luca palazzi
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lunedì 19 novembre 2007
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nuovo genere: horror burocratico
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visto ieri purtroppo attirato dalle recensioni che richiamavano "la casa delle finestre che ridono" che è uno dei miei film horror preferiti.
Allora, innanzitutto non è un Horror..è sbagliata proprio la definizione.
E' un film sugli intoppi burocratici nel girare un film horror..la trama si svolge infatti tra un contrattempo e l'altro (Laura Morante va in un posto, la rimandano da un'altra parte, va li e non trova nessuno, arisali in macchina, fai la spesa, vai a trovà quell'altro)..il tutto prosegue con un senso del ritmo del tutto arbitrario, fino al finale agghicciante..dove Laura Morante e il mostro si "stringono" la mano, gesto molto simbolico, e amen.
Che altro dire.. la solita fotografia presa in prestito da "distretto di polizia".
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visto ieri purtroppo attirato dalle recensioni che richiamavano "la casa delle finestre che ridono" che è uno dei miei film horror preferiti.
Allora, innanzitutto non è un Horror..è sbagliata proprio la definizione.
E' un film sugli intoppi burocratici nel girare un film horror..la trama si svolge infatti tra un contrattempo e l'altro (Laura Morante va in un posto, la rimandano da un'altra parte, va li e non trova nessuno, arisali in macchina, fai la spesa, vai a trovà quell'altro)..il tutto prosegue con un senso del ritmo del tutto arbitrario, fino al finale agghicciante..dove Laura Morante e il mostro si "stringono" la mano, gesto molto simbolico, e amen.
Che altro dire.. la solita fotografia presa in prestito da "distretto di polizia"..una laura morante che è un equivoco vivente. Il fatto che sia una donna bella e intelligente non vuol dire che sia un'attrice..purtroppo lei fa sempre la parte della moglie ansionsa, che fa la spesa sale in macchina e ritorna a casa in ritardo..è come se girasse sempre quella scena. In questo film poi e' un pò agitata sempre, il che toglie ogni pathos..a sto punto meglio Ivon Scion..o come si chiama, molto piu' misurata. Un'ultima menzione per la durata, anche questa..ma che senso ha far durare due ore un film del genere?
voto: 3
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antonio quinto
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martedì 20 novembre 2007
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tanto crescendo per nulla...
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Una grande delusione.Cos'altro dire del ritorno di Avati al genere che egli stesso ha contribuito a creare nel cinema italiano.Era tanta la speranza,memori dei fasti di "Zeder" o de "L'Arcano Incantatore", di una ventata di freschezza nel genere dopo la parziale delusione regalataci da Argento con "La terza madre",ma questo non accade per più di un motivo.
Innanzi tutto una storia debole, piena di incongruenze e colpi di scena prevedibili anche dai neofiti del genere thriller-gotico,poi gli attori...
Fatta eccezione per un buon Giovanni Lombardo Radice,garanzia nei film di genere, tutti gli interpreti sono fuori luogo.
La tanto esaltata performance della Morante è tanto bisbigliata quanto irritante: il personaggio della squilibrata precipitata in una spirale di suggestioni orrorifiche, che terrorizzerebbero persino il governatore della california, reagisce con una forza d'animo del tutto inverosimile senza quasi mai dubitare della propria (fragile) sanità mentale.
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Una grande delusione.Cos'altro dire del ritorno di Avati al genere che egli stesso ha contribuito a creare nel cinema italiano.Era tanta la speranza,memori dei fasti di "Zeder" o de "L'Arcano Incantatore", di una ventata di freschezza nel genere dopo la parziale delusione regalataci da Argento con "La terza madre",ma questo non accade per più di un motivo.
Innanzi tutto una storia debole, piena di incongruenze e colpi di scena prevedibili anche dai neofiti del genere thriller-gotico,poi gli attori...
Fatta eccezione per un buon Giovanni Lombardo Radice,garanzia nei film di genere, tutti gli interpreti sono fuori luogo.
