luc
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sabato 12 gennaio 2008
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dream theatre
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Le prime due scene non lasciano dubbi su come verrà affrontato l'argomento: 1) ci tuffiamo in un buio tunnel circondato da lussureggiante vegetazione (la vagina) correndo su un treno (il pene) su un binario unico, a voler simboleggiare l'inevitabilità dell'evento. 2) i personaggi sul treno sobbalzano ritmicamente ed esageratamente, ovvero i ritmi del coito. Poi abbiamo un susseguirsi di avventure stimolanti ma anche angoscianti. A proposito delle femministe, vorrei segnalare ai giovani di oggi che negli anni '70 tutti quei concetti malati li portavano avanti davvero, ho sentito con le mie orecchie "il sesso orale è una cosa buona, la penetrazione è un atto fascista". No comment. Snaporaz (sarebbe interessante scoprire se anche questo nome è un simbolo) vorrebbe trovare pace nel maniero dannunziano di Katzone, ma la fantastica "abilità" amatoria di questi viene messa in crisi, secondo me, nella scena in cui la sua donna aspira monete e perle con la vagina: le donne ci succhiano i soldi, le conquiste di questi iper-playboy alla Katzone sono tutte prostitute, tutti sono capaci di collezionare prostitute.
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Le prime due scene non lasciano dubbi su come verrà affrontato l'argomento: 1) ci tuffiamo in un buio tunnel circondato da lussureggiante vegetazione (la vagina) correndo su un treno (il pene) su un binario unico, a voler simboleggiare l'inevitabilità dell'evento. 2) i personaggi sul treno sobbalzano ritmicamente ed esageratamente, ovvero i ritmi del coito. Poi abbiamo un susseguirsi di avventure stimolanti ma anche angoscianti. A proposito delle femministe, vorrei segnalare ai giovani di oggi che negli anni '70 tutti quei concetti malati li portavano avanti davvero, ho sentito con le mie orecchie "il sesso orale è una cosa buona, la penetrazione è un atto fascista". No comment. Snaporaz (sarebbe interessante scoprire se anche questo nome è un simbolo) vorrebbe trovare pace nel maniero dannunziano di Katzone, ma la fantastica "abilità" amatoria di questi viene messa in crisi, secondo me, nella scena in cui la sua donna aspira monete e perle con la vagina: le donne ci succhiano i soldi, le conquiste di questi iper-playboy alla Katzone sono tutte prostitute, tutti sono capaci di collezionare prostitute. Snaporaz "nasce" in uno scivolo vaginale di un artificioso lunapark che è questa vita, un po' divertente ma tanto falsa, ritrova le prime immagini sessuali della fanciullezza fino alla perdita della verginità in un meccanico bordello. Beh, se l'intento autobiografico di Fellini fosse stato più onesto e coraggioso, avrebbe dovuto inserire anche qualcosa del suo inquadramento cattolico presso il collegio dei frati. Ha preferito soprassedere... Molto significativa la salita della scala (altro simbolo psicoanalitico per il coito) con la caduta nel canestro sorretto dalla tanto agognata donna ideale, una maestosa Iside-Kali mongolfiera. Snaporaz si sveglia sul treno, dove ammiccamenti complici fra la moglie e le altre passeggere danno un senso di realtà all'appena scoperta irrealtà del sogno. Stessa funzione ha la lente rotta degli occhiali. Allora è meglio riaddormentarsi, in finale è stato un sogno piacevole, accettiamo la realtà di questa irrealtà, rituffiamoci nel "tunnel oscuro". Proprio questo finale libera il film dall'angoscia e dal pessimismo che sembra percorrerlo. Snaporaz in finale è interessato all'universo femminile anche nelle sue stranezze, lo tratta con molta timidezza e gentilezza, segnalando semplicemente i suoi turbamenti con il tic di mettersi e togliersi gli occhiali. Grande la gestione dei suoni e dei rumori, invece troppo teatrale la fotografia, personalmente la preferisco più "pittorica". Un film molto italiano, da un tipico maschietto cattolico represso che esagera il valore di un oggetto che ha scarsamente posseduto, e che masochisticamente accetta senza protestare le critiche della sua pochezza da parte di queste "donne", riconfermandone così la loro immagine materna, alla pari di Katzone che edipicamente bacia la statua della madre. Film alla fine interessante, anche se le immagini psicoanalitiche sono troppo caricate e inserite coscientemente per essere un capolavoro. un'ultimo consiglio alle donne: se volete liberarvi veramente dal tradizionale ruolo di mogli-madri, liberatevi dal bisogno di aver sempre ragione...
