giovanni semeraro
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giovedì 26 ottobre 2006
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nuovomondo, gli uomnini e le pietre
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Nuovomondo
Pietre, gli uomini sono pietre. Sono le pietre a comporre le prime immagini di questo film: le pietre che portano in bocca il protagonista e suo figlio, come voto per propiziare un consiglio ad una grande croce piantata in un mucchio di pietre, su una montagna di pietre, in un deserto di pietre. L’umanità della Sicilia dei primi del novecento è un’umanità che, come gli uomini di mille anni fa, vive nelle pietre e tra le pietre, in case di pietre, circondata da muri di pietre…l’umanità siciliana di inizi novecento è un’umanità di pietra. Come di pietra è la vecchia madre di Salvatore, legata indissolubilmente alle tradizioni ed agli usi della propria terra, e interpretata da una Aurora Quattrocchi che, con il suo viso arcaico, il suo dialetto incomprensibile ed i filtri magici di cui è in possesso, sembra la reincarnazione di una delle inconsapevoli protagoniste dei documentari etnografici di demartiniana e desetiana memoria (ormai sepolti tra le pietre).
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Nuovomondo
Pietre, gli uomini sono pietre. Sono le pietre a comporre le prime immagini di questo film: le pietre che portano in bocca il protagonista e suo figlio, come voto per propiziare un consiglio ad una grande croce piantata in un mucchio di pietre, su una montagna di pietre, in un deserto di pietre. L’umanità della Sicilia dei primi del novecento è un’umanità che, come gli uomini di mille anni fa, vive nelle pietre e tra le pietre, in case di pietre, circondata da muri di pietre…l’umanità siciliana di inizi novecento è un’umanità di pietra. Come di pietra è la vecchia madre di Salvatore, legata indissolubilmente alle tradizioni ed agli usi della propria terra, e interpretata da una Aurora Quattrocchi che, con il suo viso arcaico, il suo dialetto incomprensibile ed i filtri magici di cui è in possesso, sembra la reincarnazione di una delle inconsapevoli protagoniste dei documentari etnografici di demartiniana e desetiana memoria (ormai sepolti tra le pietre). La prima ora del film scorre così, con la rappresentazione di un paesaggio siciliano, umano e topografico, che si presenta rude, brullo, arido, aspro, tutto il contrario di come agli occhi ed alla mente dei protagonisti si presenta il Nuovo Mondo del titolo, l’America, un vero e proprio paradiso terrestre, in cui scorrono fiumi di latte e crescono sulle piante monete d’oro, ed in cui gli ortaggi e gli animali da cortile sono più grandi degli uomini che li coltivano e li allevano. Salvatore vuole andare lì, con la scusa (in realtà un po’ debole) di andare a cercare il proprio gemello, ma con l’intento, più forte che mai, di cambiare radicalmente la propria esistenza e quella dei propri familiari. Un desiderio, quello di Salvatore, neanche tanto originale, visto che quello di cambiar vita è il desiderio di migliaia e migliaia di uomini, forse di tutti gli uomini. Tutti noi abbiamo sognato almeno una volta di cambiar vita, e di solito quando si sogna di cambiar vita si pensa subito ad andare lontano, in un paese lontano, e cosa c‘è di più lontano ai nostri occhi che l’America? (una distanza più metafisica che fisica). Tra il sogno e la sua realizzazione però, c’è l’oceano, ed è il coraggio di attraversarlo a costituire la grande discrimante che divide, così come la striscia d’acqua che pian piano si allarga, il popolo in partenza sulla nave da quello che, con un meraviglioso effetto ottico, rimane ancorato alla banchina, alla vita, alla miseria siciliana (italiana). Se la storia d’amore che pian piano sboccia tra il protagonista e la giovane passeggera anglosassone risulta in un certo senso forzata e comunque insignificante per lo svolgersi dell’intreccio, notevoli sono alcune scene ed alcuni momenti vissuti sulla nave in alto mare. Parlo ad esempio dei momenti in cui decine di dialetti e cadenze