Detachment - Il distacco |
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Un film di Tony Kaye.
Con Christina Hendricks, Adrien Brody, James Caan, Lucy Liu, Bryan Cranston.
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Titolo originale Detachment.
Drammatico,
durata 97 min.
- USA 2011.
- Officine Ubu
uscita venerdì 22 giugno 2012.
MYMONETRO
Detachment - Il distacco
valutazione media:
3,60
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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We don't need no educationdi fabrizio dividiFeedback: 2879 | altri commenti e recensioni di fabrizio dividi |
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domenica 12 agosto 2012 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Spesso la differenza al cinema non la determina l'originalità di una storia, ma il modo di raccontarla.
Seppur con gradazioni differenti, quando il contesto scolastico degradato e problematico, di "The detachment" è stato raccontato da Solondz abbiamo avuto la sferzante ironia di "Fuga dalla terza media"; con "la classe" di Cantet si percepisce un sobrio positivismo sociale, realistico e costruttivo. Poesia con il maestro Vigo agli albori del cinema con il capolavoro "Zero in condotta" e facile spettacolarità, ma non solo banalmente hollywooodiana, con "Classe violenta". L'elenco potrebbe continuare anche senza scomodare Petri, Truffaut e Weir, ma quel che è certo è la imbarazzante interpretazione di un mondo senza speranza che Tony Kaye ci propone in un film che si rivela un lungo elenco di luoghi comuni, didascalie, "cose che ti aspetti" che sfiorano spesso il ridicolo. Imbarazzante per chi scrive, per abitudine non avvezzo alla stroncatura, per di più di fronte ad una sfilza di premi tanto impressionante quanto inspiegabile, figlia di un epoca, forse, che deve espiare in qualche modo un distacco generazionale così marcato.
Le situazioni sono ovviamente tragiche e senza speranza: il suicidio di un adolescente "talento" incompreso, l'incomunicabilità familiare, il professore prima deriso e poi rispettato (arridatece i poeti estinti!), il tutto nella cornice di un improbabile struttura scolastica popolata da una galleria di grotteschi individui (magari fossero rappresentati in chiave ironica e non al contrario del tutto patetici) che fanno pensare ad un b-movie di fantascienza in cui si è appena liberato il virus dello stress. Nella "scuola più pazza del mondo" infatti troviamo la assistente sociale isterica (povera Lucy Liu), la macchietta del cinico prof (James Caan), e altre figure al di là del verosimile come la preside impasticcata e il frustrato maestrino che ha una famiglia devastata con moglie perennemente lobotomizzata davanti alla tv e figlio attaccato ad internet, esattamente come il 90 % degli abitanti del pianeta Terra.
Lasciamo per ultimo il pur bravo Adrien Brody, bravo si ma reduce da una sfilza di film poco significativi e che forse qui eguaglia il valore artistico di "Predators". Il suo personaggio, un idealista puro neanche a dirsi, si trova a fronteggiare una serie di situazioni talmente paradossali e retoriche da doppiare ampiamente il limes della parodia. Ospita per filantropico senso civico una giovane prostituta in casa propria (ma quando mai), fa innamorare di schianto la più sfigata della classe, accompagna alla morte il nonno (violento con sua madre, ma cosa volete che sia...) e come se non bastasse viene scambiato per pedofilo dalla bella Christina Hendriks, la splendida "rossa" di Mad Men, mentre consola l'obesa e depressa allieva.
Il finale è coerente: un raggio di sole fa capolino tra i tetti, foriero di speranza, accompagnando la conversione laica della piccola emula di Jodie Foster di "Taxi driver" e la lettura di un brano della "Casa degli Usher" prova a dare spessore ad una storia sconclusionata, furba, pretenziosa anche nelle sfocature, nel montaggio, nei mossi e negli zoom e, come se non bastasse, negli interminabili intermezzi animati e nell'espediente del racconto in prima persona del protagonista (pensiamo a "Idioti" o a "District 9" per intenderci), ripetitivo fardello poco integrato con il contesto, Peccato veniale in una cotanta accozzaglia di idee, pessime e confuse, che come unico merito fanno pensare che la realtà, a conti fatti, non può essere così terribile. Fabrizio Dividi
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