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pisciulino
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venerdì 21 ottobre 2011
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un film come lo poteva fare solo fellini
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Fellini è uno di quei registi che ha sempre avuto il merito di dire le cose sotto forma di spettacolo, coloratissimo (nel senso più ampio) e, almeno nei suoi film migliori, per qualsiasi tipo di spettatore. In questo, che è una specie di rivolto del capolavoro "Casanova", egli rivela la struttura di fondo del suo cinema, cioè il procedere per visioni, che si andò sempre più accentuando nell'ultima parte della sua carriera. "La città delle donne" non è coeso come, ad esempio, "Amarcord", e la sua debordante fantasia non trova sempre il tono giusto (anche perchè ebbe una lavorazione travagliata) ma i suoi episodi, i suoi blocchi narrativi sono spesso di una potenza espressiva sconcertante.
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Fellini è uno di quei registi che ha sempre avuto il merito di dire le cose sotto forma di spettacolo, coloratissimo (nel senso più ampio) e, almeno nei suoi film migliori, per qualsiasi tipo di spettatore. In questo, che è una specie di rivolto del capolavoro "Casanova", egli rivela la struttura di fondo del suo cinema, cioè il procedere per visioni, che si andò sempre più accentuando nell'ultima parte della sua carriera. "La città delle donne" non è coeso come, ad esempio, "Amarcord", e la sua debordante fantasia non trova sempre il tono giusto (anche perchè ebbe una lavorazione travagliata) ma i suoi episodi, i suoi blocchi narrativi sono spesso di una potenza espressiva sconcertante. Come sempre, Fellini sublima la realtà in lievito di favola, anche quando apre squarci sul presente violento e angoscioso di quegli anni. Il linguaggio onirico consente al regista una rappresentazione slegata dalla drammaturgia tradizionale. Forse non tutte le sequenze sono allo stesso livello, con sketch di gusto rivistaiolo alternate a sequenze splendide e inquietanti, come quella delle ragazzine punk, ma la genialità di Fellini anche qui si rivela in molti luoghi.
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joker 91
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domenica 20 febbraio 2011
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un bel film
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si tratta di un ottimo film come al solito fellini si dedica all'onirico ed in alcune parti anche all'autobiografico sul personaggio di marcello mastroianni ovvero l'attore italiano più grande della storia del cinema italiano,il film è forte dell' interpretazione di mastroianni che da una mArcia in più ,bellissime le scenografie ed anche i dialoghi. Tuttavia questo film a differenza di altri del nostro 4 volte premio oscar fellini non mi ha entusiasmato ed lo ritengo forse il meno bello del grande maestro,le donne sono una confusione totale che nella mente di snaporaz creano un incomprensibilità fuori da ogni limite ma la trama è poco approfondita ed il finale prevedibile.
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si tratta di un ottimo film come al solito fellini si dedica all'onirico ed in alcune parti anche all'autobiografico sul personaggio di marcello mastroianni ovvero l'attore italiano più grande della storia del cinema italiano,il film è forte dell' interpretazione di mastroianni che da una mArcia in più ,bellissime le scenografie ed anche i dialoghi. Tuttavia questo film a differenza di altri del nostro 4 volte premio oscar fellini non mi ha entusiasmato ed lo ritengo forse il meno bello del grande maestro,le donne sono una confusione totale che nella mente di snaporaz creano un incomprensibilità fuori da ogni limite ma la trama è poco approfondita ed il finale prevedibile. lontano anni luce dal miglior fellini
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antonio tramontano
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sabato 13 dicembre 2014
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psiche, sogno e bisogno d'amore
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Nell’ambito della filmografia felliniana,“La città delle donne” è sicuramente l’opera in cui la piacevole ossessione del “Maestro” per i molteplici aspetti del femminile trova la sua massima e diretta espressione.