diverse si trovano a convivere nello stesso stanzone (notevole la scena del botta e risposta a voce e tamburello tra un salentino ed un…siciliano?), o di scene come la “toletta di gruppo” che fanno le donne in una splendida catena di montaggio umana per pettinarsi i capelli. Di grande potenza risulta inoltre la scena in cui la nave – scossa fortemente da una tempesta che rimane invisibile ma di cui sentiamo però gli spaventosi e metallici rumori – scaraventa violentemente a terra e sulle pareti decine e decine di corpi, che alla fine vanno a formare un grande e variegato tappeto di carne umana in cui è ormai saltata la rigida separazione fatta all’inizio tra uomini e donne, e nel cui tessuto variegato si incrociano teste, gambe e braccia maschili e femminili, vivi e morti. L’arrivo a destinazione è a dir poco surreale: l’America tanto sognata ed immaginata, una volta raggiunta, risulta invisibile perché completamente avvolta dalla nebbia…un po’ come per dire “continuate a sognarla, che forse è meglio”. Se la routine delle visite e dei test subiti all’arrivo negli Stati Uniti sembra in un certo senso “già visto”, nonostante i tentativi di “alleggerire” le scene un po’ noiose con piccoli inserti e gag comiche, da rilevare è senza dubbio l’imprevisto (ma neanche tanto) “miracolo finale”: il figlio sordomuto di Salvatore, che sta per essere rimpatriato insieme all’anziana nonna causa il suo handicap che lo rende “non buono” all’ammissione in quel paese efficiente ed intelligente, riacquista miracolosamente la voce e l’udito per dire al padre che la nonna vuole tornare in Sicilia e probabilmente (ma questo non lo sentiamo) che lui non ne ha nessuna voglia, e che anzi vuole restare a giocarsi le proprie carte nel Nuovo Mondo così come faranno tutti coloro che alla fine vediamo galleggiare beatamente nei bianchi fiumi di latte di cui avevano tanto sentito parlare. Dal punto di vista luministico, salta subito all’occhio un certo “grigiore perenne” che domina tutte le scene, comprese quelle siciliane, che il cinema i genere preferisce rappresentare invase di luce, di cielo e di sole. Leggermente troppo “sganciate” dall’atmosfera generale del film (ma anche dallo svolgersi dell’intreccio), risultano essere le scene oniriche, che se a ragione tentano di rappresentare la semplicità dei sogni che una mente semplice ed in un certo senso “infantile” è capace di elaborare, risultano a parer mio comunque troppo infantili anch’esse. Il regista ha avuto comunque il pregio in questo film di prendersi il tempo, di non accelerare, di farsi attendere in un certo senso e di far attendere lo spettatore, che si trova come sospeso a mezz’aria tra un passato ed un futuro dei protagonisti solo detto o immaginato, ed un presente rappresentato con ritmi lenti, quasi documentari. Una buona prova in ogni caso, che a tratti regala forti, forti emozioni.
Giovanni Semeraro
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(di valerio)
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domenica 24 settembre 2006
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domani a bengodi
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“Golden door” per gli emigranti italiani agli inizi del ‘900 era Ellis Island, ricreata dal regista rivelazione di Respiro e dell’ultimo festival di Venezia Emanuele Crialese nell’”Hotel degli emigranti”a Buenos Aires: era la porta d’ingresso del paradiso, il regno di bengodi con carote e galline gigantesche che le fotografie di propaganda mostravano allo scopo di attirare forza lavoro per le industrie americane alla fine dello schiavismo, ma lì essi venivano sottoposti a visite mediche minuziose e a test attitudinali ridicoli e umilianti, nell’intento di saggiarne la salute fisica e mentale e di evitare in tal modo la contaminazione delle impurità di una razza estranea. Tutto questo lo riviviamo in Nuovomondo, un film realistico però in maniera atipica: la ricostruzione d’ambiente fedele richiama una riflessione profonda sul senso della Storia e sui processi psicologici collettivi che la determinano.
