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nicolò
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sabato 2 giugno 2007
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la summa del pensiero di coppola
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Il capitano Willard (Martin Sheen) è incaricato dai suoi superiori di risalire il fiume cambogiano e porre fine al comando dell’ex colonnello Walter E. Kurtz (Marlon Brando), a capo di una setta di vietnamiti che lo adora come un dio. Il più alto risultato della carriera di Coppola – e il suo capolavoro – è anche il più straordinario dei film sul Vietnam. Da lui sceneggiato con John Milius dal romanzo "Cuore di tenebra" di Joseph Conrad, fotografato senza alcun manierismo da Vittorio Storaro e interpretato da una compagnia di attori eccellente, è un film potente, efficace, notevole: a giudicarne la forza basterebbe la breve scena dell’attacco degli elicotteri, commentata dalla Cavalcata delle Walkirie di Wagner.
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Il capitano Willard (Martin Sheen) è incaricato dai suoi superiori di risalire il fiume cambogiano e porre fine al comando dell’ex colonnello Walter E. Kurtz (Marlon Brando), a capo di una setta di vietnamiti che lo adora come un dio. Il più alto risultato della carriera di Coppola – e il suo capolavoro – è anche il più straordinario dei film sul Vietnam. Da lui sceneggiato con John Milius dal romanzo "Cuore di tenebra" di Joseph Conrad, fotografato senza alcun manierismo da Vittorio Storaro e interpretato da una compagnia di attori eccellente, è un film potente, efficace, notevole: a giudicarne la forza basterebbe la breve scena dell’attacco degli elicotteri, commentata dalla Cavalcata delle Walkirie di Wagner. Oltre ad un madornale successo di pubblico, ebbe anche 2 Oscar - fotografia (Storaro), suono (Walter Murch) - e la Palma d'oro a Cannes ex aequo con Il tamburo di latta. Ridistribuito nelle sale nel 2001 in una versione inedita con 53 minuti in più dove appaiono anche, in brevi ruoli, Christian Marquand e Aurore Clèment come infelice vedova.
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andy11
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martedì 17 agosto 2010
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il vietnam by francis ford coppola
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Siamo nel 1969, nel pieno della guerra del Vietnam. Il caporale Willard (Martin Sheen) viene incaricato di una missione speciale top secret: trovare il colonnello Walter E. Kurtz (Marlon Brando), colui che in passato era stato un vero e proprio veterano delle forze speciali dell'esercito statunitense, un ufficiale modello. Presumibilmente impazzito, Kurtz si trova adesso in Cambogia, a capo di un esercito di indigeni che lo adorano come se fosse un dio. Porre fine al suo comando, risalendo il fiume Nung per raggiungere la località occupata dall'avamposto del colonnello, è il compito che viene affidato a Willard, cui vengono assegnati un battello e un equipaggio. Il film è liberamente ispirato al romanzo di Joseph Conrad, Cuore di Tenebra, da cui riprende la psicologia dei personaggi principali, nonchè la struttura di una narrazione.