La tanto esaltata performance della Morante è tanto bisbigliata quanto irritante: il personaggio della squilibrata precipitata in una spirale di suggestioni orrorifiche, che terrorizzerebbero persino il governatore della california, reagisce con una forza d'animo del tutto inverosimile senza quasi mai dubitare della propria (fragile) sanità mentale.
La noia regna sovrana, l'atmosfera malata che pervadeva le pianure paludose de "La casa dalle finestre che ridono" o i terreni zombificatori di "Zeder" è un pallido ricordo,il gioco di ombre figlio dell'illuminaziomne a candele del settecento magico e maledetto de "L'arcano incantatore" sono solo imitate senza logica(...caro Avati,negli odierni Stati Uniti è arrivata l'elettricità...).
Anche le musiche del fidato Riz Ortolani sottolineano un crescendo che non esplode mai, come nei gotici anni sessanta di Mario Bava, ma senza averne lo spessore.
Resta una grande amarezza e l'ennesima conferma della pochezza di idee del cinema italiano, un cinema dove latitano solide sceneggiature e dove anche i grandi autori si ritrovano a girare con la consueta perizia storie vuote da fiction tv...
Rivogliamo la grande tradizione di genere italiana!
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gio.capor
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mercoledì 21 novembre 2007
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con infamia e senza lode
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Sono spiacente di non poter aderire to alle recensioni entusiaste che stanno accompagnando l’uscita nelle sale italiane dell’ultimo film di Pupi Avati. Sono andato a vederlo con le migliori intenzioni, contento per questo ritorno del regista alle sue origini cinematografiche, ma ho iniziato a sentirmi a disagio (e non in senso buono) fin dalle prime scene. Tutto mi è sembrato, da subito, troppo calato, inzuppato nel genere: ci mancava solo il gufo appollaiato sul ramo secco, penzolante sopra l’ingresso della villa maledetta (rimpiazzato in questa storia da rettili scolpiti in pietra). Per apprezzare tanto allestimento scontato, visto e rivisto in migliaia di film e telefilm (notti buie e tempestose, impianti elettrici in preda a black out intermittente, risatine misteriose e beffarde, vecchiette cenciose e spelacchiate etc.
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Sono spiacente di non poter aderire to alle recensioni entusiaste che stanno accompagnando l’uscita nelle sale italiane dell’ultimo film di Pupi Avati. Sono andato a vederlo con le migliori intenzioni, contento per questo ritorno del regista alle sue origini cinematografiche, ma ho iniziato a sentirmi a disagio (e non in senso buono) fin dalle prime scene. Tutto mi è sembrato, da subito, troppo calato, inzuppato nel genere: ci mancava solo il gufo appollaiato sul ramo secco, penzolante sopra l’ingresso della villa maledetta (rimpiazzato in questa storia da rettili scolpiti in pietra). Per apprezzare tanto allestimento scontato, visto e rivisto in migliaia di film e telefilm (notti buie e tempestose, impianti elettrici in preda a black out intermittente, risatine misteriose e beffarde, vecchiette cenciose e spelacchiate etc. etc.) mi sarei dovuto trovare davanti alla tivù, all’una di notte, col pigiama cosparso di briciole e il cucchiaino immerso nel barattolo della nutella, combattuto tra la voglia di rimanere alzato e il bisogno di raggiungere il letto. Solo in quel contesto avrei potuto apprezzare un racconto traballante e inverosimile del quale, però, si pretende di dare una spiegazione del tutto razionale e plausibile (non essendoci Matres ex machina a saldare gli anelli pencolanti della catena narrativa). Solo leggendo in fondo ai titoli di coda: “Italia-USA 1980” sarei potuto andare a dormire con la soddisfazione di aver recuperato un vecchio film de paura, “di quelli come si giravano una volta”, e di non aver sottratto inutilmente ore preziose al sonno ristoratore. Ma non si può pretendere la medesima disponibilità acritica da uno spettatore adulto del terzo millennio che, per godersi il film nel buio avvolgente di una sala, senza rischiare l’abbiocco serale, ha dovuto saltare la cena, raggiungere il cinema più vicino entro le 20.30 e pagare persino il ticket salato del weekend! Non si può tollerare, nel pieno della lucidità, un flusso continuo di incongruenze e situazioni riciclate, troppo prevedibili per essere apprezzate come citazioni. Viene voglia di urlare, altro che, ma non di paura.