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“Golden door” per gli emigranti italiani agli inizi del ‘900 era Ellis Island, ricreata dal regista rivelazione di Respiro e dell’ultimo festival di Venezia Emanuele Crialese nell’”Hotel degli emigranti”a Buenos Aires: era la porta d’ingresso del paradiso, il regno di bengodi con carote e galline gigantesche che le fotografie di propaganda mostravano allo scopo di attirare forza lavoro per le industrie americane alla fine dello schiavismo, ma lì essi venivano sottoposti a visite mediche minuziose e a test attitudinali ridicoli e umilianti, nell’intento di saggiarne la salute fisica e mentale e di evitare in tal modo la contaminazione delle impurità di una razza estranea. Tutto questo lo riviviamo in Nuovomondo, un film realistico però in maniera atipica: la ricostruzione d’ambiente fedele richiama una riflessione profonda sul senso della Storia e sui processi psicologici collettivi che la determinano. I protagonisti della pellicola non hanno concretezza individuale, la loro origine si perde nella notte dei tempi ed essi simboleggiano una condizione perenne dell’umanità: norme e leggi cercano invano di regolamentare l’ingovernabile, le grandi civiltà sono sorte in seguito a fenomeni imponenti di emigrazione violenta, e l’uomo in fuga da guerre, invasioni o miseria si è sempre mosso alla ricerca di una terra promessa, alternando nomadismo e stabilità, disperazione e speranza, utopie e distopie, fiumi di latte e prigioni, slanci verso un futuro di progresso e ritorni a un passato di superstizioni e paure ancestrali. Così il viaggio della famiglia Mancuso dai monti della Madonia in Sicilia alle coste del continente americano parte dalla preistoria analfabeta ed approda alle nebbie di un oggi/ domani incerto. Il percorso metamorfico, secondo la definizione dello stesso autore, è segnato da figure archetipo e immagini mitiche: la croce sovrastante la montagna, le pietre in bocca per pregare e l’attesa di un segnale dalla divinità, la vestizione, la sapienza magica della vecchia madre, il sogno della pioggia di monete e del paese di Cuccagna, il distacco, il favoloso Oceano, le peripezie sul mare, la tempesta, l’incontro con la misteriosa donna-principessa da salvare, le prove d’iniziazione all’interno del castello-fortezza labirintico. Gli attori del racconto allegorico si muovono attoniti all’interno di una Torre di Babele claustrofobica, ove gli idiomi sono barriere invalicabili e i corpi si assiepano togliendosi spazio a vicenda: il dramma si ripete inconsapevole da millenni fra chi parte e chi arriva, ma la luce resta accesa per tutti e per nessuno. Allora il finale della favola resta inevitabilmente sospeso: il principe e la principessa salvata assieme a noi galleggiano nel fiume di latte, eppure dove portino i fiume di latte non si è mai saputo.
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(di flavio)
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(di conte di bismantova)
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kowalsky
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sabato 9 settembre 2006
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la "terra" che non c'è
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Il Nuovomondo di Crianese è quello degli immigrati italiani, come i contadini e i pescatori di Acitrezza, che si imbarcano sulla nave della speranza, alla ricerca di un futuro migliore in America. E' un realismo sorprendente, che cita nelle prime immagini "La terra trema" (vs. Malavoglia di Verga), di Visconti, e si sposa all'elemento fiabesco-onirico simbolo dei sogni e delle aspettative della povera gente. E' la storia della famiglia Mancuso, in particolare e tra le tante, o del personaggio inquietante e misterioso di Lucy (Charlotte Rainsbourg), donna elegante, di gran classe, che parla perfettamente inglese e forse ha un marito a New York, o cerca rifugio nella "nuova patria". L'anello di congiunzione tra il mondo agricolo del sud-italia e l'occidente capitalista è lei, figura quasi fuori dal tempo e dai disagi, quasi cechoviana nei tratti squisitamente femminili.
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Il Nuovomondo di Crianese è quello degli immigrati italiani, come i contadini e i pescatori di Acitrezza, che si imbarcano sulla nave della speranza, alla ricerca di un futuro migliore in America. E' un realismo sorprendente, che cita nelle prime immagini "La terra trema" (vs. Malavoglia di Verga), di Visconti, e si sposa all'elemento fiabesco-onirico simbolo dei sogni e delle aspettative della povera gente. E' la storia della famiglia Mancuso, in particolare e tra le tante, o del personaggio inquietante e misterioso di Lucy (Charlotte Rainsbourg), donna elegante, di gran classe, che parla perfettamente inglese e forse ha un marito a New York, o cerca rifugio nella "nuova patria". L'anello di congiunzione tra il mondo agricolo del sud-italia e l'occidente capitalista è lei, figura quasi fuori dal tempo e dai disagi, quasi cechoviana nei tratti squisitamente femminili.
Diverse sono le immagini da antologia: su tutte, la tempesta che porta tragicamente insieme uomini e donne (generalmente divisi nella nave), a dormire accanto dopo tanto clamore, feriti, dilaniati, ma ancora vivi nel loro tragitto di speranza e disperazione.
E il "nuovomondo" è quello che appartiene ai test psicoattitudinali, agli umilianti riti delle visite mediche, ai matrimoni combinati per caso, all'aspettativa delusa dal bisogno di "essere all'altezza della nuova civilta'".
Uno dei film italiani piu' belli degli ultimi anni, che conferma (dopo l'intenso "respiro") Crianese come un'autore da tenere in massima considerazione oggi e domani.
La stessa visuale "alta" della nave, le espressioni mai manierate ma "vive" degli immigrati italiani hanno l'intensita' delle migliori tele di Guttuso.
