sickboy
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lunedì 12 giugno 2006
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nebbia rossa
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La minaccia viene dal mare, in questo bellissimo film di Carpenter, ma non si tratta nè di squali, nè di orche e nè di altri "mostri" marini : preannunciato da un'inquietante e densa nebbia luminosa, un veliero fantasma con tanto di "presenze" a bordo, si presenta in occasione del centenario della fondazione di Antonio Bay a chiedere un tributo di sangue ai suoi cittadini come vendetta per un tragico gesto compiuto dai cinici fondatori della città cento anni prima.
Particolarissimo horror di ambientazione costiera, Fog trova il suo punto di forza nel saper creare un'atmosfera disagiata e straniante ancor prima di mostrare nel vivo gli eventi. Con un'apprezzabile e coraggiosa rinuncia al gore estremo, Carpenter si dimostra abile "artigiano" visionario e riesce a realizzare un horror non facile e per questo piacevolmente non-convenzionale (ad avercene!).
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La minaccia viene dal mare, in questo bellissimo film di Carpenter, ma non si tratta nè di squali, nè di orche e nè di altri "mostri" marini : preannunciato da un'inquietante e densa nebbia luminosa, un veliero fantasma con tanto di "presenze" a bordo, si presenta in occasione del centenario della fondazione di Antonio Bay a chiedere un tributo di sangue ai suoi cittadini come vendetta per un tragico gesto compiuto dai cinici fondatori della città cento anni prima.
Particolarissimo horror di ambientazione costiera, Fog trova il suo punto di forza nel saper creare un'atmosfera disagiata e straniante ancor prima di mostrare nel vivo gli eventi. Con un'apprezzabile e coraggiosa rinuncia al gore estremo, Carpenter si dimostra abile "artigiano" visionario e riesce a realizzare un horror non facile e per questo piacevolmente non-convenzionale (ad avercene!). Supportato da una colonna sonora (dello stesso regista) più malinconica che inquietante, che rende l'insieme ancora più particolare. Non è difficile capire perchè, nel tempo, è diventato un cult.
Da evitare con estrema cura l'immancabile e recente remake, girato con più soldi ma con una "povertà" di idee palese e un'irritante e sciocca pretenziosità di fondo.
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nicolas bilchi
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sabato 15 gennaio 2011
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fog.
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Due anni dopo Halloween - La notte delle streghe, uno dei più grandi horror moderni, John Carpenter torna sul grande schermo dopo essersi dedicato a due produzioni televisive (Elvis, il re del rock e Pericolo in agguato: procedura ossessiva) e, per il principio che squadra vincente non si cambia, torna a lavorare con Jamie Lee Curtis ad un'opera d'orrore tradizionale sicuramente di buona fattura ma che non riesce a raggiungere i livelli qualitativi del capostipite dell'eterna saga di Michael Mayers. Fog ha risentito molto, nei giudizi di pubblico e critica, proprio del confronto necessario col capolavoro dell'autore, ma se isoliamo l'opera e la vediamo singolarmente ci accorgeremo che si tratta di un horror che, pur senza strabordare mai e senza avere grandi pretese artistiche (anzi il punto di forza sta proprio nella consapevolezza dei suoi limiti) coinvolge lo spettatore e lo emoziona.