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Siamo nel 1969, nel pieno della guerra del Vietnam. Il caporale Willard (Martin Sheen) viene incaricato di una missione speciale top secret: trovare il colonnello Walter E. Kurtz (Marlon Brando), colui che in passato era stato un vero e proprio veterano delle forze speciali dell'esercito statunitense, un ufficiale modello. Presumibilmente impazzito, Kurtz si trova adesso in Cambogia, a capo di un esercito di indigeni che lo adorano come se fosse un dio. Porre fine al suo comando, risalendo il fiume Nung per raggiungere la località occupata dall'avamposto del colonnello, è il compito che viene affidato a Willard, cui vengono assegnati un battello e un equipaggio. Il film è liberamente ispirato al romanzo di Joseph Conrad, Cuore di Tenebra, da cui riprende la psicologia dei personaggi principali, nonchè la struttura di una narrazione. Difatti il caporale Willard è il narratore della vicenda oltre che il protagonista. Il regista Francis Ford Coppola ammise di aver letto in continuazione Cuore di tenebra per delineare al meglio il delirio interiore del protagonista e l'alone di mistero che avvolge il personaggio di Kurtz. Se il romanzo si pone come una critica al colonialismo durante la seconda metà dell' XIX secolo, così il film di Coppola (uscito nelle sale nel 1979) ha un forte stampo antimilitarista e non pochi furono i problemi per il regista durante periodo delle riprese, che il governo americano certamente non desiderava e, pertanto, osteggiava. Apocalypse Now , infatti, è un' evidente critica alla guerra del Vietnam. Significativa in tal senso la frase del narratore Willard, riferita ai vietnamiti, "li facevamo a brandelli con una mitragliatrice, poi gli davamo un cerotto". è questa pura ipocrisia, come lo è quella del colonnello Kilgore (Robert Duvall) quando ostenta la sua apparente solidarietà nei confronti di un vietnamita in fin di vita, apprestandosi a offrirgli dell'acqua e dimenticandosi completamente un attimo dopo del poverino appena sente dire che uno dei marinai dell'equipaggio di Willard è Lance Johnson, un campione di surf (Kilgore è un grande appassionato di surf). Ma è nel momento dell'incontro con Kurtz che si realizza lo spannung, il momento di massima tensione del film. Il suo discorso penetra nella mente di chi guarda, invitando ad un'attenta riflessione sulla natura umana. Kurtz ha ceduto alla tentazione di un potere immenso, offertogli dagli indigeni, che lo considerano adesso una sorta di dio. In mancanza di convenzioni e regole che limitino la libertà, l'uomo civilizzato abusa di essa, diventando un tiranno. Kurtz ne è la prova, la dimostrazione del fatto che l'uomo libero di essere dio diviene un mostro senza scrupoli. Eccezionale la regia Coppola, che riesce sapientemente a infondere nello spettatore un forte sentimento di attesa, l'attesa di vedere un colonnello plurimedagliato ridotto a uno stato di apparente inspiegabile pazzia, l'attesa di vedere Marlon Brando nei panni di questo personaggio. La sua è senza dubbio una delle migliori interpretazioni del cinema. Apocalypse Now, dunque, offre una visione davvero singolare della guerra del vietnam: come affermò il regista, esso non è un film sul Vietnam, è il Vietnam stesso. Nonostante ciò, il film non ottenne i riconoscimenti che certamente meritava all'Academy Awards del 1980. Fu premiato solamente per la migliore fotografia, all'italiano Vittorio Storaro, e per il miglior sonoro.
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greyhound
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venerdì 4 gennaio 2013
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la scoperta dell'abisso
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Apocalypse Now è una pellicola potente, metafisica e probabilmente la più carica di significati simbolici tra tutte quelle dirette da F.F. Coppola. Non a caso deve moltissimo al romanzo "Cuore di tenebra" scritto da J. Conrad, di cui è una versione aggiornata e modificata.
Il viaggio che il Capitano Willard compie risalendo il fiume verso il territorio cambogiano non è un semplice spostamento fisico da un luogo all'altro, ma una vera e propria risalita all'interno dell'anima del Colonnello Kurtz (un lento percorso di avvicinamento alla sua filosofia e pensiero) ed anche dell'animo umano più in generale; si potrebbe, infatti, affermare che Willard sia un novello Dante Alighieri impegnato in un personale attraversamento dei gironi infernali.
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Apocalypse Now è una pellicola potente, metafisica e probabilmente la più carica di significati simbolici tra tutte quelle dirette da F.F. Coppola. Non a caso deve moltissimo al romanzo "Cuore di tenebra" scritto da J. Conrad, di cui è una versione aggiornata e modificata.
Il viaggio che il Capitano Willard compie risalendo il fiume verso il territorio cambogiano non è un semplice spostamento fisico da un luogo all'altro, ma una vera e propria risalita all'interno dell'anima del Colonnello Kurtz (un lento percorso di avvicinamento alla sua filosofia e pensiero) ed anche dell'animo umano più in generale; si potrebbe, infatti, affermare che Willard sia un novello Dante Alighieri impegnato in un personale attraversamento dei gironi infernali. Si passa, per esempio, dai momenti più "spensierati" in presenza di Robert Duvall, un Tenente Colonnello più occupato a trasferire un pezzo di Stati Uniti in Vietnam che a condurre efficaci operazioni militari, a situazioni di cupezza assoluta come quella vissuta presso il ponte che delimita il confine vietnamita-cambogiano (struttura che come la tela di Penelope, sebbene a ritmi invertiti, viene costruita di notte e distrutta di giorno), luogo di disperazione nel quale i soldati sono abbandonati a loro stessi e senza più guida ed il cui unico scopo è letteralmente scappare (coloro i quali si gettano in acqua all'assalto dell'imbarcazione ricordano le anime dell'Inferno che volevano fermare Dante). Il tutto passando per il "girone dei lussuriosi" nelle scene di presenza delle conigliette di Playboy (in particolar modo se si guardano le parti tagliate presenti nella versione Redux).
