Ennio Flaiano
Equatore, afferma un sottotitolo, è il “film delle terre senza latitudine”. Non staremo a chiedere se queste curiose terre mancano anche di longitudine, però è certo che la terza dimensione, la profondità, manca (relativamente al giudizio) a coloro che si sono occupati del film.
Infatti questo film è stato concepito senza tener nessun conto di esigenze artistiche o morali: si direbbe anzi, a voler essere precisi, che se il regista ha fatto lavorare dei negri come attori, altri “negri” ha impiegato il soggettista De Stefani per la riduzione del suo dramma, con l’ordine di tirar via e non badare al sottile: la stessa stanchezza che i negri del primo quadro dimostrano nel lavoro, suscitando subito curiosi commenti degli spettatori, tra-sparisce in seguito nel taglio delle scene, nella psicologia arbitraria dei personaggi e nel dialogo arruffato. [...]
di Ennio Flaiano, articolo completo (4088 caratteri spazi inclusi) su 5 agosto 1939