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Due anni dopo Halloween - La notte delle streghe, uno dei più grandi horror moderni, John Carpenter torna sul grande schermo dopo essersi dedicato a due produzioni televisive (Elvis, il re del rock e Pericolo in agguato: procedura ossessiva) e, per il principio che squadra vincente non si cambia, torna a lavorare con Jamie Lee Curtis ad un'opera d'orrore tradizionale sicuramente di buona fattura ma che non riesce a raggiungere i livelli qualitativi del capostipite dell'eterna saga di Michael Mayers. Fog ha risentito molto, nei giudizi di pubblico e critica, proprio del confronto necessario col capolavoro dell'autore, ma se isoliamo l'opera e la vediamo singolarmente ci accorgeremo che si tratta di un horror che, pur senza strabordare mai e senza avere grandi pretese artistiche (anzi il punto di forza sta proprio nella consapevolezza dei suoi limiti) coinvolge lo spettatore e lo emoziona. Merito della nebbia, vero "mostro", molto più dei fantasmi che si vedono nel finale e, come un po' tutte le creature soprannaturali del cinema degli anni '80, non fanno poi molta paura, anzi sembrano quasi dei pupazzoni, dei giocattoloni. La nebbia invece rappresenta perfettamente l'indefinito e l'incomprensibile che è molto più terrorizzante del mostro in sè, perchè esso c'è noto, ha una forma e può essere "inteso" e percepito con pienezza dalla nostra esperienza, mentre la nebbia, il fenomeno atmosferico più eterico e statico per eccellenza, sfugge, è quasi intangile, eppure è inarrestabile e incontrollabile, così come è incontrollabile il suo minaccioso avanzare verso Antonio Bay, per consumare una vendetta che aspetta da cento anni di compiersi. Il vero problema del film, ciò che non gli permette di eguagliare Halloween, è che manca quasi totalmente di poeticità: per esempio, quando nel finale i fantasmi uccidono il sacerdote, cosa rimane allo spettatore? Nient'altro che uno di queli omicidi gratuiti cui il cinema dell'orrore c'ha abituato e che non aggiundono nulla alla qualità della storia, anzi forse la banalizzano e la privano di tocchi di originalità che vengono soltanto intravisti. Una poeticità del macabro e del terrore espresso non con la creatura orripilante che spunta all'improvviso da dietro le tende facendoci sobbalzare dalla sedia (o almeno provando a farlo), bensì con la rappresentazione di ciò che è soprannaturale nel senso che va al di là della nostra umana comprensione, e con la tensione costante, con l'idea che forze oscure e potenti siano costantemente in azione (proprio come avveniva con Michael Myers), e che qui troviamo solo nella nebbia, "personaggio" che anticipa di ben quattro anni la straordinario Nulla de La storia infinita. Ma ciò non è sufficiente, specialmente se si dedice poi di far apparire veramente questi fantasmi; una prospettiva che poteva portare a risultati interessanti (ed appunto molto più lirici) era di far concludere il film nel momento in cui la nebbia avvolgeva completamente la città, ma forse Carpenter ha preferito scartare questa ipotesi ritenendo che una situazione così poco "orrorifica" in senso immediato avrebbe potuto far storcere il naso agli spettatori più giovani ed affamati di spaventi. Un peccato, anche perchè Kubrick, che poi non è stato un regista specializzato in horror, George Romero nel 1968 e quasi cent'anni fa Robert Wiene con Il gabinetto del Dottor Caligari ci hanno insegnato che se si vuole rendere un film dell'orrore immortale non si deve puntare su quella paura a buon mercato della quale si riderà non appena verranno riaccese le luci, ma su quella riflessione sull'impalpabile ed inafferrabile che pure c'è, è potentissimo ed agisce, con o contro di noi.
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miguel
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sabato 19 gennaio 2013
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atmosfera claustrofobica
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Carpenter con "Fog" ci porta nelle viscere della claustrofobia pura; parlare di questo film del 1979 mi porta a ricordare un'opera dal grande fascino e con una atmosfera surreale. Tutto si incastona al meglio: dalla trama molto interessante che parla di una maledizione che colpisce la cittadina di S. Antonio Bay, alla fotografia molto cupa che rende alla perfezione l'idea di essere avvolti da una nebbia tanto inquietante quanto opprimente, all'uso delle musiche, lente ma onnipresenti ad accompagnare sia gli attimi di calma apparente sia quelli più tesi. Di effetto la rappresentazione della radio locale che trasmette dal faro che deve fare da guida a chi naviga nelle acque circostanti; le emozioni che trasmette il film sono particolari.