Una volta giunti in presenza del "regno" di Kurtz è come se si fosse di fronte all'incarnazione fisica del Male che, tuttavia, con i suoi ragionamenti esercita un fascino sinistro e malsano (per utilizzare la definizione dei generali) su Willard ed anche sullo spettatore. Ciò che emerge, però, è che lo stesso Colonnello sia ormai un uomo spezzato e distrutto al suo interno, incapace ed impossibilitato allo stesso tempo di abbandonare la via intrapresa anni prima, la cui unica speranza di rendenzione sia la morte. Ed il fatto rilevante è che Kurtz sia consapevole di essersi spinto nell'abisso ed aver visto e contribuito a far emergere i peggiori istinti dell'uomo. Non a caso, prima di morire, ripeterà ossessivamente la parola "orrore" e Willard troverà su un suo manoscritto il consiglio finale: "Gettate la bomba. Sterminateli tutti!":
E così, come in un momento di catarsi, giungeranno i bombardieri portatori del fuoco purificatore. Bombardieri, non a caso, richiamati dal segnale in codice "Onnipotente" (che nella versione in lingua originale si traduce come "Lord Almighty", ovvero l'espressione religiosa per indicare Dio). Come a significare che fosse tale figura a dover cancellare il male degli uomini.
In un aggettivo: capolavoro.
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ricoric
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martedì 26 febbraio 2013
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una discesa negli inferi dell'uomo
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Un viaggio intrapreso da un “uomo” che ha perso la direzione e l’orientamento nella propria vita. Questa è in sintesi la trama del film, attraverso il racconto narrativo dell’avventura del capitano Willard.
E il viaggio, come quasi sempre in letteratura, è metafora del viaggio in se stessi. Lo stesso film lo suggerisce con qualche escamotage narrativo, con il capitano Willard che rompe lo specchio (simbolo della dualità fra osservatore ed osservato) e che guarda nella macchina da presa in alcune sequenze iniziali; tutto ciò per rompere l’oggettività e la divisione tra spettatore ed eroe. Il capitano Willard, di cui siamo a seguire le vicende, non è che quindi l’uomo, qualsiasi uomo che si immerge nella sua parte più oscura e ne comincia il viaggio, come lo spettatore è chiamato a fare attraverso il percorso filmico.
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Un viaggio intrapreso da un “uomo” che ha perso la direzione e l’orientamento nella propria vita. Questa è in sintesi la trama del film, attraverso il racconto narrativo dell’avventura del capitano Willard.
E il viaggio, come quasi sempre in letteratura, è metafora del viaggio in se stessi. Lo stesso film lo suggerisce con qualche escamotage narrativo, con il capitano Willard che rompe lo specchio (simbolo della dualità fra osservatore ed osservato) e che guarda nella macchina da presa in alcune sequenze iniziali; tutto ciò per rompere l’oggettività e la divisione tra spettatore ed eroe. Il capitano Willard, di cui siamo a seguire le vicende, non è che quindi l’uomo, qualsiasi uomo che si immerge nella sua parte più oscura e ne comincia il viaggio, come lo spettatore è chiamato a fare attraverso il percorso filmico.
La potenza del film è quella di voler raccontare non solo una vicenda di guerra, ma l’essenza stessa dell’uomo, condannato nella sua vita a dibattersi e perdersi tra il bene ed il male una volta perduta la capacità di riconoscerli, con una trasfigurazione del bene in azioni a proprio vantaggio, e da cui scaturisce un male “necessario ed ipocritamente giustificabile”; uomo diviso tra soprusi e gesti nobili, tra cinica indifferenza a portare dolore disgrazia ad altri uomini e la ricerca del proprio disperato piacere.
