ama
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domenica 29 maggio 2005
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la figlia di uno che hanno ucciso
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ora posso finalmente sapere come è morto mio padre....
quindi sono contenta di vedere il tutto
grazie
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gianni lucini
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martedì 20 settembre 2011
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chiacchiere e sangue
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Nella trasposizione cinematografica della sua fortunata commedia teatrale “Chiacchiere e sangue”, Daniele Costantini ne lascia inalterata la struttura. Lo humor nero fa così da guida alla paradossale ricostruzione della storia di una delle più sanguinarie gang della storia italiana che ha imperversato a Roma dalla metà degli anni Settanta fino ai primi anni Novanta. La narrazione parte dalla deposizione volontaria davanti a un giudice di “Accattone”, uno dei pochi esponenti ancora in vita dell’organizzazione criminale, le cui parole finiscono per evocare tutti i componenti della banda sia quelli morti che quelli ancora in vita. Ciascuno di loro porta la sua versione e il suo punto di vista alla ricostruzione dei fatti.
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Nella trasposizione cinematografica della sua fortunata commedia teatrale “Chiacchiere e sangue”, Daniele Costantini ne lascia inalterata la struttura. Lo humor nero fa così da guida alla paradossale ricostruzione della storia di una delle più sanguinarie gang della storia italiana che ha imperversato a Roma dalla metà degli anni Settanta fino ai primi anni Novanta. La narrazione parte dalla deposizione volontaria davanti a un giudice di “Accattone”, uno dei pochi esponenti ancora in vita dell’organizzazione criminale, le cui parole finiscono per evocare tutti i componenti della banda sia quelli morti che quelli ancora in vita. Ciascuno di loro porta la sua versione e il suo punto di vista alla ricostruzione dei fatti. Ne nasce un dibattito, sottolineato da una lunga serie di flashback, violento, urlato e paradossale nel quale i partecipanti non esitano a minacciarsi e a venire alle mani. Il tono dei dialoghi non può che essere sopra le righe, esagitato al limite del parossismo. Per questa ragione Costantini sceglie di temperarne la veemenza rendendo statica la ripresa. Nelle scene che si svolgono nell’angusto locale dove il giudice sta raccogliendo le deposizioni sono i movimenti dei protagonisti a rendere dinamiche le inquadrature, a dettarne il ritmo mentre la macchina da presa mantiene un’immobilità quasi oggettiva. Lo spettatore guarda ai fatti con gli occhi del giudice, che non si vede mai e viene inquadrato soltanto nelle sequenze finali, quando il racconto si è concluso. Davanti a lui sottile e costante scorre una violenza connaturata ai personaggi visto che nella realtà la storia della Banda della Magliana è finita con i capi che si sono ammazzati tra loro. E proprio perchè nessuno pensi che sia stata una scelta casuale, nella chiusa finale “Accattone” ne riassume il senso con una frase lapidaria: «Era cominciata come una storia di esclusività e solidarietà ed è finita come una storia di chiacchiere e sangue».
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danygor
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domenica 5 ottobre 2014
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tante belle premesse poi deluse
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"Un'occasione persa, questa del film di Daniele Costantini, per tanti motivi: nelle idee della sceneggiatura, nel tema trattato sempre molto attuale e di moda e, soprattutto, nel confezionamento del film finale.
Un film inutilmente troppo teatrale nel modo in cui la vicenda viene narrata direttamente dagli attori- personaggi storici protagonisti, troppo forzato nel linguaggio popolare usato. Si è scelto un taglio narrativo teatrale con uno spazio fisso e gli attori che si rivolgono direttamente al pubblico, ma questo non può essere l'ottanta percento del film. Si potevano alternare scene di racconto diretto con immagini esterne, magari narrate in voce off. Invece la pellicola è pressoché priva di dialoghi, mentre dagli attori alla scenografia più che un film sembra di assistere alla ripresa di uno spettacolo teatrale.
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"Un'occasione persa, questa del film di Daniele Costantini, per tanti motivi: nelle idee della sceneggiatura, nel tema trattato sempre molto attuale e di moda e, soprattutto, nel confezionamento del film finale.
Un film inutilmente troppo teatrale nel modo in cui la vicenda viene narrata direttamente dagli attori- personaggi storici protagonisti, troppo forzato nel linguaggio popolare usato. Si è scelto un taglio narrativo teatrale con uno spazio fisso e gli attori che si rivolgono direttamente al pubblico, ma questo non può essere l'ottanta percento del film. Si potevano alternare scene di racconto diretto con immagini esterne, magari narrate in voce off. Invece la pellicola è pressoché priva di dialoghi, mentre dagli attori alla scenografia più che un film sembra di assistere alla ripresa di uno spettacolo teatrale.
La pellicola nasce infatti da un'opera dello stesso regista, allora ci chiediamo perché non mantenerla tale?! Cinema e teatro sono infatti due arti che hanno storicamente sempre viaggiato parallelamente, incontrandosi ogni tanto con alterne fortune. Ma se si pensa ad alcune trasposizioni divenute film di successo sicuramente notiamo grosse differenze con "I fatti della Banda della Magliana". Perché portare direttamente lo spettacolo al cinema? Ne esce un film noioso e con scarso ritmo. Ci sono grandi capolavori con poche azioni e tanti dialoghi intellettualmente stimolanti come le pellicole della scuola francese ad esempio, "I fatti della Banda della Magliana" invece non ha poca azione, ma neanche dialoghi coinvolgenti in alternativa e né, tanto meno, delle scene ed una fotografia che permettano di superare sia la mancanza di azione che quella di un'interazione costruita tra i personaggi.
