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nabokov91
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lunedì 17 maggio 2010
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capolavoro
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Una dei migliori film di guerra di tutti i tempi
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il cinefilo
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giovedì 13 maggio 2010
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un capolavoro molto complicato
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TRAMA: Il film in questione è ambientato durante la seconda guerra mondiale e racconta l'"odissea" di un gruppo di soldati americani in guerra contro i giapponesi tra i boschi e le colline dell'isola di Guadalcanal nel oceano pacifico...RECENSIONE: Terrence Malick,con questo film,ha realizzato uno dei film di guerra più complessi e affascinanti che il sottoscritto abbia mai visto...non è soltanto "guerra" ma è anche,come dice giustamente Il Morandini,una gigantesca "preghiera" sull'umanità e il suo folle desiderio di portare morte e distruzione.
LA SOTTILE LINEA ROSSA è un operazione,probabilmente,unica nel suo genere(è la prima volta che vedo un film appartenente a questo genere esprimere con una così grande intensità una forma di ammaliante "spiritualità della natura" che T.
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TRAMA: Il film in questione è ambientato durante la seconda guerra mondiale e racconta l'"odissea" di un gruppo di soldati americani in guerra contro i giapponesi tra i boschi e le colline dell'isola di Guadalcanal nel oceano pacifico...RECENSIONE: Terrence Malick,con questo film,ha realizzato uno dei film di guerra più complessi e affascinanti che il sottoscritto abbia mai visto...non è soltanto "guerra" ma è anche,come dice giustamente Il Morandini,una gigantesca "preghiera" sull'umanità e il suo folle desiderio di portare morte e distruzione.
LA SOTTILE LINEA ROSSA è un operazione,probabilmente,unica nel suo genere(è la prima volta che vedo un film appartenente a questo genere esprimere con una così grande intensità una forma di ammaliante "spiritualità della natura" che T.Malick esprime in ogni singola sequenza e inquadratura di boschi,campi e animali)anche se si tratta di un opera,ripeto,molto più difficile da comprendere di quanto potrebbe apparire.
In questo film,a mio giudizio un capolavoro,malgrado una apparente "spiritualità della guerra",è,in realtà,una immensa e bellissima denuncia degli orrori dei conflitti armati( non a caso si tratta di un opera che,tra i suoi mille quesiti,descrive le battaglie come una forma di autodistruzione del genere umano)a suo modo anche più forte di qualsiasi film pacifista che si possa desiderare di vedere.
La voce fuori campo(appartenente a uno dei soldati)si fa portatrice,insieme alle immagini della natura e a quelle delle mostruosità portate da bombe e mitragliatrici,di una molteplicità di significati che possono valere sia in chiave metaforica che filosofica.
La natura,per T.Malick,è una delle massime espressioni dell'amore di Dio verso l'umanità(il riferimento religioso viene espresso con chiarezza)e rappresenta,forse,l'unica speranza di "salvezza" per l'intero genere umano che scivola verso l'abisso(la scena finale della pianta che comincia a germogliare dalla sabbia sembrerebbe confermare questo "grande" messaggio e lascia emergere un ammirevole sensibilità solitamente estranea a molti film di guerra)e rende evidente una velata fiducia per il futuro.
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cinema3d
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giovedì 1 aprile 2010
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la guerrra secondo malick
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La sottile linea rossa si presenta come un film diverso dagli altri (Salvate il soldato Ryan, Full Metal Jacket e Apocalypse Now). Malick oltre agli spari, alle urla strazianti dei soldati feriti, aggiunge pensieri e riflessioni su come l'uomo si distrugge con la guerra.
VANTAGGI :
- Fotografia splendida
- Convincente interpretazione degli attori
- Le scene di guerra sulla collina
SVANTAGGI :
- Il film può annoiare per chi è abituato a vedere film di guerra diversi.
CONSIGLIATO : SI
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taniamarina
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martedì 8 dicembre 2009
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capolavoro, senza dubbio
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Come descrivere in modo perfetto ed efficace l'inutilità della guerra. Questo film comunica a chiare lettere a chi, dopotutto, pensa che la guerra sia insita nel'essere umano. In verità è il conflitto ad essere la vera armonia della natura, un continuo scambiarsi e scontrarsi con le altre cose che crea un divino equilibrio. La guerra è odio indotto culturalmente, fa male sapere che scienziati (così si professano) la pensino al contrario. Questo film ha una fotografia straordinaria, gli attori sono semplicemente eccezionali, una rara pellicola filosofica che non disturba e non cede nemmeno di un passo. Capolavoro. Dimenticavo: interessantissima diatriba sui commentatori ufficiali del cinema, eheh ;).