Attraverso una successione di questi stadi di discesa all’inferno, ovvero discesa negli inferi umani, si dipana il racconto: bombardare allo scopo di poter fare surf, rendersi autori di una strage per leggerezza di per poi prendersi cura di un cucciolo, cercare il piacere di un mango per poi rischiare di essere sbranati dalla stessa natura, cercare di sollevarsi dalle proprie tragedie attraverso il sesso ed il suo desiderio inappagato.
L’uomo si aggira nei gironi dell’inferno di cui però lui stesso è il costruttore, attraverso il ruolo di distruttore. Emblematica l’ultima tappa prima dell’arrivo al capolinea: un ponte costruito ogni notte per essere distrutto da altri uomini, in uno sterminio fine a se stesso, metafora di ciò che il VietNam stesso ha rappresentato nella cultura contemporanea, della stessa insensatezza delle oscurità dell’uomo.
Kurtz di tutto ciò rappresenta il sommo sacerdote, l’astrazione stessa di uomo perduto e delle sue conflittualità, e per questo esercita un così grande fascino malato ed è quindi venerato nell’ultimo girone della discesa agli inferi. Ciò che divorò Kurtz, ed è lui a raccontarlo, è questa stessa conflittualità senza possibilità di uscita insita nell’umanità di cui era stato testimone: il taglio delle braccia operato a bambini che erano stati appena vaccinati contro la poliomelite. Amore e morte. Eros e Thanatos. Archetipi di cui l’uomo è composto. Per questo Apocalypse Now è così disturbante, perché è un viaggio a ritroso nelle profondità della giungla dell’uomo e dell’umanità, nei conflitti di cui essa è composta, conflitti che hanno scritto attraverso i secoli la storia del mondo.
Quando il bene e il male non riescono più ed essere distinti si avviluppano in un gorgo di follia da cui, una volta risucchiati, non è più possibile riemergere. Nessuna salvezza. Il film è emblematico di questa visione (auto)distruttiva dell’uomo, tanto parziale in linea generale riguardo all’uomo, quanto tristemente reale.
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tomdoniphon
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domenica 8 giugno 2014
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il conflitto del vietnam secondo coppola
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"C'è un conflitto in ogni essere umano tra il razionale e l'irrazionale, tra il bene e il male, però il bene non sempre trionfa. A volte, le cattive tentazioni hanno la meglio su quelli che Lincoln chiamava "i migliori angeli della nostra indole", i buoni istinti morali". Ciò è quanto pare essere capitato, durante la guerra del Vietnam, al capitano Walter Kurtz (Marlon Brando), un disertore che, fuoriuscito in Cambogia (dove è venerato come una divinità), combatte una propria feroce guerra personale. Il capitano dei servizi segreti militati, Willard (Martin Sheen, nell'interpretazione della sua carriera), viene incaricato di "porre fine al comando" di Kurtz.
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"C'è un conflitto in ogni essere umano tra il razionale e l'irrazionale, tra il bene e il male, però il bene non sempre trionfa. A volte, le cattive tentazioni hanno la meglio su quelli che Lincoln chiamava "i migliori angeli della nostra indole", i buoni istinti morali". Ciò è quanto pare essere capitato, durante la guerra del Vietnam, al capitano Walter Kurtz (Marlon Brando), un disertore che, fuoriuscito in Cambogia (dove è venerato come una divinità), combatte una propria feroce guerra personale. Il capitano dei servizi segreti militati, Willard (Martin Sheen, nell'interpretazione della sua carriera), viene incaricato di "porre fine al comando" di Kurtz. Indimenticabile trasposizione cinematografica del racconto "Cuore di tenebra" di Conrad, che Coppola genialmente "aggiorna" alla guerra del Vietnam, così da "leggere la storia americana nel quadro dell'espansione economica capitalista" (Binni); e lo fa assumendo il punto di vista di Willard (nel racconto, Marlow), con insistenti primi piani, volti quasi a "scavare" nei suoi pensieri e ragionamenti. A differenza del romanzo, Coppola trasferisce il punto centrale della narrazione nell'incontro tra Willard e Kurtz (che in "Cuore di tenebra" non è l'evento centrale della spedizione). In questo modo, il regista accresce l'attesa dello spettatore, sempre più desideroso di capire come sia stato possibile che un uomo integerrimo come Kurtz abbia finito, nel quadro di un confitto completamente insensato, per perdersi nella follia e nel male ("ogni uomo ha un suo punto di rottura..Walter Kurtz ha raggiunto il suo"). In "Apocalypse now", siamo lontani dalla "perfezione" del cinema dell'età classica hollywoodiana: il film è visionario, barocco, eccessivo, ma anche per questo affascinante come mai era accaduto prima. Tra le innumerevoli sequenze d'antologia, occorre segnalare l'attacco degli elicotteri al villaggio vietnamita, ritmato dalla wagneriana "Cavalcata delle Valchirie". "Apocalypse now" è anche un film "maledetto": l'enorme costo e le riprese interminabili portarono al collasso (non soltanto finanziario) del regista. Non è un caso che Coppola, dopo essere stato il più importante regista degli anni '70, non realizzerà più alcun capolavoro. Anche lui, al pari di Kurtz, aveva raggiuto il suo "punto di rottura". Palma d'oro a Cannes e un successo che non conosce tempo.
