La stella che non c'è

Sin dai tempi de IL LADRO DI BAMBINI il tema più caro a Gianni Amelio è il viaggio. In questo film il cineasta si immerge a capofitto nella realtà cinese senza mostrarci il lato cartolinesco di questo immenso paese brulicante di anime sperdute. Castellitto interpreta il manutentore di una fabbrica in Italia, che viene venduta ai cinesi, il quale si incaponisce per far sostituire una centralina che secondo lui è pericolosa con una aggiustata da lui che invece dovrebbe far funzionare correttamente l'altoforno. Ma il nucleo del film sta nel rapporto che si instaura fra Vincenzo Buonavolontà e Liu, e lo spaesamento e il confronto fra due diverse culture, l'unione di due mondi. Una storia intensa e drammatica raccontata in modo molto semplice, quindi efficace. E c'è tutto il gusto del "road movie", formula tanto vincente nel cinema che può racchiudere in sè tanti significati e svolte esistenziali. Il film non si racconta facilmente, ma dice tanto a livello emotivo. E' in fondo anche una storia d'amore e di crescita. Il finale, volutamente aperto come quello di LE CHIAVI DI CASA, si chiude sui primi piani del volto dei due protagonisti, ma intorno a loro c'è il nulla... Ma la sensazione che provoca è bellissima e una strada non può essere che dritta. Una strada dritta che porta brevemente all'interno dei meandri del cuore e dell'anima e che con successo diventa il pretesto narrativo fondante di questo incantevole film-itinerario.