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Come descrivere in modo perfetto ed efficace l'inutilità della guerra. Questo film comunica a chiare lettere a chi, dopotutto, pensa che la guerra sia insita nel'essere umano. In verità è il conflitto ad essere la vera armonia della natura, un continuo scambiarsi e scontrarsi con le altre cose che crea un divino equilibrio. La guerra è odio indotto culturalmente, fa male sapere che scienziati (così si professano) la pensino al contrario. Questo film ha una fotografia straordinaria, gli attori sono semplicemente eccezionali, una rara pellicola filosofica che non disturba e non cede nemmeno di un passo. Capolavoro. Dimenticavo: interessantissima diatriba sui commentatori ufficiali del cinema, eheh ;)... clicca Taniamarina su google
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piccioneferito
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venerdì 18 settembre 2009
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farinotti, ma perché non cambi mestiere?
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L'assoluta incapacità di Farinotti di andare oltre una gretta visione del cinema come vacuo binomio intrattenimento leggero-business con "La Sottile Linea Rossa", a mio avviso uno dei massimi capolavori del cinema che sarebbe anche un pò riduttivo relegare al genere bellico, raggiunge forse il suo apice.
Leggere la sua recensione è la morte del cinema d'autore che non strizzi abbastanza l'occhio allo spettatore medio, impaziente di fronte a digressioni speculative e introspettive, di qualunque sorta e fattura esse siano, essendo questo (almeno secondo l'alta opinione di Farinotti) in continua attesa di immagini e colori che l'ipnotizzino senza angustiarlo, e che non abbiano "troppe pretese".
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L'assoluta incapacità di Farinotti di andare oltre una gretta visione del cinema come vacuo binomio intrattenimento leggero-business con "La Sottile Linea Rossa", a mio avviso uno dei massimi capolavori del cinema che sarebbe anche un pò riduttivo relegare al genere bellico, raggiunge forse il suo apice.
Leggere la sua recensione è la morte del cinema d'autore che non strizzi abbastanza l'occhio allo spettatore medio, impaziente di fronte a digressioni speculative e introspettive, di qualunque sorta e fattura esse siano, essendo questo (almeno secondo l'alta opinione di Farinotti) in continua attesa di immagini e colori che l'ipnotizzino senza angustiarlo, e che non abbiano "troppe pretese".
Così ecco frasi del tipo: "Per non cadere nella stesura di un normale film di guerra (alla Soldato Ryan, per intenderci, e cosa ci sarebbe stato di male?) Malick traduce il pensiero dei soldati, dunque ecco discorsi astratti sul bene e sul male, sull'amore, sul destino, tutto questo in mezzo alle battaglie." E ancora: "Tutto questo vale in letteratura, dove l'introspezione è il valore più importante, in questo [ma in realtà s'intende in qualunque, n.d.a.] film diventa un intoppo pretestuoso e fastidioso che rompe il filo del racconto e finisce per sfuocare tutti i registri."
Per Farinotti i film di guerra dovrebbero quindi essere tutti uguali: spari, bombardamenti, sangue, mutilazioni, eroi che muoiono con onore e cattivi che si redimono, ovvero gli elementi della tipica visione manichea in american style proiettata sul teatro del cinema di guerra, zeppa di retorica e basata principalmente sulla retorica del (finto) realismo.
Per la voce del cinema di cassetta da pop corn e coca-cola, dunque, non è compito del cinema provare a far meditare lo spettatore (anzi, guai abbia tale presunzione!) e accompagnarlo, attraverso la mimesi filmica di una suggestiva allegoria (l'uomo in guerra contro i propri simili, sprofondato in una natura "cosmica", che nonostante le ferite che riceve lo "osserva" con triste indifferenza), in un percorso di maturazione intellettuale, per questo sedicente critico per "narrare una bella storia ...è opportuno togliere", non "mettere e mettere", ovvero, traducendo per i buoni di cuore: non rompete con tutti questi lamenti filosofici, vogliamo vedere l'azione!
Ma che disgusto! Ogni volta che leggo una recensione di Farinotti puntualmente penso che allora anche mio nonno potrebbe senza problemi compilare un simile dizionario dei film, anche se probabilmente sui Western risulterebbe di gusti un pò troppo ricercati per gli standard che il suddetto assume.
Ma non ha mai pensato di fare altro nella vita?