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Carpenter con "Fog" ci porta nelle viscere della claustrofobia pura; parlare di questo film del 1979 mi porta a ricordare un'opera dal grande fascino e con una atmosfera surreale. Tutto si incastona al meglio: dalla trama molto interessante che parla di una maledizione che colpisce la cittadina di S. Antonio Bay, alla fotografia molto cupa che rende alla perfezione l'idea di essere avvolti da una nebbia tanto inquietante quanto opprimente, all'uso delle musiche, lente ma onnipresenti ad accompagnare sia gli attimi di calma apparente sia quelli più tesi. Di effetto la rappresentazione della radio locale che trasmette dal faro che deve fare da guida a chi naviga nelle acque circostanti; le emozioni che trasmette il film sono particolari. Il faro per buona parte dell'opera sembra essere un luogo sicuro, al riparo dalla nebbia maledetta e da ciò che porta, ma andando avanti con la trama non si è più al sicuro nemmeno lì.
La maggior parte delle scene sono girate la notte e questo aumenta in modo esponenziale la perenne sensazione di poter essere sotto minaccia da un momento all'altro, quella che è una tranquilla cittadina diviene un luogo di pericolo da cui si cerca di fuggire ma con cui gli abitanti dovranno fare i conti, il passato dopo tanto tempo è venuto a cercarli per vendicarsi. Interessante anche la fase introduttiva dove un vecchio capitano di mare racconta a dei ragazzi seduti intorno a un fuoco acceso nella spiaggia della cittadina, una notte, circa la ricorrenza di quella tragedia che è avvenuta appunto tanto tempo prima e dice loro che ora quel passato sta per tornare e nessuno sarà più al sicuro; forse più lento del suo precedente lavoro "Halloween" ma non inferiore sul piano tecnico e narrativo. Consigliato.
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nicolò
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sabato 7 luglio 2007
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la nebbia uccide nel classico carpenteriano
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In "Halloween" urlava, fuggendo da un pericoloso serial killer assassino. Qui Jamie Lee Curtis è minacciata, invece, da un pericolo che viene dal mare. Il perfetto meccanismo orrorifico di "Fog", ancora sceneggiato da Carpenter con la fidata produttrice Debra Hill, è infatti imperniato su un'antica leggenda che nasconde, pur nel profondo, qualcosa di vero: la storia dei lebbrosi lasciati schiantare verso gli scogli dagli abitanti della cittadina di San Antonio Bay, California, richiama il disprezzo degli americani verso gli indiani pellerossa. E non è una coincidenza: Carpenter immette, fra urla, scene di terrore e sangue, una realtà che fa paura proprio perché è vera, autentica. I suoi film hanno sempre quel qualcosa in più; non solo effetti speciali, che pure son curati dai migliori esperti del settore, ma anche un'importante dimensione psicologica da non trascurare.
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In "Halloween" urlava, fuggendo da un pericoloso serial killer assassino. Qui Jamie Lee Curtis è minacciata, invece, da un pericolo che viene dal mare. Il perfetto meccanismo orrorifico di "Fog", ancora sceneggiato da Carpenter con la fidata produttrice Debra Hill, è infatti imperniato su un'antica leggenda che nasconde, pur nel profondo, qualcosa di vero: la storia dei lebbrosi lasciati schiantare verso gli scogli dagli abitanti della cittadina di San Antonio Bay, California, richiama il disprezzo degli americani verso gli indiani pellerossa. E non è una coincidenza: Carpenter immette, fra urla, scene di terrore e sangue, una realtà che fa paura proprio perché è vera, autentica. I suoi film hanno sempre quel qualcosa in più; non solo effetti speciali, che pure son curati dai migliori esperti del settore, ma anche un'importante dimensione psicologica da non trascurare. L'ha fatto, invece, quel mediocre Rupert Wainwright che, nel 2006, s'è preso la briga di rifare questa piccola perla dell'horror per la Columbia Pictuers, con a disposizione lo script originale e persino la produzione di Carpenter e della Hill.