Il vecchio Snaporaz nel seguire una signora da cui è irresistibilmente attratto si ritrova ad un congresso di femministe dove assiste, prima con ingenua simpatia poi con angoscia e spavento, ad estreme rivendicazioni di libertà.
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Nell’ambito della filmografia felliniana,“La città delle donne” è sicuramente l’opera in cui la piacevole ossessione del “Maestro” per i molteplici aspetti del femminile trova la sua massima e diretta espressione.
Il vecchio Snaporaz nel seguire una signora da cui è irresistibilmente attratto si ritrova ad un congresso di femministe dove assiste, prima con ingenua simpatia poi con angoscia e spavento, ad estreme rivendicazioni di libertà. Qui il tema del femminismo viene ripreso da Fellini sotto un aspetto più relativo al suo personaggio, il suo alter-ego interpretato impeccabilmente dal solito Mastroianni è un uomo maturo rimasto fanciullo che al piacere di un erotismo istintivo associa la ricerca di dolcezza e sicurezza materna, due aspetti che difficilmente si coniugano con la degenerazione di alcune teorie della filosofia femminista, esasperate qui in tono surreale e grottesco proprio per mettere in risalto la difficoltà del personaggio di rapportarsi ad un’ideale di donna diverso da come egli desidera. Nell’intero svolgersi delle sequenze narrative infatti, l’intenzione di Fellini è quella di mostrare quel che rappresenta per lui la donna e l’importanza che ha su di un uomo dipendente dall’amore femminile sotto qualunque forma gli si presenti. Interessante, è l’incontro con Katzone, decadente santone dell’eros rinchiuso in un castello e che ha dedicato la sua vita alla divinizzazione del piacere sessuale e della donna quale suo oggetto.
C’è anche spazio per il tema della colpa, la semplice colpa di esistere come uomo e la conseguente condanna di un immaginario tribunale femminista, segno di un inaridimento dei valori a cui l’innocente vittima, però, non vuole rassegnarsi.La possibile ancora di salvezza di Snaporaz è Donatella, bellissima e procace ragazza dotata di una dolcezza sconosciuta alle altre e che egli ritrova più volte nel suo viaggio onirico. Ella è quel che si avvicina di più al suo bisogno d’amore, di più rassicurante gli resta solo un bellissimo pallone volante in fuga verso un mondo ideale. Poi sarà tempo di ritornare alla realtà.
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lucaguar
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mercoledì 24 dicembre 2014
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un quasi-capolavoro stile fellini
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"La città delle donne" è un film su cui ci sarebbe da dire tantissimo, come del resto tutti i film del grande maestro Fellini. Mi limiterò qui a qualche osservazione impressionistica che salta all'occhio dopo la visione di questo film.
Innanzitutto c'è da osservare che, per quanto riguarda l'aspetto contenutistico, è un film ricco ma non come i precedenti di Fellini, e qui sta la sua debolezza; il titolo della mia recensione prende le mosse proprio da questo difetto: il tema principale della pellicola, cioè il femminismo e in generale dell'universo femminile, è trattato a mio avviso con un po' di superficialità ed è troppo basato sull'aspetto sensitivo-emozionale, talvolta sembra quasi un pretesto per Fellini per sfoggiare il grande stile espressivo e la straordinaria (anzi forse unica) sua dote onirica e visionaria.
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"La città delle donne" è un film su cui ci sarebbe da dire tantissimo, come del resto tutti i film del grande maestro Fellini. Mi limiterò qui a qualche osservazione impressionistica che salta all'occhio dopo la visione di questo film.
Innanzitutto c'è da osservare che, per quanto riguarda l'aspetto contenutistico, è un film ricco ma non come i precedenti di Fellini, e qui sta la sua debolezza; il titolo della mia recensione prende le mosse proprio da questo difetto: il tema principale della pellicola, cioè il femminismo e in generale dell'universo femminile, è trattato a mio avviso con un po' di superficialità ed è troppo basato sull'aspetto sensitivo-emozionale, talvolta sembra quasi un pretesto per Fellini per sfoggiare il grande stile espressivo e la straordinaria (anzi forse unica) sua dote onirica e visionaria.