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hal 9000
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giovedì 27 agosto 2009
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un capolavoro unico e sorprendente
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Malick torna al cinema dopo ventanni adattando il romazo di james Jones in quello che forse è il suo film migliore e senza dubbio un capolavoro del cinema di questi anni, unico e non facile.
La battaglia di Guadalcanal viene raccontata in maniera totalmente antistorica, fuori dal tempo e dallo spazio per dare modo a Malick di condurre una riflessione filosofica straordinaria come mai s'era visto prima, grazie alle voci fuori campo che si pongono gli interrogativi più profondi che l'uomo possa farsi. Un gruppo di personaggi che resta impresso, in lotta contro la morte per comprendere la vita e sè stessi scontrandosi con uno dei temi fondamentali del cinema di Malick: l'idifferenza della Natura alle follie del genere umano.
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Malick torna al cinema dopo ventanni adattando il romazo di james Jones in quello che forse è il suo film migliore e senza dubbio un capolavoro del cinema di questi anni, unico e non facile.
La battaglia di Guadalcanal viene raccontata in maniera totalmente antistorica, fuori dal tempo e dallo spazio per dare modo a Malick di condurre una riflessione filosofica straordinaria come mai s'era visto prima, grazie alle voci fuori campo che si pongono gli interrogativi più profondi che l'uomo possa farsi. Un gruppo di personaggi che resta impresso, in lotta contro la morte per comprendere la vita e sè stessi scontrandosi con uno dei temi fondamentali del cinema di Malick: l'idifferenza della Natura alle follie del genere umano.
Lo stile di Malick non somiglia a quello di nessuno e raggiunge presto il mai visto con i suoi lampi di contemplazione, mentre la narrazione è condotta per analogie, ellissi ed allusioni.
Vastissimo cast in stato di grazia: grandissimo Sean Penn, enregico Nick Nolte, ma non si possono dimenticare James Caviziel, Ben Chaplin, Elias Koteas, John Cusack, Adrien Brody, John Travolta, Woody Harrelson, Georeg Clooney e la molto affascinate Miranda Otto che sembra davvero un sogno nelle sequenze quasi oniriche in cui appare. Scenografie meravigliose, eccellente fotografia e colonna sonora di un Hans Zimmer al meglio arricchita dai bellissimi canti melanesiani.
Ottenne ben 7 nominations agli oscar, ma scndalosamente non ne vinse nemmeno uno, l'Accademia preferì premiare "Salvate il soldato Ryan" e "Shakespeare in love", indubbiamente buoni, ma non allo stesso livello del capolavoro di malik.
Orso d'oro a Berlino.
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chiron
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domenica 31 maggio 2009
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una sottile e lucida interrogazione sull'uomo
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solo se affetti da grave strabismo, si potrebbe intendere la Sottile linea rossa come un film di guerra, sulla guerra, contro la guerra. altrettanto strabiche, risulta la duplice collocazione drammatico/sulla seconda guerra mondiale che il film di Malick riceve nelle locandine cinematografiche e persino nei dizionario, fino a wikipedia.
Strano. ma significativo. come scorgere un albero e non vedere la foresta. e la foresta di Malick è la condizione umana, colta in quell'attimo di resipiscenza, quando il dolore, lo stupore, il non senso avvolgono l'uomo costringendolo all'esperienza dello spaesamento, dello straniamento - che lo porta ad oscillare tra orrore, cinismo, illusione, interrogazione.
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solo se affetti da grave strabismo, si potrebbe intendere la Sottile linea rossa come un film di guerra, sulla guerra, contro la guerra. altrettanto strabiche, risulta la duplice collocazione drammatico/sulla seconda guerra mondiale che il film di Malick riceve nelle locandine cinematografiche e persino nei dizionario, fino a wikipedia.
Strano. ma significativo. come scorgere un albero e non vedere la foresta. e la foresta di Malick è la condizione umana, colta in quell'attimo di resipiscenza, quando il dolore, lo stupore, il non senso avvolgono l'uomo costringendolo all'esperienza dello spaesamento, dello straniamento - che lo porta ad oscillare tra orrore, cinismo, illusione, interrogazione.
banale e la (s)qualificazione del film in termini di panteismo, semi/parabuddistico. come sembra fare anche morandini. il film è, a mio parere, appunto più "sottile". non come una lama che "taglia" tra opzioni filosofiche nette o verità assolute. sottile come, per riprendere il Kiplig da cui il titolo stesso è tratto, come il filo logico-concettuale ed interpretativo che permette di distinguere tra lucidità e follia. filo appuno tenue perchè di può benissimo dare una follia lucida. Anzi, è probabile che la lucidità - come pretesa di una chiarezza assoluta, come negazione dell'ombra, come rifiuto dello sconcerto e bisogno di "luce assoluta" - si più sintomo di follia che di ragionevolezza. e allora, dove, nel film si coloca questa linea sottile? cosa separa? credo che separi proprio l'uomo dalla natura. proprio perchè l'uomo è uomo, ente biologico che si interroga, proprio perchè problematizza il suo essere ente di natura, l'uomo fa l'esperienza del non senso, di cui Malick ci offre una metafora classica: quella del male sommo che è la violenza omicida.