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g. romagna
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lunedì 1 novembre 2010
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the fog
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Ad Antonio Bay, cittadina costiera californiana, si festeggia il centenario della fondazione. Lo stesso giorno cominciano ad accadere faccende strane ed inquietanti, guidate da una nebbia che avanza ed avvolge le sue vittime. Il parroco dela città viene in possesso di un antico diario in cui è svelata la verità: i sei pionieri che fondarono la città sono in realtà sei assassini che fecero naufragare un veliero sulle coste di Antonio Bay - in una notte di nebbia - per trafugare il tesoro che si trovava a bordo. Un secolo dopo le vittime del vascello rivivono, ed hanno un solo obiettivo: muoversi all'interno della nebbia per vendicarsi uccidendo sei cittadini di Antonio Bay e recuperare l'oro perduto.
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Ad Antonio Bay, cittadina costiera californiana, si festeggia il centenario della fondazione. Lo stesso giorno cominciano ad accadere faccende strane ed inquietanti, guidate da una nebbia che avanza ed avvolge le sue vittime. Il parroco dela città viene in possesso di un antico diario in cui è svelata la verità: i sei pionieri che fondarono la città sono in realtà sei assassini che fecero naufragare un veliero sulle coste di Antonio Bay - in una notte di nebbia - per trafugare il tesoro che si trovava a bordo. Un secolo dopo le vittime del vascello rivivono, ed hanno un solo obiettivo: muoversi all'interno della nebbia per vendicarsi uccidendo sei cittadini di Antonio Bay e recuperare l'oro perduto... Una vicenda semplice ed avvincente, alla Edgar Allan Poe (di cui è citata, non per niente, una frase ad inizio pellicola), guida all'interno di un'atmosfera che non ha bisogno nemmeno di una goccia di sangue o di un ritmo sfrenato per incutere paura e tenere lo spettatore con il fiato sospeso. Gli effetti speciali, ovviamente, alla luce dei livelli raggiunti dalla tecnologia odierna, non sono certo da sottolineare, ma svolgono adeguatamente - e con la giusta parsimonia - il loro lavoro, ricreando (con un budget, inoltre, piuttosto contenuto) il giusto pathos necessario in un film del genere. Un assai piacevole esempio di horror d'autore.
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sickboy
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giovedì 2 settembre 2010
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nebbia rossa
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La minaccia viene dal mare, in questo bellissimo film di Carpenter, ma non si tratta nè di squali, nè di orche e nè di altri "mostri" marini : preannunciato da un'inquietante e densa nebbia luminosa, un veliero fantasma con tanto di "presenze" a bordo, si presenta in occasione del centenario della fondazione di Antonio Bay a chiedere un tributo di sangue ai suoi cittadini come vendetta per un tragico gesto compiuto dai cinici fondatori della città cento anni prima. Particolarissimo horror di ambientazione costiera, Fog trova il suo punto di forza nel saper creare un'atmosfera disagiata e straniante ancor prima di mostrare nel vivo gli eventi.
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La minaccia viene dal mare, in questo bellissimo film di Carpenter, ma non si tratta nè di squali, nè di orche e nè di altri "mostri" marini : preannunciato da un'inquietante e densa nebbia luminosa, un veliero fantasma con tanto di "presenze" a bordo, si presenta in occasione del centenario della fondazione di Antonio Bay a chiedere un tributo di sangue ai suoi cittadini come vendetta per un tragico gesto compiuto dai cinici fondatori della città cento anni prima. Particolarissimo horror di ambientazione costiera, Fog trova il suo punto di forza nel saper creare un'atmosfera disagiata e straniante ancor prima di mostrare nel vivo gli eventi. Con un'apprezzabile e coraggiosa rinuncia al gore estremo, Carpenter si dimostra abile "artigiano" visionario e riesce a realizzare un horror non facile e per questo piacevolmente non-convenzionale (ad avercene!). Supportato da una colonna sonora (dello stesso regista) più malinconica che inquietante, che rende l'insieme ancora più particolare. Non è difficile capire perchè, nel tempo, è diventato un cult. Da evitare con estrema cura l'immancabile e recente remake, girato con più soldi ma con una "povertà" di idee palese e un'irritante e sciocca pretenziosità di fondo.
