realizzarsi di un abbraccio “spirituale” tra madre e figlio. D’un tratto però questo abbraccio s’interrompe bruscamente: forse a causa della distrazione di Jolanda, alla guida, l’auto subisce uno sbandamento e si ribalta.
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Tra le prime scene del film abbiamo l’episodio tragico e fondamentale per l’infanzia e per la vita futura di Luca Flores. Un’automobile sta percorrendo un’anonima strada del Mozambico; a bordo c’è un ragazzino, Luca, e la sorella, seduti sul sedile posteriore dell’auto, mentre la madre, Jolanda, è al posto di guida. Tramite lo specchietto retrovisore Luca e la madre si scambiano uno sguardo intenso ed un sorriso affettuoso, tra loro si percepisce una profonda intesa e vicinanza, tanto che si potrebbe leggere questo momento come il realizzarsi di un abbraccio “spirituale” tra madre e figlio. D’un tratto però questo abbraccio s’interrompe bruscamente: forse a causa della distrazione di Jolanda, alla guida, l’auto subisce uno sbandamento e si ribalta. I figli sbalzati fuori dall’abitacolo si salvano, mentre la madre muore.
Da qui ha inizio la tormentata vicenda interiore di Luca Flores, dove il senso di colpa per aver provocato la scomparsa della madre si insinua continuamente negli episodi sentimentali e professionali della sua vita adulta. La presenza fisica del protagonista esprime sempre la sua lontananza e a volte la sua assenza emotiva rispetto a ciò che gli accade.
Il suo atteggiamento è di accettazione e di passività nei confronti della vita, il suo cuore sembra aperto solo a quel vuoto lasciato dalla madre. Purtroppo la scelta di mostrare costantantemente questo stato d’animo penalizza in modo determinante la narratività della storia. Senza conflitti, desideri, paure, mutamenti interiori reali nel protagonista, si ha un racconto debole... (la recensione prosegue su www.filmagazine.it)
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[+] e' un vizio
(di miriam)
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(di miriam)
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rudolf
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sabato 3 novembre 2007
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loffio
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Una vita fulminea e bruciante, nutrita dalla musica e devastata dalla follia: questo il tema del film di Riccardo Milani, tratto da un romanzo di Walter Veltroni (sic) e serio candidato al titolo di opera più loffia dell’anno. Distribuisce la 01, e dell’asettica miniserie Rai Piano, solo ha tutto, dall’ambientazione casual-chic (che alterna luccicanti esotismi da agenzia di viaggio a opulenti interni provinciali in odore di Bergman) allo script che procede per scene-chiave (preferibilmente strappalacrime) nel più assoluto sprezzo della logica e – quel che è peggio – del ritmo drammatico, dai dialoghi così ridicoli da sfiorare il sublime (l’ultima scena nel bar fra Luca e Cinzia) a un cast (sulla carta notevolissimo, specie nelle parti di fianco) che pare compiacersi a ogni inquadratura dell’esibizione di una recitazione tanto istericamente inadeguata alla fragilità del soggetto.
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Una vita fulminea e bruciante, nutrita dalla musica e devastata dalla follia: questo il tema del film di Riccardo Milani, tratto da un romanzo di Walter Veltroni (sic) e serio candidato al titolo di opera più loffia dell’anno. Distribuisce la 01, e dell’asettica miniserie Rai Piano, solo ha tutto, dall’ambientazione casual-chic (che alterna luccicanti esotismi da agenzia di viaggio a opulenti interni provinciali in odore di Bergman) allo script che procede per scene-chiave (preferibilmente strappalacrime) nel più assoluto sprezzo della logica e – quel che è peggio – del ritmo drammatico, dai dialoghi così ridicoli da sfiorare il sublime (l’ultima scena nel bar fra Luca e Cinzia) a un cast (sulla carta notevolissimo, specie nelle parti di fianco) che pare compiacersi a ogni inquadratura dell’esibizione di una recitazione tanto istericamente inadeguata alla fragilità del soggetto. La musica, che avrebbe potuto dare al pasticcio una sua coerenza, finisce per essere mero accessorio, aneddoto piuttosto pedante (la tournée con Chet Baker), noioso temino liquidato alla meno peggio (e minato da un doppiaggio spesso fuori sincrono), mentre lo sprofondare del protagonista nella pazzia non ispira altra invenzione che una serie di monotone, ancorché non disprezzabili, soluzioni di missaggio.
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