Vi è, sullo sfondo, un senso di pietà e compassione (più vicono a Leopardi che al Budda): siamo tutti impegnati a raggiungere una collina. il sentiero è pieno di ostacoli di attese. di incertezze. sarebbe bello non pensare alla collina come avamposto nemico. anche perchè quel nemico, come i giapponesi del film - avrebbe il nostro stesso umanissimo volto, contratto in smorfie di dolore, disperazione, terrore.
la natura, magnificamente rappresentata (e tale da rendere il film eccellente sul piano del godimento estetico) non è peranto da intendersi come metafora di una ingenua pacificazione. come memento dell'Eden. essa è specchio della stessa condizione umana, possedendo le stesse virtualità e effettualità della bellezza e dell'orrore. l'uomo non può prenderla a modello. deve staccarsene e riprendere il cammino della sua domanda folle: che ci faccio qui? e perchè l'altro mi è simile ed estraneo al tempo stesso, sì da averne bisogno e temerlo?
malick non dà risposte. i suoi personaggi sono voci di un coro che non può suscitare sconcerto, ammirazione, dolore, spavento e tenerezza. tanta tenerezza. la stessa che si può provare ascoltando il primo incerto e sottile balbettare di nostro figlio. ignaro della guerra che lo sta attendendo.
ecco, forse, verso questo bambino/figlio che tutti siamo e anche abbiamo dovremmo riuscire ad espicitare le buone ragioni del fare bene: il fondamento di scelte tragiche e doverose e però giuste:come appunto quella di Witt, che letteralmente e "insensatamente" offre la vita per il suo plotone. così da costrinegere il sergente Welsh ad uscire , dichiarando l'acutezza del suo sentire la mancanza dell'amico. sentire che qualcuno ci manca, ecco l'inizio dell'umanità.
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(di tommy)
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paleutta
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lunedì 16 febbraio 2009
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andiamoci piano
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Capolavoro mi sembra un termine esagerato, così come definirlo scadente non gli rende il dovuto merito. E' un film a mio modo di vedere poco omogeneo, alterna momenti di azione (i migliori) di buona fattura, molto emozionanti a momenti onirici-filosofeggianti a volte un pò troppo pretestuosi. Stupenda la fotografia che avrebbe meritato l'oscar (solo quella). Manca di ritmo, pecca poco perdonabile in un film di guerra e non coinvolge sufficientemente nella sue continue pause di riflessione di alcuni dei suoi protagonisti. Si percepisce lo spessore dell'opera, diretta da un regista fuori dagli schemi che fa il cinema come lo sente senza farsi troppo influenzare dalle esigenze commerciali e questo è sicuramente un suo merito.
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Capolavoro mi sembra un termine esagerato, così come definirlo scadente non gli rende il dovuto merito. E' un film a mio modo di vedere poco omogeneo, alterna momenti di azione (i migliori) di buona fattura, molto emozionanti a momenti onirici-filosofeggianti a volte un pò troppo pretestuosi. Stupenda la fotografia che avrebbe meritato l'oscar (solo quella). Manca di ritmo, pecca poco perdonabile in un film di guerra e non coinvolge sufficientemente nella sue continue pause di riflessione di alcuni dei suoi protagonisti. Si percepisce lo spessore dell'opera, diretta da un regista fuori dagli schemi che fa il cinema come lo sente senza farsi troppo influenzare dalle esigenze commerciali e questo è sicuramente un suo merito. Il risultato però non paga fino in fondo e il film risulta prolisso in molte parti. Peccato. Il cinema d'introspezione ha visto ben altre vette e in questo caso si è rovinato il buono che c'èra nella parte "attiva" del film.
