La stella che non c'è |
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Un film di Gianni Amelio.
Con Sergio Castellitto, Ling Tai, Angelo Costabile, Hiu Sun Ha, Catherine Sng, Enrico Vanigiani, Roberto Rossi, Chungqing Xu, Biao Wang, Jian-yun Zhao, Qian-hao Huang, Xiu-feng Luo, Xian-bi Tang, Lin Wang.
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Drammatico,
durata 104 min.
- Italia 2006.
uscita venerdì 8 settembre 2006.
MYMONETRO
La stella che non c'è ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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La Cina è vicina?
di fabrizio dividiFeedback: 2879 | altri commenti e recensioni di fabrizio dividi |
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venerdì 17 giugno 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Vincenzo Buonavolontà, il manutentore di un alto forno che viene ceduto ad un gruppo industriale cinese, scopre un difetto all’impianto e decide di partire alla ricerca dei padroni della sua fabbrica per spiegarne il malfunzionamento. Lì incontra l’unica persona che lo può aiutare, la traduttrice conosciuta in Italia, novella Beatrice, che lo accompagna attraverso un viaggio allegorico nel cuore profondo dell’Oriente, in una Cina sconosciuta che affascina nelle sue contraddizioni.
Si assiste ad un percorso ideale nel mondo del lavoro di una nazione-continente, nelle sue radici culturali più recondite, in un abisso conradiano che conduce i protagonisti dai grattacieli di Shangai fino alle più remote cave minerarie di non precisate province dell’interno; bambini sfruttati e povertà difusa non minano un’etica di fondo che unisce tutte le categorie sociali e il mondo del lavoro affrescato dal regista si esplicita come valore assoluto di unico, grande legame universale fra le masse.
Il soggetto è semplice ma efficace: è la storia di un’ossessione, con un finale tanto risolutivo quanto illusorio che fa del film un’opera “morale” solo in rari momenti al limite del moralismo, che ha nello stile documentaristico l’accezione meglio riuscita.
Ben girato, con meravigliosi scorci di un paese sotto osservazione, ma senza pregiudizi di sorta, la trama scivola però troppo spesso nella trovata inverosimile, e mal si sopporta la casualità che porta i due protagonisti ad incontrarsi due (!) volte in remote parti di un Paese che conta più di un miliardo di anime. Inoltre, lo sconfinamento troppo frequente di Vincenzo (un adeguato Sergio Castellitto) nel clichè dell’Italiota, che fa il verso troppo trito ai personaggi della commedia all’Italiana, abbassa non di poco la riuscita finale di un film, al di là di tutto, piacevole e stimolante. Fabrizio Dividi
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