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biso 93
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venerdì 29 gennaio 2016
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quei film che rimangono per sempre
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Apocalypse now fa parte di quel ristretto gruppo di film che cambiano il modo di fare cinema. Film simbolo sulla guerra del vietnam, e' un affresco immersivo nella follia dell'uomo e sui livelli di profondita' che puo' raggiungere. Coppola si gioca tutto per questo film, ma ottiene un risultato incredibile. Fotografia magnifica, sceneggiatura incalzante e misteriosa incentrata sul ritrovamento di un certo colonello, il cazzutissimo kurtz interpretato da un ormai obeso marlon brando. Martin sheen interpreta il capitano che insieme ad un gruppo di inesperti soldati parte per compiere la missione: fare fuori kurtz. Perche? Perche' kurtz era il simbolo della follia, l'immagine speculare di cio che quella guerra aveva causato e creato.
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Apocalypse now fa parte di quel ristretto gruppo di film che cambiano il modo di fare cinema. Film simbolo sulla guerra del vietnam, e' un affresco immersivo nella follia dell'uomo e sui livelli di profondita' che puo' raggiungere. Coppola si gioca tutto per questo film, ma ottiene un risultato incredibile. Fotografia magnifica, sceneggiatura incalzante e misteriosa incentrata sul ritrovamento di un certo colonello, il cazzutissimo kurtz interpretato da un ormai obeso marlon brando. Martin sheen interpreta il capitano che insieme ad un gruppo di inesperti soldati parte per compiere la missione: fare fuori kurtz. Perche? Perche' kurtz era il simbolo della follia, l'immagine speculare di cio che quella guerra aveva causato e creato...tormentati reduci, come de niro in taxi driver.Nonostante i suoi anni questo film e' tecnicamente validissimo, crudo, vero ed interpretato in maniera impeccabile( robert duvall sovrasta tutti gli altri). Il gruppetto di soldati iniziera' una lunga risalita del fiume, verso l'inferno e oltre. La scena che per me rende il concetto intero di tutto il film, e' quando la barca raggiunge il ponte ormai distrutto...dove regna il caos, ed ognuno dei soldati presenti ha perso il contatto con la realta'. Alcune scene cmq ritengo che siano forzate e un po troppo "miticizzate", e il personaggio di kurtz compie dei monologhi fini a se stessi. Al di la di questo rimane forse, il miglior film sulla guerra mai realizzato.
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madmax86
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mercoledì 19 giugno 2013
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deliri di onnipotenza
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Avete mai avuto deliri di onnipotenza fino al punto di immaginare di essere venerati e adorati da un intero popolo ? Vi siete mai chiesti cosa fareste se foste considerati un Dio ? Beh…. alcune valide risposte a queste domande le offre Francis Ford Coppola con questo film stupendo. Ma non solo ! Il film si sviluppa lungo un fiume che sembra una sorta di trasposizione del viaggio di Dante nella Divina commedia, solo che, se Dante parte dall’Inferno per arrivare in paradiso, il capitano Benjamin Willard sembra partire dal paradiso (o quasi) per arrivare all’Inferno. Infatti, più avanziamo nella navigazione del fiume e più le varie tappe intermedie sono caratterizzate dal degrado, dall’anarchia, dalla disperazione, fino ad arrivare all’Inferno governato dal Colonnello Walter Kurtz che, a capo di una popolazione indigena che lo venera come un Dio, è ormai fuori controllo e si sta ribellando contro l’esercito americano.