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frenky 90
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martedì 3 febbraio 2009
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un film di guerra per chi odia i film di guerra
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Prendete attori della fama di Mickey Rourke, Viggo Mortensen, Gary Oldman e Adrien Brody…e buttateli via. Eh si perché 11 anni fa solo quest’ultimo (tra l’altro futuro premio oscar) si salvò parzialmente dagli spietati tagli della terza pellicola del regista e sceneggiatore più anti-conformista di Hollywood Terrence Malick, schivo con i media e maniacale perfezionista come Kubrick (mai una foto o un’intervista, 4 film in 33 anni), ma senza averne la genialità introspettiva. Eppure questi due cineasti, seppur con le dovute distanze, si somigliano nello stile e nelle facezie, se è vero come è vero che questo film e “Full metal jacket” sono gli unici film di guerra consigliati a chi odia i film di guerra.
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Prendete attori della fama di Mickey Rourke, Viggo Mortensen, Gary Oldman e Adrien Brody…e buttateli via. Eh si perché 11 anni fa solo quest’ultimo (tra l’altro futuro premio oscar) si salvò parzialmente dagli spietati tagli della terza pellicola del regista e sceneggiatore più anti-conformista di Hollywood Terrence Malick, schivo con i media e maniacale perfezionista come Kubrick (mai una foto o un’intervista, 4 film in 33 anni), ma senza averne la genialità introspettiva. Eppure questi due cineasti, seppur con le dovute distanze, si somigliano nello stile e nelle facezie, se è vero come è vero che questo film e “Full metal jacket” sono gli unici film di guerra consigliati a chi odia i film di guerra. E’ fatto così “La sottile linea rossa”(stupendo titolo tratto dal romanzo omonimo di James Jones, a sua volta preso da un aforisma di Rudyard Kipling che vi consiglio di andare a cercare su internet), si serve di ciò che più tormenta il quieto vivere dell’uomo, la guerra, per sviscerare le più recondite fisime e frustrazioni dell’uomo stesso, condannato a morte dal suo stesso sistema, dallo stesso regime di violenza che ha creato. Perciò poco importa il contesto storico della seconda guerra mondiale e i combattimenti dell’isola oceanica di Guadalcanal, tra l’altro resi male da un montaggio confusionario che rende difficile l’esatta cognizione delle manovre militari e delle rispettive contromosse, nonostante la scelta delle location originali (una manna per la fotografia) e dei buoni effetti speciali, se non per rimarcare l’assurdità di una guerra preventiva cui si dette luogo per paura della minaccia espansionistica giapponese nel Pacifico. Ciò che davvero salva questo lungometraggio dalla noia di un ritmo molto poco incalzante per il genere (quasi 3 ore di relativa calma piatta, prima del lavoro di “cutting” addirittura 6) sono le storie che ogni soldato, che ogni uomo dei più svariati gradi, ma soprattutto tipi, racconta per mezzo della sua voce interiore. Si era tentata una soluzione con l’ex Babbo bastardo Billy Bob Thornton come unica voce narrante ma, neanche a dirlo, Malick ha preferito eliminarla. Sicuramente una scelta azzeccata se si pensa che a raccontare le sofferte vicende emotive con una forse fin troppo lucida ma indubbiamente poetica e affascinante follia, sono i protagonisti stessi delle turbe delle proprie anime appese a un filo. Non manca nessuno: c’è il soldato disertore ma pieno d’orgoglio, c’è il cinico sergente ligio al dovere, il colonnello fallito con l’ultima occasione per prendersi la tanto agognata gloria, il capitano dal volto umano che ha a cuore solo il bene dei propri militari e l’immancabile ma non eccessivamente banale soldato innamorato lontano, e alla fine anche abbandonato, dalla sua bella. Quello che subito balza all’occhio è che non è il pur ricco cast a farla da padrona; non i bravi Sean Penn e Nick Nolte, particolarmente a suo agio nella parte del (finto?) duro, non il talentuoso Caviezel, di cui esce dalla mediocrità solo la spaurita espressione nella scena dell’accerchiamento poco prima di morire ammazzato, né le comparsate pubblicitarie di Clooney e Travolta e del futuro pianista malinconico e commovente di Polanski, quel povero Adrien Brody che doveva essere il protagonista del film e soltanto alla prima seppe che, per via delle modifiche dell’ultimo momento, diceva si e no tre battute scarse. Infatti, con un abile mossa, il bravo regista si serve della sua sceneggiatura e, va detto, del suo talento visivo (ottime inquadrature) per salire letteralmente in cattedra. E’ lui il vero protagonista del film.
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[+] wikipedia???
(di sergente hartman)
[ - ] wikipedia???
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cristina
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domenica 1 febbraio 2009
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farinotti si annoia sempre...
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... di fronte ai veri capolavori cinematografici.
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