L'esasperata emancipazione femminile del XX secolo è vista da Fellini come un'"egemonia" che rende schiavo l'uomo e lo mette in una situazione sempre più contraddittoria e disperata nei confronti della vita: Snaporaz (anche qui alter-ego del regista) si trova schiavo della passione di una donna in treno, e se in un primo momento pensa di essere lui a condurre le danze, procedendo nel suo incredibile viaggio immaginifico le cose muteranno profondamente e si troverà, quasi senza rendersene conto, in una situazione di ingenuità quai bambinesca, catapultato in un vortice di passione sessuale-onirica (scena del parco giochi) e nella ricerca della donna ideale (scena della mongolfiera).
Fellini ci presenta donne aggressive, risentite, sopra le righe, di una freddezza ben lontana dal senso di maternità che secondo me è, secondo Fellini, il senso più vero della donna al di là di tutte e fantasie e i sogni erotici di un uomo; sono in particolare due le scene che rivelano questo aspetto: il bambino che sotto il tavolo gioca con le gambe della massaia che sta stirando e il dott. Katzone che bacia la statua della mamma nonostante la sua folle festa per festeggiare le "sue" 10mila donne.
Ovviamente, come nella maggior parte dei film di Fellini, la forza dirompente del film sta nello stile: la potenza espressiva e la fotografia sono straordinarie, il limite tra il sogno e la realtà è, come al solito, molto sottile e la disinvoltura con cui il maestro riesce ad utilizzare scene verosimili per mostrare situazioni oniriche e non verosimili è unica e inimitabile. Questa è la grandezza di Fellini: sopperire a contenuti forse un po' troppo infantili ed autobiografici con uno stile onirico inarrivabile.
In conclusione si può dire che questo film, arrivato nella maturità artistica del maestro, è un quasi-capolavoro, ed è comunque un film che resta dentro, che dà l'impressione di essere merce rara rispetto alla maggior parte del cinema di oggi. Ancora una volta qualche piccola pecca Fellini se la fa perdonare,eccome...
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e. hyde
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martedì 7 giugno 2016
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l'atlantide donna secondo il maschio latino
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Scritto con Bernardino Zapponi e Brunello Rondi, il film é un sogno, una sequenza di visioni che costituiscono un catalogo che, dalla verità alla farsa, dal soave al dolente, dal lirico al satirico, dal surreale al grottesco raccoglie moltissimi motivi delle opere precedenti felliniane. Il film ha la caratteristica di essere stato realizzato proprio durante l'esplosione del femminismo, che lo ha fatto sbandare, assumere un particolare carattere ibrido oltre a una certa cupezza che risente della violenza politica di quegli anni; così come è diseguale sul piano qualitativo ma è altissimo in più di un momento come nelle sequenze del Luna Park, del gran letto davanti allo schermo cinematografico o delle ragazzine punk.
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Scritto con Bernardino Zapponi e Brunello Rondi, il film é un sogno, una sequenza di visioni che costituiscono un catalogo che, dalla verità alla farsa, dal soave al dolente, dal lirico al satirico, dal surreale al grottesco raccoglie moltissimi motivi delle opere precedenti felliniane. Il film ha la caratteristica di essere stato realizzato proprio durante l'esplosione del femminismo, che lo ha fatto sbandare, assumere un particolare carattere ibrido oltre a una certa cupezza che risente della violenza politica di quegli anni; così come è diseguale sul piano qualitativo ma è altissimo in più di un momento come nelle sequenze del Luna Park, del gran letto davanti allo schermo cinematografico o delle ragazzine punk. Brani di folgorante invenzione visiva, di grande intensità, di stupefacente visionarietà, di genialità davvero sconfinata si alternano a una volgarità perfino pornografica nell'intento di citare qualunque tipo di spettacolo. Il maschio latino si arrende, riconosce comunque nella donna una forza superiore (visione che Fellini aveva già espresso ne “La dolce vita”), in tutte le sue mille forme, e quindi appare ingiusta, un eccesso del femminismo più estremo (nonostante Fellini abbia sottoposto il copione a una supervisione di alcune femministe storiche), in quegli anni davvero furibondo, la condanna del film da parte di quelle femministe che affermarono che per Fellini le donne non erano più che mortadelle. Il regista aveva girato il film frastornato, spesso turbato o angosciato dagli eventi, da una serie di guai, di incidenti di vario genere, fino alla tragedia del suicidio (?) di Ettore Manni, che interpreta “Katzone” (scritto nel copione originale come “Cazzone”). Partito come una produzione di Bob Guccione, l'editore di Penthouse, dopo il solito valzer dei produttori finì con l'essere rilevato da Renzo Rossellini.