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frz94
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sabato 27 novembre 2010
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john colpisce ancora
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Un'antica e terribile leggenda prende forma. Una fitta nebbia proveniente dal mare aperto si riversa sulla tranquilla cittadina di Antonio Bay, non portando nulla di buono. Da dove deriva questa misteriosa nebbia? Cosa si cela in essa? Queste le domande dello spettatore e della protagonista, che dal faro dove lavora guarda attonita e spaventata lo strano fenomeno atmosferico.
Un film in perfetto stile anni ottanta, a tratti lento, ma dotato di un indiscutibile stile. L'atmosfera gotica e surreale, le suggestive scenografie e l'originalità della trama contribuiscono a creare quello che a mio parere è un piccolo gioiello.
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Un'antica e terribile leggenda prende forma. Una fitta nebbia proveniente dal mare aperto si riversa sulla tranquilla cittadina di Antonio Bay, non portando nulla di buono. Da dove deriva questa misteriosa nebbia? Cosa si cela in essa? Queste le domande dello spettatore e della protagonista, che dal faro dove lavora guarda attonita e spaventata lo strano fenomeno atmosferico.
Un film in perfetto stile anni ottanta, a tratti lento, ma dotato di un indiscutibile stile. L'atmosfera gotica e surreale, le suggestive scenografie e l'originalità della trama contribuiscono a creare quello che a mio parere è un piccolo gioiello. Un film che merita almeno una visione, un tuffo nel passato e nella creatività dirompente di Carpenter. Non piacerà a tutti.
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iuriv
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giovedì 29 ottobre 2015
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nebbia con sorpresa.
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Il soggetto di The Fog è piuttosto semplice e mette di fronte gli abitanti di Antonio Bay, in procinto di brindare al centesimo anniversario della cittadina, a un'antica minaccia nascosta tra la nebbia.
Nebbia che, quando proviene dal mare, è attaccata in post produzione, mentre, quando è inquadrata da vicino, è palesemente opera di una macchina del fumo. Chiaramente Carpenter deve fare i conti con l'anno di produzione della pellicola e con il budget non certo faraonico di cui dispone, quindi i limiti agli effetti speciali si possono accettare.
Più difficile farlo quando si pensa al comparto narrativo di questo lavoro. Se a grandi linee la storia funziona, ciò che lascia perplessi è il modo di reagire che i personaggi tengono di fronte alla situazione che si trovano ad affrontare.
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Il soggetto di The Fog è piuttosto semplice e mette di fronte gli abitanti di Antonio Bay, in procinto di brindare al centesimo anniversario della cittadina, a un'antica minaccia nascosta tra la nebbia.
Nebbia che, quando proviene dal mare, è attaccata in post produzione, mentre, quando è inquadrata da vicino, è palesemente opera di una macchina del fumo. Chiaramente Carpenter deve fare i conti con l'anno di produzione della pellicola e con il budget non certo faraonico di cui dispone, quindi i limiti agli effetti speciali si possono accettare.
Più difficile farlo quando si pensa al comparto narrativo di questo lavoro. Se a grandi linee la storia funziona, ciò che lascia perplessi è il modo di reagire che i personaggi tengono di fronte alla situazione che si trovano ad affrontare. Troppo calmi alcuni, dagli umori decisamente mutevoli altri, i protagonisti dell'opera si muovono spesso senza una logica precisa, come spinti dalla necessita della trama di condurli da qualche parte. E non è l'unico problema di questa sceneggiatura zoppicante. La gestione del finale, infatti, sembra un filo forzata, con il discorso drammatico e sconnesso della speaker radiofonica e un chiosa ridondante il cui significato mi sfugge. O meglio, è intuibile ma non pare particolarmente efficace.
Detto questo, la bravura registica di Carpenter riesce comunque a tenere in piedi il lavoro. A questo punto della carriera, il maestro giunge dopo aver girato con successo Halloween (slasher della prima ora, con dinamiche che col tempo sono diventate classiche). Con The Fog tenta una strada nuova, provando ad immergersi nel mondo dei mostri di Lovecraft. Magari il risultato finale non è esattamente quello sperato, ma nel complesso il film va.