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sickboy
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lunedì 19 novembre 2007
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ombre...
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Ombre nel passato della tetra magione chiamata Snakes Hall. Ombre nel passato della protagonista, italiana trapiantata in America, intenzionata, dopo essere stata dimessa da una clinica psichiatrica, ad aprire un ristorante proprio a Snakes Hall. E quando tutto comincia a tornare a galla, iniziano i guai.
Peccato che le ombre vi sono anche su quest'ultima fatica di Avati che, dopo averci aperto le porte di altre inquietanti dimore (La casa dalle finestre che ridono, Zeder e L'arcano incantatore) ci porta ora dentro Snakes Hall. Ma purtroppo siamo davvero lontani anni luce dai genuini brividi delle precedenti pellicole. Le premesse per un film "ispirato" vi erano tutte : pare infatti che la vicenda si basi su fatti realmente accaduti e la Snakes Hall esiste davvero.
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Ombre nel passato della tetra magione chiamata Snakes Hall. Ombre nel passato della protagonista, italiana trapiantata in America, intenzionata, dopo essere stata dimessa da una clinica psichiatrica, ad aprire un ristorante proprio a Snakes Hall. E quando tutto comincia a tornare a galla, iniziano i guai.
Peccato che le ombre vi sono anche su quest'ultima fatica di Avati che, dopo averci aperto le porte di altre inquietanti dimore (La casa dalle finestre che ridono, Zeder e L'arcano incantatore) ci porta ora dentro Snakes Hall. Ma purtroppo siamo davvero lontani anni luce dai genuini brividi delle precedenti pellicole. Le premesse per un film "ispirato" vi erano tutte : pare infatti che la vicenda si basi su fatti realmente accaduti e la Snakes Hall esiste davvero. Eppure l'impressione, dopo aver visto il film, è quella di trovarsi di fronte ad uno scialbo thriller, frammentario, che non convince e non spaventa. Non possono bastare i classici "trucchetti" di genere, quali rumori sparati a tutto volume, vocine infantili e un pò di gore per non far scordare un film. E "il nascondiglio" è un film che si dimentica (e si vuole dimenticare!), a differenza degli altri horror "avatiani" che sono diventati veri e propri cult. Le motivazioni sono da ricercarsi nella totale assenza di un'atmosfera davvero malsana, di personaggi sinistramente ambigui, sospensioni e persino musiche (qui davvero insignificanti). Tutta quella macabra magìa, insomma, che distingueva i precedenti. A questo si aggiunga : una Laura Morante, bella, per carità, ma con un'espressione attonita per tutto il film e un doppiaggio monocorde (uffa!), una sceneggiatura frettolosa, inconcludente e a tratti davvero risibile ( 1- non si fa il minimo accenno all'odore pestilenziale che doveva esserci, a rigor di logica, nella casa, vista la presenza di topi morti e di una vecchia lurida che si trascina un cadavere in un sacco ; 2 - la protagonista che apparecchia i tavoli consapevole di avere al piano di sopra topi, muffa, cianfrusaglie arruginite e marciume vario ; forse era necessaria una bonifica, anche non dovendo usare quella parte di edificio, prima ancora di apparecchiare i tavoli ; 3 - i dettagli medici e i dialoghi sullo stato psicologico della donna ; e si potrebbe continuare...SIC!) personaggi delineati "all'acqua di rose" ed assenza, persino, di un colpo di scena o finale ad effetto (se le due novizie non sono mai state trovate e la vocina che riecheggia nomina spesso una certa Egle, chi ci potrà mai essere nel nascondiglio?!!) . C'è nè abbastanza, dunque, per definire questo film uno sconcertante passo falso nella carriera di Avati. E dire che, dopo aver definitivamente perso Dario Argento, si poteva riporre ancora qualche speranza nel regista romagnolo. Ma quest'incursione americana di Avati, delude sotto tutti i fronti e fa guardare con immensa nostalgìa alla vecchia, italica bicocca "dalle finestre che ridono" sperduta nella nebbia padana.