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Avete mai avuto deliri di onnipotenza fino al punto di immaginare di essere venerati e adorati da un intero popolo ? Vi siete mai chiesti cosa fareste se foste considerati un Dio ? Beh…. alcune valide risposte a queste domande le offre Francis Ford Coppola con questo film stupendo. Ma non solo ! Il film si sviluppa lungo un fiume che sembra una sorta di trasposizione del viaggio di Dante nella Divina commedia, solo che, se Dante parte dall’Inferno per arrivare in paradiso, il capitano Benjamin Willard sembra partire dal paradiso (o quasi) per arrivare all’Inferno. Infatti, più avanziamo nella navigazione del fiume e più le varie tappe intermedie sono caratterizzate dal degrado, dall’anarchia, dalla disperazione, fino ad arrivare all’Inferno governato dal Colonnello Walter Kurtz che, a capo di una popolazione indigena che lo venera come un Dio, è ormai fuori controllo e si sta ribellando contro l’esercito americano. Il film è ambientato nella giungla Cambogiana durante la guerra del Vietnam e mostra la crudezza, la sofferenza e la pazzia di un conflitto inutile, offrendoci anche uno spunto di riflessione amara, forse disperata sull’imperialismo U.S.A. Il film è datato 1979 ma non ha nulla da invidiare ai film di oggi. Io l’ho visto circa a 30 anni di distanza dalla sua uscita e, seppur non sia un fanatico dei film di guerra, mi ha lasciato stupefatto. Alcune scene sono a dir poco entusiasmanti; una su tutte quella con gli elicotteri che appaiano all’orizzonte con il sottofondo “Ride of the Valkyries” di Richard Wagner. Il finale accompagnato dalla canzone “The End” dei Doors è una degna conclusione per un film che ha fatto e farà la storia del cinema.
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nick simon
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lunedì 5 agosto 2013
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l’orrore a ritmo di rock
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Una produzione interminabile e funestata da catastrofi e sventure, condotta da uno dei maestri del cinema viventi, Francis Ford Coppola, che si avvale brillantemente della potenza delle immagini e dell’irresistibile richiamo della guerra. A Saigon, in Vietnam, il capitano Willard (Martin Sheen) riceve l’incarico di eliminare il colonnello Kurtz, insediatosi in un villaggio cambogiano dopo aver assoggettato gli indigeni locali. Willard è assuefatto alla guerra, prigioniero di essa, in disperato bisogno di adrenalina. Geniale l’idea di adattare il romanzo “Cuore di tenebra” alla guerra del Vietnam. Pellicola di sensazionale impatto visivo: la bellissima fotografia di Vittorio Storaro esalta il fascino tribale, violento e paludoso dei luoghi e delle vicende.