A funzionare è il modo in cui la pellicola utilizza la tensione. Il ritmo sembra sempre in sospensione, accompagnato dalla classica colonna sonora self-made utilissima a caricare anche quando lo schermo rimanda solo transizione, e tiene alta l'attenzione pur senza sfogare mai. Le scene violente, infatti, sono quasi nascoste nel buio e portate a termine con rapidità priva di sangue. Efficace anche il modo in cui le creature compaiono dalla nebbia (o dal fumo, a voler essere precisi precisi), senza mai farsi vedere veramente per ciò che sono (almeno fino alla fase finale), caratterizzate solo dai perfidi occhi luminosi e dal suono liquido che ne sottolinea i movimenti.
Grazie a questa saggia opera di regia, Carpenter ottiene quell'inquietudine generale che è l'unica forma di orrore che un film di questo genere può proporre allo spettatore. Ed è tanto, perché il regista è consapevole di cosa può fare con il suo lavoro e punta tutto sull'effetto disturbante dei suoi esseri venuti dal mare.
Al solito si vede la sua mano anche in alcune gestioni della dinamica, come la presenza degli assedianti (meno oppressivi stavolta), la costruzione di un universo che sembra distaccato dalla realtà, il protagonista un po' beone che risolve le cose in modo fortunoso.
Seppur non un'opera tra le più indimenticabili del regista americano, questo The Fog rimane un buon film di fantasmi rancorosi, che sa di artigianato e che ripaga lo spettatore dell'ora e mezza che gli chiede. Vederlo non è uno spreco di tempo.
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movieman
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giovedì 23 luglio 2020
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la morte nella nebbia
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Quando, nel 1979, John Carpenter tornò a dirigere un film per il cinema (dopo il magistrale “Halloween - la notte delle streghe” ed in seguito ad una breve parentesi televisiva), portò sullo schermo quella che, nonostante il look da morto vivente degli antagonisti, è una vera e propria storia di fantasmi perché, di questo tipo di storie, ha molti elementi: il vascello misterioso, la vendetta post mortem, la comunità minacciata, l’oro maledetto e, soprattutto, la presenza dapprima incombente e poi sempre più predominante, di una inquietante e soprannaturale nebbia.
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Quando, nel 1979, John Carpenter tornò a dirigere un film per il cinema (dopo il magistrale “Halloween - la notte delle streghe” ed in seguito ad una breve parentesi televisiva), portò sullo schermo quella che, nonostante il look da morto vivente degli antagonisti, è una vera e propria storia di fantasmi perché, di questo tipo di storie, ha molti elementi: il vascello misterioso, la vendetta post mortem, la comunità minacciata, l’oro maledetto e, soprattutto, la presenza dapprima incombente e poi sempre più predominante, di una inquietante e soprannaturale nebbia. Carpenter e gli altri realizzatori ne sono pienamente consapevoli e la prova di questo è il prologo, una delle sequenze più belle, nel quale un vecchio ( che ha, non a caso, il cognome di uno dei più importanti scrittori di storie sul soprannaturale, Machen ) racconta il crimine che è alla base degli avvenimenti che seguiranno mentre è seduto, su una spiaggia, accanto un fuoco e davanti ad un pubblico di persone che lo stanno ascoltando, affascinate. E’ una scena archetipica: quando la televisione non imperava ancora, nelle serate, spesso ci si radunava accanto al fuoco ( che poteva essere quello di un bivacco oppure di un caminetto ) per ascoltare i racconti degli anziani e, soprattutto, i racconti sui fantasmi. Il racconto del vecchio si conclude, infatti, con la profezia secondo la quale le vittime di un omicidio ( alcuni lebbrosi, a bordo di un vascello di proprietà di uno degli sventurati, furono uccisi e depredati dell’oro che trasportavano sull’imbarcazione ) torneranno tra i vivi, cento anni dopo la loro morte, per chiedere un tributo di sangue ai discendenti dei loro assassini. Con l’oro degli