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ciro nacarlo
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mercoledì 22 settembre 2010
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un buon film horror.
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Pupi Avati, ritorna dopo anni sul luogo del delitto, portando al grande schermo un film assolutamente godibile dall'inizio alla fine. La protagonista, intenta ad aprire un ristorante italiano nello Iowa, dopo essere stata dimessa da un ospedale psichiatrico in cui si era fatta curare dopo il suicidio del marito, si ritrova suo malgrado coinvolta in una storia poco chiara, avvenuta molti anni prima, in una villa in cui, vorrebbe aprire il ristorante.
La Trama, a parte qualche solito particolare di ogni Horror (Ville, Voce, Psichiatria), risulta essere piuttosto originale e avvicente, con la protagonista che cerca in tutti i modi di fare luce sull'accaduto. Non mancano momenti di tensione, anche se tutto sommato il film spaventa piuttosto poco, sembrando più un giallo che un vero e proprio Horror, come non mancano alcune situazione surreali, come la location in cui si vorrebbe aprire questo ristorante, una villa abbandonata in cima ad una collina, che spaventa già solo a vedersi, figuriamo se qualcuno ci andrebbe a cenare, e come l'ostinità della protagonista a voler restare in quella casa veramente brutta solo per scoprire la verità su fatti che non la toccano assolutamente.
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Pupi Avati, ritorna dopo anni sul luogo del delitto, portando al grande schermo un film assolutamente godibile dall'inizio alla fine. La protagonista, intenta ad aprire un ristorante italiano nello Iowa, dopo essere stata dimessa da un ospedale psichiatrico in cui si era fatta curare dopo il suicidio del marito, si ritrova suo malgrado coinvolta in una storia poco chiara, avvenuta molti anni prima, in una villa in cui, vorrebbe aprire il ristorante.
La Trama, a parte qualche solito particolare di ogni Horror (Ville, Voce, Psichiatria), risulta essere piuttosto originale e avvicente, con la protagonista che cerca in tutti i modi di fare luce sull'accaduto. Non mancano momenti di tensione, anche se tutto sommato il film spaventa piuttosto poco, sembrando più un giallo che un vero e proprio Horror, come non mancano alcune situazione surreali, come la location in cui si vorrebbe aprire questo ristorante, una villa abbandonata in cima ad una collina, che spaventa già solo a vedersi, figuriamo se qualcuno ci andrebbe a cenare, e come l'ostinità della protagonista a voler restare in quella casa veramente brutta solo per scoprire la verità su fatti che non la toccano assolutamente. In ogni caso, ne consiglio la visione agli appassionati del genere, senza fare nessuno tipo di accostamente, non è "la casa dalla finestre che ridono", non è "shining" ma è sicuramente migliore di tanti "paranormal activity" e de "La creautura del cimitero" Voto: 6,5
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danygor
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mercoledì 12 settembre 2012
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"il nascondiglio" di pupi
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"In questo ritorno al genere horror-thriller il 'maestro' Pupi Avati dimostra come, nonostante la maggioranza della sua filmografia sia composta da altro tipo di pellicole, si trovi sempre a suo agio in certi contesti. La novità stavolta, rispetto alle pellicole precedenti dello stesso genere, sta nell'ambientazione, il regista bolognese per questa storia ha abbandonato infatti la pianura padana de "La casa dalle finestre che ridono" per trasferirsi negli Stati Uniti, patria dell'horror. Tuttavia, la 'vecchia casa-nascondiglio' dove si svolge gran parte della storia richiama sempre nello stile gotico ed austero, con zone buie e inquietanti mobili antichi, le location nostrane care al regista.
