La stella che non c'è |
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Un film di Gianni Amelio.
Con Sergio Castellitto, Ling Tai, Angelo Costabile, Hiu Sun Ha, Catherine Sng, Enrico Vanigiani, Roberto Rossi, Chungqing Xu, Biao Wang, Jian-yun Zhao, Qian-hao Huang, Xiu-feng Luo, Xian-bi Tang, Lin Wang.
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Drammatico,
durata 104 min.
- Italia 2006.
uscita venerdì 8 settembre 2006.
MYMONETRO
La stella che non c'è ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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BARCHE SOTTO LE STELLE
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domenica 10 settembre 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La stella che non c’è, continuazione ideale di un romanzo di Ermanno Rea, La dismissione, è il film più ecumenico di Gianni Amelio: il progresso rapido e sconvolgente muta radicalmente il volto di città e Paesi, rende obsolete attività e competenze, mescola le razze e costringe alla convivenza usi e costumi diversi, determina nella feroce lotta per l’affermazione di sé vincitori e vinti; allora arrivare al socratico sentirsi cittadino del mondo prima ancora che italiano o cinese diventa l’unico mezzo per conservare integra la propria identità di esseri umani; la stella che non c’è è visibile ovunque sotto lo stesso cielo. E’ una strada percorribile con molta fatica, fra le lacrime, e mai da soli: le microutopie prospettate quasi sempre dalla filmografia di matrice neo realistica di Amelio non fanno facili sconti a chi vi si imbarca, le contraddizioni sono insuperabili, l’idillio si solidifica quotidianamente durante il viaggio ma resta fragile, non ha continuità rasserenante, la porta aperta su un futuro possibile potrà richiudersi un giorno all’improvviso. Tuttavia nel rapporto fra l’operaio specializzato Vincenzo Buonavolontà e la sua guida, la sfortunata ragazza madre Liu Hua, trovano un punto d’incontro due universi culturali e sociali, benché agli antipodi, assai simili nelle ferite non rimarginabili: l’uomo, l’ultimo ed inutile esemplare di una specie lavorativa in via d’estinzione caratterizzata da dedizione al lavoro ed onestà, rappresenta la coscienza della crisi di un centro, la Vecchia Europa, ormai periferia ininfluente nei destini del pianeta, la donna è ciò che una periferia in fermento sul punto di diventare centro lascia di drammaticamente irrisolto dietro di sé. Così il sentimento doloroso di una sconfitta misto a curiosità ed apertura mentale fa da filtro al reportage intimo e soggettivo: l’esplorazione epidermica muove dagli occhi, dalle orecchie, dal cuore e persino dal gusto, non studia e non analizza, bensì esaspera il dettaglio; per questo la Cina de La stella che non c’è conferma sì quella futuristica fatta di cantieri e grattacieli delle statistiche sulla crescita economica, ma ne illumina il nervo scoperto in particolare nel paradosso inquietante di un’infanzia sfruttata e abbandonata a se stessa, segregata in officine attive giorno e notte. Un continente popolato da orfani è malato ed è raccapricciante pensare che esso rappresenti il domani dell’umanità, eppure proprio lì l’italiano di mezz’età, moralista superato dai tempi, con il suo brutto carattere intransigente, recupera alla fine se stesso assumendosi volontariamente il ruolo di padre e riparando ciò che era stato spezzato. Ogni uomo è un’isola, servono però le barche per mettersi in salvo dai tifoni.
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