Una cosa è certa: dopo questo film diversi spettatori vedranno con occhi "diversi" e col cuore sgomento le tante drammatiche vicende degli extracomunitari che approdono nelle isole della sicilia o nelle puglie
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(di darko)
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flavio patrizi
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domenica 24 settembre 2006
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al nuovo film del regista di respiro manca respiro
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Al nuovo film di Crialese, regista dell'unico e meraviglioso gioiello cinematografico italiano degli ultimi tempo che è "Respiro" (2002), manca effettivamente un po' di respiro.
La famiglia Mancuso, che parte dalla Sicilia agli inizi del novecento per andare alla volta dell'America -la terra nuova-, è sì la voce sincera di un popolo naturale e caldo che si ritrova ad affrontare il pallore e la glacialità delle nebbie che offuscano la veduta della tanto agognata America, ma tutto sommato, a lungo andare risulta anche un po' antipatica.
Come se l'Italia importata negli U.S.A. fosse solo quella del meridione - magica, timorata di Dio, restìa a comprendere e all'aprirsi a nuovi orizzonti. "Italiani in America hanno a dicere solo dialetto".
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Al nuovo film di Crialese, regista dell'unico e meraviglioso gioiello cinematografico italiano degli ultimi tempo che è "Respiro" (2002), manca effettivamente un po' di respiro.
La famiglia Mancuso, che parte dalla Sicilia agli inizi del novecento per andare alla volta dell'America -la terra nuova-, è sì la voce sincera di un popolo naturale e caldo che si ritrova ad affrontare il pallore e la glacialità delle nebbie che offuscano la veduta della tanto agognata America, ma tutto sommato, a lungo andare risulta anche un po' antipatica.
Come se l'Italia importata negli U.S.A. fosse solo quella del meridione - magica, timorata di Dio, restìa a comprendere e all'aprirsi a nuovi orizzonti. "Italiani in America hanno a dicere solo dialetto". Che Crialese dunque si sia reso conto o meno di aver potuto rendere per l'ennesima volta agli occhi del pubblico statunitense (il film internazionalmente porta un titolo diverso: The Golden Door - la porta dorata) la figura dell'italiano più conosciuta e stereotipata, ormai poco importa. Fatto sta che il film nei momenti in cui lascia quel linguaggio più o meno visivo, poetico, surreal-simbolmagico abbastanza godibile per dare spazio alle dinamiche antropologiche del racconto semplice (perchè sì, la storia del film è semplicissima - cosa c'è di più naturale di un racconto su un viaggio?) di come era difficile farsi approvare ad Ellis island per poi andare a scorrazzare liberi per l'America, ecco che qualcosa sfugge inevitabilmente al controllo direttivo di Crialese. Le musiche, ad eccezione di quella che accompagna la scena dell'innamoramento di Lucy e Salvatore, sono superflue e inutilmente chiassose. L'utilizzo randomizzato delle didascalie durante i dialoghi in stretto siciliano (ovvero appaiono solo in dati momenti, quasi a caso) viene poi abbandonato del tutto nella scena finale, la più importante e decisiva lasciandoci nel dubbio. E così NUOVOMONDO riaffonda la faccia (unica cosa che in questo film la cinepresa di Crialese sembra voler inquadrare) del pubblico in quella immagine di fantasia nella quale gli italiani nuotano in un fiume americano, anzi un mare di latte, bianchissimo quindi puro e bello ma anche sentore di qualcosa di pericoloso. Per loro però l'America significa "opportunità e speranza" e così il film si chiude con un finale apertamente chiuso. Saranno riusciti i Mancuso a passare i severi esami per poter diventare cittadini americani o saranno costretti a rimpatriare? Ecco, NUOVOMONDO a differenza del film precedente manca di unità di stile, come ha detto giustamente Luisa Ceretto e probabilmente dopo essersi montato un po' la testa per i complimenti ricevuti da critici e pubblico dopo la riuscita di RESPIRO, Crialese forse ha voluto fare troppo. Non si può non vedere in NUOVOMONDO un tentativo di incontro con gli U.S.A. e una possibile elemosina di Oscar. A Venezia, dove il giovane regista ha vinto il leone d'argento rivelazione (gli italiani non vincevano niente da 30 anni alla mostra del lido) si è dichiarato goffo e sorridente un rosselliniano, un viscontiano, un felliniano.. L'unica possibilità di rimanere a galla per questo film è che abbia poco successo come è accaduto per RESPIRO e che col tempo migliori. Il film, malgrado le pecche elencate, comunque costituisce una boccata d'aria fresca per il cinema italiano e d'altro canto come non si può rimanere incantati dalla bravura di Vincenzo Amato e i due giovani già presenti nell'altro film? La Gainsbourg è brava ma bruttina.
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(di hector)
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