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"In questo ritorno al genere horror-thriller il 'maestro' Pupi Avati dimostra come, nonostante la maggioranza della sua filmografia sia composta da altro tipo di pellicole, si trovi sempre a suo agio in certi contesti. La novità stavolta, rispetto alle pellicole precedenti dello stesso genere, sta nell'ambientazione, il regista bolognese per questa storia ha abbandonato infatti la pianura padana de "La casa dalle finestre che ridono" per trasferirsi negli Stati Uniti, patria dell'horror. Tuttavia, la 'vecchia casa-nascondiglio' dove si svolge gran parte della storia richiama sempre nello stile gotico ed austero, con zone buie e inquietanti mobili antichi, le location nostrane care al regista. Parimenti alla 'Casa dalle finestre che ridono' inoltre anche in quest'occasione il mistero si cela dietro la parte superficiale delle pareti interne.
Nella storia ci sono sia il trasporto dell'indagine condotta da una protagonista, Laura Morante, forse a tratti troppo isterica, che i continui colpi di scena. Per aumentare la tensione nello spettatore, come dettato da uno specifico filone di film horror che ha preso piede a partire da 'The Blair witch project', il regista, anziché mostrare troppo sangue e corpi decapitati, sceglie rumori, voci, immagini sfocate, improvvisi crescendo della colonna sonora e grida. Il film perde un po' nel finale, quando comunque la protagonista esce sconfitta dalla vicenda...Nel cast è un piacere, soprattutto per chi è cresciuto tra gli anni '80 e i '90, ritrovare Burt Young, finalmente svestito dai panni di Poly, "mitico" cognato di 'Rocky'- Sylvester Stallone".
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zen
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sabato 10 gennaio 2009
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buon gotico nel segno di avati
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Pupi Avati è stato un modesto regista di commediole, ma un originale, e per certi versi sorprendente, autore gotico.
Tutti riconoscono uno stile peculiare nei suoi thriller e questo non fa eccezione: a distanza di tanti anni si vede decisamente la mano del regista di "La casa delle finestre che ridono", anche se la dose degli ingredienti è cambiata rispetto ad allora.
Oggi c'è meno sangue e più riflessione: alcuni spettatori preferiscono così, altri vorrebbero vedere sempre lo stesso film, e quindi storcono il naso.
Ma "Il nascondiglio" è un buon film, a partire dalla sceneggiatura: assai articolata ma capace di far tornare al pettine (quasi) tutti i nodi narrativi aperti.
Poco sangue ma una tensione costante accompagnano le vicende che coinvolgono un'adeguata Laura Morante.
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Pupi Avati è stato un modesto regista di commediole, ma un originale, e per certi versi sorprendente, autore gotico.
Tutti riconoscono uno stile peculiare nei suoi thriller e questo non fa eccezione: a distanza di tanti anni si vede decisamente la mano del regista di "La casa delle finestre che ridono", anche se la dose degli ingredienti è cambiata rispetto ad allora.
Oggi c'è meno sangue e più riflessione: alcuni spettatori preferiscono così, altri vorrebbero vedere sempre lo stesso film, e quindi storcono il naso.
Ma "Il nascondiglio" è un buon film, a partire dalla sceneggiatura: assai articolata ma capace di far tornare al pettine (quasi) tutti i nodi narrativi aperti.
Poco sangue ma una tensione costante accompagnano le vicende che coinvolgono un'adeguata Laura Morante.
Già, Laura Morante: attricetta spesso accusata di recitazione appiattita su toni frenetico-nevrotici e snobbata da molti.
