Roberto Nepoti
La Repubblica
La formazione di Mohamed Asli ha avuto luogo in Italia; i tecnici di questa coproduzione italo-marocchina (la prima) sono italiani e il lungometraggio d'esordio di Asli porta tracce evidenti della nostra storia cinematografica, dal neorealismo ai film di Rosi. Costretti a inurbarsi per sopravvivere, tre uomini originari delle montagne dell'Atlante non possono trovare, a Casablanca, la realizzazione delle proprie speranze. Sorda, ignara della solidarietà e delle sofferenze altrui come tutte le grandi città, Casablanca segna uno scarto incolmabile tra la loro nuova vita e quella vissuta nei villaggi natali.
La storia più drammatica riguarda Said; è la meglio sviluppata e viene caricata di una funzione esemplare. Di ritorno tra le montagne, l'uomo trova la moglie moribonda per parto e tenta di giungere in tempo all'ospedale. Agli altri due personaggi maschili toccano sogni emblematici. Semplice e patetico quello del giovane cameriere Ismail, che si compra - povero com'è - un paio di costosissime scarpe. Venato di surrealismo il sogno di Ottman, il quale riesce a portare in città l'amato cavallo, ma deve poi rendergli la libertà.
Difficile definire A Casablanca gli angeli non volano un inno all'ottimismo; però il realismo sociale è compatibile con un'inclinazione alla poesia, e perfino con una vena sottotraccia di humour affettuoso. La regia è semplice ma puntuale; bravi gli interpreti, in parte professionisti in parte "presi dalla strada".
Da La Repubblica, 10 giugno 2005
di Roberto Nepoti, 10 giugno 2005