Giuseppe Marotta
Trentacinque gradi all'ombra. Sotto un cielo incantevole, in un fulgore di torcia, Roma divampa, brucia, è inabitabile. Vi respingono i muri, le vetrine, le statue, le fontane che sembrano versare metallo fuso, le camicette femminili chiazzate di sudore, i peli e gli zaini e i calzoni di cuoio dei turisti; via Veneto è un girone dell'Inferno, largo Chigi è una piastra rovente; anche Villa Borghese ha l'alito cattivo, di febbre, intossicato da qualche incendio d'erbe secche e dal greve fumo, incapace d'innalzarsi, delle automobili che vi si tuffano dal piazzale Flaminio e da Porta Pinciana. [...]
di Giuseppe Marotta, articolo completo (6412 caratteri spazi inclusi) su 1956