Ma si deve riconoscere che queste tipologie interpretative sono ideali nel "Nascondiglio": la protagonista è una povera (ex?) visionaria dimessa dopo 15 anni da una clinica psichiatrica...
Nell'insieme il film, valido anche nella confezione, non sfigura rispetto alle precedenti buone incursioni avatiane nel gotico.
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ralphscott
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mercoledì 28 dicembre 2016
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liuba ed egle
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Che piacere trovare ancora lampi di classe,bagliori di originalità nel film di genere! Seppur incasellabile sommariamente nel filone delle "case maledette",questo nascondiglio delle suore sorprende per un carattere suo,che è quello di Avati. Come nell'ottimo Arcano incantatore,anche qui la suspence viene ottenuta col mestiere,senza artifici al pc. C'é un clima sinistro,un ritmo sostenuto (sebbene non tanti la pensino come me),la Morante non si ferma mai,nemmeno quando potrebbe finalmente lasciarsi alle spalle la casa dei serpenti per aprire altrove il suo agognato ristorante italiano. E poi si scopre perchè il trascinarsi di quel materasso,di quel.
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Che piacere trovare ancora lampi di classe,bagliori di originalità nel film di genere! Seppur incasellabile sommariamente nel filone delle "case maledette",questo nascondiglio delle suore sorprende per un carattere suo,che è quello di Avati. Come nell'ottimo Arcano incantatore,anche qui la suspence viene ottenuta col mestiere,senza artifici al pc. C'é un clima sinistro,un ritmo sostenuto (sebbene non tanti la pensino come me),la Morante non si ferma mai,nemmeno quando potrebbe finalmente lasciarsi alle spalle la casa dei serpenti per aprire altrove il suo agognato ristorante italiano. E poi si scopre perchè il trascinarsi di quel materasso,di quel...
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astotti98
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giovedì 27 febbraio 2020
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un bel film horror con una buona laura morante
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Pupi Avati torna, dopo diversi anni, al genere che lo ha lanciato e tutto questo periodo di tempo non sembra essere affatto passato. Il regista si dimostra molto abile nel gestire la suspence e l'attesa, senza quei continui jumpscare ai quali gli horror attuali ci hanno abituato; il risultato è un film che scorre bene, coinvolgente, con una trama non troppo intrecciata ma non per questo noiosa e con una buona Laura Morante che dimostra di sapersela cavare in film di ogni genere (con la Morante non c'è via di mezzo, o la ami o non la sopporti e personalmente è un'attrice che ho sempre apprezzato molto). Più che un vero e proprio horror sarebbe meglio definire il film come un thriller a tinte horror in quanto l'obiettivo primario del regista non &e
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Pupi Avati torna, dopo diversi anni, al genere che lo ha lanciato e tutto questo periodo di tempo non sembra essere affatto passato. Il regista si dimostra molto abile nel gestire la suspence e l'attesa, senza quei continui jumpscare ai quali gli horror attuali ci hanno abituato; il risultato è un film che scorre bene, coinvolgente, con una trama non troppo intrecciata ma non per questo noiosa e con una buona Laura Morante che dimostra di sapersela cavare in film di ogni genere (con la Morante non c'è via di mezzo, o la ami o non la sopporti e personalmente è un'attrice che ho sempre apprezzato molto). Più che un vero e proprio horror sarebbe meglio definire il film come un thriller a tinte horror in quanto l'obiettivo primario del regista non è spaventare lo spettatore ogni 5 secondi ma piuttosto creare un'angoscia costante che si protragga per tutta la durata della pellicola
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ignazio vendola
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lunedì 13 giugno 2011
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più noia che tensione
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Lo stile didascalico di Avati ha contribuito a far sprofondare nella noia un film che di suo pativa già una sceneggiatura debole. "La casa dalle finestre che ridono" è solo un lontano ricordo, e Laura Morante, come sempre, è prigioniera nel suo ruolo di eterna nevrotica.
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