nadia
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mercoledì 21 novembre 2007
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Aspettando di vederlo esprimo una considerazione scaturita dall'aver letto molti paragoni. Secondo me è una tendenza sbagliata. I film non sono fotocopie (anche se ci sono delle eccezioni). Ogni opera dovrebbe essere considerata in sé per sé, nel suo complesso. E poi, forse, non col passato tout court ma con altre opere ma solo sotto alcuni aspetti e sempre con l'obiettivo di spiegare ancor meglio quello che c'è (e non quello che si deduce). Per fare un esempio più chiaro di quello che accade oggi è come dire che Ingrid Bergman fosse più bella di Grace Kelly perché aveva gli occhi della Regina Elisabetta II. Si tratta di 3 persone diverse; non si può astrarre il particolare e farlo diventare metro di giudizio universalmente "valido".
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Aspettando di vederlo esprimo una considerazione scaturita dall'aver letto molti paragoni. Secondo me è una tendenza sbagliata. I film non sono fotocopie (anche se ci sono delle eccezioni). Ogni opera dovrebbe essere considerata in sé per sé, nel suo complesso. E poi, forse, non col passato tout court ma con altre opere ma solo sotto alcuni aspetti e sempre con l'obiettivo di spiegare ancor meglio quello che c'è (e non quello che si deduce). Per fare un esempio più chiaro di quello che accade oggi è come dire che Ingrid Bergman fosse più bella di Grace Kelly perché aveva gli occhi della Regina Elisabetta II. Si tratta di 3 persone diverse; non si può astrarre il particolare e farlo diventare metro di giudizio universalmente "valido". Per la recensione vera e propria a giovedì.
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gio.capor
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mercoledì 21 novembre 2007
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con infamia e senza lode
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Sono spiacente di non poter aderire to alle recensioni entusiaste che stanno accompagnando l’uscita nelle sale italiane dell’ultimo film di Pupi Avati. Sono andato a vederlo con le migliori intenzioni, contento per questo ritorno del regista alle sue origini cinematografiche, ma ho iniziato a sentirmi a disagio (e non in senso buono) fin dalle prime scene. Tutto mi è sembrato, da subito, troppo calato, inzuppato nel genere: ci mancava solo il gufo appollaiato sul ramo secco, penzolante sopra l’ingresso della villa maledetta (rimpiazzato in questa storia da rettili scolpiti in pietra). Per apprezzare tanto allestimento scontato, visto e rivisto in migliaia di film e telefilm (notti buie e tempestose, impianti elettrici in preda a black out intermittente, risatine misteriose e beffarde, vecchiette cenciose e spelacchiate etc.
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Sono spiacente di non poter aderire to alle recensioni entusiaste che stanno accompagnando l’uscita nelle sale italiane dell’ultimo film di Pupi Avati. Sono andato a vederlo con le migliori intenzioni, contento per questo ritorno del regista alle sue origini cinematografiche, ma ho iniziato a sentirmi a disagio (e non in senso buono) fin dalle prime scene. Tutto mi è sembrato, da subito, troppo calato, inzuppato nel genere: ci mancava solo il gufo appollaiato sul ramo secco, penzolante sopra l’ingresso della villa maledetta (rimpiazzato in questa storia da rettili scolpiti in pietra). Per apprezzare tanto allestimento scontato, visto e rivisto in migliaia di film e telefilm (notti buie e tempestose, impianti elettrici in preda a black out intermittente, risatine misteriose e beffarde, vecchiette cenciose e spelacchiate etc. etc.) mi sarei dovuto trovare davanti alla tivù, all’una di notte, col pigiama cosparso di briciole e il cucchiaino immerso nel barattolo della nutella, combattuto tra la voglia di rimanere alzato e il bisogno di raggiungere il letto. Solo in quel contesto avrei potuto apprezzare un racconto traballante e inverosimile del quale, però, si pretende di dare una spiegazione del tutto razionale e plausibile (non essendoci Matres ex machina a saldare gli anelli pencolanti della catena narrativa). Solo leggendo in fondo ai titoli di coda: “Italia-USA 1980” sarei potuto andare a dormire con la soddisfazione di aver recuperato un vecchio film de paura, “di quelli come si giravano una volta”, e di non aver sottratto inutilmente ore preziose al sonno ristoratore. Ma non si può pretendere la medesima disponibilità acritica da uno spettatore adulto del terzo millennio che, per godersi il film nel buio avvolgente di una sala, senza rischiare l’abbiocco serale, ha dovuto saltare la cena, raggiungere il cinema più vicino entro le 20.30 e pagare persino il ticket salato del weekend! Non si può tollerare, nel pieno della lucidità, un flusso continuo di incongruenze e situazioni riciclate, troppo prevedibili per essere apprezzate come citazioni. Viene voglia di urlare, altro che, ma non di paura.
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robmamba
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mercoledì 21 novembre 2007
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un bel nascondiglio!
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Forse per chi di horror si è nutrito a mezzora del film ha gia capito tutto.Forse il montaggio è l'unica componente pessima.Ma regia,interpretazione(c'è qualcuno che poteva dare di più),sceneggiatura,fotografia sono di altissimo livello. Un'inquietudine che spesso blockbusterhorror statunitensi neanke immaginano!Claustrofobia allo stato puro, ritmo seppur ogni tanto spezzettato(colpa montaggio)serratissimo.Ottima scenografia e buon lavoro sui suoni.Insomma convince a pieni meriti, era tanto che in Italia non si riprendeva un genere ormai abbanodonato.