Anche l'idea di far apparire e parlare nella vicenda personaggi defunti è nobile nelle intenzioni, rifacendosi magari ad un modo di narrare metafisico, spesso grottesco, ma comunque utilizzato da grandi maestri del cinema come ad esempio Federico Fellini. Ma, ahimè, anche quest'idea nel film di Costantini, sfocia nella noia e nella ripetitività.
Il fatto di romanzare pochissimo una vicenda di cronaca italiana, tutt'ora con alcuni lati oscuri, di attenersi alla realtà dei fatti, mantenendo anche i nomi storici di chi ha fatto parte della Banda della Magliana poteva essere un punto di vantaggio, rispetto ad altri film sul tema. Ma pensando al famosissimo e ben fatto "Romanzo Criminale" ed alla serie tratta poi dallo stesso film, dove probabilmente l'unica nota stonata è la rivisitazione di personaggi ed episodi...Perché si è talmente coinvolti dalla vicenda che poi il fatto che essa sia stata romanzata ed a tratti inventata, potrebbe suonare quasi come un tradimento. In "I Fatti della Banda della Magliana" invece a tradire non sono i fatti narrati ed i personaggi attinenti alla cronaca reale, ma tutto il resto della narrazione.
Il linguaggio, troppo forzato allo scopo forse di aumentare il realismo della pellicola, contribuisce alla noia del film, non solo una storia narrata in maniera soporifera ma anche con un linguaggio evidentemente talmente spinto da perdere quel sapore realista dato dalla scena.
Se certe scelte sono state fatte per un motivo di abbattimento dei costi del film, il regista Costantini dovrebbe andare a rivedersi i tanti capolavori che la storia del cinema ci ha lasciato, fatti con pochissimo budget. Perché un capolavoro non lo si misura dagli investimenti della produzione, ma dalla bravura del regista..."
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marl
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lunedì 30 maggio 2005
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che delusione
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Mi sono più volte domandata nel corso della proiezione del film se l'intento del regista fosse semplicemente ridicolarizzare la storia della "banda". Mesi fa ho letto il libro "romanzo criminale" e l'ho letteralmente divorato, restando affascinata da ogni personaggio. Mi sono seduta ieri al cinema carica di aspettative per questa pellicola che ho trovato alquanto squallida, mal recitata e estremamente noiosa.
E mi ha molto infastidito leggere che secondo il regista questa è la vera storia della banda della magliana. Credo che se non si ha il coraggio di mitizzare la violenza e la criminalità con un film ci si dovrebbe astenere dal trattarla e basta, evitando simili miseri tentativi cinematografici.
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max
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sabato 12 agosto 2006
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storia e cinema
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Michele Placido ricostruisce con attenzione e rispetto una delle vicende più tragiche del nostro paese: l'esistenza, a Roma, della così detta Banda della Magliana.
Nella pellicola si ripercorrono circa quindici anni di storia del nostro Paese, fra i più drammatici. La Banda della Magliana non è solo una semplice congrega di criminali di periferia, sbandati senza arte ne parte, violenti e dediti ad ogni tipo di nefandezza: spaccio, ricatti, gioco d'azzardo, sequestri di persona, ma ben più gravemente si trasforma in una sorta di bassa manovalanza pronta a tutto, eterodiretta dai servizi segreti deviati. Criminalità comune, ideologia e politica si fondono così in una miscela esplosiva e tragica che contribuisce, in quegli anni, ad insanguinare il Paese, già di per se attraversato da una strisciante guerra civile e sorretto da una fragile democrazia.
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Michele Placido ricostruisce con attenzione e rispetto una delle vicende più tragiche del nostro paese: l'esistenza, a Roma, della così detta Banda della Magliana.
Nella pellicola si ripercorrono circa quindici anni di storia del nostro Paese, fra i più drammatici. La Banda della Magliana non è solo una semplice congrega di criminali di periferia, sbandati senza arte ne parte, violenti e dediti ad ogni tipo di nefandezza: spaccio, ricatti, gioco d'azzardo, sequestri di persona, ma ben più gravemente si trasforma in una sorta di bassa manovalanza pronta a tutto, eterodiretta dai servizi segreti deviati. Criminalità comune, ideologia e politica si fondono così in una miscela esplosiva e tragica che contribuisce, in quegli anni, ad insanguinare il Paese, già di per se attraversato da una strisciante guerra civile e sorretto da una fragile democrazia.
Nel film con il trascorrere degli anni si alternano alla guida della Banda diversi capi: il violento Libanese, il più idealista Freddo, fino all'ambiguo ed arrivista Dandi. Ma la loro è una vita sciagurata e senza uscita che trascina nel vortice della disperazione e della morte chiunque li circondi, compresi gli innocenti. Questo è un punto fermo del film, ed è molto importante. Placido non plaude mai a questi antieroi che sono comunque carichi di fascino negativo e perverso, e che risultano pericolosamente magnetici.
La fotografia è molto bella, gli attori tutti bravissimi, e molto curata è la ricostruzione di ambienti, costumi, locali ed abitudini di un'epoca ormai trascorsa e consegnata alla storia. Ottima anche la colonna sonora. Non è mai facile portare sullo schermo un libro di successo, il film è tratto da un libro, e non è facile rappresentare avvenimenti storici soprattutto poi se sono ancora vicini temporalmente. Michele Placido è riuscito in tutto questo. Fatti della Banda della Magliana è un film senza dubbio riuscito, che incolla lo spettatore allo schermo ma che lo fa anche pensare.
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[+] placido???
(di valerio77)
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