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giulio andreetta
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venerdì 12 giugno 2020
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ottimo film introspettivo di fellini
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Bel film di Fellini, che con acume, e con la consueta ma amabilissima vena onirica, ironica, e circense, crea un vero e proprio ritratto della 'città delle donne', con infinita dolcezza, e soprattutto con coraggio e sincerità. Il film fu attaccato, alla sua uscita, dai movimenti femministi, che evidentemente non perdonavano alla pellicola il modo in cui venivano descritti i riti assembleari dei vari collettivi. Ma si sbaglierebbe chi considerasse questo film come un attacco polemico, o ideologicamente orientato, nei confronti di qualche bersaglio istituzionale o politico, di qualunque genere esso sia.
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Bel film di Fellini, che con acume, e con la consueta ma amabilissima vena onirica, ironica, e circense, crea un vero e proprio ritratto della 'città delle donne', con infinita dolcezza, e soprattutto con coraggio e sincerità. Il film fu attaccato, alla sua uscita, dai movimenti femministi, che evidentemente non perdonavano alla pellicola il modo in cui venivano descritti i riti assembleari dei vari collettivi. Ma si sbaglierebbe chi considerasse questo film come un attacco polemico, o ideologicamente orientato, nei confronti di qualche bersaglio istituzionale o politico, di qualunque genere esso sia. La chiave interpretativa più aderente, forse, al pensiero di Fellini, è ancora una volta quella biografica, che rimanda alle esperienze private e personali del regista. Non c'è nulla che trascenda questa dimensione psicologica individuale, e che ancora una volta può essere sottolineata dal completo processo di identificazione tra l'animo del regista e il protagonista della pellicola, splendidamente interpretato da Mastroianni.
La predilezione per l'utilizzo dello studio cinematografico, anche per le riprese di scene ambientate all'aperto, indica che all'autore non interessa dipingere la realtà fenomenica così come essa appare, quanto piuttosto creare una dimensione prettamente individuale di descrizione di una realtà onirica e fortemente introspettiva. Tutti questi elementi dovrebbero dunque far riflettere sulla natura assolutamente intima e autobiografica del cinema di Fellini, lontanissima dunque da una qualsiasi ostentazione di impegno sul fronte sociale, o politico.
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onufrio
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venerdì 10 luglio 2020
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viaggio sul pianeta donna
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Un viaggio verso l'ignoto, verso il complesso pianeta chiamato Donna, nel quale Snaporaz ci si ritrova avvolto, incapace di fuggire via, impressionato ma al tempo stesso attratto da quel "triangolo" delle Bermuda, in grado di anestetizzare e risucchiare qualsivoglia essere umano. L'esaltazione delle immagini, e la costruzione di scene simboliche dal significato più che evidente non bastano a collocare la pellicola di Fellini tra le sue migliori. Il regista si diverte a briglia sciolta nel fantasticare il suo mondo femminile, collocando anche ricordi personali, ma la trama praticamente non esiste, e può sembrare riduttivo cercare la trama in un cinema d'autore, ma a volte risulta necessaria.
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Un viaggio verso l'ignoto, verso il complesso pianeta chiamato Donna, nel quale Snaporaz ci si ritrova avvolto, incapace di fuggire via, impressionato ma al tempo stesso attratto da quel "triangolo" delle Bermuda, in grado di anestetizzare e risucchiare qualsivoglia essere umano. L'esaltazione delle immagini, e la costruzione di scene simboliche dal significato più che evidente non bastano a collocare la pellicola di Fellini tra le sue migliori. Il regista si diverte a briglia sciolta nel fantasticare il suo mondo femminile, collocando anche ricordi personali, ma la trama praticamente non esiste, e può sembrare riduttivo cercare la trama in un cinema d'autore, ma a volte risulta necessaria.
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