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Una produzione interminabile e funestata da catastrofi e sventure, condotta da uno dei maestri del cinema viventi, Francis Ford Coppola, che si avvale brillantemente della potenza delle immagini e dell’irresistibile richiamo della guerra. A Saigon, in Vietnam, il capitano Willard (Martin Sheen) riceve l’incarico di eliminare il colonnello Kurtz, insediatosi in un villaggio cambogiano dopo aver assoggettato gli indigeni locali. Willard è assuefatto alla guerra, prigioniero di essa, in disperato bisogno di adrenalina. Geniale l’idea di adattare il romanzo “Cuore di tenebra” alla guerra del Vietnam. Pellicola di sensazionale impatto visivo: la bellissima fotografia di Vittorio Storaro esalta il fascino tribale, violento e paludoso dei luoghi e delle vicende. Situazioni al limite dell’assurdo, battute e dialoghi ormai leggendari, sequenze spettacolari e roboanti. Splendidi tramonti, paesaggi suggestivi nella loro primitività, suoni e rumori, fiamme e proiettili. Il tutto supportato da un’eccellente colonna sonora che ha in “The End” dei Doors il suo gioiello. Un grandissimo Robert Duvall è il bizzarro tenente colonnello Bill Kilgore: animato da una passione insensata per il surf, condurrà i suoi uomini in un indimenticabile attacco aereo sulle note della “Cavalcata delle Valchirie” di Wagner, proferendo battute memorabili a raffica. Dennis Hopper, nei panni di un frastornato fotoreporter, sembra subire ancora gli effetti degli acidi assunti in “Easy Rider” 10 anni prima. Un intensissimo Marlon Brando, infine, è il tormentato colonnello Kurtz, imponente e solenne nella fisicità e nei modi. Egli è il più chiaro esempio del profondo smarrimento dell’uomo di fronte alle atrocità della guerra, e testimone sconvolto delle efferatezze messe in atto dagli individui per preservare la propria vita o un’ideale. Capolavoro eterno, dal riecheggio epico. Crudele racconto sugli orrori del conflitto militare e sulla sfrenata avidità di potere del mondo occidentale. Ritratto mai ridondante o ipocritamente moralista, sempre intimo e doloroso. Riflessione allucinante che si addentra nei luoghi più oscuri e tortuosi della psiche umana.
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loris kiris
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lunedì 23 settembre 2013
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alla parola “vietnam” si risponde “apocalypse now"
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Tra i film di guerra ambientati nell’umido Vietnam, Apocalypse now riluce come un gigantesco Swarovski in una miniera di carbone, soprattutto se si pensa alla filmografia più recente. Vecchio di quarant’anni ed oltre, Apocalypse è l’archetipo mastro da cui discendono prove degne e meno degne: ad esiti eccelsi giungerà ancora il Kubrick maledettamente estroso di Full Metal Jacket, già preceduto l’anno dal meno incisivo Platoon di Oliver Stone. Poi è tutto un trend in perdita. Pure in apocalypse now si può parlare di trend in perdita, dacché la pellicola è impostata lungo la tematica del viaggio intrapreso da un piccolo drappello di soldati capitanati da Willard, i quali da Saigon risaliranno il fiume sino ad inoltrarsi nelle foreste ancestrali della Cambogia: la missione, atta ad eliminare il sedizioso colonnello Kurz, sfuggito ad ogni direttiva militare e lucidamente impazzito al rezzo delle fronde tropicali, si rivelerà difatti un viaggio verso la mera abiezione umana, una dantesca discesa agli inferi.
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Tra i film di guerra ambientati nell’umido Vietnam, Apocalypse now riluce come un gigantesco Swarovski in una miniera di carbone, soprattutto se si pensa alla filmografia più recente. Vecchio di quarant’anni ed oltre, Apocalypse è l’archetipo mastro da cui discendono prove degne e meno degne: ad esiti eccelsi giungerà ancora il Kubrick maledettamente estroso di Full Metal Jacket, già preceduto l’anno dal meno incisivo Platoon di Oliver Stone. Poi è tutto un trend in perdita. Pure in apocalypse now si può parlare di trend in perdita, dacché la pellicola è impostata lungo la tematica del viaggio intrapreso da un piccolo drappello di soldati capitanati da Willard, i quali da Saigon risaliranno il fiume sino ad inoltrarsi nelle foreste ancestrali della Cambogia: la missione, atta ad eliminare il sedizioso colonnello Kurz, sfuggito ad ogni direttiva militare e lucidamente impazzito al rezzo delle fronde tropicali, si rivelerà difatti un viaggio verso la mera abiezione umana, una dantesca discesa agli inferi. Dei 5 partenti, soltanto un paio giungono a destinazione: gli altri cadono ungarettianamente come foglie. Ma al di là delle perdite umane, Coppola illustra la progressiva perdita di raziocinio della ciurma, la loro tensione crescente al cospetto di una guerra che più si allontana da Saigon più si fa avulsa da regole e di senso: la disumanizzazione progressiva è alternata per una buona parte del viaggio da momenti d’ineffabile sentimentalismo, da amori effimeri ma d’irreprensibile intensità emotiva, momenti, purtroppo, destinati a scomparire definitivamente una volta arrivati nei pressi di Kurz. Tutto tende a Kurz, culmine della menomazione mentale: pure la fotografia tende a Kurz, sempre più oscura e notturna, quanto l’uso di una scenografia sempre più straniante e primordiale. Una volta raggiunto, il lumacaro (da alcune intercettazioni captate a Saigon, Kurz diceva infatti di aver visto “lumache, strisciare sul filo del rasoio”, probabile allusione sia alla dignità umana che durante il conflitto si riduce a quella di un mollusco, sia alla spada di Damocle che pende con maggiore insistenza sui capi dei bellicosi) viene illuminato da luci caravaggesche, quanto mai adatte ad evidenziare i chiaroscuri della sua pazza dicotomia interiore. Kurz, infatti, rappresenta sia il fondo dell’abisso, il male al punto di non ritorno, ma anche una mente geniale fuori dal comune, seppur alienata da tutto e tutti… e per questo situata da Coppola fuori dai confini geografici del Vietnam.