sventurati venne, in seguito, fondata Antonio Bay, la cittadina costiera nella quale si svolge la storia. La narrazione si dirama, poi, in varie direzioni, presentandoci i personaggi: “Fog” è un film corale, non ha un personaggio centrale e questo accresce notevolmente la tensione perché tutti diventano potenziali vittime. Tutte le vicende iniziali di questi personaggi ruotano, inizialmente, intorno alla vita di questa cittadina che si sta apprestando a festeggiare il centenario della sua fondazione. Una serie di segnali sempre più cruenti e allarmanti, però, faranno capire loro che sta per succedere qualcosa di terribile e, fra le morti misteriose di alcuni pescatori e un diario trovato dal prete e contenente la scomoda verità sulla fondazione dell’abitato, diventa sempre più incombente la presenza di una minacciosa nebbia che viene dal mare per travolgere tutto e tutti con il suo carico di morte. Con il trascorrere del tempo, che qualche volta è cavaliere, “Fog” è stato ampiamente rivalutato ( ma il pubblico lo apprezzò già allora e ricevette gli elogi perfino da Alberto Sordi ) ed è oggi considerato un piccolo classico dell’horror. Meritatamente: questo film non è solo una delle vette fra le regie di John Carpenter, ma è anche uno dei più belli e genuinamente angosciosi di tutto il genere. In poco più di novanta minuti, Carpenter ci immerge in un perfetto meccanismo dove tutto riesce a funzionare con la precisione di un orologio svizzero e dove a far paura non è tanto l’esposizione dell’orrore, mostrato con parsimonia, quanto l’assoluta impotenza dei personaggi ( e degli spettatori ) davanti all’ignoto. Il tema dello smarrimento umano di fronte all’ignoto è una caratteristica costante del cinema di John Carpenter, ma in “Fog” raggiunge l’apoteosi: la nebbia nasconde delle sanguinarie “presenze” ( che, come se non bastasse, sono anche piuttosto imprevedibili ) che non si possono combattere e con le quali non si può trattare, va controvento in quanto innaturale e non dà scampo. Si viene immersi, con questo film, in un’atmosfera quasi apocalittica, densa di ineluttabilità, dovuta anche ad una sceneggiatura, molto meno forzata e illogica di come potrebbe sembrare durante una prima visione, svolta come un giro di vite e non priva di qualche frecciata anticonformista ( anche questa è tipica di Carpenter ): la celebrazione del centenario della cittadina si basa su una menzogna e con l’oro dei sei disgraziati è stata fondata la chiesa ( un’altra chiesa inquietante tornerà nel successivo, meno riuscito ma comunque notevole, “Il signore del male” ), proprio il l’edificio che, in teoria, dovrebbe essere più rassicurante e che invece si rivelerà come una parte del pomo della discordia. Il cast comprende molti attori che hanno lavorato ( bene ) con Carpenter e che anche qui fanno il loro dovere, ma include anche due vecchie glorie del cinema hollywoodiano come John Houseman (il vecchio narratore del prologo) e Janeth Leigh ( la doccia di “Psycho” chi se la scorda più? ). Nel gruppo, spicca però Adrienne Barbeau, perché il suo personaggio è quello che emerge meglio. Degli apporti straordinari li danno la colonna sonora e la fotografia: la prima, come al solito composta dal regista, riesce a sottolineare bene prima l’imminenza della minaccia e poi la sua inesorabile avanzata, mentre la seconda, curata da Dean Cundey, riesce a trasmettere splendidamente tutta l’inquietudine, ma anche il fascino, dell’ignoto. Basti pensare a quell’immagine in cui, in primo piano, vediamo il faro e, davanti ad esso, l’oceano illuminato, in maniera abbacinante, dalla luce solare: è l’immagine più pregnante di tutto il film ed è di rara potenza per i motivi già elencati sopra. Inoltre, essendo un’opera a basso costo, “Fog” non perde tempo: il ritmo è, ancora oggi, invidiabile e porta la vicenda, senza tentennare, verso un finale coerente con il crescendo di tensione che lo precede, perfetta chiusura di un horror capace di farci guardare la superficie del mare con qualche brivido in più lungo la spina dorsale.
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