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sixoclock
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mercoledì 21 novembre 2007
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finalmente un bel film italiano
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Mi aspettavo molto meno ed invece mi trovo di fronte un film veramente ben fatto e sopratutto doppiato bene(non esistono accenti e dialetti). Il film è ambientato negli USA e senza pretese tiene con il fiato sospeso pur essendo ovvio e scontato il movente, l'assassino e l'arma del delitto. Si conclude però senza un vero finale (e comunque va bene) e sembra quasi amputato di alcune scene. Bravissima la Morante, ed irriconoscibile la Sciò(io l'avevo lasciata ai tempi di Non è la rai). Complimenti, finalmente un film italiano fatto bene dopo tanta spazzatura(l'ultimo italiano degno di nota era forse "Non ti muovere")
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nadia
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martedì 20 novembre 2007
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Aspettando di vederlo esprimo una considerazione scaturita dall'aver letto molti paragoni.Secondo me è una tendenza sbagliata.I film non sono fotocopie (anche se ci sono delle eccezioni).Ogni opera dovrebbe essere considerata in sé per sé,nel suo complesso.E poi,forse,non col passato tou court ma con altre opere ma solo sotto alcuni aspetti e sempre con l'obbiettivo di spiegare ancor meglio quello che c'è (e non quello che si deduce).Per fare un esempio più chiaro di quello che accade oggi è come dire che Ingrid Bergman fosse più bella di Grace Kelly perché aveva gli occhi della Regina Elisabetta II.Si tratta di 3 persone diverse;non si può astrarre il particolare e farlo diventare metro di giudizio universalmente "valido".
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Aspettando di vederlo esprimo una considerazione scaturita dall'aver letto molti paragoni.Secondo me è una tendenza sbagliata.I film non sono fotocopie (anche se ci sono delle eccezioni).Ogni opera dovrebbe essere considerata in sé per sé,nel suo complesso.E poi,forse,non col passato tou court ma con altre opere ma solo sotto alcuni aspetti e sempre con l'obbiettivo di spiegare ancor meglio quello che c'è (e non quello che si deduce).Per fare un esempio più chiaro di quello che accade oggi è come dire che Ingrid Bergman fosse più bella di Grace Kelly perché aveva gli occhi della Regina Elisabetta II.Si tratta di 3 persone diverse;non si può astrarre il particolare e farlo diventare metro di giudizio universalmente "valido".Per la recensione vera e propria a giovedì.
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antonio quinto
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martedì 20 novembre 2007
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tanto crescendo per nulla...
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Una grande delusione.Cos'altro dire del ritorno di Avati al genere che egli stesso ha contribuito a creare nel cinema italiano.Era tanta la speranza,memori dei fasti di "Zeder" o de "L'Arcano Incantatore", di una ventata di freschezza nel genere dopo la parziale delusione regalataci da Argento con "La terza madre",ma questo non accade per più di un motivo.
Innanzi tutto una storia debole, piena di incongruenze e colpi di scena prevedibili anche dai neofiti del genere thriller-gotico,poi gli attori...
Fatta eccezione per un buon Giovanni Lombardo Radice,garanzia nei film di genere, tutti gli interpreti sono fuori luogo.
La tanto esaltata performance della Morante è tanto bisbigliata quanto irritante: il personaggio della squilibrata precipitata in una spirale di suggestioni orrorifiche, che terrorizzerebbero persino il governatore della california, reagisce con una forza d'animo del tutto inverosimile senza quasi mai dubitare della propria (fragile) sanità mentale.
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Una grande delusione.Cos'altro dire del ritorno di Avati al genere che egli stesso ha contribuito a creare nel cinema italiano.Era tanta la speranza,memori dei fasti di "Zeder" o de "L'Arcano Incantatore", di una ventata di freschezza nel genere dopo la parziale delusione regalataci da Argento con "La terza madre",ma questo non accade per più di un motivo.
Innanzi tutto una storia debole, piena di incongruenze e colpi di scena prevedibili anche dai neofiti del genere thriller-gotico,poi gli attori...
Fatta eccezione per un buon Giovanni Lombardo Radice,garanzia nei film di genere, tutti gli interpreti sono fuori luogo.
La tanto esaltata performance della Morante è tanto bisbigliata quanto irritante: il personaggio della squilibrata precipitata in una spirale di suggestioni orrorifiche, che terrorizzerebbero persino il governatore della california, reagisce con una forza d'animo del tutto inverosimile senza quasi mai dubitare della propria (fragile) sanità mentale.
La noia regna sovrana, l'atmosfera malata che pervadeva le pianure paludose de "La casa dalle finestre che ridono" o i terreni zombificatori di "Zeder" è un pallido ricordo,il gioco di ombre figlio dell'illuminaziomne a candele del settecento magico e maledetto de "L'arcano incantatore" sono solo imitate senza logica(...caro Avati,negli odierni Stati Uniti è arrivata l'elettricità...).
Anche le musiche del fidato Riz Ortolani sottolineano un crescendo che non esplode mai, come nei gotici anni sessanta di Mario Bava, ma senza averne lo spessore.
Resta una grande amarezza e l'ennesima conferma della pochezza di idee del cinema italiano, un cinema dove latitano solide sceneggiature e dove anche i grandi autori si ritrovano a girare con la consueta perizia storie vuote da fiction tv...
Rivogliamo la grande tradizione di genere italiana!
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[+] l'irrazionalità della fantasia
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er monnezza
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martedì 20 novembre 2007
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paurissima
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paura fa paura, bello é bello
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pupone
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martedì 20 novembre 2007
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un'incursione di avati nel suo genere d'esordio
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Un'incursione di Avati nel suo genere d'esordio, l'horror, con un film girato, montato e recitato "dal vivo", aperto a ogni intrusione dell'inatteso
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impaurito dal nascondigli
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martedì 20 novembre 2007
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niente male
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