La grande opera estetica e visionaria di Coppola rimarrà scolpita forever nell’immaginario collettivo: se qualcuno vi dirà “Vietnam” voi gli risponderete “Apocalypse now”.
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jacopo b98
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lunedì 2 febbraio 2015
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un grande capolavoro sulla guerra che è in noi!
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Durante il conflitto del Vietnam il capitano Willard (Sheen) è incaricato dai suoi superiori di risalire il fiume Nung fino in Cambogia per uccidere un alto ufficiale, il colonnello Kurtz (Brando), che secondo i generali sarebbe impazzito e avrebbe fondato un proprio barbaro regno nella foresta. Per Willard sta per cominciare un viaggio attraverso l’orrore che può avere una sola fine: il male assoluto, Kurtz. Ispirato al romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad, sceneggiato dal regista con John Milius e Michael Herr, è forse il capolavoro di Coppola. È un viaggio allucinante e allucinato attraverso l’orrore della guerra e l’assurdità di un conflitto.
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Durante il conflitto del Vietnam il capitano Willard (Sheen) è incaricato dai suoi superiori di risalire il fiume Nung fino in Cambogia per uccidere un alto ufficiale, il colonnello Kurtz (Brando), che secondo i generali sarebbe impazzito e avrebbe fondato un proprio barbaro regno nella foresta. Per Willard sta per cominciare un viaggio attraverso l’orrore che può avere una sola fine: il male assoluto, Kurtz. Ispirato al romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad, sceneggiato dal regista con John Milius e Michael Herr, è forse il capolavoro di Coppola. È un viaggio allucinante e allucinato attraverso l’orrore della guerra e l’assurdità di un conflitto. Non è un film di propaganda anti-bellica, né un disincantato sguardo sulla guerra (come sarà poi successivamente lo straordinario Full Metal Jacket di Kubrik), bensì un’opera complessa, con al suo centro un profondo significato filosofico e antropologico. Mai la disumanità di un conflitto è stata indagata così lucidamente, come un’operazione di de-umanizzazione dell’uomo, che trova la sua apoteosi nell’ultima, folle parte, l’arrivo al regno di Kurtz, che altro non è che l’incarnazione stessa del male, figlia dell’orrore, che più volte cita nei suoi monologhi. È un film difficile ed impegnativo, un’esperienza sensoriale unica e straordinaria, che vuole rapire lo spettatore e trasportarlo proprio lì, nella guerra, nell’orrore. Numerose le scene grandiose, anche visivamente, come soprattutto l’attacco al villaggio dei vietcong da parte del tenente colonnello Kilgore (Duvall), amante del surf e di Wagner, che spara a tutto volume quando va alla carica con gli elicotteri per esaltare i suoi soldati. La lavorazione fu travagliatissima: i tempi di riprese furono eterni, un tifone devastò i set preparati, il matrimonio di Coppola entrò in crisi e egli tentò addirittura il suicidio e per finire Martin Sheen prese un infarto, cosa che obbligò Coppola a trovare una comparsa da inquadrare di spalle durante il periodo di convalescenza dell’attore. Solo 2 Oscar (alla straordinaria fotografia di Vittorio Storaro e al sonoro) su 8 nomination, probabilmente perché già l’anno prima i principali riconoscimenti (miglior film e regia) erano andati ad un “viet-movie”: ll cacciatore di Cimino.
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